Codice Penale art. 311 - Circostanza diminuente: lieve entità del fatto.Circostanza diminuente: lieve entità del fatto. [I]. Le pene comminate pei delitti preveduti da questo titolo sono diminuite [65] quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità [133 1]. InquadramentoLa norma in esame è collocata tra le disposizioni generali e comuni ai capi che precedono. Essa prevede una diminuzione della pena allorquando il fatto — nella sua caratura generale, dunque considerato in ogni sfaccettatura — possa dirsi di lieve entità. A differenza di quanto accade in relazione al disposto dell'art. 114 (laddove viene in considerazione l'apporto causale del singolo concorrente), nella disposizione in esame deve aversi riguardo al fatto quale manifestazione fenomenica ed oggettiva, riguardato nella sua portata complessiva. A puro titolo esemplificativo: “per i reati associativi, dovrà essere l'intera organizzazione ad essere, per esiguità dei mezzi o del numero dei componenti, di scarso peso” (Caringella-De Palma-Farini, Trinci, 119). Trattasi dunque di una diminuente di carattere obiettivo (Nuzzo, in Rassegna Lattanzi-Lupo 2010, 468). Il dettato normativo indica poi una serie di indici sintomatici, al ricorrere dei quali il fatto realizzato si potrà appunto definire di lieve entità. Trattasi della natura, della specie, dei mezzi adoperati, delle modalità o circostanze che hanno caratterizzato l'azione; in via alternativa, inoltre, il fatto potrà esser considerato lieve in ragione della particolare tenuità del danno o del pericolo. La norma postula una duplicità di prospettive di analisi. La prima concerne le modalità esecutive della condotta, mentre la seconda attiene al diverso aspetto dell'entità del danno o del pericolo. I due aspetti sono stati in dottrina variamente correlati tra loro. Secondo l'opinione prevalente fra gli esegeti della norma, la “lieve entità del fatto dipende certamente dalle dimensioni del danno arrecato o del pericolo corso dal bene giuridico tutelato” (Fiandaca-Musco, 117). Dare prevalenza a tale aspetto, naturalmente, comporta l'applicabilità della circostanza diminuente speciale — in presenza di un danno o di un pericolo che si palesino tenui — anche laddove non sembrino invece minimali le modalità intrinseche dell'azione. A fondamento dell'esistenza di una disposizione tanto particolareggiata, sotto l'aspetto descrittivo della condotta, vi è anzitutto una ragione di carattere pratico ed attuativo: la lieve entità di un determinato fatto è infatti difficilmente definibile in maniera astratta e precostituita. Da ciò, la necessitò di una elencazione quanto più possibile esaustiva, circa i criteri ai quali occorre attenersi in sede interpretativa, al fine di valutare la lieve entità di un determinato fatto. Si è inoltre considerato che, nonostante la notevole severità che connota le fattispecie delittuose poste a tutela della personalità dello Stato, sarebbe stato impossibile per il legislatore — in ossequio ad esigenze di elementare coerenza e di adeguamento della sanzione all'effettivo disvalore dei fatti tipici — non tenere nella giusta considerazione le “diverse caratteristiche dell'azione criminosa e non differenziarle dal punto di vista della pena” (Pannain, 1133). Infine, la veste circostanziale assunta dalla disposizione normativa esaminata la rende assoggettabile all'ordinario giudizio di bilanciamento ex art. 69. CasisticaPer quanto attiene ai criteri di valutazione del requisito della lieve entità del fatto, secondo l'insegnamento del Supremo Collegio, la circostanza diminuente speciale in esame presenta un carattere obiettivo. Non è pertanto da rapportare all'importanza che assume — nello snodarsi dell'iter criminis — la condotta serbata dai singoli compartecipi; tale circostanza è invece da commisurare — in via più generale ed onnicomprensiva — al parametro rappresentato dall'entità del sodalizio e dal tipo di programma da questo predisposto (Cass. I, n. 8944/1986). Altra decisione della Corte, situata sulla medesima linea interpretativa, ha poi sviluppato lo specifico tema. Ed ha ribadito come non rilevi qui il profilo dell'entità della condotta operativa tenuta dal soggetto, il quale prenda parte ad un dato fenomeno associativo. Ha chiarito invece come debba incentrarsi l'analisi sul diverso aspetto, rappresentato dalle dimensioni che tale fenomeno abbia assunto e dal profilo programmatico che connota il sodalizio, per desumere da tali dati la ricorrenza e l'entità del pericolo in concreto (Cass. I, n. 1055/1982). Ancora nello stesso senso, si potrà leggere Cass. I, n. 4938/1985, laddove si trova in particolare il richiamo al profilo della “articolata esecuzione del programma associativo”. Per una pronuncia più recente, si potrà vedere Cass. I, n. 28468/2013, laddove è ribadita la necessità di correlare il giudizio in ordine all'entità del danno o del pericolo alla complessiva condotta posta in essere da tutti i partecipi e non all'apporto del singolo, stante la natura oggettiva della circostanza. Perché si possa applicare la circostanza diminuente in commento al reato di cospirazione politica mediante associazione, di cui all'art. 305, occorre che la valutazione del danno o del pericolo sia condotta in relazione alle dimensioni dell'associazione cospirativa e al contenuto del suo programma operativo; non deve invece essere rapportata al contributo prestato dal singolo associato (Cass. S.U., n. 1/1970). BibliografiaCaringella-De Palma-Farini-Trinci, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, Roma, 2015; Fiandaca-Musco, Diritto Penale - Parte speciale, 1, Bologna, 1988; Pannain, in Nss. D.I., diretto da Azara ed Eula, XII, Torino, 1979. |