Codice Penale art. 392 - Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose.

Pierluigi Di Stefano

Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose.

[I]. Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito, a querela della persona offesa [120], con la multa fino a 516 euro.

[II]. Agli effetti della legge penale, si ha «violenza sulle cose» allorché la cosa viene danneggiata o trasformata, o ne è mutata la destinazione [393 2].

[III]. Si ha, altresì, «violenza sulle cose» allorché un programma informatico viene alterato, modificato o cancellato in tutto o in parte ovvero viene impedito o turbato il funzionamento di un sistema informatico o telematico (1).

(1) Comma aggiunto dall'art. 1, l. 23 dicembre 1993, n. 547.

competenza: Trib. monocratico

arresto: non consentito

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: non consentita

altre misure cautelari personali: non consentite

procedibilità: a querela di parte

Inquadramento

Gli artt. 392 e 393, per i quali sussistono chiare ragioni di identità di struttura, sono le due ipotesi di reato che rientrano nella “tutela arbitraria delle private ragioni”.

La condotta in entrambi i casi consiste in “esercitare un preteso diritto” in una situazione in cui sia possibile “ricorrere al giudice” ed agire per far valere le proprie ragioni “al fine di esercitare un preteso diritto”. Nell'articolo 392 si prevede che la condotta finalizzata ad ottenere il risultato sia tenuta mediante violenza sulle cose e nell'articolo 393 mediante violenza o minaccia alle persone.

A parte le varie circostanze, le norme si caratterizzano per pene sostanzialmente blande rispetto alle figure che scattano quando la stessa condotta venga tenuta a fronte di inesistenza del diritto (o di diritto azionabile); se non vi è legittimo diritto, sono integrati estorsione o rapina ovvero danneggiamento e furto.

La punibilità a querela in entrambi i casi dimostra la protezione diretta dell'interesse della controparte del rapporto in contestazione. Il reato è quindi plurioffensivo in quanto, per struttura e collocazione, risulta protetto anche l'interesse della Amministrazione della giustizia, in questo caso in relazione all'interesse ad essere le controversie risolte nell'esercizio della funzione giurisdizionale.

Si noti come, essendo la convinzione di esercitare un diritto elemento costitutivo dei delitti di ragion fattasi, non è applicabile la scriminante dell'esercizio del diritto ex art. 51 (Cass. VI, n. 6226/2020; Cass. VI, n. 25262/2017 ).

Materialità

Presupposto fondamentale dei due reati è che vi sia una “pretesa giuridica munita di azione”, che vi sia un obbligo di ricorso all'Autorità giudiziaria e che la parte possa concretamente far ricorso a tale Autorità.

Pretesa azionabile

Innanzitutto, deve esservi una pretesa corrispondente a quella azionabile in sede giurisdizionale (Cass. VI, n. 22278/2012) atteso che ciò che caratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata dall'agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato; ma, tenuto conto della formulazione della norma che fa riferimento ad un “preteso” diritto, si afferma che non solo non è necessaria la concreta possibilità di realizzazione del diritto ma il reato può ben sussistere laddove vi sia una ragionevole convinzione soggettiva dell'esistenza del diritto (“purché non arbitraria e pretestuosa, cioè tale da palesare che l'opinato diritto mascheri altre finalità, determinanti esse l'esplicazione della violenza o il ricorso alla minaccia”). In definitiva, l'esistenza di un “diritto da far valere”, non implica che la richiesta sia fondata o, comunque, che debba esservi vittoria nell'eventuale contenzioso (Cass. II, n. 79111/1997).

Perché ricorra il reato in questione (e non altri più gravi) deve esservi corrispondenza fra diritto da far valere e pretesa avanzata arbitrariamente (Cass. V, n. 10133/2018): per questa ragione Cass V, n. 2819/2015 esclude che possa ritenersi sussistere il reato in questione e non quello di furto in un caso in cui, a fronte del parziale inadempimento di una obbligazione, la parte aveva forzosamente prelevato i beni venduti laddove, in sede di giudizio, non gli sarebbe stato possibile chiedere la restituzione dei beni venduti. Allo stesso modo, Cass. VI, n. 9436/1997 ha raggiunto la stessa conclusione in un caso in cui la condotta di danneggiamento di una scala di accesso all'edificio pubblico non corrispondeva al possibile risultato di eliminazione di barriere architettoniche che poteva essere richiesto ed ottenuto in sede di contenzioso.

Contenzioso in atto

Non è necessario che il diritto arbitrariamente esercitato sia oggetto di una contesa giudiziale già in atto ma è sufficiente che la controversia sia anche solo potenziale (Cass. VI, n. 41586/2013). Ad es. una lite potenziale la si è desunta dal contenuto di una missiva inviata dagli imputati al querelante.

Consumazione e tentativo

La consumazione si realizza con l'esercizio dell'attività violenta. Essendo previsto un evento ed una condotta complessa, ben può essere configurato il tentativo (Cass. VI, n. 29260/2018), peraltro raramente presente nella casistica giurisprudenziale.

Soggetti

È pacifico che il soggetto attivo sia colui che è, in prospettiva, titolare del diritto; in giurisprudenza si è sostanzialmente sempre affermato che, anche a fronte della previsione che il reato possa essere commesso da “chiunque”, l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni sia un reato proprio.

Il problema, invece, si pone quando la condotta sia tenuta da persone diverse da quelle che vantino tale diritto. Le Sezioni Unite (Cass. Sez. Un., n. 29541/2020) hanno definitivamente superato la tesi secondo la quale i reati in questione integrino reati propri “esclusivi” ovvero “di mano propria” (nel senso, quindi, che possano essere commessi esclusivamente dal titolare del diritto). Quindi, ferma restante la natura di reato proprio, con la necessaria partecipazione del titolare del diritto preteso, l’azione può essere commessa anche dal terzo in applicazione delle comuni regole del concorso:  come, ad es., nel caso del  terzo che gestisca per conto del titolare il preteso diritto, con la necessaria consapevolezza del soggetto presunto titolare del diritto (altrimenti scatterebbero altri reati più gravi, si veda più ampiamente nel commento all’art. 393) (Cass. VI, n. 36409/2014).

Le Sezioni Unite chiariscono che il discrimine del concorso del terzo è ravvisabile nella finalità del terzo concorrente: questi potrà ritenersi concorrere nei reati di ragion fattasi solo quando persegua esclusivamente l’interesse del creditore e non anche una propria finalità. Si veda, in particolare, sub art. 393 il rapporto tra tale reato e l’estorsione, ove si chiarisce che, se il terzo opera per un proprio interesse, anche il titolare del diritto risponderà del diverso e più grave reato.

Per quanto riguarda la vittima, la sua individuazione corretta è necessaria essendo il reato in questione punibile a querela.

Innanzitutto, è titolato a presentare querela colui che eserciti una situazione di possesso o simile (Cass. VI, n. 23322/2013). Si è quindi affermato che il diritto di querela e quindi la posizione di persona offesa può spettare sia a chi abbia sulla cosa uno ius possidendi perché titolare del diritto reale sulla cosa, nonché chi eserciti uno ius possessionis, ovvero l'effettiva signoria sulla cosa (Cass. III, n. 24641/2014).

Elemento psicologico

L'elemento psicologico per i reati degli artt. 392 e 393 è costruito in modo complesso: da un lato vi è un dolo generico per quanto riguarda la coscienza e volontà di farsi ragione da sé pur potendo ricorrere al giudice, dall'altro un dolo specifico per quanto riguarda la rappresentazione di esercitare un diritto (Cass. VI, n. 41368/2010). Rispetto a tale dolo, la buona fede, pur necessaria, non si pone in contrasto in quanto si tratta di un ulteriore elemento costitutivo del reato, ovvero la convinzione la legittimità della propria posizione. Difatti il reato di esercizio arbitrario e quello di estorsione si distinguono per l’elemento psicologico (Cass. Sez. Un., n. 29541/2020(Cass. II, n. 12329/2010)

Forme di manifestazione

Rapporti con altri reati

Le particolari condizioni in cui si realizza il reato, che può essere fondato anche sulla percezione soggettiva di un diritto in realtà inesistente, comportano la frequente commistione con diverse figure di reato.

Le situazioni che si realizzano sono quelle di qualificazione alternativa della condotta a seconda di alcune sue caratteristiche (a cominciare dalla buona fede), ovvero di cumulo di reati in concorso formale o di assorbimento dell'uno nell'altro reato.

Osserva Cass. III, n. 15245/2015 che, a fronte di una minaccia dell'esercizio di un diritto effettivamente esistente, condotta in sé non ingiusta, che comporterebbe il reato in questione, la pretesa di recuperare beni “equipollenti” e non quelli propri da chi li detiene, integra il reato di rapina non potendosi più essere la buona di esercizio del proprio diritto.

Rispetto alla violenza privata il reato in esame si differenzia per il profilo della intenzionalità della condotta; ricorre reato dell'art. 392 se la parte è convinta delle proprie ragioni.

Per le modalità concrete di commissione del fatto, il reato può concorrere con la violazione di domicilio (Cass. V, n. 8383/2014)

Arbitrarietà e difesa immediata

La necessità che, per configurare la ragion fattasi, vi sia un diritto che possa essere immediatamente azionato comporta la liceità di una autodifesa immediata che non integra affatto reato, appunto perché non è possibile l'immediato ricorso al giudice.

Caso tipico è quello della autodifesa dallo spoglio nel possesso, che giurisprudenza costante ha ritenuto non costituire la condotta del reato in oggetto (Cass. VI, n. 49760/2012). In modo più articolato, Cass. VI, n. 10602/2010 precisa che, oltre alla impossibilità del ricorso immediato al giudice, debba potersi affermare che vi è la “necessità impellente di ripristinare il possesso perduto, al fine di evitare il consolidamento alla nuova situazione possessore”. Cass VI, n. 6226/2020 ritiene necessaria la azione nell'immediatezza della attività lesiva.

Violenza sulle cose

Per quanto riguarda la definizione di “violenza sulle cose,” la nozione è abbastanza ampia: Cass. n. 46153/2013 la ritiene sussistente quando vi sia un danneggiamento, trasformazione o mutamento di destinazione del bene che renda necessaria una non agevole attività di ripristino, così escludendo che fosse un danno l'asportazione di mobili da un appartamento senza provocare danni materiali. Invece, Cass. III, n. 6187/2009 ritiene sufficiente il mutamento della destinazione o della utilizzazione della cosa mentre Cass. VI, n. 4373/2009 ritiene violenza anche il mutamento di destinazione che impedisca l'uso della cosa per un apprezzabile periodo di tempo; Cass. VI, n. 30021/2002 ritiene costituire violenza sulle cose la modificazione dello sua destinazione.

Casistica

Alcuni casi rilevanti sono i seguenti:

Cass. VI, n. 25190/2012 ritiene il reato nella condotta del fratello che cambia serratura per presunte questioni ereditarie in una situazioni di compossesso; Cass. VI, n. 44286/2016 nel caso di proprietario che cambia serratura per impedire l’ingresso della convivente; Cass. VI, n. 46242/2012 ritiene integrare il reato un intervento modificativo dello stato dei luoghi realizzato da una delle parti di un giudizio civile pendente per regolamento di confini tra due fondi finitimi limitandovi il libero accesso. Cass. VI, n. 41675/2012 ritiene il reato commesso dal proprietario che disdica il contratto di fornitura di utenze a lui intestate per indurre il conduttore del suo immobile a rilasciarlo. In tal modo si realizza un mutamento di destinazione del bene. Situazione simile nel caso in cui, secondo Cass. VI, n. 11066/2005, il proprietario per non ricorrere all'azione di sfratto, aveva sostituito la serratura della porta per impedire l'accesso al conduttore; nonché nel caso in cui il locatore sostituiva la serratura dopo la morte del conduttore senza esperire azione di rilascio contro l’erede (Cass, VI, n. 3348/2018). Per Cass. VI, n. 25372/2012 costituisce violenza l'aratura di un terreno e la raccolta dei frutti maturi operate sul fondo altrui ma nell'esercizio di un preteso diritto di proprietà oggetto di contestazione.

Profili processuali

Gli istituti

Il reato in esame è procedibile a querela ed è di competenza del tribunale monocratico; è prevista la citazione diretta a giudizio ed il decreto penale.

Bibliografia

Annunziata, Chiudere un'area destinata a parcheggio di autovettura per impedirne l'uscita costituisce violenza privata od esercizio privato delle proprie ragioni? (Nota a T. Campobasso, 4 febbraio 2004, M.), in Giust. pen. 2004; Ardizzone, Esercizio arbitrario delle proprie ragioni, in Dig. pen. Torino, 1998; Ardizzone, Esercizio arbitrario delle proprie ragioni [aggiornamento-2000], in Dig. pen.; Barbalinardo, Brevi note in tema di rapporti fra esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed estorsione di concorso di persone nel reato configurabile (Nota a A. Bologna, 18 febbraio 1988, Manfredi), in Giur. merito 1989; Borriello, Il ritorno all'origine nei rapporti fra l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni e l'estorsione (Nota a Cass. pen., sez. II, 4 dicembre 2013, n. 51433, F.), in Riv. Neldiritto 2014; Braschi, La natura dei reati di ragion fattasi e il loro rapporto con la fattispecie di estorsione: alcuni chiarimenti dalle Sezioni Unite, in Dir. Pen. e Proc, 2021, 314; Brusco, Esercizio arbitrario delle proprie ragioni e estorsione. Il punto della Cassazione (nota a Cass. pen., Sez. II, 28 giugno 2016 (dep. 3 novembre 2016), n. 46288), in Ilpenalista.it, 12 gennaio 2017; Helferich, L'incompatibilità tra esercizio arbitrario ed estorsione secondo le Sezioni unite, in Giur. It. 2021, 944;  Laurino, Estorsione, ragion fattasi ed intensità della violenza nella giurisprudenza della suprema corte, in Cass. pen. 2012; Piccardi, Le Sezioni Unite individuano il discrimen tra l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni e l'estorsione, in cass. pen. 2021, 62;  Regina, Esercizio arbitrario delle proprie ragioni, in Enc. giur.; Semeraro, Profili dell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni, in Indice pen. 2012; Villa, I criteri distintivi del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza a cose o persone, in Ventiquattrore avvocato 2005.

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