Codice Penale art. 371 bis - False informazioni al pubblico ministero o al procuratore della Corte penale internazionale 1 .False informazioni al pubblico ministero o al procuratore della Corte penale internazionale 1. [I]. Chiunque, nel corso di un procedimento penale, richiesto dal pubblico ministero o dal procuratore della Corte penale internazionale di fornire informazioni ai fini delle indagini [362 c.p.p.], rende dichiarazioni false ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, è punito con la reclusione fino a quattro anni [375-377, 384 1-2] 2. [II]. Ferma l'immediata procedibilità nel caso di rifiuto di informazioni, il procedimento penale, negli altri casi, resta sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere 3. [III]. Le disposizioni di cui ai commi primo e secondo si applicano, nell'ipotesi prevista dall'articolo 391-bis, comma 10, del codice di procedura penale, anche quando le informazioni ai fini delle indagini sono richieste dal difensore 4.
competenza: Trib. monocratico arresto: non consentito (art. 381, comma 4-bis c.p.p.) fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: non consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio [1] Articolo inserito dall'art. 111d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., nella l. 7 agosto 1992, n. 356. Successivamente, l'art. 10, l. 20 dicembre 2012, n. 237, ha inserito, in fine alla rubrica, le parole: «o al procuratore della Corte penale internazionale». [2] Comma modificato dall'art. 25, l. 8 agosto 1995, n. 332. Successivamente, l'art. 10, l. 20 dicembre 2012, n. 237. ha inserito, dopo le parole «richiesto dal pubblico ministero», le parole: «o dal procuratore della Corte penale internazionale». [3] Comma aggiunto dall'art. 25 l. n. 332, cit. V. l'art. 281 della citata legge. [4] Comma aggiunto dall'art. 19, l. 7 dicembre 2000, n. 397. InquadramentoLa fattispecie criminosa di cui all'art. 371-bis sanziona la condotta mendace o reticente di chi, nel corso di un procedimento penale, sia chiamato a rendere informazioni al pubblico ministero al fine delle indagini. La norma è stata introdotta dal l. n. 356/1992, oltre successive modifiche, per colmare la lacuna seguita alla introduzione del codice di procedura penale del 1989 che non riconosceva più il ruolo di testimone a chi veniva sentito dal pubblico ministero perché informato dei fatti del procedimento. È evidente la somiglianza con il reato di falsa testimonianza, con la particolarità, nella norma in esame, della previsione del secondo comma, che sospende la procedibilità per tale reato sino ad una pronuncia giurisdizionale nel procedimento nel quale le dichiarazioni sono rese. Anche in questo caso il bene giuridico tutelato è la genuinità degli accertamenti svolti nel contesto del procedimento penale, in questo caso con riferimento alla fase delle indagini in cui si collocano di norma tali atti del p.m. (pur prevedendosi simili attività anche in fase successiva, v. art. 430 c.p.p.). Come negli altri casi in cui la tutela dell'amministrazione della giustizia è mirata alla genuinità degli accertamenti, la persona offesa è esclusivamente lo Stato-collettività (Cass. VI, n. 8996/2015) mentre il privato può, se del caso, essere soggetto danneggiato. La norma risulta integrata con una disposizione in tema di indagini difensive, al terzo comma, estendendo l'applicabilità della disposizione incriminatrice anche ai casi in cui le informazioni richieste non siano finalizzate alle attività del pubblico ministero ma della difesa. La giurisprudenza non risulta essersi espressa in tale caso quanto all'eventuale carattere plurioffensivo del reato, ma, avendo affermato che, per il successivo reato di false informazioni al difensore (art. 371-ter), persona offesa è solo lo Stato-collettività (Cass. VI, n. 27385/2006), deve escludersi anche per il reato in esame che sia persona offesa il soggetto nel cui interesse difensivo erano raccolte le dichiarazioni risultate false. La disciplina delle false informazioni al p.m. è completata dagli artt. 383-bis e 384-ter (circostanze aggravanti), 376 (ritrattazione) e 384 (causa di non punibilità). I soggettiIl possibile autore del reato è colui che sia chiamato a “fornire informazioni ai fini delle indagini”. Tra questi non rientra colui che, pur formalmente chiamato quale persona informata dei fatti, sia raggiunto da indizi per cui è escluso il suo obbligo di rendere dichiarazioni ovvero di dire la verità; ciò evidentemente vale anche quando la condizione si verifichi durante l'esame, valendo la regola di non poter essere la parte obbligata a rendere dichiarazioni contro sé stesso (si vedano le regole di cui all'art. 63 c.p.p.). MaterialitàIn quanto disposizione sostanzialmente analoga a quella in tema di falsa testimonianza, vale l'ovvia regola generale che il parametro di riferimento non è la verità dei fatti ma ciò che la parte effettivamente conosce: su questo presupposto si delinea l'obbligo di esporre fedelmente e lealmente al pubblico ministero ciò che la parte conosce in via diretta od indiretta sui fatti (Cass. VI n. 35329/2003). Il riferimento al “procedimento penale” quale ambito in cui si colloca la richiesta di informazioni da parte del pubblico ministero è interpretato in modo ampio in quanto il reato si ritiene configurabile anche se le false dichiarazioni si collocano in una fase del procedimento in cui non è ancora delineata in modo specifico la notizia di reato (Cass. VI n. 9137/2009) o in un procedimento iscritto nel registro degli atti non costituenti notizie di reato (Cass. VI, n. 36842/2019). In modo simile, in dottrina si è affermato che la norma è applicabile in ogni caso di iniziativa probatoria del pubblico ministero ricollegata ad un procedimento penale, dovendosi invece escludere le attività in altri ambiti quale il procedimento di prevenzione (Antolisei). Invero le conseguenze della possibile indeterminatezza dell'oggetto del procedimento che non consente di valutare immediatamente la pertinenza delle dichiarazioni sono risolte dal secondo comma che pospone la procedibilità in caso di falsa dichiarazione al momento della definizione del procedimento penale, quando quindi è delineata l'ipotesi di accusa. Comunque, mentre può rinviarsi a quanto affermato in materia di falsa testimonianza per il rapporto di pertinenza tra le domande poste alla persona informata dei fatti e l'oggetto del procedimento, anche in questo caso resta ben chiaro che non rileva la effettiva utilità delle informazioni richieste in quanto il reato sussiste anche se le false dichiarazioni risultino successivamente ininfluenti ai fini dell'accertamento della verità (Cass. VI n. 7358/2010). In dottrina, invero, si afferma che, pur se le informazioni fornite siano false, andrebbe escluso il perfezionamento del reato laddove non vi siano conseguenze negative sullo svolgimento delle indagini (Fiandaca Musco). Formalità dell'atto Il reato sussiste in riferimento al dato oggettivo della escussione della persona da parte del pubblico ministero in via formale per la acquisizione di informazioni, indipendentemente dalle modalità con le quali si giunga a tale fase ed al rispetto di regole formali. Quindi non è rilevante che non vi sia stata una convocazione formale o che non sia stato regolarmente sottoscritto il verbale da parte della persona richiesta di fornire informazioni (Cass. VI n. 5718/2005). Dichiarazioni alla polizia giudiziaria La norma fa espresso riferimento al pubblico ministero quale soggetto che raccoglie le informazioni e, quindi, dovendosi escludere ovviamente la possibilità di una interpretazione analogica, è chiaro che il reato non ricorra nel caso di colui che renda false o reticenti dichiarazioni alla polizia giudiziaria, pur nel caso in cui questa operi su espressa delega del P.M. (Cass. V n. 37306/2010). Tali false dichiarazioni, se del caso, possono integrare altri reati, in particolare quello di favoreggiamento personale. Elemento psicologicoAi fini dell'integrazione del reato di false informazioni al PM, è sufficiente il dolo generico, quindi la coscienza e la volontà di dire il falso (Cass. VI, n. 34749/2008). Consumazione e tentativoLa consumazione si ha con il completamento dell'esame innanzi al pubblico ministero; il carattere istantaneo del reato porta ad escludere la configurabilità del tentativo (Fiandaca Musco), ipotesi peraltro sconosciuta nella casistica giurisprudenziale. Rapporto con altri reatiInnanzitutto rilevano i rapporti con il reato di calunnia. In termini generali, opera il principio di specialità che rende applicabile il solo delitto di calunnia in caso di false accuse rivolte a terzi in sede di informazioni assunte dal P.M. (Cass. VI n. 2421/2009). Rinviando alla più ampia trattazione in tema di calunnia, si è affermato che quando le false accuse rese dinanzi al pubblico ministero consistono nella mera reiterazione di precedenti dichiarazioni già rilevanti come fatti di calunnia, non si tratta di una nuova ed autonoma calunnia, ma di prosecuzione della medesima condotta. Continua peraltro ad operare il principio di specialità ed anche per tali nuove dichiarazioni il fatto non può essere punito ai sensi dell'art. 371-bis (Cass. VI n. 26994/2003); tale assorbimento, invece, può essere escluso quando le false informazioni vadano oltre la semplice reiterazione delle precedenti dichiarazioni con esposizione di ulteriori false circostanze (Cass. VI n. 16558/2011). Quanto, poi, ai rapporti con il reato di favoreggiamento personale (art. 378), si ritiene speciale il reato di cui all'art. 371-bis che corrisponde ad una delle condotte potenzialmente idonee al favoreggiamento (Cass. VI n. 44698/2019); una conseguenza di rilievo consiste nel fatto che per il reato di false informazioni è applicabile la causa di non punibilità della ritrattazione che, invece, non sarebbe applicabile laddove si ritenesse integrato il favoreggiamento. Profili processualiCome anticipato, la norma ha una sua peculiare regola processuale consistente nel non essere consentita l' immediata procedibilità laddove vi siano false dichiarazioni sino a quando non sia definito, nei modi indicati dalla norma (per la condanna è sufficiente la pronuncia del giudice di primo grado), il procedimento in cui furono rese le dichiarazioni incriminate. Il reato è, invece, normalmente procedibile in caso di reticenza. Si è quindi chiarito che, laddove il pubblico ministero comunque proceda, la norma limita i poteri del giudice. In particolare, il giudice per le indagini preliminari destinatario della richiesta di archiviazione non ha alcun potere di emettere qualsiasi provvedimento fino a quando non sia intervenuta una delle definizioni del procedimento in cui furono rese le dichiarazioni (Cass. VI, n. 19775/2019). Tantomeno (Cass. III, n. 7759/2016), nelle stesse condizioni, il giudice dell'udienza preliminare può disporre il proscioglimento ex art. 425. Una volta che sia stato definito il procedimento in cui furono rese le dichiarazioni, pur in caso di riapertura del procedimento, il reato di false informazioni resta procedibile (Cass. VI, n. 16558/2011). La immediata procedibilità è prevista nel caso di rifiuto di rendere informazioni. Chiara la ragione: in questo caso non vi è alcun problema di veridicità o meno delle dichiarazioni per cui si renda necessario il completo accertamento. Una unica decisione nota (Cass. VI, n. 24374/2016) ha equiparato al rifiuto ogni comportamento che “si risolva nel diniego delle informazioni richieste”, ritenendo quindi l’immediata procedibilità in un caso in cui il dichiarante aveva opposto una serie di ingiustificati “non ricordo”. Gli istituti Il reato in esame è procedibile d'ufficio ed è di competenza del tribunale monocratico; è prevista la citazione diretta a giudizio. l'arresto in flagranza non è consentito perché precluso espressamente dall'art. 381 comma 4 bis c.p.p.; il fermo non è consentito; sono consentite le misure cautelari personali diverse dalla custodia in carcere. BibliografiaDe Pasquale, False informazioni al p.m. [aggiornamento-2000], in Dig. pen.; Insolera, I delitti di false dichiarazioni al pubblico ministero e al difensore - Alla ricerca del bene giuridico tutelato, in Dir. pen. e proc. 2004; Lignola, Profili critici sul delitto di cui all'art. 371-bis c.p., in Arch. pen. 1995; Moccia e Schiaffo, False informazioni al p.m., [voce nuova - 1996], in Enc. giur.; Perricciuolo, I delitti di false informazioni al p.m. e di false informazioni alla polizia giudiziaria: confini di applicabilità a seguito degli interventi della consulta, in Giur. merito 2012; Santacroce, L'art. 371-bis c.p. e la tutela penale delle indagini preliminari svolte dalla polizia giudiziaria (Nota a Cass., sez. VI, 8 febbraio 1993, Malena), in Giust. pen. 1994. |