Codice Penale art. 310 - Tempo di guerra.Tempo di guerra. [I]. Agli effetti della legge penale, nella denominazione di tempo di guerra [3 c.p.m.g.] è compreso anche il periodo di imminente pericolo di guerra, quando questa sia seguita [87 9 Cost.]. InquadramentoLa norma in esame è collocata tra le disposizioni generali e comuni ai capi che precedono, in quanto alcuni dei delitti contro la personalità dello Stato presuppongono l'esistenza di una condizione di belligeranza. Trattasi peraltro di una definizione di portata generale, che interessa l'intero sistema penale. Agli effetti della legge penale, dunque, il tempo di guerra ha inizio indipendentemente dalla dichiarazione formale dello stato di guerra. Esso si sostanzia in uno stato di fatto concretamente apprezzabile, che semplicemente coincide con il sorgere di un pericolo imminente di scoppio delle ostilità. La ratio dell'anticipazione degli effetti che sono ordinariamente connessi all'esistenza di uno stato di guerra, al tempo immediatamente precedente allo scoppio delle ostilità — dunque, ad un momento in cui sussista un imminente pericolo di guerra — è molto chiara. Essa è da ricercarsi in una straordinaria esigenza di apprestare adeguata tutela penale; esigenza che è direttamente ricollegata dal legislatore alla suprema importanza delle attività politiche e militari dello Stato. A tali attività lo Stato “si appresta... mediante una preparazione complessa, bellica, economica e diplomatica, quasi sempre accompagnata dalla mobilitazione di gran numero di forze armate o generale, dei soggetti atti alle armi: questo momento ha eguale importanza, ai fini del risultato perseguito, delle ostilità vere e proprie” (Pannain, 1133). Questa è la ragione dell'anticipazione cronologica della tutela penale, dalla vera e propria condizione di belligeranza, al momento di imminente pericolo di guerra. Si è poi sottolineato come il tempo di guerra sussista allorquando la condizione di belligeranza esista sia nell'intero territorio dello Stato, sia solo in una parte di esso, [e quindi: “si commetta il delitto nella zona di guerra o altrove. Non importa che la guerra si combatta all'estero” (Maggiore, 31)]. Il fatto che poi la guerra segua rappresenta una classica ipotesi di condizione obiettiva di punibilità, che sarà addebitata al reo anche se da questi ignorata (Pannain, 1133). L’inesistenza - nella norma in esame - di una definizione inerente al momento finale dello stato di guerra, comporta inevitabilmente il richiamo ad altre previsioni legislative, soprattutto rilevanti nel campo del diritto internazionale. BibliografiaMaggiore, Diritto Penale, II, t. I, Bologna, 1958; Pannain, in Nss. D.I., diretto da Azara ed Eula, XII, Torino, 1979. |