Codice Penale art. 334 - Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa (1).

Vito Di Nicola

Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa (1).

[I]. Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale [253-263, 316-323, 354 2, 357 1-4 c.p.p.; 81-85, 104, 113, 115 att. c.p.p.] o dall'autorità amministrativa e affidata alla sua custodia [259 c.p.p.], al solo scopo di favorire il proprietario di essa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 euro a 516 euro [388 3].

[II]. Si applicano la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da 30 euro a 309 euro se la sottrazione, la soppressione, la distruzione, la dispersione o il deterioramento sono commessi dal proprietario della cosa, affidata alla sua custodia [388 4].

[III]. La pena è della reclusione da un mese ad un anno e della multa fino a 309 euro, se il fatto è commesso dal proprietario della cosa medesima non affidata alla sua custodia.

(1) Articolo così sostituito dall'art. 86 l. 24 novembre 1981, n. 689.

competenza: Trib. monocratico

arresto: non consentito

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: non consentita

altre misure cautelari personali: v. art. 289, comma 2, c.p.p.

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Il reato in esame è integrato da una pluralità di condotte, tra loro alternative, di sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa commesse dal custode, non proprietario, al solo scopo di favorire il proprietario della cosa (comma 1), dal proprietario che sia anche custode della cosa (comma 2), dal proprietario che non sia custode della cosa (comma 3).

Soggetti

Soggetto attivo

Il reato di “sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa” si articola in tre autonome figure di reato ed ognuna di esse configura un reato proprio, che può essere commesso rispettivamente: 1) dal custode che non sia anche proprietario della cosa (primo titolo di reato), 2) dal proprietario custode (secondo titolo di reato) e 3) dal proprietario non custode (terzo titolo di reato).

Custode è colui al quale — per disposizione di legge (es. art. 259 c.p.p.) o al verificarsi di determinati presupposti (es. art. 383, comma 2, c.p.p.) o mediante una speciale investitura da parte della pubblica amministrazione — risulta affidata la cosa affinché la conservi e, se occorre, la amministri (Romano, 430).

Il custode è pubblico ufficiale (v. art.357).

Diversamente dalla dottrina (che distingue, tra cause di nullità o di annullabilità della nomina, per affermare che la qualità di custode non sussiste quando la nomina sia affetta da vizi tali da precluderne gli effetti, mentre i vizi che non comportano l'inefficacia della nomina non ne escludono la qualità), la giurisprudenza, invero risalente, ritiene che solo la giuridica inesistenza del pignoramento o la nullità di esso, accertata dal giudice dell'esecuzione, può escludere la sussistenza del delitto di cui all'art 334 c.p. ma non anche la eventuale inosservanza delle formalità previste dall'art 521 c.p.c. per la quale, peraltro, non sono previste sanzioni di nullità. Conseguentemente la eventuale irritualità della nomina a custode non incide sulla sussistenza del vincolo gravante sulle cose pignorate (Cass. VI, n. 1545/1971). Quindi non rilevano i vizi che attengono all'atto di nomina a custode, salvo il caso del radicale vizio della inesistenza. Infatti, anche in presenza di un vizio che affligge l'atto di nomina, il custode si trova ad esercitare di fatto una pubblica funzione e l'art. 357 attribuisce rilevanza, ai fini dell'attribuzione della qualifica giuridica soggettiva di pubblico ufficiale, anche alla figura del funzionario di fatto, posto che in tali casi, per l'acquisto della qualifica soggettiva, è necessario e sufficiente che da parte del soggetto vi sia un effettivo esercizio di una pubblica funzione, anche in assenza di una formale o regolare investitura, effettivo esercizio accompagnato dall'acquiescenza o dalla tolleranza della pubblica amministrazione, cosicché se anche l'investitura diviene oggetto di una declaratoria di invalidità, questa non esclude, a sua volta, la validità degli atti compiuti e la qualifica soggettiva dell'agente (v. Cass. VI, n. 12175/2005).

Una volta acquisita, la qualità di custode vale sino a quando intervenga una causa di cessazione oppure l'annullamento della nomina, che non esclude la configurabilità del reato. È inapplicabile, in ogni caso, l'art.360, richiedendo l'art. 334, fra i suoi presupposti, il possesso della qualifica di custode (Romano, 431).

La nozione di proprietario, ai fini dell'art. 334, va intesa, secondo la giurisprudenza di legittimità in senso estensivo, non corrispondendo a quella civilistica, in quanto, agli effetti della legge penale, deve considerarsi proprietario anche colui che ha la disponibilità del bene e che ne sia il reale utilizzatore (Cass. VI, n. 22529/2018), cosicché si deve considerare proprietario, ai sensi dell'art. 334, anche il soggetto che abbia una disponibilità gestoria dei beni pignorati (Cass. VI, n. 1658/2013), essendo appunto sufficiente che vanti sui medesimi concreti poteri dispositivi e di gestione (Cass. VI, n. 32832/2009).

Ne consegue che reato in esame può pertanto essere commesso anche dal comproprietario.

Soggetto passivo

Soggetto passivo del reato è la sola Pubblica Amministrazione dovendo l'oggetto della tutela penale ravvisarsi nel buon andamento della P.A., ossia nell'interesse teso alla salvaguardia del vincolo cautelare costituito con il sequestro disposto su determinati beni nel corso di un procedimento penale o amministrativo, in modo da assicurare la non frustrazione del vincolo e, di conseguenza, il mantenimento delle condizioni di realizzabilità della finalità dei sequestri (Romano, 428). Pertanto, il privato che subisca un pregiudizio dalla sottrazione o dal danneggiamento dei beni sottoposti al vincolo penale o amministrativo assume la figura di danneggiato dal reato, che lo legittima alla costituzione di parte civile.

La soluzione che esclude la natura plurioffensiva del reato in esame è chiara se si riflette che l'originaria formulazione dell'art. 334 includeva nell'oggetto materiale del reato anche qualsiasi cosa sottoposta a pignoramento o a sequestro, sia civile che penale, e ciò aveva dato ingresso ad alcune tesi estensive ricomprendenti nell'oggetto della protezione penale anche interessi privati, quali quelli del singolo creditore, tesi sfociate nel ritenere la natura plurioffensiva del reato in esame. Tuttavia, a seguito di quanto previsto dall'art. 86 l. n. 689/1981, la previsione delle ipotesi di sottrazione e danneggiamento su cose sottoposte a pignoramento o a sequestro conservativo e giudiziario nel procedimento civile è stata spostata all'interno dell'art. 388, con la conseguenza che l'ambito operativo delle due fattispecie è ora ritagliato in funzione della natura del provvedimento cautelare (penale e amministrativo nell'art. 334 e civile nell'art. 388), sicché l'esclusiva rilevanza in senso pubblicistico degli interessi riconducibili all'articolo 334.

Materialità

Condotta

La condotta illecita è stata tipizzata con l'indicazione di cinque modalità, fra loro equivalenti e/o alternative, punendosi chi sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa sottoposta a sequestro.

Nell'ipotesi della sottrazione va ricompresa qualsiasi condotta dolosa dell'agente idonea ad eludere il vincolo cautelare impresso sulla cosa, rendendo anche solo più difficoltoso il conseguimento delle finalità cui il vincolo stesso è funzionale (Cass. VI, n. 31979/2003).

Essa consiste (Romano, 437) nello spostamento della cosa dal luogo in cui si trova (amotio), o nella sostituzione con altra (salvo il caso di completa fungibilità).

La soppressione consiste nel far sparire la cosa ossia nel suo occultamento senza che la cosa perda la sua consistenza materiale.

La distruzione, dispersione e il deterioramento costituiscono forme di danneggiamento (Romano, 438).

La distruzione consiste nell'annientamento o l'eliminazione della cosa.

La dispersione comporta la riduzione della cosa in frammenti ossia la sua scomposizione in più parti che non possono essere ricomposte o lo possono con estrema difficoltà.

Il deterioramento si ha quando l' idoneità della cosa a soddisfare i bisogni umani risulta ridotta, venendone compromessa la funzionalità.

Presupposto della condotta del custode e del proprietario, in cui si articolano le tre figure criminose descritte nel reato in esame, è la sottoposizione di una cosa mobile o immobile a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa.

Quanto al sequestro disposto dalla pubblica amministrazione, oltre ai diversi tipi di vincolo che ricorrono nelle leggi speciali, acquista rilevanza il sequestro disciplinato dall'art. 13, commi 2 e 3, e dall'art. 19 l. n. 689/1981.

Quanto al sequestro disposto nel corso del procedimento penale, sono certamente ricompresi nel raggio della norma il sequestro probatorio e il sequestro preventivo, mentre è controverso se anche il sequestro conservativo, di cui all'art. 316 c.p.p., rientri nell'ambito di operatività della fattispecie incriminatrice, quesito risolto affermativamente da parte della dottrina sul rilievo che anche tale tipo di sequestro è disposto nel corso del procedimento penale (Romano, 434).

Per l'integrazione del reato di cui all'art. 334, è necessaria la contemporaneità della condotta tipizzata con la effettività del vincolo, cosicché solo la giuridica inesistenza del sequestro fa venire meno il reato in questione; mentre eventuali cause di invalidità o di inefficacia di esso non autorizzano alcun atto di disposizione della cosa sequestrata fino a quando dette cause non siano state formalmente riconosciute dal giudice, con la conseguenza che il dissequestro della cosa, immediatamente esecutivo, esclude la configurabilità del reato (Cass., VI, n. 36405/2014).

Ai fini della sussistenza dell’elemento oggettivo del reato previsto dall'art. 334, è stato ritenuto che la condotta di sottrazione di cose sequestrate è configurabile ogni qual volta l'agente, in relazione alla particolare natura ed al regime giuridico del bene sottoposto a vincolo, ostacola o rende difficoltoso il compimento degli ulteriori atti della procedura quali, ove si tratti di un sequestro amministrativo, quelli relativi alla successiva confisca o all'acquisizione all'erario del bene (Cass. VI, n. 31256/2016).

La condotta violenta posta in essere dal proprietario di un bene sottoposto a sequestro integra il reato di cui all'art. 334, comma 3, e non quello di resistenza a pubblico ufficiale, a meno che la violenza non sia indirettamente volta a condizionare l'operato del pubblico ufficiale, per impedirgli di completare le operazioni (Cass. VI, n. 49468/2015).

Il reato in questione è:

a) a forma vincolata: dovendo il comportamento estrinsecarsi esclusivamente mediante le forme di sottrazione, soppressione o danneggiamento.

b) integrato, di regola, da condotte attive, ma non possono essere escluse modalità di commissione del fatto attraverso condotte omissive, come nel caso in cui il danneggiamento sia dovuto ad una deliberata inerzia dell'agente a fronte di pur controllabili eventi naturali (Romano, 439) e ciò anche a prescindere dalla posizione di garanzia del custode, pur sussistente, posto che il custode ha l'obbligo giuridico di assicurare la conservazione della cosa, prendendo tutte le misure idonee per salvaguardare il vincolo imposto su di essa in maniera da lasciare inalterato il rapporto di disponibilità costituito sulla cosa per effetto del sequestro, con la conseguenza che siffatta posizione e gli obblighi che da essa derivano può comportare, ai sensi dell'art. 40 cpv., una responsabilità del custode stesso, sottolineata in decisioni non recenti dalla giurisprudenza di legittimità, ma non condivisa da una parte della dottrina, nel senso che il custode di beni pignorati, essendo tenuto a vigilare sulla conservazione dei beni stessi, risponde della sottrazione del bene commessa da altri, ma da lui consentita, in base al principio sancito dall'art 40 c.p. (Cass. VI, n. 4439/1975 ), sicché il reato di cui all'art. 334, comma 1, è integrato dalla condotta omissiva del custode che tollera e non impedisce la sottrazione dei beni ad opera del proprietario (Cass. VI, n. 2520/1975 );

c) di danno, realizzandosi attraverso le condotte tipiche una lesione degli interessi tutelati.

Evento

La frustrazione del rapporto di disponibilità formatosi ed esistente tra autorità procedente e cose sequestrate costituisce il risultato della condotta, rendendo impossibile o almeno più difficile l'attuazione delle finalità del vincolo.

Rapporto di causalità

Deve ricorrere il rapporto di causalità tra la condotta dell'agente e l'evento (di danno) previsto dall'art. 334.

Elemento psicologico

Il dolo

Nell'ipotesi di cui al comma 1 dell'art. 334, siccome il custode non proprietario deve commettere il fatto al “solo scopo di favorire il proprietario” delle cose sottoposte a sequestro, il dolo è specifico (Cass. VI, n. 2788/1974), mentre, nelle restanti ipotesi (art. 334, commi 2 e 3) il dolo è generico e consiste (comma 3) nella consapevolezza di disporre del bene o di agire in violazione del vincolo su di esso gravante ovvero (comma 2) in siffatta consapevolezza e nell'intenzione di compiere atti contrari ai doveri di custodia (Cass., III, n. 12101/2012).

E’ stato ribadito che, per la punibilità del reato previsto dall'art. 334, comma secondo, c.p. è richiesto il dolo generico, consistente nella consapevolezza del vincolo giudiziario che grava sul bene e nella volontà di compiere atti contrari ai doveri di custodia, in modo tale da impedire i controlli sul bene o l'esercizio dell'azione esecutiva (Cass. VI, n. 25756/2017).

L'errore

L'errore del custode o del proprietario sulla durata del vincolo e, conseguentemente, sulla liceità dell'atto di disposizione della cosa non vale ad escludere il dolo ai sensi dell'art 47, comma 3, c.p., in quanto le norme che disciplinano la materia non possono considerarsi norme diverse dalla legge penale in quanto integrano il precetto di cui all'art 334 (Cass. VI, n. 7419/1975).

Consumazione e tentativo

Consumazione

Il reato si consuma, in tutte e tre le ipotesi previste dalla fattispecie incriminatrice, nel momento e nel luogo di esaurimento della condotta di sottrazione o danneggiamento (Romano, 439).

In particolare, il reato si consuma, nell'ipotesi di deterioramento mediante uso ed in quella di sottrazione temporanea dal vincolo, col primo atto di utilizzazione autonoma del bene, sicché i fatti successivi divengono penalmente irrilevanti, nel senso che i vari atti di deterioramento, succedutisi nel tempo e seguiti dalla soppressione, distruzione o sottrazione definitiva della cosa costituiscono un solo reato, il quale si perfeziona nel momento della perpetrazione del primo atto ed assorbe tutti i fatti successivi (Cass. VI, n. 5871/2019).

Il momento consumativo del reato previsto dall'art. 334 c. p. può essere ritenuto - sulla base di elementi indiziari, di considerazioni logiche, ovvero di fatti notori e massime di esperienza - coincidente con quello dell'accertamento salvo che venga rigorosamente provata l'esistenza di situazioni particolari o anomale, idonee a confutare la valutazione presuntiva e a rendere almeno dubbia l'epoca di commissione del fatto (Cass. VI, n. 52566/2016).

Tentativo

Il tentativo è configurabile, al pari della desistenza volontaria e del recesso attivo, trattandosi di reato di evento (Romano, 439).

Forme di manifestazione

Concorso di persone

Ammissibile anche un concorso di persone, che è disciplinato dai principi che regolano il concorso nel reato proprio.

Nel caso di reato realizzato in concorso dal custode non proprietario e dal proprietario non custode, così come nei casi in cui la sottrazione è effettuata materialmente dal proprietario della cosa sequestrata con l'accondiscendenza del custode, che non la impedisce, la giurisprudenza generalmente ritiene che entrambi i soggetti vadano puniti per il reato più grave (art. 334, comma 1) e quindi per quello del custode non proprietario.

A tale conclusione la giurisprudenza di legittimità è pervenuta, adottando differenti orientamenti e cioè ritenendo applicabile il principio generale della comunicabilità del titolo del reato a tutti i concorrenti sancito dall'art. 117 c.p. (Cass. VI, n. 2961/1972) ovvero a titolo di concorso nel reato proprio (Cass. VI, n. 8701/1979).

Rapporti con altri reati

Si configura il reato di peculato (art.314) se il custode non agisce allo scopo di favorire il proprietario ma si appropria della cosa. Se poi l'appropriazione è commessa per fare solo un uso momentaneo della cosa, il custode risponderà di peculato d'uso. (Cass. VI, n. 26812/2011).

Posto che l'art. 334, a differenza dell'art. 388, comma 5, non prevede un reato di rifiuto di consegna della cosa, risponde del reato ex art. 328 il custode che oppone un indebito rifiuto al trasporto del bene che si trova nella sua disponibilità, ravvisandosi invece l'ipotesi criminosa dell'art 334, quando difetti tale disponibilità o reperibilità delle cose staggite (Romano, 443).

Concorso di reati

Il reato in esame, nel caso di sottrazione o distruzione della cosa da parte del proprietario (custode o meno) dichiarato poi fallito, concorre, ricorrendo tutte le condizioni ivi compresa la sussistenza del relativo dolo, con il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione (Romano, 444).

Quanto al rapporto tra l'art. 334 e la violazione della pubblica custodia di cose (art. 351) il discrimine è costituito dal fatto che in quest'ultimo caso la qualità di pubblico ufficiale deve preesistere al fatto dell'affidamento, mentre per il reato de quo la qualifica di pubblico ufficiale si acquisisce solo con l'affidamento stesso. Nonostante l'articolo 351 contenga una clausola di riserva, l'art. 334 è da ritenere norma speciale rispetto al delitto di violazione della pubblica custodia di cose, con la conseguenza che, in base all'art. 15 c.p., il custode risponde solo ex art. 334, pur essendo quest'ultimo delitto meno grave (Segreto-De Luca, 816)

Casistica

Non integra il reato di cui all'art. 334 la sottrazione di beni sottoposti a fermo amministrativo a norma dell'art. 214 d.lgs. n. 285/1992 (cod. strada) (Cass. VI, n. 29145/2015).

La condotta di chi circola abusivamente con il veicolo sottoposto a sequestro amministrativo, ai sensi dell'art. 213 d.lgs. n. 285/1992, integra esclusivamente l'illecito amministrativo previsto dal comma 4 dello stesso articolo e non anche il delitto di sottrazione di cose sottoposte a sequestro di cui all'art. 334, atteso che la norma sanzionatoria amministrativa risulta speciale rispetto a quella penale, con la conseguenza che il concorso tra le stesse deve essere ritenuto solo apparente (Cass. S.U., n. 1963/2010).

Integra il reato di sottrazione di cose sottoposte a sequestro in un procedimento penale (art. 334) la stipulazione di negozi dispositivi dei diritti sulle quote di una società di cui è stato disposto il sequestro preventivo, se diretta ad eludere tale vincolo ed idonea a rendere anche solo più difficoltoso il conseguimento delle finalità cui lo stesso è funzionale (Cass. S.U., n. 43428/2010).

Integra il delitto previsto dall'art. 334, comma 3 e non quello di furto, la condotta di chi, dopo aver subito il sequestro di sostanza stupefacente di cui abbia la piena ed effettiva, anche se illecita, disponibilità, approfittando di un momento di distrazione degli agenti operanti, si impadronisce nuovamente della stessa (Cass. V, n. 45503/2014).

Integra il delitto di distruzione di cose sottoposte a sequestro di cui all'art. 334, comma 2. la condotta di chi, violando i doveri inerenti alla giudiziale custodia del veicolo di sua proprietà sottoposto a sequestro amministrativo, lo distrugge mediante rottamazione non autorizzata (Cass. VII, n. 8170/2013).

Il reato previsto dall'art. 76, comma 5, d.lgs. n. 159/2011, è configurabile rispetto alla condotta di chi eluda o tenti di eludere l’esecuzione del provvedimento di amministrazione giudiziaria dei beni personali, disposta ai sensi dell’art. 33 d.lgs. citato, non trovando applicazione con riferimento alla confisca, la cui elusione integra la diversa fattispecie di cui all’art. 334, comma terzo, c.p. (Cass. I, n. 25765/2022).

Diritto penitenziario

Cfr. sub art. 323.

Profili processuali

Il delitto ex art. 334 è procedibile d'ufficio e di competenza del tribunale in composizione monocratica.

Per detto reato:

a) non è possibile disporre intercettazioni;

b) l'arresto in flagranza ed il fermo non sono consentiti;

c) non è consentita l'applicazione di misure cautelari personali, fatta eccezione per la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, ai sensi dell'art. 289, comma 2, c.p.p.

Può essere applicata la misura interdittiva del divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione che, secondo la disposizione di cui all'art. 289-bis c.p.p., introdotta dall'art. 1, comma 4, lett. c), l. n. 3/2019, può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'art. 287, comma 1, c.p.p.

Bibliografia

Romano, I delitti contro la pubblica amministrazione. I delitti dei pubblici ufficiali, Milano, 2013; Segreto-De Luca, Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Milano, 1999.

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