Codice Penale art. 341 bis - Oltraggio a pubblico ufficiale 1 .

Pierluigi Di Stefano

Oltraggio a pubblico ufficiale 1.

[I]. Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l'onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni2.

[II]. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso dal genitore esercente la responsabilità genitoriale o dal tutore dell'alunno nei confronti di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo o amministrativo della scuola3.

[III]. La pena è aumentata se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l'ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l'attribuzione del fatto medesimo, l'autore dell'offesa non è punibile.

[IV]. Ove l'imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell'ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto.

 

competenza: Trib. monocratico

arresto: non consentito (primo comma); facoltativo (secondo comma)

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: non consentita

altre misure cautelari personali: non consentite (primo comma), consentite (secondo comma)

procedibilità: d'ufficio

[2] Comma modificato, in sede di conversione, dall'art. 7, comma 1, lett. b-bis, d.l. 14 giugno 2019, n. 53, conv., con modif, in l. 8 agosto 2019, n. 77, in vigore dal 10 agosto 2019, che ha sostituito le parole «da sei mesi a tre anni» alle parole «fino a tre anni».

[3] Comma inserito dall'art. 6 l. 4 marzo 2024, n. 25.

Inquadramento

La norma che punisce l'oltraggio è stata reintrodotta con la legge n. 94/2009 dopo che la precedente figura di oltraggio a p.u. era stata abrogata nel 1999 perché ritenuta norma inattuale.

Invero, a fronte di una vecchia disciplina che in origine tutelava il rispetto dovuto alla persona fisica del pubblico ufficiale in quanto tale, il nuovo oltraggio prevede differenze significative che chiariscono la sua funzione di tutela sostanziale del corretto esercizio dell'attività amministrativa e non di tutela formale dell'autorità in quanto tale: lo dimostra la previsione di punibilità della sola offesa che riguardi sia l'“onore” che il “prestigio” dell'ufficiale, che abbia diretta causa nelle funzioni esercitate e che avvenga in condizioni tali da comportare la diffusione del danno di immagine, essendo necessaria la percezione dell'offesa da parte di più persone ed in un contesto “pubblico”.

L'interesse protetto è innanzitutto quello della amministrazione al prestigio del soggetto che agisca per essa rispetto a condotte che, pur se non impeditive della sua attività, ne sminuiscono il rilievo. È tutelato anche l'interesse all'onore della persona del rappresentante della amministrazione, ma solo se vi è incidenza anche sul prestigio (“immagine”) della p.a. “ In altri termini la scelta del legislatore è stata orientata nel senso di incriminare comportamenti pregiudizievoli del bene protetto a condizione della diffusione della percezione dell'offesa, del collegamento temporale e finalistico con l'esercizio della funzione pubblica e della possibile interferenza perturbatrice rispetto al suo espletamento” (Cass. VI, n. 49544/2014).

La dottrina è apparsa poco favorevole alla reintroduzione di una norma ritenuta fuori del tempo e, del resto, destinata a coprire non un vuoto di tutela ma uno spazio già ben protetto dalla norma sulla ingiuria (successivamente, peraltro, degradata ad illecito civile). Si è quindi affermata una interpretazione restrittiva, nel senso che, dalla lettera della norma che prevede la necessità di offesa sia all'onore che al prestigio, si desume che è punibile solo quella offesa che abbia specifico riferimento allo svolgimento dell'atto del pubblico ufficiale (Fiandaca-  Musco).

La giurisprudenza di legittimità ha espressamente escluso la continuità normativa con il previgente reato di oltraggio (Cass. I, n. 42900/2013) per cui non è possibile fare riferimento alla giurisprudenza formatasi sul testo della vecchia norma.

I soggetti

Si tratta di reato evidentemente comune che può essere commesso da “chiunque”. Solo per l’ipotesi del secondo comma vi è la particolare previsione della condotta commessa dal “genitore esercente la responsabilità genitoriale o dal tutore dell’alunno”.

Destinatario della condotta  può essere solo il pubblico ufficiale, salvo quanto dopo precisato in riferimento all’aggravante della condotta in danno di personale scolastico.

Materialità

Perché ricorra l'ipotesi incriminata, di offesa e prestigio, occorre:

- una espressione che abbia una obiettiva valenza offensiva dell'onore e del prestigio del pubblico ufficiale in quanto tale e, quindi, dell'amministrazione che lo stesso rappresenta;

- che la condotta sia tenuta davanti ad una pluralità di persone (non meno di due, Cass. VI, n. 16527/2017) in luogo pubblico od aperto al pubblico;

- che le offese siano  percepibili dai soggetti presenti (Cass. VI, n. 19010/2017).

L'evento, quindi, si caratterizza non per la percezione da parte dell'ufficiale ma per la conoscenza di tale lesione da parte di un contesto soggettivo allargato (Cass. VI,  n. 46345/2015).

Restano, quindi, fuori dal reato tutte le forme di commissione del reato “a distanza” e, comunque, con qualsiasi forma che non sia percepibile dal pubblico presente. Restano, altresì, al di fuori della norma i fatti commessi in luogo privato, anche ricorrendo le altre condizioni (è il caso, ad esempio, delle intemperanze nel corso di una perquisizione domiciliare).

Sono stati ritenuti luoghi aperti al pubblico al fine della norma in esame: cella ed ambienti penitenziari, non spettando ai detenuti alcuno “ius excludendi alios” (Cass. VI, 26028/2018; l'area antistante un condominio, recintata ma priva di cancello, quindi tale da consentire l'accesso a chiunque Cass. VI, n. 595/2018).

Elemento psicologico

Il reato richiede il dolo generico.

Consumazione e tentativo

Il reato si consuma al momento della percezione della offesa da parte della pluralità di soggetti presenti; da considerare anche come la consumazione richieda il compimento contestuale dell'atto di ufficio non potendosi quindi la condotta collocare né prima né dopo tale momento. Il tentativo non è incompatibile ma ragionevolmente è difficile ipotizzarne in concreto le condizioni.

Forme di manifestazione

Oltre alla condotta strettamente di “offesa” verbale, si discute se la ingiuria possa essere realizzata con violenza o minaccia, ipotesi pur prevista dalla precedente norma in tema di oltraggio e, del resto, tuttora presente nel reato di oltraggio a magistrato in udienza (art. 343). Si è ritenuto, quindi, che possa configurarsi, in termini adeguati, l'ipotesi della “ingiuria reale”; come già detto in riferito ai reati di cui agli artt. 336 e 337, condotte di apparente minaccia o lievissima violenza possono in realtà avere una finalità di insulto; si tratta del caso in cui le percosse costituiscano una violenza di inavvertibile entità, che, senza voler cagionare alcuna sofferenza fisica alla parte offesa, evidenzi il proposito di arrecare una offesa morale con un gesto di disprezzo (Cass. VI, n. 24630/2012).

Le persone presenti devono essere “altre” rispetto ai pubblici ufficiali destinatari delle espressioni oltraggiose (Cass. VI, n. 20936/2015) poiché solo se l’offesa raggiunge persone estranee alle pubbliche funzioni in corso di svolgimento si realizza il vulnus all’autorevolezza del rappresentante dell’amministrazione (Cass. VI, n. 30136/2021); né deve trattarsi di soggetti che, pur se non diretti destinatari dell'offesa, assistano alla stessa nello svolgimento delle loro funzioni (Cass. VI, n. 6604/2022). La la loro presenza non può presumersi dal semplice fatto che l'episodio si sia svolto nella pubblica via (Cass. VI, n. 17688/2014) essendo necessario che sia dimostrata la effettiva percezione da parte dei presenti.

Il reato prevede la aggravante speciale della attribuzione di un fatto determinato, circostanza speciale di tipo oggettivo che è sostanzialmente comune ai reati di ingiuria e simili. La disposizione intende sanzionare quella offesa che risulti maggiormente grave perché ammantata dalla credibilità della corrispondenza a circostanze vere.

L’aggravante del secondo comma (personale scolastico)

La legge n. 25 del 2024 (Modifiche agli articoli 61,336 e 341-bis del codice penale e altre disposizioni per la tutela della sicurezza del personale scolastico) ha previsto un aumento di pena sino alla metà quando l'oltraggio sia commesso dal genitore dell'alunno “nei confronti di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo o amministrativo della scuola”. La formulazione della disposizione è in termini di aggravante: il testo è chiaro nel riferimento alla condotta del primo comma cui aggiunge gli elementi specializzanti del dato autore e del destinatario della condotta. Quindi, il “dirigente scolastico” o qualsiasi “membro del personale docente, educativo, amministrativo” sono in ogni caso da qualificarsi pubblici ufficiali.

Si tratta, però, di una previsione che crea dubbi. Il carattere di soggetto pubblico qui è determinato non secondo il criterio funzionale degli artt. 357 e 358 bensì in base alla qualifica soggettiva (“dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola” – non sembra rilevi la distinzione tra scuola pubblica e privata, paritaria e non paritaria, secondo l'ordinamento della l. n. 62 del 2000). Invero, la giurisprudenza (vedi sub artt. 357 e 358) ha attribuito il ruolo di p.u. a dirigente scolastico e personale docente, ma per il personale amministrativo ha fatto maggiormente riferimento al ruolo di incaricato di pubblico servizio con stretto riferimento a specifiche funzioni che non sempre sono svolte dalle date figure professionali. La nuova disposizione, invero, sembra autorizzare varie letture:

-          tale secondo comma potrebbe essere ritenuto norma autonoma, che tutela il personale scolastico, pubblico o privato, nello svolgimento del “servizio” (da non intendere in senso stretto quale “pubblico servizio”), con rapporto di specialità rispetto al primo comma quando il soggetto passivo sia anche un p.u.;

-          ovvero che tale aggravante sia applicabile quando il personale scolastico eserciti in concreto il pubblico ufficio;

-          ovvero che la disposizione voglia attribuire a tutto il personale scolastico (anche non “pubblico”) “docente, educativo o amministrativo" la qualifica di pubblico ufficiale non per l'attività esercitata ma per la qualifica lavorativa.

Traccia della “singolarità” della disposizione è che, in quanto aggravante ad effetto speciale, la pena edittale supera le pene applicabili ai “comuni” p.u., unica ipotesi di oltraggio che giustificherebbe l'arresto in flagranza e le misure cautelari, salvo la custodia in carcere.

Quindi, nel caso di specie, l'aggravante comune, applicabile a tutti i reati commessi con “violenza o minaccia”, diventa ad effetto speciale (aumento di pena sino alla metà) se la condotta è commessa dal genitore o tutore, restando quella comune se commessa da altro soggetto pur con la stessa motivazione (salvo che ricorrano le condizioni di cui all'art. 110  etc).

L'aggravante comune, quindi, sarà applicabile per gli altri possibili autori del reato e comunque per i reati di cui all'art. 337 (purchè sia accertato in concreto che si tratti di p.u. o i.p.s.) e 338, cui non è stata aggiunta l'aggravante speciale.

Si consideri, infine, che l'art. 393-bis, che prevede l'ipotesi di eccesso arbitrario quale causa di non punibilità, riferisce testualmente tale ipotesi alle azioni di “pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato”. Secondo il testo dalla disposizione, sarebbe esclusa da tale eccezione il dipendente scolastico non pubblico che non abbia qualifica di p.u. o i.p.s.

Rapporti con altri reati e con violazioni disciplinari

Si veda subart. 336 e 337, delitti che possono essere commessi con una condotta ingiuriosa nei confronti del soggetto passivo che riveli la volontà di opporsi allo svolgimento dell'atto di ufficio (Cass. VI, n. 1737/2012), realizzando un concorso formale di reati (Cass. VI, n. 39980/2018).

Si veda poi Cass. VI, n.  31873/2017 che, con riferimento al frequente caso dell'oltraggio commesso dal detenuto nei confronti della polizia penitenziaria, tale da comportare anche la irrogazione di una sanzione disciplinare, ha escluso che quest'ultima abbia natura sostanziale di sanzione penale, nel senso di cui alla sentenza emessa dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo nella causa "Grande Stevens contro Italia" del 4 marzo 2014, così escludendo che operi il principio di “ne bis in idem”

Causa di estinzione del reato di cui al comma terzo

La disposizione ha introdotto la particolare causa di estinzione del reato consistente nella riparazione del danno prima del giudizio e nei confronti di entrambe le persone offese, pubblico ufficiale e sua amministrazione

La causa di estinzione del terzo comma presuppone una valutazione del danno ed il risarcimento integrale, comprensivo del danno morale; la verifica di congruità è rimessa all'apprezzamento del giudice (Cass. VI, n. 50996/2019). La disciplina è sostanzialmente corrispondente a quella del risarcimento ex art. 62 n. 6.

Exceptio Veritatis

La nuova disciplina introduce, come per la ingiuria e la diffamazione, la possibilità di eccepire la verità del fatto rendendola una causa di non punibilità. Invero, non è stato riproposto integralmente il modello dei citati reati di cui agli artt. 594 e 595, senza una plausibile ragione (Fiandaca Musco) risultando per l'oltraggio un minore ambito di applicazione della causa di non punibilità.

Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis) non è applicabile “quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni”.  Testualmente, l’art. 131-bis risulta applicabile nel caso di oltraggio commesso a causa delle funzioni esercitate ma non nel corso dell’effettivo espletamento delle stesse.

Profili processuali

Gli istituti

Il reato in esame è procedibile d'ufficio ed è di competenza del tribunale monocratico; è prevista la citazione diretta a giudizio.

Per esso: non sono consentiti l'arresto in flagranza e le misure cautelari personali, salvo nel caso del secondo comma i cui limiti di pena consentono l'arresto in flagranza e l'applicazione di misure diverse dalla custodia in carcere. Il fermo non è consentito.

Bibliografia

Braschi., L’evoluzione del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale tra offensività e ragionevolezza della tutela penale, in Dir. pen. e proc. , 2022, 1, 89; Garzone e Santoiemma, Dal «vigile» di Alberto Sordi ai giorni nostri: confronto tra vecchia e nuova disciplina dell'oltraggio a pubblico ufficiale (Nota a G.u.p. T. Taranto, 9 dicembre 2014, B. B.), in Riv. pen. 2015, 362; Licari, La disciplina del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, in Riv. polizia, 2013, 405; Lombardo, Oltraggio [aggiornamento-2010], in D.I.; Turlon, Restorative justice e oltraggio a pubblico ufficiale, in Dir. pen. e proc. 2011, 99.

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