Codice Penale art. 291 - Vilipendio alla nazione italiana.Vilipendio alla nazione italiana. [I]. Chiunque pubblicamente [266 4] vilipende la nazione italiana è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000 (1) [293; 1089 c. nav.]. (1) Le parole «con la multa da euro 1.000 a euro 5.000» sono state sostituite alle parole «con la reclusione da uno a tre anni» dall'art. 11 2 l. 24 febbraio 2006, n. 85, con effetto a decorrere dal 28 marzo 2006. competenza: Trib. monocratico arresto: non consentito fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: non consentita altre misure cautelari personali: non consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoDelitto compreso nel Capo Secondo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità interna dello Stato. La norma è stata così modificata — sotto l'aspetto sanzionatorio — dall'art. 11, comma 2, l. n. 85/2006, che ha sostituito la originaria pena detentiva con la sola sanzione pecuniaria. Il bene giuridico che è qui oggetto di tutela è rappresentato dall'onore e dal prestigio nazionale; questi sono infatti valori immediatamente riferibili allo Stato, il quale è “depositario e custode anche del patrimonio spirituale del popolo, che deve essere preservato da ogni forma di vilipendio, affinché si mantenga e si accresca quel senso di nazionalità, che è indispensabile per l'unità e la solidarietà della popolazione” (Manzini, 528). Vi è qui una sostanziale concordia di opinioni — fra gli interpreti della norma — nel sottolineare come l'aspetto principale della protezione accordata dalla norma risieda nella necessità di apprestare adeguata protezione proprio al bene giuridico rappresentato dal senso di appartenenza spirituale, che è considerato di altissima importanza politica e sociale, in quanto consente di mantenere intatta e radicata la considerazione che il popolo stesso ha di sé. Alcuni esegeti della norma hanno in verità mostrato profonde perplessità, circa la compatibilità delle fattispecie di vilipendio con i principi costituzionali. Tale corrente di pensiero si è dunque così espressa: “La proclamazione della libertà di manifestazione del pensiero di cui all'art. 21 Cost. lascia ben poco spazio alla legittimità degli incerti confini delle fattispecie di vilipendio: sino a che punto la critica alle istituzioni, che in un ordinamento democratico deve essere assicurata nella più ampia misura, è legittima e quando, invece, assume i tratti illeciti di una offesa vilipendiosa? Il discrimen tra critica ragionata e articolata, legittima, e manifestazione gratuita di offesa, illecita, corre su un crinale sottile e rischia di creare ingiustificate disparità di trattamento in relazione al livello culturale di chi manifesta il proprio pensiero” (Pelissero, 153). Era infine originariamente prevista una circostanza aggravante, all'art. 293, che ricorreva laddove il fatto fosse stato realizzato dal cittadino in territorio estero. Tale previsione normativa è stata abrogata dall'art. 12 l. n. 85/2006. I soggettiSoggetto attivo Il delitto è costruito secondo lo schema del reato comune, come dimostra l'utilizzo del termine chiunque per indicarne l'autore; se ne può rendere quindi protagonista sia il cittadino, sia lo straniero. Allorquando il fatto tipico sia commesso da un militare, esso rientrerà sotto l'egida normativa dell'art. 82 c.p.mil.p. Soggetto passivo Questo è lo Stato, quale titolare dei beni giuridici sopra evidenziati, riconducibili alla personalità dello stesso. MaterialitàLa condotta punita (rinvio) È prevista la condotta che consista in un vilipendio. Il significato semantico e lessicale del termine rimanda ad una manifestazione di disprezzo, di disistima; esso indica sostanzialmente il fatto di “tenere a vile”, l’esprimere denigrazione e svilimento di ogni qualità. Tale azione può esser posta in essere con qualsivoglia strumento e attraverso ogni modalità espressiva; dunque con comportamenti offensivi della sfera del decoro o del prestigio, ma anche verbalmente o mediante scritti. Per una descrizione di maggior dettaglio, oltre che per l'esame dei rapporti fra la condotta punita ed il diritto di libera manifestazione del pensiero, cristallizzato nell'art. 21 Cost., si richiama quanto già espresso in sede di commento all'art. 290. Sottolineiamo solo come l’azione offensiva descritta dalla previsione incriminatrice debba necessariamente rivestire il carattere della pubblicità (si rinvia — anche sul punto specifico — alla lettura del commento inerente all’art. 290). L'oggetto della condotta L'azione vilipendiosa deve essere specificamente rivolta a ledere la Nazione italiana. Si pone pertanto il problema di individuare il perimetro ontologico di tale definizione. Cosa dunque sostanzialmente esprima tale concetto. Ebbene, può riassuntivamente intendersi per Nazione italiana quel complesso di valori, di usi, di tradizioni, intorno alle quali si coagula sostanzialmente l'intera popolazione, che condivide, conserva, alimenta e trasmette il medesimo patrimonio culturale e ideale. Si è scritto, in dottrina, che la nazione italiana si identifica con l'universalità della “comunità degli italiani, in quanto costituisce una unità etnica e sociale, originata dalla comunione millenaria di lingua, di costumi, di bisogni e di aspirazioni” (Antolisei, 1044). Giova sottolineare come la moderna scienza penalistica — muovendo da una concezione aperta, ossia multietnica e multiculturale del concetto di identità nazionale — abbia ormai espunto dalla nozione di «nazione italiana» qualsiasi sfumatura attinente ad una pretesa unità di razza, storia e religione. Giungendo quindi a considerare tale nozione come sinonimo di “unità etnica-politica-sociale-naturale, realizzata dalla comunione di caratteristiche politiche, di costumi, di istituzioni o di interesse, ovvero originata dalla comunione millenaria di lingua, di costumi, di bisogni, di aspirazioni” (Fiandaca-Musco, 80). È utile precisare che la condotta vilipendiosa si concretizza anche nel caso in cui l'offesa si rivolga verso uno solo degli elementi che — coordinati tra loro e raggrumati intorno ad un complesso di valori e sentimenti comuni — rappresentino e descrivano la nazione italiana. Trattasi quindi, ad esempio, di quelle condotte ingiuriose che risultino indirizzate esclusivamente verso la storia, oppure la cultura o la lingua italiana. Elemento psicologicoIl coefficiente psichico postulato dalla norma è il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di arrecare nocumento al decoro ed al prestigio della comunità nazionale nel suo complesso. L'esame circa la sussistenza del necessario elemento psicologico doloso, ovviamente, deve muovere proprio dall'esame del contenuto degli scritti o delle espressioni verbali, che possano essere in re ipsa evocative della volontà di ledere l'onore nazionale. Consumazione e tentativoIl paradigma normativo è strutturato alla stregua di un reato di pericolo concreto; esso giunge a consumazione nel momento e nel luogo in cui viene posta in essere — con carattere di pubblicità, quindi di diffusività almeno tendenzialmente ampia — l'azione del vilipendere, secondo l'accezione sopra spiegata (Nuzzo, in Rassegna Lattanzi-Lupo 2010, 385). Parte della dottrina riconosce la configurabilità, almeno in astratto, del tentativo, quando lo consentano il contesto e le complessive circostanze nelle quali si colloca il fatto. Se anche teoricamente immaginabile, esso pare però di verificazione quantomeno difficile. CasisticaIl Supremo Collegio ha chiarito come non sussista alcun contrasto, fra il reato di vilipendio alla nazione ed i principi costituzionalmente garantiti ex art. 21 Cost. E infatti, tale diritto universalmente assicurato — consistente nella possibilità di esprimere in maniera libera ed incondizionata le proprie idee — non può trasmodare in insulti del tutto vani e gratuiti, nonché logicamente sganciati da qualunque nesso funzionale rispetto alla manifestazione di pensieri, ideologie o opinioni in genere. Inoltre — perché possa reputarsi integrata la fattispecie delittuosa in argomento — non occorre l'adozione di moduli espressivi specificamente indirizzati verso destinatari predeterminati, ai quali venga eventualmente causato un turbamento. L'elemento oggettivo del reato, infatti, sussiste già quando vengano pronunciate frasi che evochino dispregio, rivelando la finalità di ledere il prestigio o l'onore della comunità nazionale nel suo complesso (Cass. I, n. 28730/2013). La Corte ha chiarito, inoltre, come la condotta punita dalla norma in esame si sostanzi nella manifestazione di scherno e denigrazione in danno delle istituzioni; tale forma espressiva evidentemente trascende i limiti del diritto di libera manifestazione del pensiero, garantito dalla Costituzione. Ciò che differenzia il delitto in esame da quello di oltraggio a pubblico ufficiale è poi la direzione del mezzo offensivo; nel reato di vilipendio si intende infatti colpire l'intero complesso di valori che accomunano la nazione italiana, laddove l'autore del delitto di oltraggio rivolge gli strali contro singoli esponenti della pubblica amministrazione (Cass. I, n. 3739/1972). Profili processualiIl reato in esame è procedibile d’ufficio e di competenza del Tribunale in composizione monocratica; si procede mediante citazione diretta a giudizio. Per esso: a) non è possibile disporre intercettazioni; b) l’arresto in flagranza non è consentito; c) il fermo non è consentito; d) non è consentita l’applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. BibliografiaAntolisei, Manuale di Diritto Penale, Parte Speciale, II, Milano, 1986; Fiandaca-Musco, Diritto Penale - Parte speciale, 1, Bologna, 1988; Pelissero, Pelissero, voce Personalità dello Stato (delitti contro la) in Enc. Giur., Il diritto, diretta da Patti, 11, Milano, 2007. |