Codice Penale art. 325 - Utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione di ufficio (1).

Vito Di Nicola

Utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione di ufficio (1).

[I]. Il pubblico ufficiale [357] o l'incaricato di un pubblico servizio [358], che impiega, a proprio o altrui profitto, invenzioni o scoperte scientifiche, o nuove applicazioni industriali, che egli conosca per ragione dell'ufficio o servizio, e che debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a 516 euro.

(1) Per la confisca di denaro, beni o altre utilità di non giustificata provenienza, nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta, v. ora artt. 240-bis c.p., 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e 301, comma 5-bis,d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (per la precedente disciplina, v. l'art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., in l. 7 agosto 1992, n. 356).

competenza: Trib. collegiale

arresto: facoltativo

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: consentita

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Il delitto in esame è integrato dalla condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio che utilizza, a profitto proprio o altrui, invenzioni, scoperte scientifiche o nuove applicazioni industriali destinate a rimanere segrete e delle quali sia venuto a conoscenza per ragione dell'ufficio o del servizio.

Soggetti

Soggetto attivo

L'utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione di ufficio è un reato proprio, che può essere commesso esclusivamente dal «pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio».

La norma non richiede che l'agente sia anche l'autore dell'invenzione, scoperta o applicazione industriale (Romano, 332) ma, al tempo stesso, non esclude che il soggetto attivo del reato possa essere anche l'inventore o scopritore purché possieda la qualifica giuridica soggettiva richiesta per l'integrazione della fattispecie incriminatrice e non abbia il diritto ad impiegare la propria invenzione o scoperta (Segreto-De Luca, 579). La qualità soggettiva pubblica deve sussistere al momento dell'apprendimento della notizia coperta dal segreto; tuttavia l'art. 360 determina l'estensione della rilevanza penale della qualifica anche a un tempo successivo alla cessazione della funzione o del servizio e, quindi, il reato è integrato anche nel caso in cui l'utilizzazione della scoperta o dell'invenzione avvenga dopo che la qualità soggettiva sia cessata, purché la conoscenza sia stata acquisita per ragioni d'ufficio e durante il suo svolgimento (Romano, 332). Se invece la conoscenza precede l'assunzione della qualifica o è indipendente da essa, perché l'agente ne è sprovvisto, il delitto non può perfezionarsi, difettando un elemento essenziale costituito dalla conoscenza per ragioni di ufficio o servizio, e colui che impieghi, a profitto proprio o altrui, notizie relative a scoperte o invenzioni scientifiche o applicazioni industriali destinate a rimanere segrete può rendersi eventualmente responsabile del diverso delitto di cui all'art. 623 (Segreto-De Luca, 579).

Nozione di pubblico ufficiale

Cfr. sub art. 357.

Nozione di incaricato di pubblico servizio

Cfr. sub art. 358.

Soggetto passivo

Soggetto passivo del reato è la sola Pubblica Amministrazione in quanto titolare dell'interesse (alla segretezza delle invenzioni, scoperte scientifiche o applicazioni industriali) pregiudicato dal fatto che gli agenti sfruttino l'ufficio o il servizio per finalità estranee all'interesse pubblico, dovendo il bene protetto individuarsi nel dovere di segretezza e disinteresse personale del pubblico funzionario custode dei segreti scientifici ed industriali (Romano, 333) che non devono però concernere la sicurezza dello Stato, altrimenti troverà applicazione la fattispecie, pressoché omologa, prevista dall'art. 263 (Romano, 332).

Il privato, in quanto titolare di un autonomo diritto inerente alla notizia la cui segretezza sia stata violata, potrà invece assumere la qualifica di danneggiato dal reato che lo legittima a costituirsi parte civile.

Materialità

Condotta

L'elemento materiale che contrassegna il reato di utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione di ufficio è ravvisabile nell'impiego delle invenzioni, scoperte scientifiche o applicazioni industriali, ossia nel fatto di avvalersi mediante lo sfruttamento dell'ufficio delle notizie connesse all'oggetto materiate del reato (scoperte scientifiche, invenzioni, applicazioni industriali), utilizzandole a profitto proprio o altrui.

Il profitto può essere tanto patrimoniale quanto non patrimoniale e deve essere inteso come utilità contrastante con quella protetta dal segreto.

Le scoperte scientifiche consistono nell'individuazione di qualcosa di ignoto fino a quel momento (Segreto-De Luca, 581); le invenzioni sono costituite da soluzioni e progetti originali destinati a risolvere in modo nuovo problemi tecnici e/o funzionali (Fiandaca-Musco, PS I 259); le applicazioni industriali sono dei ritrovati attraverso i quali un principio scientifico già noto può essere impiegato per lo sviluppo della produzione industriale (Segreto-De Luca, 581).

La conoscenza del segreto deve essere qualificata dalla ragione dell'ufficio o del servizio, nel senso che l'invenzione, la scoperta o l'applicazione industriale deve essere appresa dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio per ragione dell'ufficio o servizio, segni linguistici omologhi a quelli utilizzati nell'art. 314 e dello stesso significato, rimanendone pertanto esclusa una conoscenza soltanto occasionale o casuale e persino abusiva, ossia illegittimamente ricercata dall'agente, potendo in questi casi ricorrere il reato previsto dall'art. 326, comma 3 (Romano, 337).

La condotta di utilizzazione assume rilevanza soltanto se l'invenzione, scoperta o nuova applicazione industriale doveva, nell'interesse della pubblica amministrazione, rimanere segreta ossia non palesata o rivelata a terzi da parte del soggetto qualificato (Romano, 337) sul quale incombe pertanto un dovere di segretezza che non postula un'esplicita richiesta in tal senso ad opera della pubblica amministrazione, purché tale dovere rientri, in via generale, nei compiti funzionali dell'agente sulla base di norme giuridiche primarie o secondarie.

L'utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione di ufficio è un reato:

a) a forma vincolata: la rilevanza della condotta è determinata infatti dalla violazione di norme poste a protezione del segreto d'ufficio violato dalla condotta contra ius dell'agente;

b) a condotta attiva e quindi necessariamente mediante azione, non anche mediante omissione, difettando, nella fattispecie in parte qua, un qualsiasi riferimento al rapporto causale che renda di per sé operante il meccanismo di conversione previsto dall'art. 40, comma 2, c.p.;

c) di pericolo, in quanto per la consumazione non si richiede l'effettiva realizzazione di un danno, né che si produca l'effettivo conseguimento del profitto proprio o altrui, che costituisce solo lo scopo per il quale il soggetto qualificato impiega le notizie acquisite per ragione dell'ufficio o servizio e destinate a rimanere segrete;

d) formale in quanto con l'impiego delle invenzioni, scoperte o applicazioni si esaurisce la condotta punibile ed essa pertanto coincide con la consumazione del reato.

Elemento psicologico

Il dolo

La dottrina è divisa in ordine alla configurazione del dolo nel delitto di utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione di ufficio.

Secondo alcuni, il dolo è generico perché la fattispecie non richiede che la condotta sia tesa al perseguimento di una finalità soggettiva ma postula esclusivamente un oggettivo impiego delle invenzioni o scoperte a profitto proprio o altrui (Romano, 338).

Secondo altri, la fattispecie incriminatrice richiede invece il dolo specifico costituito dal fine di ricavare dall'impiego un profitto proprio o altrui (Segreto- De Luca, 588).

In ogni caso, il dolo consiste nella rappresentazione e volizione dell'impiego comunque utile per sé o per altri, con la consapevolezza dell'apprendimento dell'invenzione, scoperta o applicazione industriale per ragione dell'ufficio o servizio, nonché della loro segretezza nell'interesse della pubblica amministrazione, con la conseguenza che l'errore su ciascuno di tali elementi costitutivi del reato dovrà, secondo le regole generali, intendersi come rilevante (Romano, 338), mentre l'errore sulla illegittimità dell'impiego, ed in particolare sulla sussistenza del segreto, in quanto errore su norma extrapenale, escluderebbe il dolo ai sensi dell'art. 47, comma 3.

Consumazione e tentativo

Il delitto di utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione di ufficio si consuma nel tempo e nel luogo in cui viene impiegata l'invenzione, la scoperta o l'applicazione industriale. Pur avendo di regola carattere istantaneo, il delitto in esame è considerato come eventualmente permanente qualora l'utilizzazione si protragga nel tempo senza soluzione di continuità, con conseguente esclusione dell'istituto della continuazione (Romano, 338).

Il tentativo è configurabile quando la condotta si realizzi attraverso l'esecuzione di una pluralità di atti, con la conseguenza che l'agente sarà punibile a titolo di tentativo se non vi sia stata effettiva utilizzazione e, quindi, impiego della scoperta, dell'invenzione o dell'applicazione (Romano, 338).

Forme di manifestazione

Concorso di persone

È ammesso, secondo le regole generali che disciplinano la compartecipazione dell'extraneus nel reato proprio, il concorso di persone nel reato in esame anche del privato che agisca insieme con il soggetto qualificato, essendo irrilevante che l'iniziativa sia presa dal funzionario ed essendo invece sufficiente che costui utilizzi la scoperta o l'invenzione. Oltre che nell'ipotesi di impiego del segreto in comune tra il privato e l'intraneus, in cui la rivelazione dell'intenzione primaria deve ritenersi assorbita nella successiva utilizzazione concorsuale (Segreto-De Luca, 586), il concorso di persone si realizza anche nella forma dell'istigazione, purché la condotta materiale sia accompagnata dalla consapevolezza da parte di entrambi gli agenti di tutti gli elementi della fattispecie, sussiste ancora il concorso di persone nel caso di esecuzione frazionata della condotta, come quando il pubblico ufficiale, d'accordo con l'extraneus, rivela il segreto al privato che successivamente lo utilizza a profitto proprio (Padovani, 1956).

Rapporti con altri reati

Il reato in questione è ritenuto speciale rispetto all'art. 623, assumendo rilievo specializzante il nesso che lega la conoscenza della invenzione all'ufficio o al servizio dell'agente qualificato e, dunque, anche la natura di reato proprio della previsione in esame (Romano, 338).

L'art. 263 è, a sua volta, speciale rispetto all'art. 325, consistendo l'elemento specializzante nella peculiare natura del segreto tutelato, che deve essere un segreto legato all'interesse della sicurezza dello Stato, con la conseguenza che deve escludersi il concorso tra le due norme.

In seguito alla riforma del 1990, quanto ai rapporti tra l'art. 325 e l'art. 326, deve ritenersi, nin senza contrasti in dottrina, che il reato in esame è speciale rispetto a quello di cui all'art. 326, con la conseguenza che si applica l'art. 325 alla utilizzazione di un segreto industriale d'ufficio appreso per ragione dell'ufficio o servizio mentre, al di fuori di questo caso, si applicherà (v. supra), sussitendone i presupposti, l'art. 326, pur dovendosi sottolineare che, nel caso in cui il fine sia di profitto patrimoniale, il reato dell'art.326, comma 3, prima parte, assume irragionevolmente una configurazione più grave, quanto al minimo edittale, rispetto al reato ex art. 325. Il reato di utilizzazione di invenzioni o scoperte, in quanto reato più grave, esclude il concorso formale con l'abuso d'ufficio data la clausola di riserva contenuta nell'art. 323 (Romano,339).

Concorso di reati

V. supra.

Casistica

Non si registrano pronunce in seno alla giurisprudenza di legittimità con riferimento al reato in esame. Con gli opportuni temperamenti, è tuttavia possibile segnalare gli arresti conseguiti con riferimento al reato di cui all'art. 623 c.p. utili per l'interpretazione del reato in esame.

È stato infatti affermato, in aderenza a quanto in precedenza riportato, che il perfezionamento del delitto si ha nel momento in cui l'agente impiega la scoperta o l'invenzione a proprio profitto (Cass. V, n. 45509/2008) e che la nozione di profitto comprende ogni sorta di utilità, anche non patrimoniale (Cass. V, n. 39656/2010).

Diritto penitenziario

Cfr. sub art. 323.

Profili processuali

Gli istituti

L'utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione di ufficio è reato procedibile d'ufficio e la competenza spetta al tribunale in composizione collegiale.

Per il reato di utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione di ufficio:

a) è possibile disporre intercettazioni;

b) è consentito l'arresto facoltativo in flagranza e non è consentito né l'arresto obbligatorio in flagranza, né il fermo;

c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali.

La condanna o l'applicazione della pena su richiesta, per il reato di cui all'art. 325, comporta, ai sensi dell'art.12-sexies, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., in l. 7 agosto 1992, n. 356, e succ. mod. la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.

Il comma 2-bis del suddetto art. 12-sexies, introdotto dall'art. 1, comma 220, l. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) include il reato di cui all'art. 325 nel novero di quelli per i quali, in caso di confisca di beni, si applicano le disposizioni che regolano l'amministrazione, destinazione e gestione dei beni confiscati in materia di misure di prevenzione antimafia (artt. 2-novies, 2-decies e 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni).  In attuazione del principio della riserva di codice (cfr. art. 3-bis ), le disposizioni citate sono ora confluite nel nuovo  art. 240-bis

Bibliografia

Romano, I delitti contro la pubblica amministrazione. I delitti dei pubblici ufficiali, Milano 2013; Segreto-De Luca, Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Milano 1999.

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