Codice Penale art. 316 bis - Malversazione di erogazioni pubbliche 1 2 3 4 .

Angelo Valerio Lanna

Malversazione di erogazioni pubbliche 1  234.

[I]. Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni  , finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, destinati alla realizzazione di una o piu' finalita', non li destina alle finalita' previste,5  è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni 6  [323-bis, 640-bis].

 

competenza: Trib. collegiale

arresto: facoltativo

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: non consentita

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: d'ufficio

[1] Articolo inserito dall'art. 3 l. 26 aprile 1990, n. 86.

[2] Le parole «di erogazioni pubbliche» sono state sostituite alle parole «a danno dello Stato» dall'art. 28-bis, comma 1, lett. b), n. 1), d.l. 27 gennaio 2022, n. 4, conv., con modif., in l. 28 marzo 2022, n. 25, in sede di conversione. Precedentemente la medesima modifica era stata disposta dall'art. 2, comma 1, lett. b), n. 1), d.l. 25 febbraio 2022, n. 13, abrogato dall'art. 1, comma 2, l. n. 25/2022, cit. Ai sensi del medesimo comma 2, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo d.l. n.13/2022, cit.

[3] Per la confisca di denaro, beni o altre utilità di non giustificata provenienza, nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta, v.  ora artt. 240-bis c.p., 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e 301, comma 5-bis,d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (per la precedente disciplina, v. l'art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., in l. 7 agosto 1992, n. 356).

[4] In tema di responsabilità amministrativa degli enti v. art. 24 d.lg. 8 giugno 2001, n. 231.

[5] Le parole da «, finanziamenti, mutui» a «finalita' previste» sono state sostituite alle parole «o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità»  dall'art. 28-bis, comma 1, lett. b), n. 2), d.l. 27 gennaio 2022, n. 4, conv., con modif., in l. 28 marzo 2022, n. 25, in sede di conversione. Precedentemente la medesima modifica era stata disposta dall'art. 2, comma 1, lett. b), n. 2, d.l. 25 febbraio 2022, n. 13, abrogato dall'art. 1, comma 2, l. n. 25/2022, cit. Ai sensi del medesimo comma 2, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo d.l. n.13/2022, cit.

[6] Comma così modificato dall'art. 1, l. 7 febbraio 1992, n. 181. Successivamente, a norma dell'art.7, comma 1, d.lgs. 14 luglio 2020, n. 75, in vigore dal  30 luglio 2020, il riferimento alle parole «Comunità europee» deve intendersi ora come riferimento alle parole «Unione europea».

Inquadramento

Delitto inserito nel Capo primo del Titolo Secondo del Libro Secondo del Codice; dunque collocato — sotto il profilo sistematico — tra i delitti contro la pubblica amministrazione, in particolare fra i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. La norma è stata introdotta nell'ordinamento dall'art. 3 l. n. 86/1990; l'attuale veste assunta dalla norma è però il risultato dell'intervento dell'art. 1 l. n. 181/1992, che ha aggiunto il riferimento alle Comunità europee. La norma mira ad assicurare una efficace repressione degli abusi compiuti nell'ambito dell'erogazione delle sovvenzioni pubbliche; trattasi di forme di abuso che si distinguono però dalle frodi più propriamente dette. Viene infatti punita tutta quella vasta tipologia di abusi non fraudolenti, che vengano posti in essere a fronte di un finanziamento già legittimamente ottenuto. Si può quindi in tal senso affermare come la disposizione codicistica in esame miri alla salvaguardia degli interessi finanziari dello Stato, nonché degli altri enti pubblici e dell'Unione Europea; correlativamente viene perseguito anche l'interesse al buon andamento della P.A., sub specie di corretta gestione delle risorse finanziarie. 

La presente disposizione codicistica è stata modificata dall'art. 28-bis, comma 1, lett. b), d.l. 27 gennaio 2022, n. 4, conv., con modif., in l. 28 marzo 2022, n. 25, in sede di conversione, che ne ha modificato la rubrica, sostituendo le parole «a danno  dello  Stato»  con la frase «di erogazioni pubbliche». La medesima novella è inoltre intervenuta sul testo del primo comma, sostituendo le parole che vanno da «o finanziamenti» a «finalità» con la frase che segue: «, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, destinati alla realizzazione di una o  più  finalità,  non  li  destina  alle finalità previste». Precedentemente la medesima modifica era stata disposta dall'art. 2, comma 1, lett. a) d.l. 25 febbraio 2022, n. 13, abrogato dall'art. 1, comma 2, l. n. 25/2022.

Il bene giuridico qui oggetto di tutela è da ricercare nel “corretto impiego degli strumenti di sostegno alle attività economiche di pubblico interesse”(Caringella-De Palma-Farini-Trinci, 159; nello stesso senso, si veda Pagliaro, 94). Pare infatti evidente come il buon andamento della pubblica amministrazione sia un concetto fortemente condizionato anche dal risultato ultimo dell'impiego delle risorse pubbliche. Quindi, anche comportamenti serbati da soggetti che — pur se non organicamente inseriti nelle articolazioni pubbliche — possano distrarre somme di denaro dalle finalità proprie accettate e valorizzate dallo Stato, lede sostanzialmente l'efficienza della pubblica amministrazione (almeno sotto il profilo della funzionalità e del raggiungimento dello scopo istituzionale).

Gli interpreti della norma in commento hanno poi concordemente posto in risalto le marcate similitudini strutturali che essa presenta, rispetto alla previsione di cui all'art. 640bis. Di questa, infatti, viene considerata come una “prescrizione parallela”, collocata però non nel momento genetico, della erogazione pecuniaria da parte dell'ente, bensì allo stadio del reimpiego delle somme, dunque in fase esecutiva (Carcano-Folliero, 497).

Trattandosi di reato realizzabile ad opera di soggetto estraneo alla pubblica amministrazione, se ne è unanimemente ritenuta poco coerente, sotto il profilo sistematico, la collocazione fra i delitti perpetrabili ad opera dei pubblici ufficiali.

I soggetti

 

Soggetto attivo

Nonostante il dettato normativo indichi l'autore della condotta tipica con il termine chiunque, così lasciando immaginare trattarsi di un reato comune, è stato da più parti posto in risalto come il modello legale postuli però anche — in capo al soggetto agente — una precisa connotazione soggettiva, che è ad un tempo positiva e negativa.

La connotazione negativa è data dal fatto di essere estraneo alla pubblica amministrazione. Locuzione da intendere in senso largo ed oggettivo, fino a ricomprendere non solo coloro che siano fuori da ogni articolazione della pubblica amministrazione, bensì anche coloro che - pur se magari inseriti ad altro titolo nelle strutture amministrative - non entrino nell'iter formativo di erogazione e controllo delle erogazioni.

Da parte di alcuni Autori la dizione «estraneo alla pubblica amministrazione» viene considerata come una clausola di sussidiarietà. Sarebbe a dire che, laddove la condotta cristallizzata nel dettato dell'art. 316 venga posto in essere da un soggetto invece inserito nella pubblica amministrazione — dunque, mediante un abuso dei poteri connessi alla funzione o al servizio — si dovrà ricondurre tale fatto sotto l'egida normativa di altra fattispecie delittuosa. Che ovviamente non si porrà in una situazione di concorso né formale, né materiale con il reato in esame (si veda Salcuni, 82).

La connotazione positiva è invece rappresentata dal fatto di aver ricevuto una data erogazione, dallo Stato, o da parte di altro ente pubblico, ovvero della Comunità europea. Esistono quindi delle specifiche peculiarità soggettive e fattuali, che contraddistinguono la posizione del possibile soggetto attivo del reato, nello snodarsi delle relazioni con l'interesse protetto. In questo senso, la dottrina ormai prevalente qualifica la figura tipica in esame alla stregua di un reato proprio (De Luca-Segreto, 183).

Pare poi logico — anzi, intrinsecamente correlato al concetto stesso di malversazione — che vi debba essere una identità soggettiva, fra il soggetto beneficiario delle assegnazioni finanziarie e colui che si renda poi protagonista della condotta sussunta nel modello legale. Fatto salvo, ovviamente, il caso del concorso di persone nel reato, laddove soccorreranno le note regole ordinarie che disciplinano l'istituto.

Soggetto passivo

Questo è, in via esclusiva, l'ente che ha effettuato l'erogazione; e quindi lo Stato, un altro ente pubblico, ovvero la Comunità europea. Al privato, invece, non può mai essere riconosciuta la qualità di persona offesa dal reato.

La struttura del reato

Basterà sul punto sottolineare come si tratti di un reato proprio, nel senso sopra ampiamente sviscerato e di carattere istantaneo. La condotta è di natura omissiva.

Materialità

 

I presupposti necessari

Come sopra accennato, l'antefatto logico e storico-oggettivo della condotta distrattiva qui incriminata è rappresentato dal fatto che un determinato soggetto — che sia estraneo all'articolazione pubblica a ciò competente — abbia ottenuto dallo Stato, ovvero da altro ente pubblico o dalle Comunità europee un certo trasferimento economico. Tale dazione è descritta dal legislatore con l'utilizzo di termini ben precisi, in quanto viene denominata contributo, sovvenzione e finanziamento. Giova quindi analizzare la portata semantica e letterale della terminologia adoperata.

Sovvenzioni e contributi sono in pratica gli stanziamenti privi di un sinallagma, ai quali quindi non corrisponda una controprestazione.

Le sovvenzioni, in particolare, sono dazioni periodiche o episodiche effettuate dalla pubblica amministrazione, che presentano una connotazione di gratuità e che sono sfornite di prestazione sinallagmatica o di obbligazione restitutoria; sono motivate dall'interesse pubblico allo svolgimento — da parte del privato beneficiario — dell'attività stessa. Attività che viene quindi in re ipsa giudicata meritevole di supporto finanziario. Il contributo presenta forse una connotazione di carattere più marcatamente gestionale, nel senso che — più che come una vera e propria elargizione a fondo perduto — pare correttamente qualificabile come aiuto, suffragio offerto in relazione ad una determinata attività di tipo industriale o in generale produttivo. Una somministrazione economica che può svolgersi, pertanto, sia mediante un conferimento diretto, sia per il tramite dell'assunzione di debiti verso l'esterno. Il concetto di finanziamento è forse quello che conduce all'interpretazione più pacifica. Trattasi infatti di quelle erogazioni a titolo oneroso, che caratterizzano anche lo svolgimento di rapporti finanziari in ambito privato e che assumono la veste giuridica del mutuo. La peculiarità consiste qui forse nel fatto che i finanziamenti provenienti dagli enti pubblici riservano ai destinatari, almeno in genere, condizioni economiche più vantaggiose — quanto a tempi e modi di restituzione, nonché per ciò che afferisce ai tassi d'interesse praticati — rispetto ai corrispondenti rapporti negoziali svolgentisi nell'ambito privatistico. Solo somministrazioni economiche di questo genere, e non altre forme di elargizione comunque denominate, possono dunque integrare il presupposto del delitto in esame

Occorre infine che vi sia stata l'effettiva attribuzione dell'erogazione al beneficiario, ossia che la dazione non sia ancora ferma allo stadio del mero stanziamento. Infatti: “Ciò emerge sia dal fatto che il legislatore usa l'espressione «avendo ottenuto», che denota chiaramente che il soggetto attivo ha la disponibilità della somma, sia dalla tipicità della condotta che, costituendo una malversazione di denaro con finalità pubblica, presuppone che il soggetto abbia già acquisito la possibilità giuridica di gestirlo. Non si può malversare qualcosa di cui non si dispone” (De Luca-Segreto, 189).

Perché però sia realizzato il momento prodromico del reato, occorre anche che tali erogazioni economiche siano motivate da una specifica ragione di carattere pubblico, ossia che siano destinate a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse.

Il concetto di «opera» è abbastanza chiaro e non necessita di specificazione ulteriore; il termine «attività» indica invece qui non solo la creazione di prodotti, bensì anche la prestazione di servizi che siano economicamente valutabili. L'espressione «pubblico interesse» è stata invece ritenuta una vera e propria tautologia, dato che l'esistenza di finanziamenti, sovvenzioni, contributi o finanziamenti implica già una intrinseca connessione con finalità di carattere pubblico (De Luca e Segreto, 192).

La condotta punita

La condotta oggetto di incriminazione si risolve non nel mancato impiego dei fondi ottenuti allo scopo specifico che era stato posto a fondamento dell'erogazione. Il soggetto che ad esempio, una volta ricevuta la somministrazione di una sovvenzione, non sia più in grado — per mutate condizioni personali o imprenditoriali, ovvero per il cambiamento oggettivo del contesto — di impiegare tale denaro al fine specifico, potrebbe limitarsi a porre nuovamente a disposizione dell'ente erogante l'importo ricevuto. L'obbligo assunto dal privato beneficiario, infatti, si sostanzia più propriamente nel fatto di non impiegare ad altro fine le somme ricevute. In questo senso, appunto, si tratta di una appropriazione a fini egoistici di somme di denaro, conferite invece per specifiche finalità di interesse pubblico.

Il legislatore adopera appunto, nella relativa rubrica, il termine malversazione, per delineare il nomen iuris attribuito al delitto di cui all'art. 316-bis.

Con la succitata recente novella, il modello legale in commento risulta trasformato già quanto a definizione datane in rubrica, atteso che esso è ora denominato quale malversazione di erogazioni pubbliche . Tale modifica rende quindi già evidente l'intento del Legislatore, teso ad allargare l'ambito previsionale del paradigma normativo . La fattispecie tipica si sostanzia quindi ora nel fatto del soggetto estraneo alla P.A. il quale – una volta ricevuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, destinati alla realizzazione di una o più finalità - non li adoperi per tali finalità. Ne deriva una maggiore ampiezza delle condotte tipizzate. Risultano infatti ora ricomprese nella previsione incriminatrice non solo quelle condotte di distrazione che riguardino le erogazioni che siano <<destinate a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse>>, bensì pure le attività distrattive inerenti alle erogazioni (rectius: “ finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate ”) , che siano destinate alla realizzazione di una o  più  finalità riconducibili ad un pubblico interesse.

 In caso di particolare tenuità del fatto, potrà trovare applicazione la diminuzione sanzionatoria prevista dall'art. 323-bis.

Il termine malversazione è ricavato dalla locuzione latina male versari che — nella terminologia classica del diritto penale — esprime il concetto di male gesta administratio in tutte le sue differenziazioni (Scordamaglia, 273). È un termine che quindi sta ad indicare una gestione distorta di risorse, l'uso di determinate somme in maniera impropria. E quindi, viene qui descritto un fenomeno complesso, nel quadro del quale viene in rilievo una fattispecie composta da un duplice profilo: l'omessa esatta destinazione e la mancata restituzione di quanto ricevuto. Scaturisce poi da tali condotte — quasi per derivazione necessitata — una implicita appropriazione, con distrazione verso finalità non coerenti con gli interessi pubblicistici sottesi alla dazione. 

La condotta sanzionata ha quindi una natura omissiva e si sostanzia nel fatto di non destinare il denaro ricevuto alle specifiche finalità di pubblico interesse sottese alla dazione. Una volta che non vi sia restituzione, si dovrà giustamente ritenere che “integra gli estremi della condotta punibile, quindi, sia l'astensione del beneficiario dall'impiegare le somme ricevute, sia l'utilizzazione delle medesime, o di parte di esse, per uno scopo diverso rispetto a quello per cui il finanziamento è stato concesso” (Caringella-De Palma-Farini-Trinci, 160).

È forse utile sottolineare come, nell'alveo previsionale della norma, non possano essere ricondotte quelle differenziazioni di scarsa entità ed infima rilevanza, eventualmente riscontrabili fra ciò che si realizza e quanto invece previsto e imposto dalla pubblica amministrazione. Ciò che invece integra il fatto tipico è quella importante diversità di destinazione, che vada a incidere sugli aspetti nodali dell'iniziativa e che sia in grado, pertanto, di impedire il perseguimento dell'esito sperato (Gambardella, 393).

Risulterà infine conforme al fatto tipico una distrazione dei fondi ricevuti che abbia natura solo parziale. Parimenti integrato dovrà ritenersi il modello legale, laddove la diversa destinazione attribuita ai contributi, sovvenzioni o finanziamenti presenti, comunque, una matrice di tipo pubblicistico.

Cass. II, n.  22192/2019  ha chiarito come non sia bastevole – ai fini della configurabilità del delitto in commento -  la provenienza pubblica di somme erogate, a titolo di corrispettivo, ad un soggetto aggiudicatario della gestione del servizio di accoglienza e trattenimento di migranti richiedenti asilo, all'esito dell'espletamento di una gara di appalto pubblico di servizi ed alla stipula della relativa convenzione; venendo infatti in tal caso in rilievo un rapporto di natura contrattuale a titolo oneroso, tali somme non sono riconducibili all'alveo di quelle erogazioni gratuite o connotate da onerosità attenuata, che vengono specificamente richiamate dal dettato normativo.

Elemento psicologico

Il coefficiente psicologico postulato dalla norma è il dolo generico. Questo consiste nella coscienza e volontà di destinare la prestazione ricevuta ad uno scopo diverso, rispetto a quello al quale essa è deputata. Così distogliendo gli stanziamenti dalle finalità di natura pubblica, che erano state poste a fondamento dei trasferimenti stessi. Occorre naturalmente la consapevolezza, da parte del soggetto agente, della provenienza del denaro e della sua destinazione a finalità di interesse pubblico.

Consumazione e tentativo

Dalla natura di reato istantaneo deriva che il delitto giunge a consumazione con l'inutile spirare del termine utile per attribuire ai contributi, alle sovvenzioni o ai finanziamenti la destinazione lecita per la quale era avvenuta l'erogazione.

Il reato risulterà dunque consumato nel momento e nel luogo in cui scadrà il termine atto a consentire la realizzazione delle specifiche opere o attività, in vista delle quali erano stati dati i finanziamenti, “non potendosi escludere, fino a quando detta scadenza non si sia verificata, che l'agente, pur se abbia nel frattempo destinato quei finanziamenti ad altra finalità, provveda comunque alla realizzazione delle opere con altri mezzi economici di cui abbia o acquisti la disponibilità” (Caringella, De Palma, Farini, Trinci, 160).

Il tentativo è ritenuto astrattamente ammissibile, anche se di difficile realizzazione pratica.

Il rapporto con il reato di cui all'art. 640- bis

Il tema dei rapporti esistenti fra il modello tipico in commento e la fattispecie delittuosa ex art. 640-bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) è estremamente dibattuto, in dottrina come in giurisprudenza. Si deve in primo luogo evidenziare come le due figure si collochino in momenti differenti dell'iter che conduce all'erogazione delle risorse pubbliche. La disposizione di cui all'art. 640 attiene infatti al momento genetico dell'erogazione, tendendo a reprimere proprio l'indebita percezione delle risorse. La norma ora in esame, invece, inerisce al controllo circa il successivo impiego delle disponibilità finanziarie in precedenza somministrate ai beneficiari.

Nella costruzione dell'art. 316-bis, peraltro, la dazione economica viene ottenuta dal soggetto agente del tutto legittimamente, rappresentando essa anzi l'antefatto e il presupposto storico della condotta tipica; dazione economica che, al contrario, costituisce nel reato di truffa aggravata proprio l'ingiusto profitto conseguito dall'agente.

L'approdo concettuale ormai comunemente accettato in dottrina è comunque nel senso di riconoscere alla fattispecie delittuosa ora in commento una funzione sussidiaria e residuale, rispetto a quella di cui all'art. 640-bisLe Sezioni Unite hanno però recentemente stabilito la configurabilità del concorso tra le due fattispecie (v.   infra).

Casistica

Il reato di malversazione a danno dello Stato — stando all'insegnamento dei Giudici di legittimità — sussiste anche nel caso di destinazione solo parziale dei fondi, al soddisfacimento di interessi di natura egoistica. Non rileva, infatti, che la residua parte della somma erogata sia stata magari correttamente impiegata per scopi di natura pubblica; altrimenti, si legittimerebbe l'utilizzo di questi ultimi in veste di pretesto e occasione per una ingiusta locupletazione privata, perpetrata in danno della collettività (Cass. II, n. 14125/2015).

La nozione di ente pubblico rilevante ai fini della sussistenza della fattispecie delittuosa in commento è sovrapponibile a quella di organismo pubblico, fornita dall'art. 3 comma 26 d.lgs. n. 163/2006 (ora abrogato dall'art. 217 lett. e, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, di cui v. le disposizioni). Merita dunque tale denominazione ogni struttura alla quale sia riconosciuta personalità giuridica; che sia istituita — secondo qualsiasi forma giuridica, dunque anche quale società — con il fine specifico di giungere al soddisfacimento di esigenze di carattere generale, che presentino o meno natura industriale o commerciale. Struttura la cui attività venga finanziata maggioritariamente con fondi di provenienza statale, ovvero erogati da enti pubblici territoriali o da altri organismi comunque di diritto pubblico; oppure la cui gestione sia sottoposta al controllo di questi ultimi; ovvero i cui organi amministrativi, direttivi o di vigilanza ricomprendano anche membri indicati — in ragione di più della metà — da tali soggetti pubblici (Cass. VI, n. 17343/2013).

La nozione di opera o attività di pubblico interesse deve essere interpretata secondo un criterio estremamente vasto, facendo riferimento più alla finalità perseguita dall'ente erogante, che alla natura intrinseca dell'opera o dell'attività. L'interesse pubblico non trova quindi origine in via oggettiva (dalla natura dell'opera o dell'attività) conseguendo esso piuttosto alla origine pubblica del finanziamento - sia esso gratuito o a condizioni agevolate - oltre che all'esistenza di un legame teleologico fra l'erogazione e le specifiche finalità. Tale vincolo rappresenta esso stesso, infatti, l'espressione di opzioni politiche, economiche e sociali dello Stato (Cass. VI, n. 23778/2011).

Nella fattispecie tipica di cui all'art. 316-bis, il soggetto attivo deve essere individuato secondo un parametro molto ampio. Il concetto di estraneità alla pubblica amministrazione — presupposto soggettivo che connota la fattispecie — non comprende infatti solo colui che sia esterno alla struttura organizzata pubblica. Si tratta invece di un concetto che abbraccia anche chi — pur se magari posto in una posizione interna alla pubblica amministrazione, perché a questa avvinto da un legame di subordinazione — non sia però funzionalmente competente, rispetto alle procedure di erogazione delle somme, o di vigilanza del rispetto del vincolo di destinazione di queste (Cass. VI, n. 41178/2005).

La Cassazione in un primo tempo escludeva l'ammissibilità del concorso formale tra il reato in commento e quello di cui all' art. 640-bis, ravvisando — con riferimento al primo — una natura sussidiaria e residuale rispetto alla seconda figura tipica (Cass. VI, n. 23063/2009; così anche Cass. II, n. 39644/2004). In contrario avviso, però, si collocano le pronunce più recenti della Corte. Si è infatti ritenuto configurabile il concorso formale fra le due fattispecie legali, sul presupposto della diversità del bene giuridico tutelato. In base dunque alla considerazione che il delitto di malversazione in danno dello Stato tende ad apprestare adeguata salvaguardia in favore della pubblica amministrazione, rispetto a condotte contrarie ad interessi che possono presentare anche natura non patrimoniale, purché siano riconducibili alla collettività, laddove la seconda norma ha specificamente ad oggetto la tutela del patrimonio (Cass. II, n. 29512/2015 e, sulla medesima linea interpretativa, Cass. II, n. 43349/2011).

Il contrasto giurisprudenziale è ormai risolto, stante l'intervento del massimo consesso di legittimità. Questo ha stabilito l'ammissibilità del concorso fra i reati di malversazione ai danni dello Stato e di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, in ragione dell'autonomia strutturale esistente fra le due fattispecie (Cass. S.U., n. 20664/2017).

Per ciò che attiene alla responsabilità da reato degli enti, i Giudici di legittimità hanno precisato come – affinché possa disporsi la confisca di cui all'art. 19 d.lgs. n. 231/ 2001 (applicabile in danno dell'ente e con riferimento al prezzo o al profitto del reato, con esclusione della sola porzione suscettibile di restituzione al soggetto danneggiato) - debba prendersi in considerazione proprio la possibilità di materiale distacco di una parte del patrimonio dell'ente stesso. Non si deve quindi attribuire rilievo all'esistenza di una generica garanzia, rilasciata nell'interesse dell'ente ed a favore dell'avente diritto, bensì proprio alla possibilità materiale di separare una parte del patrimonio dell'ente, da destinare al danneggiato. Nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto la non separabilità – dalla complessiva determinazione del profitto, rappresentato dall'importo erogato e distratto – della polizza fideiussoria rilasciata in favore dell'ente erogante (Cass. VI, n. 12653/2016; nella medesima decisione, la Corte ha anche sottolineato la natura di reato istantaneo del delitto in commento, il quale si consuma allorquando le somme ottenute a titolo di sovvenzione, finanziamento o contributo pubblico vengano destinate a finalità diversa rispetto a quella sottesa all'erogazione).

Il bene immobile che sia edificato grazie al diretto riutilizzo dei proventi del delitto in esame rappresenta il profitto del reato exart. 316-bis; ne deriva che tale bene è sottoponibile a confisca diretta (eventualmente parziale, in quanto circoscritta all'importo delle somme illecitamente ottenute) e non per equivalente (Cass. VI, n. 7896/2017).

I Giudici di legittimità hanno stabilito come il reato di malversazione a danno dello Stato possa concorrere con quello di bancarotta impropria distrattiva ex art. 223, comma 1, l.fall. Il soggetto agente, infatti in un primo momento si impossessa di risorse provenienti dall'Erario, inserendole nel patrimonio della società; in un secondo tempo, sottrae tali risorse alla garanzia generica dei creditori, attribuendole a scopi difformi tanto rispetto a quelli che avevano dato origine all'attribuzione del contributo o finanziamento, quanto rispetto alle finalità imprenditoriali tipiche della società. La Corte ha qui anche spiegato come si verifichi – fra le due succitate fattispecie criminose – un rapporto di progressione criminosa (Cass. V,  n. 49992/2017).

Secondo il Supremo Collegio (Cass. VI, n. 22119/2021), non è configurabile il modello legale in esame, nel caso di mancata destinazione delle somme ottenute attraverso un mutuo erogato da un Istituto di credito, con la garanzia di SACE S.p.a. (Sezione speciale per l'Assicurazione del Credito all'Esportazione, società controllata da Cassa Depositi e Prestiti S.P.A.), alle finalità espressamente previste dal cd. Decreto Liquidità (art. 1 d.l. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, n. 40). In particolare, il finanziamento erogato a norma del D.L. 23/2020 non è in grado di rappresentare idoneo presupposto, per la sussunzione - sotto l'egida normativa della figura delittuosa in commento - della successiva omessa destinazione di somme. Tale erogazione, infatti, pur se caratterizzata da una forma di onerosità attenuata e destinata al perseguimento di finalità di interesse pubblico, non è concesso direttamente dallo Stato o da altro ente pubblico, ma da un soggetto privato e segnatamente da un istituto bancario.

Cass. VI, n. 28416/2022 , pronunciandosi sulla materia della legislazione emergenziale finalizzata ad assicurare supporto alle imprese danneggiate dagli effetti della pandemia da Covid-19, ha ritenuto che resti integrato il paradigma normativo in commento, laddove – in un momento posteriore rispetto all'erogazione, ad opera di un istituto di credito, di un finanziamento assistito dalla garanzia pubblica assicurata dal Fondo per le Piccole e Medie Impreseex art. 13, lett. m), del d.l. 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. decreto liquidità), convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, le somme oggetto di finanziamento non vengano utilizzate per il conseguimento delle finalità alle quali tale finanziamento è ex lege destinato.

Profili processuali

Il reato in esame è reato procedibile d’ufficio e di competenza del Tribunale in composizione collegiale; è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare.

Per esso:

a) non è possibile disporre intercettazioni;

b) l’arresto in flagranza è previsto come facoltativo;

c) il fermo non è consentito;

d) non è consentita l’applicazione della custodia in carcere, se non a seguito di arresto in flagranza e dunque ai sensi dell’art. 391 comma 5 c.p.p.; è consentita l’applicazione delle altre misure cautelari personali, abbiano esse natura coercitiva o interdittiva.

L'art. 322-ter — come novellato dall'art. 1 l. n. 190/2012 — prevedeva, in relazione anche al reato di cui all'art. 316- bis, la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo; qualora ciò non sia possibile, è prevista in tali casi la confisca di beni, di cui il colpevole abbia la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto

L'art. 12- sexiesd.l., n. 306/1992, conv., con modif. in l. n. 356/1992, prevede, in caso di condanna o di applicazione di pena ai sensi e per gli effetti dell'art. 444 c.p.p., la confisca di denaro, beni o altra utilità, di cui non venga giustificata la provenienza e di cui — anche per interposta persona — il condannato risulti titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo. Occorre però che denaro, beni o altre utilità appaiano sproporzionati rispetto al reddito dichiarato dal condannato ai fini delle imposte sul reddito, ovvero all'attività economica svolta (v. ora art. 240-bis c.p.). 

Responsabilità degli enti

Per ciò che attiene alla responsabilità amministrativa da reato riferibile alle persone giuridiche, si veda l'art. 24 d.lgs. n. 231/2001.

Bibliografia

Benussi, Commento all'art. 316 bis, in Codice Penale Commentato, P.S, a cura di Marinucci e Dolcini, Milano, 1999; Carcano-Follieri, voce Malversazione, V, Pubblica Amministrazione (delitti contro la), in Enc. giur., 12; Caringella-De Palma-Farini-Trinci, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, Roma, 2015; De Luca-Segreto, I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Milano, 1995; Gullo, Malversazione a danno dello Stato, in Dizionario dei reati contro l'economica, a cura di Marini e Paterniti, Milano, 2000; Pagliaro, Principi di diritto penale - Parte speciale, Delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione, Milano, 2000; Salcuni, Malversazione a danno dello Stato, in AA.VV., Trattato di diritto penale, Parte speciale, II, Torino, 2008; Scardamaglia, voce Malversazione, in Enc. dir., Milano, 1975.

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