Codice Penale art. 323 bis - Circostanze attenuanti 1 .

Vito Di Nicola

Circostanze attenuanti 1.

[I]. Se i fatti previsti dagli articoli 314, 314-bis316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-quater, 320, 322, 322-bis e 346-bis sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite [65 n. 32 .

[II]. Per i delitti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 , 322-bis e 346-bis, per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita da un terzo a due terzi. [65 n. 3] 3.

 

[1] Articolo inserito dall'art. 14 l. 26 aprile 1990, n. 86. e successivamente modificato dall'art. 62l. 29 settembre 2000, n. 300. L'art. art. 1 l. 27 maggio 2015, n. 69ha modificato la rubrica, sostituendo "Circostanza attenuante", con "Circostanze attenuanti".

[2] Comma modificato dall'art. 9, comma 2-bis, d.l 4 luglio 2024, n. 92, conv. con modif. in l. 8 agosto 2024, n. 112, che ha inserito le parole «314-bis» e successivamente dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, l. 9 agosto 2024, n. 114 che ha sostituito le parole «e 346-bis»  alle seguenti «e 323» . Precedentemente il riferimento all'articolo 319-quater è stato inserito dall'art. 1, comma 75, l. 6 novembre 2012, n. 190

[3] Comma aggiunto dall'art. 1 l. 27 maggio 2015, n. 69. Successivamente le parole «, 322-bis e 346-bis» sono state sostituite alle parole «e 322-bis» dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 2, l. 9 agosto 2024, n. 114.  

Inquadramento

L'art. 323-bis c.p. prevede due circostanze attenuanti: una, introdotta dall'art. 14 l. 26 aprile 1990, n. 86, che si applica ai fatti di particolare tenuità con riferimento ai reati tassativamente indicati nel primo comma (artt. 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-quater, 320, 322, 322-bis e 323); l'altra, introdotta recentemente dall'art. 1 lett. i) l. 27 maggio 2015, n. 69, che si applica a chi abbia fornito una forma decisiva di collaborazione processuale in relazione ai delitti tassativamente indicati nel secondo comma (artt. 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis).

Il fatto di particolare tenuità e la natura giuridica dell'attenuante (comma 1)

Il fatto di particolare tenuità configura:

a) una circostanza attenuante speciale, in quanto si applica non alla generalità dei reati ma esclusivamente a quelli rientranti nella lista di cui al comma 1 dell'art. 323-bis c.p. (peculato e peculato d'uso, peculato mediante profitto dell'altrui errore, malversazione a danno dello Stato, indebita percezione di erogazioni pubbliche, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione passiva impropria, corruzione passiva propria, corruzione dell'incaricato di un pubblico servizio, istigazione alla corruzione, l'abuso d'ufficio ed i reati di peculato, concussione, corruzione ed istigazione alla corruzione di membri e di funzionari degli organi delle Comunità europee nonché di Stati esteri di cui all'art. 322-bis). Nessun dubbio circa l'elencazione tassativa della disposizione in esame (Romano, 328);

b) una circostanza ad effetto comune, in quanto la riduzione della pena (diminuzione fino a un terzo ex art. 65, comma 1, n. 3 c.p.) è determinata secondo le regole generali di cui agli artt. 61 ss. c.p.;

c) una circostanza attenuante indefinita in quanto, svincolata da un parametro predeterminato, la sua ragion d'essere si basa sulla scarsa offensività del fatto di reato globalmente inteso e non invece su uno specifico fattore attenuativo (Romano, 328).

Infatti, la circostanza attenuante speciale prevista per i fatti di particolare tenuità ricorre quando il reato, valutato nella sua globalità, presenti una scarsa offensività e, dunque, una contenuta gravità, avuto riguardo agli aspetti specifici della condotta, all’entità del danno economico o del lucro conseguito, all’atteggiamento soggettivo dell’agente e all’evento da questi determinato (Cass. VI, n. 19497/2018), tenuto conto dei parametri di cui all'art. 133, comma 1. Essa pertanto concerne il fatto illecito in tutti i suoi profili (Cass. VI, n. 26998/2003) sicché, ai fini della sua integrazione, non rileva la mera considerazione delle sole conseguenze patrimoniali della condotta criminosa, in quanto il riconoscimento dell'attenuante è subordinato alla verifica delle particolari modalità e circostanze dell'azione, ai mezzi usati ovvero alla valutazione del fatto nella sua globalità (Cass. VI, n. 9727/1997).

E’ stato pertanto ritenuto che, in tema di peculato, l'attenuante speciale, ex art. 323 bis, ricorre per i fatti che, essendo di particolare tenuità, presentino una gravità contenuta nella loro globalità. Per determinare ciò, si deve considerare ogni caratteristica della condotta, dell'atteggiamento soggettivo dell'agente e dell'evento che ha determinato (Cass. VI, n. 7512/2016).

Pertanto, per l'applicazione della circostanza attenuante, non può essere preso in considerazione solo l'esiguità del vantaggio che dal reato abbia tratto l'autore dell'azione delittuosa o solo la scarsa entità del danno che l'agente abbia ad altri procurato, occorrendo invece una valutazione complessiva del fatto in tutti i suoi elementi e modalità: condotta, dolo, evento (Romano, 328).

Rapporti con l'attenuante prevista dall'art. 62 n. 4 c.p. e con le attenuanti generiche

Rapporti con l'attenuante prevista dall'art. 62 n. 4 c.p

Quando sia di speciale tenuità soltanto l'entità del danno economico procurato o del lucro conseguito, è legittimo il diniego dell'attenuante ex art. 323-bis, comma 1, c.p., potendo essere riconosciuta solo quella di cui all'art. 62, n. 4 c.p. perché, mentre la prima si riferisce al reato nella globalità, la seconda prende in considerazione il solo aspetto del danno o del lucro, che deve essere connotato da particolare tenuità (Cass. VI, n. 7919/2012). In altri termini, se la valutazione della speciale tenuità riguarda il solo aspetto del danno patrimoniale cagionato dal singolo fatto reato, è configurabile l’attenuante ex art. 62, n. 4 c.p.; spetta invece l’attenuante speciale prevista dall’art. 323-bis c.p. quando il reato, valutato nella sua globalità, presenti una gravità contenuta, dovendosi a tal fine considerare non soltanto l'entità del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni caratteristica della condotta, dell'atteggiamento soggettivo dell'agente e dell'evento da questi determinato (Cass. VI, n. 8295/2019).

Le due circostanze possono tuttavia concorrere quando la speciale tenuità del danno patrimoniale non esaurisca la scarsa offensività del fatto complessivamente valutato (Romano, 330).

Perciò — quando altre circostanze, diversa da quella relativa alla scarsa entità del danno patrimoniale, connotino di particolare tenuità il fatto criminoso posto in essere dal soggetto attivo del reato — è ammissibile il concorso dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p. con quella di cui all'art. 323-bis, comma 1, c.p. (Cass. VI, n. 3431/1990).

Sicché, non potendosi affermare che l'una circostanza comprenda l'altra, potrà essere configurato un concorso omogeneo di circostanze attenuanti regolato dall'art. 63, comma 5, c.p. (Romano, 330).

E' stato tuttavia precisato che, in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, qualora la circostanza attenuante speciale di cui all'art. 323-bis venga riconosciuta in ragione della ritenuta esiguità del danno economico cagionato dal reato, in essa rimane assorbita quella del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all'art. 62, comma 1, n. 4 c.p. (Cass. VI, n. 3774/2019 ).

Rapporti con le attenuanti generiche

Per le medesime ragioni, l'art. 323-bis, comma 1, c.p. può concorrere con l'art. 62-bis (Segreto-De Luca, 561) posto che, considerata l'ampiezza delle “circostanze diverse” richiamate dall'art. 62-bis, la concessione delle attenuanti generiche può anche dipendere da fattori diversi dalla tenuità del fatto (Romano, 330), avuto anche ràùuiguardo al diverso fondamento giuridico che connota le rispettive fattispecie circostanziali.

Rapporti con la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto prevista dall'art. 131- bis c.p

Il comma 5 dell'art. 131-bis precisa che la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, introdotta con il d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28, può trovare applicazione «anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante». Pertanto, nei rapporti tra la causa di non punibilità ex art. 131-bis  e la circostanza attenuante in esame, occorre considerare che, quanto ai reati rientranti nel novero di quelli che, ai sensi dell' art. 323-bis, consentono l'applicabilità della circostanza, alcune fattispecie incriminatrici, pur in caso di sussistenza della diminuente, non integrano quoad poenam il requisito richiesto per l'applicazione della causa di non punibilità, che è applicabile solo con riferimento ai reati puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni ovvero con pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena detentiva e che, ai fini della determinazione del limite di pena detentiva, non si tiene conto, ai sensi dell'art. 131-bis, comma 4, c.p., delle circostanze del reato, fatta eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale, per le quali comunque non opera il giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p. Ne consegue che l'art. 131-bis, pur in presenza della circostanza attenuante de qua, è inapplicabile ai reati di cui agli artt. 314, comma 1, 317, 318, 319, 319-quater, comma 1, 320, 322, comma 2, e 322-bis c.p., limitatamente ai fatti che integrano le precedenti fattispecie incriminatrici, mentre l'art. 319-ter  è escluso addirittura dal novero di quelli che consentono l'applicazione anche della circostanza attenuante ex art. 323-bis.

Per i reati invece che quod poenam consentirebbero l'applicazione dell'art. 131-bis  (art. 314, comma 2, 316, 316-bis, 316-ter, 319-quater, comma 2, 322, comma 1, e 322-bis c.p., limitatamente ai fatti che integrano le precedenti fattispecie incriminatrici, e 323), la causa di non punibilità opera sempre che la “tenuità del fatto” superi la soglia della circostanza e giunga ad integrare gli estremi di quella particolare “irrilevanza del fatto” desumibile dai requisiti e criteri di cui al primo comma dell'art. 131-bis.

A questo proposito, è stato ritenuto che il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art.323-bis non è incompatibile con l'esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, in quanto la circostanza attenuante si fonda sulla modesta rilevanza del fatto, mentre la causa di non punibilità presuppone un complessivo giudizio di minima offensività, compiuto sulla base di una valutazione congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell'entità del danno o del pericolo (Cass. VI, n. 46255/2016).

In generale, sull'esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, cfr. sub art. 131-bis.

La nuova diminuente della collaborazione (comma 2)

La l. 27 maggio 2015, n. 69 ha introdotto, in aggiunta a quella della particolare tenuità del fatto, una nuova circostanza attenuante applicabile solo a taluni delitti rispetto a quelli elencati dal comma 1 (artt. 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis c.p.) sicché non vi è piena sovrapponibilità tra le due disposizioni, con la conseguenza che per i reati di cui agli artt. 314, 316, 316-bis, 317, 321, e 323 c.p. è soltanto applicabile, a condizioni esatte, l'attenuante di cui al primo comma dell'art. 323-bis c.p. Inoltre, tra i reati per i quali è prevista l'applicazione dell'attenuante di cui al secondo comma, vi rientra il delitto di corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.) non ricompreso nella lista dei reati per i quali è applicabile l'attenuante del fatto di particolare tenuità.

Per la configurabilità dell'attenuante speciale prevista dal secondo comma dell'art. 323-bis c.p., occorre che il soggetto attivo del reato si sia efficacemente adoperato:

a) per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori,

b) per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero

c) per (assicurare) il sequestro delle somme o altre utilità trasferite.

Si tratta di un'attenuante ad effetto speciale, che consente una diminuzione della pena da un terzo a due terzi, catalogabile tra le previsioni normative di natura premiale, che opera in caso di ravvedimento operoso post delictum e che trova nell'ordinamento penale previsioni analoghe quantunque non pienamente sovrapponibili (a titolo esemplificativo, art. 600-septies.1,  630, comma 5,  648-ter.1, comma 6, c.p.; art. 8 d.l. n. 152/1991, conv. con modif. in  l. n. 203/1991 ora art. 416-bis.1 -; artt. 73, comma 7, e 74, comma 7, d.P.R. 9 ottobre, 1990, n. 309).

Deve ritenersi che l'attenuante in esame si pone in rapporto di specialità con quella prevista dall'art. 62, n. 6, che si esprime in forma analoga (“adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato”), con la conseguenza che l'applicabilità di quest'ultima è esclusa qualora sia fondata sulla condotta collaborativa che, nella configurazione delle attenuanti speciali, ha una portata più ampia e pertanto costituisce norma speciale rispetto all'altra (Cass. I, n. 28596/2006 in materia di stupefacenti).

La formulazione letterale della norma, salvo il richiamo alla circostanza che richiede all'agente di essersi efficacemente adoperato, non indica un termine entro il quale deve avvenire il ravvedimento da parte dell'imputato e, pertanto, può ritenersi che, in mancanza di espresse preclusioni in tal senso, la collaborazione, purché efficace, può essere prestata fino a quando non sia intervenuta una sentenza definitiva.

Per quanto riguarda le caratteristiche della collaborazione, in conformità al consolidato orientamento di legittimità affermato in fattispecie analoghe, la collaborazione deve avere connotazioni di particolare efficacia, dovendo risolversi, per quelle che sono le conoscenze del dichiarante, in un contributo pieno, con la conseguenza che l'attenuante non può essere concessa in caso di reticenza, anche solo parziale, del collaboratore (Cass. IV, n. 5699/1999).

Quanto all’ulteriore aspetto della condotta collaborativa diretta ad assicurare le prove dei reati e l’individuazione degli altri responsabili ovvero ad (assicurare) il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la fattispecie prevede, oltre all’assicurazione delle prove in genere, anche due estrinsecazioni alternative della forma di ravvedimento in parte qua. Ai fini della configurabilità dell’attenuante in esame, stante la formulazione disgiuntiva della norma, non è richiesto che le condotte in essa indicate (individuazione degli altri responsabili, sequestro delle somme o altre utilità trasferite) siano tenute congiuntamente, ma è necessario che almeno una di esse abbia realizzato l’effetto rispettivamente indicato, vale a dire l’individuazione dei responsabili ovvero il sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite, fermo restando la completezza e l’efficacia della collaborazione.

Modifiche introdotte dalla l. n. 3/2019

L' intervento legislativo ha impiegato la disposizione di cui all'art. 323-bis c.p. per rimodellare, da un lato, la materia delle pene accessorie prevista dall'art. 317-bis c.p., attenuando così il rigore della disciplina sanzionatoria in presenza di fatti di particolare tenuità o al cospetto di una collaborazione processuale e per estendere, dall'altro, i benefici penitenziari a coloro che, condannati per i più gravi delitti contro la pubblica amministrazione, prestino un'efficace e utile collaborazione con la giustizia.

Innanzitutto, l 'art. 1, comma 1, lett. m), della l. n. 3/2019 ha modificato l'art. 317-bis c.p. sotto due aspetti.

Ha, in primo luogo, integrato il catalogo dei reati alla cui condanna consegue l'applicazione della pena accessoria.

In secondo luogo, ha aggiunto, all'interdizione dai pubblici uffici già prevista secondo la precedente formulazione dell'art. 317-bis, l'ulteriore pena accessoria dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.

Pertanto, ai reati di peculato (art. 314), concussione (art. 317), corruzione propria (art. 319) e corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter) sono stati aggiunti:

- la corruzione impropria (art. 318);

- la corruzione propria aggravata (art. 319-bis)

- l'induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater, primo comma);

- la corruzione di persona incaricata di pubblico servizio (art. 320);

- la corruzione attiva (art. 321);

- l'istigazione alla corruzione (art. 322);

- i reati di corruzione nelle sue diverse forme commessi da membri della Corte penale internazionale, da organi e funzionari dell'Unione europea o di Stati esteri (art. 322-bis);

- il traffico di influenze illecite (art. 346-bis).

Ne deriva un sistema secondo il quale, alla condanna per taluno dei suddetti reati, consegue di diritto l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e l'incapacità in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un servizio pubblico.

In due soli casi, le suddette pene accessorie perdono la caratteristica della perpetuità ed assumono quella della temporaneità.

Il primo caso si verifica, alternativamente, nell'ipotesi in cui venga inflitta la reclusione per un tempo non superiore a due anni o nell'ipotesi in cui ricorra la circostanza attenuante prevista dall'art. 323-bis, primo comma, ossia quando i fatti siano di particolare tenuità.

Ricorrendo una di tali ipotesi, la condanna importa l'interdizione e il divieto temporanei, per una durata non inferiore a cinque anni né superiore a sette.

Siccome non c'è perfetta coincidenza tra i reati per i quali è applicabile l'attenuante del fatto di particolare tenuità (attenuante che è certamente preclusa per chi commette il reato di corruzione in atti giudiziari ex art. 319-ter e per chi commette il reato di traffico di influenze illecite ex art. 346-bis che pur prevede, al sesto comma dell'art. 346-bis, la diminuente del fatto di particolare tenuità, normativamente sganciata però dalla disposizione ex art. 323-bis, cui esclusivamente si riferisce la novella) e i reati per i quali sono previste le pene accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici e dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, la disciplina che ne deriva appare connotata da aspetti di irragionevolezza, potendo verificarsi che, per reati puniti in concreto con pena superiore a due anni (es. concussione) ma per i quali sia stata concessa l'attenuante in parola, la pena accessoria da perpetua assume i caratteri della temporaneità, mentre i condannati per reati puniti in concreto con pena superiore ai due anni  ma per i quali l'attenuante non può essere concessa, perché non legalmente prevista, si trovano assoggettati all'applicazione di pene accessorie perpetue. Mentre un'eventuale svista legislativa è riparabile, ricorrendo ad un'interpretazione analogica in bonam partem, per quanto riguarda il reato di traffico di influenze illecite, in forza della disposizione di cui al sesto comma dell'art. 346-bis, più complessa appare la problematica relativa al reato di corruzione in atti giudiziari che in precedenza era, quanto all'applicazione delle pene accessorie, perfettamente equiparato ai reati di peculato, di concussione e di corruzione propria.

Il secondo caso si verifica nell'ipotesi in cui ricorra la circostanza attenuante prevista dall'art. 323-bis, secondo comma, ossia nei casi di collaborazione processuale, cioè quando il condannato si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite.

Ricorrendo tale ipotesi, la condanna per i delitti indicati nell'art. 317-bis importa le sanzioni accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici e dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per una durata non inferiore a un anno né superiore a cinque.

Infine, l'art. 1, comma 6, lett. a), l. n. 3/2019 ha novellato l'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario (l. n. 354/1975), modificando il primo comma dell'articolo 4-bis e prevedendo che anche l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati nei casi in cui costoro collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 323-bis, secondo comma, (ossia nei casi in cui tali detenuti o internati si siano efficacemente adoperati per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite) per i delitti di:

- peculato, escluso il peculato d'uso (art. 314, primo comma);

- concussione (art. 317);

- corruzione impropria (art. 318);

- corruzione propria, semplice e aggravata (art. 319 e 319-bis);

- corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter);

- indebita induzione a dare o promettere utilità (art. 319-quater, primo comma);

- corruzione di incaricato di pubblico servizio (art. 320);

- corruzione attiva (art. 321 c.p.);

- istigazione alla corruzione (art. 322);

- peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi e funzionari dell'Unione europea e di Stati esteri (art. 322-bis).

L’art. 71, comma 1, del d.lgs. 10 ottobre 2022 , n. 150 nella parte in cui ha sostituito - a decorrere dal 30 dicembre 2022 ex art. 6 d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199 - l’art. 59, comma 1, lettera d) della legge 24 novembre 1981, n. 689 prevede che - qualora sia stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 323-bis, comma 2, c.p. –  non opera la preclusione secondo la quale la pena detentiva non può essere sostituita nei confronti dell’imputato di uno dei reati inclusi nell’elenco ex art. 4-bis della legge n. 354 del 1975.

Casistica

In una fattispecie concernente vari episodi di falso ideologico e di abuso d'ufficio, uniti dal vincolo della continuazione, per i quali il giudice di merito aveva negato agli imputati, la circostanza attenuante speciale di cui all'art. 323-bis, comma 1, sul rilievo che essa, applicandosi solo ai delitti contro la pubblica amministrazione, non poteva essere riconosciuta per il delitto di falso, costituente la violazione più grave, è stato ritenuto che, nel reato continuato, il riconoscimento di una circostanza attenuante per un reato satellite incide sull'entità dell'aumento di pena da stabilire, in relazione ad esso, a titolo di continuazione, anche se si tratta di circostanza incompatibile con la violazione più grave (Cass. I, n. 33758/2001).

In applicazione del principio, l'attenuante del fatto di particolare tenuità è stata esclusa in relazione al comportamento di alcuni carabinieri che si erano appropriati di modeste somme di denaro, dopo aver sottoposto alcuni cittadini extra-comunitari a perquisizioni arbitrarie, connotate da «brutale violenza» e dall'approfittamento della loro superiorità numerica, sul rilievo che, in tema di delitti contro la P.A., la circostanza attenuante speciale prevista per i fatti di particolare tenuità ricorre quando il reato, valutato nella sua globalità, presenti una gravità contenuta, dovendosi a tal fine considerare non soltanto l'entità del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni caratteristica della condotta, dell'atteggiamento soggettivo dell'agente e dell'evento da questi determinato (Cass. VI, n. 14825/2014).

Con riferimento alla contestazione di peculato continuato per uso indebito del telefono di ufficio, pur in costanza di riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 4, il diniego dell'attenuante di cui all'art. 323-bis c.p. è stato giustificato dalla particolare gravità del fatto, per l'elevato numero di telefonate effettuate in un ristretto arco temporale (Cass. VI, n. 7919/2012).

In continuità con tale orientamento, sul rilievo che la circostanza attenuante speciale prevista per i fatti di particolare tenuità ricorre quando il reato, valutato nella sua globalità, presenti una gravità contenuta, dovendosi a tal fine considerare non soltanto l'entità del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni altra caratteristica della condotta, dell'atteggiamento soggettivo dell'agente e dell'evento da questi determinato, l’attenuante di cui all’art. 323-bis c.p., in tema di peculato d’uso, non è stata riconosciuta in relazione a due condotte di uso dell'autovettura di servizio, con cui l'imputato era stato visto nei pressi di un night club a notte fonda, e di uso abusivo del telefono di servizio, da cui egli aveva effettuato oltre tremila telefonate per fini privati, tenuto conto della ripetitività delle condotte e del loro disvalore anche dal punto di vista soggettivo (Cass. VI, n. 30178/2019).

In tema di corruzione e accesso abusivo a un sistema informatico, è stata ritenuta esente da censure la decisione con cui era stata negata l'attenuante de qua per l'oggettiva gravità del danno recato all'immagine della pubblica amministrazione e alla segretezza delle indagini della polizia giudiziaria, sul rilievo che , i n materia di reati contro la pubblica amministrazione, l'attenuante speciale prevista dall'art. 323-bis per i fatti di particolare tenuità, diversamente da quella comune di cui all'art. 62, comma 1 , n. 4 c.p., ricorre quando il reato, valutato nella sua globalità, presenti una gravità contenuta, dovendosi a tal fine considerare non soltanto l'entità del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni caratteristica della condotta, dell'atteggiamento soggettivo dell'agente e dell'evento da questi determinato (Cass . VI , n. 8295/2019 ).

E’ stato ritenuto che - in tema di induzione indebita a dare o promettere utilità, al fine del riconoscimento della circostanza attenuante speciale prevista per i fatti di particolare tenuità di cui all'art. 323-bis - è necessario considerare tutti gli elementi costitutivi dei reati originariamente contestati, anche se in parte estinti per prescrizione, in quanto espressione della complessiva condotta posta in essere dal reo e della sua personalità, oggetto di necessaria considerazione, con la conseguenza che è stata ritenuta immune da censure la sentenza secondo cui la reiterazione delle condotte di indebita induzione era tale da configurare un'abitualità criminosa ostativa alla qualifica di particolare tenuità del fatto (Cass. II, n. 8733/2019).

 

Bibliografia

V. sub art. 323.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario