Codice Penale art. 380 - Patrocinio o consulenza infedele.

Pierluigi Di Stefano

Patrocinio o consulenza infedele.

[I]. Il patrocinatore [82 c.p.c.; 96-102 c.p.p.] o il consulente tecnico [201 c.p.c.; 225, 233 c.p.p.], che, rendendosi infedele ai suoi doveri professionali, arreca nocumento agli interessi della parte da lui difesa, assistita o rappresentata dinanzi all'Autorità giudiziaria, o alla Corte penale internazionale (1) è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa non inferiore a 516 euro.

[II]. La pena è aumentata [64]:

1) se il colpevole ha commesso il fatto, colludendo con la parte avversaria;

2) se il fatto è stato commesso a danno di un imputato [60, 61 c.p.p.].

[III]. Si applicano la reclusione da tre a dieci anni e la multa non inferiore a 1.032 euro, se il fatto è commesso a danno di persona imputata di un delitto per il quale la legge commina [la pena di morte o] (2) l'ergastolo ovvero la reclusione superiore a cinque anni [383].

(1) L'art. 10, l. 20 dicembre 2012, n. 237, ha inserito, dopo le parole: «dinanzi all'autorità giudiziaria» le parole: «o alla Corte penale internazionale».

(2) Per il richiamo alla pena di morte v. sub art. 9.

competenza: Trib. monocratico

arresto: non consentito (primo e secondo comma); facoltativo (terzo comma)

fermo: non consentito (primo e secondo comma); consentito (terzo comma)

custodia cautelare in carcere: consentita (terzo comma)

altre misure cautelari personali: consentite (terzo comma); v. 2902 c.p.p.

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Il delitto di patrocinio infedele di cui all'art. 380, tradizionalmente definito “prevaricazione” insieme alle altre previsioni di infedeltà del patrocinatore (artt. 381 e 382), ha natura di reato plurioffensivo: lede innanzitutto, come gli altri reati del titolo III, l'Amministrazione della giustizia e il regolare funzionamento dell'attività giudiziaria e, poi, l'interesse della parte che riceve un “nocumento” dalla condotta infedele del patrocinatore o del consulente (Cass. VI, n. 45059/2014); la controparte nel giudizio, invece, non è soggetto direttamente tutelato, salvo che ricorra una più complessa ipotesi di collusione reciproca tra i difensori delle due parti.

La interpretazione della dottrina non è però univoca in ordine a quale sia l'interesse prevalente, questione non meramente definitoria derivandone, invece, la punibilità o meno di condotte sostanzialmente accettate dall'assistito. La prevalenza dell'interesse pubblico porta, difatti, a valorizzare come condotta punibile qualsiasi violazione delle regole deontologiche, punibilità che andrebbe, invece, esclusa laddove si ritenga prevalente il profilo della tutela dell'interesse del privato e questi accetti la condotta professionale del suo patrocinatore/consulente.

I soggetti

Il delitto di patrocinio infedele è reato proprio, il cui soggetto attivo deve essere il «patrocinatore» od il consulente tecnico; non rileva la qualifica in sé (ad es. di “avvocato”) bensì l'esistenza dell'incarico nel contesto di un procedimento pendente (Cass. n. 6382/2008).

L'uso del termine generale “patrocinatore” trova ragione nel più ampio ventaglio di figure di difensore all'epoca di introduzione della norma. Proprio in quanto si fa riferimento alla attività di difesa nel processo e non alla qualifica professionale, la disposizione appare riferibile anche al processo tributario in cui la difesa può essere assunta, nella fase innanzi alle Corti di giustizia tributaria, anche da figure professionali diverse dagli avvocati e di diversa formazione (commercialisti, ragionieri ed altri). Non risulta, peraltro, giurisprudenza nota in materia.

Materialità

In base alla lettera della disposizione, il reato è configurabile nell'ambito di un rapporto professionale che sia giustificato dalla pendenza di un procedimento; la violazione degli obblighi assunti con il mandato deve collocarsi in tale ambito anche se la condotta rilevante non è limitata ai soli comportamenti processuali (Cass. VI n. 21160/2009) ma si estende anche a quelli extraprocessuali. Ad es., il reato ricorre nel caso del difensore che, nel corso del processo, concluda una transazione extragiudiziale con il debitore impossessandosi delle somme consegnategli (Cass. V n. 11951/2005).

Restano, invece, fuori dalla previsione del delitto in esame le attività poste in essere prima dell'instaurazione del procedimento ancorché siano finalizzate a questo (Cass. II n. 13489/2005).

Non ricorre il reato, quindi, se non vi è un procedimento innanzi ad una Autorità Giudiziaria. Non è quindi ricompreso il procedimento di esecuzione esattoriale, di cui al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 46, che è attività esecutiva posta in essere direttamente dall'Amministrazione (Cass. VI, 28309/2016).

Una questione interpretativa rilevante riguarda la definizione dell'ambito del procedimento pendente, se cioè ciascuna fase del processo rappresenti, ai fini dell'art. 380, un separato procedimento restando fuori del contesto considerato dalla norma il periodo intercorrente tra due fasi (es. cognizione ed esecuzione), o si debba considerare un più ampio concetto di gestione complessiva degli affari giudiziari di un determinato soggetto. Da un lato, quindi, secondo Cass. n. 13498/2013 il reato non può essere integrato da una condotta successiva alla conclusione del procedimento ed antecedente all'inizio del procedimento di esecuzione, dall'altro, secondo altra giurisprudenza (Cass. VI, n.12222/2019 in un caso di condotta successiva all'irrrevocabilità della sentenza), ai fini della configurabilità del reato di patrocinio infedele, il rapporto avvocato-cliente deve essere analizzato nel suo compiuto svolgimento, e non soltanto in relazione ad un singolo momento della prestazione professionale; cosicché, ogni qual volta il mandato difensivo sia stato conferito per la conduzione di una pluralità di affari giudiziari, la valutazione della adeguatezza della prestazione professionale resa dall'avvocato in favore del cliente deve prendere in considerazione l'intero svolgimento del mandato (Cass. VI n. 39924/2005). Nel senso di escludere che il reato ricorra nella attività antecedente il processo, si veda Cass. VI, n.29783/2017 che esclude la sussistenza del reato in caso di infedeltà nel corso della procedura di conciliazione innanzi all'Ispettorato del Lavoro.

La condotta che, invece, pur rientrando in una prestazione di servizi legali, non sia riferibile ad un procedimento, non integra il fatto tipico.

Ciò è stato affermato nel caso, ricorrente, del patrocinatore che, ricevute somme in anticipo sugli onorari, non abbia dato inizio al procedimento; è stato escluso il reato in quanto, appunto, mancava la lite pendente (Cass. II n. 17106/2011; Cass. VI, 15318/2019).

Vi è anche una tesi minoritaria secondo la quale è sufficiente che il patrocinatore violi gli obblighi assunti con l' accettazione dell'incarico della difesa innanzi alla A.G, per cui vi rientra anche la dolosa astensione dalla doverosa attività processuale, in tale caso sussistendo il reato anche senza una lite pendente (Cass. VI n. 856/2004).

Condotta infedele

Il delitto richiede in primo luogo una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri professionali stabiliti per fini di giustizia a tutela della parte assistita. Vi è una innegabile difficoltà di delineare una sicura linea di demarcazione tra un mero illecito disciplinare e la condotta integratrice del reato; come definizione generale, va affermato che la condotta infedele è quella che impedisce alla parte di ottenere i risultati attesi attraverso l'esplicazione di un'attività professionale corretta, leale e affidabile sì da garantire, più in generale, l'interesse pubblico al buon funzionamento della giustizia. Va tenuto in ogni modo presente il quadro complessivo della linea difensiva adottata, onde verificare la sussistenza dell'infedeltà che deve naturalmente essere distinta da singole attività discutibili o addirittura erronee (Cass. VI n. 25700/2012), dovendosi ovviamente tenere conto degli ambiti di autonomia del patrocinatore nello stabilire la linea difensiva e la strategia di conduzione del processo.

La giurisprudenza citata è riferibile ai casi, preponderanti nella casistica concreta, del patrocinatore ma le regole affermate sono riferibili anche al consulente tecnico.

Nocumento

Il reato è di evento, non essendo quindi sufficiente la mera condotta scorretta. Tale evento è il “nocumento” agli interessi della parte quale conseguenza necessaria della dolosa violazione degli obblighi professionali del patrocinatore o del consulente.

Il nocumento, solo genericamente indicato dalla disposizione, non deve essere inteso esclusivamente in senso di danno patrimoniale ma va posto in relazione anche al mancato conseguimento di benefici di natura morale che la parte avrebbe ottenuto qualora il patrocinatore si fosse comportato lealmente (Cass. V, n. 22978/2017; Cass. VI, n. 8617/2020); del resto, un profilo direttamente patrimoniale del nocumento potrebbe essere configurabile, di norma, nell'ambito nel processo civile ma non necessariamente in altri processi. In definitiva, il concetto di nocumento rilevante ai fini del reato va calibrato essenzialmente sull'ambito dell'utilità perseguita nel dato contesto in cui la difesa viene svolta tenuto, ovviamente, conto che il risultato atteso va individuato in base alla regola per cui l'obbligazione del difensore è di mezzi e non di risultato.

In concreto, ed in tema di processo penale, si è affermato che non occorre che alla condotta professionalmente scorretta segua una condanna che altrimenti sarebbe stata evitata, potendo bastare che non sia stato conseguito un esito processuale meno afflittivo (Cass. VI, n. 24357/2014, nella specie un difensore per coprire l'attività illecita del padre, ometteva di rappresentare che il suo cliente aveva una ridotta capacità di intendere e di volere). Ed anche in un processo civile, il nocumento può consistere nel pregiudizio consistente nell'adozione di comportamenti imprudenti in conseguenza della comunicazione di una falsa notizia circa l'esito di un procedimento civile di rilevante importo economico (Cass. n. 22702/2008).

Ribadendo quanto in parte già detto, il nocumento rilevante va considerato nel contesto della complessiva attività professionale valutando quindi la linea difensiva e la strategia di conduzione del processo adottata per il conseguimento del risultato voluto dalla parte (Cass. VI, 14751/2018;Cass.VI, n. 39924/2005).

Elemento psicologico

Il reato è punibile a titolo di dolo generico, per cui non è necessaria la specifica volontà dell'agente di nuocere alla parte assistita (Cass. VI, n. 43467/2015).

Forme di manifestazione

Consenso dell'avente diritto e deontologia professionale

Un caso oggetto anche di numerosi interventi della dottrina riguarda la qualificazione in termini di condotta di infedele patrocinio di un “consiglio”, dato dal patrocinatore al cliente, di presentare una dichiarazione Iva valendosi di fatture per operazioni inesistenti.

Nell'occasione di tale decisione si è quindi affermato in termini generali che: l'obbligo di difendere gli interessi della parte assistita incontra il limite dell'osservanza della legge; un tale “consiglio” realizza un nocumento che è rappresentato dalla commissione del reato di cui all'art.2 d.lgs. n.74/2000; non può parlarsi di consenso dell'avente diritto “in quanto il criterio di valutazione della condotta del professionista non riguarda l'incarico ricevuto, ma il dovere professionale” (Cass. VI, n. 6703/2012). La decisione, che non è del tutto condivisa in dottrina, è chiaramente basata su una interpretazione della norma nel senso di essere la stessa essenzialmente mirata alla tutela dell'interesse pubblico; perciò non si tiene conto della assenza di una concreta lesione dell'interesse del privato (che in questo caso aveva manifestato interesse alla soluzione contra legem).

Rapporti con altri reati

Il patrocinio infedele può rappresentare una condotta finalizzata alla commissione di altri reati ed è stato ritenuto in particolare concorrere con la truffa laddove la condotta infedele del patrocinatore, oltre a recare danno alla parte, sia finalizzata al proprio ingiusto profitto (Cass. VI, n. 2689/1996).

Profili processuali

Gli istituti

Il reato in esame è procedibile d'ufficio ed è di competenza del tribunale monocratico; è prevista la citazione diretta a giudizio. Nel caso di sussistenza dell'aggravante di cui al terzo comma, la competenza è del tribunale in composizione collegiale.

Nella ipotesi ordinaria, anche se aggravata ai sensi del secondo comma, non possono essere disposti l'arresto in flagranza e le misure cautelari personali.

Nella ipotesi del terzo comma

a) Si procede ad udienza preliminare;

b) è possibile disporre le intercettazioni;

c) l'arresto in flagranza è consentito; il fermo è consentito;

d) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali.

Bibliografia

Aprea, Irrilevanza del consenso al patrocinio infedele prestato dal cliente (Nota a Cass. pen., sez. VI, 3 novembre 2011, n. 6703, Zandonai), in Giur. it. 2012; Bencivenga, Infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico in atti «apparentemente» stragiudiziali (Nota a Cass., sez. VI, 19 maggio 1998, Bove), in Dir. pen. e proc. 1999; Calamanti, Presupposti ed oggettività giuridica del reato di infedele patrocinio (Nota a Cass., sez. VI, 3 febbraio 1999, Galgano), in Indice pen. 2000; Cocco, Appunti sui reati comuni degli avvocati, in Resp. civ. 2010; Ferraro, Il nocumento agli interessi della parte nella struttura del delitto previsto dall'art. 380 c.p. (Nota a Cass., 19 dicembre 1978, Abeatici), in Cass. pen. 1981; Lepera, La pendenza del procedimento quale presupposto del reato di patrocinio infedele (Nota a Cass., sez. VI, 9 novembre 2006, Alessandro), in Cass. pen. 2007; Limone, Osservazioni sul delitto di infedele patrocinio (Nota a Cass. pen., sez. VI, 7 luglio 2010, n. 34375, L. V. G.), in Giur. it. 2011; Longari, Antagonismo formale e infedele patrocinio (Nota a A. Perugia, 18 febbraio 1992, X. X.), in Arch. pen. 1993; Mirri, Infedeltà del patrocinatore o consulente tecnico, in Dig. pen.; Orlandi, «Atipica» punibilità di un consiglio difensivo (Nota a Cass. pen., sez. VI, 20 febbraio 2012, Zandonai), in Giust. pen. 2013; Palma, Il consiglio criminoso dell'avvocato integra la fattispecie di patrocinio infedele? (Nota a Cass. pen., sez. VI, 20 febbraio 2012, Zandonai), in Giust. pen. 2013; Tentori Montalto, Le infedeltà del patrocinatore e del consulente tecnico, in Riv. pen. 1993.

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