Codice Penale art. 386 - Procurata evasione.

Pierluigi Di Stefano

Procurata evasione.

[I]. Chiunque procura o agevola l'evasione di una persona legalmente arrestata o detenuta per un reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

[II]. Si applica la reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso a favore di un condannato [alla pena di morte o] (1) all'ergastolo.

[III]. La pena è aumentata [64] se il colpevole, per commettere il fatto, adopera alcuno dei mezzi indicati nel primo capoverso dell'articolo precedente.

[IV]. La pena è diminuita [65]:

1) se il colpevole è un prossimo congiunto [307 4];

2) se il colpevole, nel termine di tre mesi dall'evasione, procura la cattura della persona evasa o la presentazione di lei all'Autorità [390, 391 1].

[V]. La condanna importa in ogni caso l'interdizione dai pubblici uffici [28].

(1) Per il richiamo alla pena di morte v. sub art. 9.

competenza: Trib. monocratico

arresto: facoltativo

fermo: non consentito (primo comma); consentito (secondo comma)

custodia cautelare in carcere: consentita

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Il reato completa la disciplina dell'evasione introducendo una previsione specifica per la ipotesi di concorso in tale reato di persone diverse dal detenuto. La ragione della previsione autonoma, in deroga quindi alla regola generale dell'art. 110, non è dovuta a ragioni strutturali ma alla necessità di diversificare la pena in ragione della diversa esigibilità della condotta. Se la condotta di evasione del soggetto sottoposta alla privazione della libertà ha una pena più ridotta in considerazione della naturale spinta al recupero della libertà, ben diversamente riprovevole è colui che agevoli l'evasione; per il concorrente, quindi, la pena è prevista in misura ben più elevata, particolarmente aggravata se il reato è commesso a favore di un condannato all'ergastolo.

La configurazione giuridica quale ipotesi di concorso nel reato di cui all'art. 385 rileva anche nel senso che la procurata evasione può sussistere laddove vi sia il concorso della persona evasa; l'effettiva integrazione del reato di cui all'art. 385 rappresenta un elemento costitutivo del reato in esame nonché il suo momento di consumazione (Cass. n. 5740/1972).

I soggetti

il reato può essere commesso da “chiunque”, ma la qualifica di soggetto addetto alla custodia, pur non disciplinata espressamente dalla disposizione (ovviamente è applicabile la relativa aggravante generale di cui all'art. 61 n. 9) influisce nel senso di consentire la realizzazione in forma di omissione, come dopo specificato.

Materialità

La prima questione riguarda l'ambito di applicabilità della disposizione, se cioè limitata alla sola detenzione in carcere o situazioni assimilate (arresto in flagranza etc).

La norma utilizza la (sola) stessa formula (persona “legalmente arrestata o detenuta”) del primo comma dell'art. 385. Poiché, per tale ultima disposizione è stato introdotto il terzo comma dalla l. n. 532/1982 per estendere il reato alla ipotesi di arresti e detenzione domiciliari, la formulazione “legalmente arrestata o detenuta” sembrerebbe testualmente ridurre l'ambito di applicazione dell'art. 386 all'agevolazione della fuga del solo soggetto sottoposto al diretto controllo della polizia penitenziaria o della polizia giudiziaria che lo ha arrestato.

Una unica decisione nota ha affrontato il tema (Cass. n. 14612/2006), risolvendolo diversamente. Non si è ragionato in termini di significato letterale di “legalmente arrestata o detenuta” bensì si è osservato che la norma punisce l'agevolazione della “evasione”, ovvero di qualsiasi condotta sanzionata dall'art. 385, anche quella di allontanamento dal luogo di custodia domiciliare.

La condotta di procurata evasione implica un'attività materiale determinante nella fase di attuazione o anche solo di preparazione dell'evasione, ovvero anche un'attività volta a rendere più facile l'esecuzione del programma; tale condotta deve quindi essere in rapporto di causalità con l'intenzione del condannato di sottrarsi all'esecuzione della pena.

La distinzione con il favoreggiamento personale/procurata inosservanza di pena consiste nel fatto che in tale ultimo caso l'agente presta un aiuto ex post all'autore dell'evasione e fuori da un pregresso accordo (Cass. n. 11503/2014). Quindi: se l'aiuto si pone in una fase del tutto successiva a quella dell'evasione, finalizzata al mantenimento della latitanza, ricorre o il reato di procurata inosservanza di pena ovvero il reato di favoreggiamento (Cass. n. 27722/2013); se, però, si tratti della esecuzione di un preventivo accordo con il detenuto, necessario per consentire una utile evasione, ricorrerà il reato in oggetto.

Elemento psicologico — consumazione e tentativo

Il dolo è generico e sostanzialmente corrispondente a quello dell'evasione. Anche per consumazione e tentativo vale quanto detto in tema di evasione.

Forme di manifestazione

Il reato è a forma libera e, quindi, è possibile la realizzazione mediante omissione che è ipotesi ben verificabile in concreto: si tratta di condotta che può essere realizzata dai soggetti adibiti alla custodia, omettendo i controlli (Cass. III, n. 3251/1991). Il presupposto è, ovviamente, lo specfico obbligo dell'addetto alla sorveglianza essendosi escluso che di tale reato possa rispondere chi abbia “assunto l'obbligo anomalo” di riaccompagnare il detenuto al luogo di detenzione (Cass. VI, n. 5241/1988). Non importa la finalità per la quale venga consentito l'allontanamento, essendosi ritenuto integrare un'evasione anche la condotta del custode del carcere che ha permesso una uscita di alcune ore, con l'effettivo rientro del detenuto (Cass. VI, n. 3142/1973).

Con riferimento alla evidentemente più complessa attività ricollegata alla evasione dal luogo di detenzione, la giurisprudenza ha considerato come l'attività dell'agevolatore possa porsi nei due momenti della esecuzione della evasione ovvero in quella di predisposizione dei mezzi necessari alla utile fuga. Questo comporta, con riferimento al caso in cui l'evasione si sia realmente verificata, che il reato è consumato da colui che aveva promesso la propria assistenza od aiuto anche se poi, in concreto, i mezzi materiali da lui apprestati non sono poi stati utilizzati o ritenuti necessari (Cass. n. 886/1980).

Il reato assorbe violenza e minaccia semplice e, quindi, concorre con altri reati quali il sequestro di persona (Cass. I, n. 7677/1981) e la violenza o resistenza a pubblico ufficiale (Cass. II n. 11262/1975).

Aggravanti ed attenuanti

Il secondo comma prevede l'aggravante costituita dall'essere l'evaso stato condannato (quindi sentenza definitiva) all'ergastolo; il terzo comma prevede le medesime aggravanti del secondo comma dell'articolo 385.

Una prima attenuante speciale ricorre quando il colpevole è un prossimo congiunto dell'evaso, valendo la definizione di congiunto di cui all'art. 307. L'altra attenuante ricorre quando il colpevole procura “la cattura della persona evasa o la presentazione di lei all'autorità”.

Profili processuali

Gli istituti

Il reato in esame è procedibile d'ufficio ed è di competenza del tribunale monocratico.

Per esso:

a) Non sono in sé ammissibili le intercettazioni per l'ipotesi del primo comma ma le stesse possono essere disposte ai fini di cattura del latitante (art. 295 c.p.p.); sono ammissibili nel caso del secondo comma

b) l'arresto in flagranza è consentito; il fermo è consentito nell'ipotesi del secondo comma;

c) sono consentite tutte le misure cautelari.

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