Codice Penale art. 393 bis - Causa di non punibilità 1 .Causa di non punibilità 1. [I]. Non si applicano le disposizioni degli articoli 336, 337, 338, 339, 339-bis, 341-bis, 342 e 343 quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni2.
[1] Articolo inserito dall'art. 1, comma 9, della l. 15 luglio 2009, n. 94. [2] L'art. 4, comma 1, l. 3 luglio 2017, n. 105, ha inserito dopo le parole: «338, 339,» la parola: «339-bis,». InquadramentoL'articolo 393 bis introdotto dalla l. n. 94/2009 introduce nel codice penale la causa di non punibilità già prevista dall'art. 4 d.lgt. 14 settembre 1944, n. 288. Quindi, per i reati di violenza, resistenza ed oltraggio, viene meno la punibilità laddove ricorrano le condizioni di arbitrarietà dell'atto, come meglio dopo specificato. La norma del 1944, si rammenta, rappresentava un primo adattamento “democratico” del codice penale superando il principio di autorità che riconosceva al pubblico ufficiale una tutela rafforzata in ragione della autorità rivestita e non per le funzioni in concreto esercitate. In una ottica più moderna, mutato peraltro anche il quadro delle disposizioni collegate (in particolare quanto all'oltraggio a p.u. nella sua vecchia configurazione, norma che più di tutte era emblematica del discutibile principio di autorità), si ritiene che la ragione dell'istituto vada intesa nella tutela del privato rispetto alla prevaricazione ingiustificata da parte dei rappresentanti dei pubblici poteri. È da considerare come la giurisprudenza recente la ritenga una “causa di non punibilità”, mentre in dottrina e nella giurisprudenza precedente si afferma che si tratta di una vera e propria causa di giustificazione; la differenza è rilevante, come si vedrà, in materia di “putatività”. NaturaSecondo una lettura, l'art. 393-bis non è una causa di giustificazione , dunque ricadente sotto la disciplina dell'art. 59, ma una causa di esclusione della punibilità in senso stretto. La norma esclude la tutela nei confronti del pubblico ufficiale che se ne dimostri oggettivamente indegno. Quindi può essere applicata solo in rapporto ad atti che obbiettivamente, e non soltanto nell'opinione dell'agente, concretino una condotta arbitraria (Cass. VI, 31288/2017; Cass. VI n. 47268/2015). Ciò esclude, in radice, la possibilità di adottare la disciplina delle scriminanti putative. Una diversa lettura è, invece, nel senso che si sia in presenza di una causa di giustificazione (Cass. V, n. 45245/2021): Cass. VI, n. 38952/2006 , con ampi argomenti, afferma che “ il d.lgs.lgt. n. 288/1944, art. 4 abbia introdotto una vera e propria causa di giustificazione, atteso che la reazione a un atto arbitrario, se contenuta nei limiti indicati dal legislatore, non riveste (non può rivestire) alcun carattere di antigiuridicità”.Cass. VI, n. 4457/2019 con ampie argomentazioni che tengono conto della opposta giurisprudenza, ha affermato che la norma in esame “prevede una causa di giustificazione fondata sul diritto del cittadino di reagire all'aggressione arbitraria dei propri diritti” applicandola proprio in un caso di scriminante putativa ex art. 59, comma quarto. Secondo tale intepretazione, quindi, rileva anche la forma putativa se la parte era nel ragionevole convincimento del comportamento ingiustificatamente persecutorio del pubblico ufficiale (Cass. VI, n. 25309/2021) MaterialitàRealizza l'atto arbitrario lo sviamento dell'esercizio di autorità rispetto allo scopo per cui la stessa è conferita o quando, per le modalità di attuazione, l'attività risulti oggettivamente illegittima, non essendo di contro necessario che l'agente si rappresenti l'illiceità del proprio fare ed agisca con la volontà di commettere un arbitrio in danno del privato (Cass. VI, n. 10773/2004). L'arbitrarietà ingiustamente persecutoria del pubblico ufficiale si può ravvisare quando il suo comportamento fuoriesca del tutto dalle ordinarie modalità di esplicazione dell'azione di controllo e prevenzione demandatagli (Cass. VI, 16101/2016) o quando venga a mancare la proporzione e adeguatezza che deve esservi tra l'iniziativa assunta dal p.u. e la situazione che la legittima. Quanto più sproporzionato è l'atto rispetto alla finalità che lo legittima (anche in relazione alle situazioni soggettive che vengono a sacrificarsi), tanto più l'iniziativa finisce per confondersi con l'abuso o sopruso utile a scriminare la reazione violenta (Cass. VI, n. 18957/2014). La stessa reazione, comunque, deve essere proporzionata all'offesa. Elemento psicologicoLa configurazione dell'istituto quale causa di non punibilità, nei termini detti, comporta la applicazione dell’art. 59, comma quarto, in tema di scriminante putativa. Perché possa operare, è necessario che l’imputato alleghi circostanze concrete atte a dimostrare il suo errore sul fatto, ovvero di essersi trovato di fronte ad una situazione che, valutata ex ante, se effettiva avrebbe costituito un atto arbitrario del pubblico ufficiale (Cass. II, n. 22903/2023). Forme di manifestazioneSecondo la giurisprudenza, non è sufficiente il dato oggettivo comportamento del pubblico ufficiale che eccede dai limiti delle sue attribuzioni, ma è altresì necessario che questi tenga una condotta improntata a malanimo, capriccio, sopruso, prepotenza nei confronti del privato destinatario (Cass. VI, n. 5414/2009; Cass. V, n. 45245/2021 Cass. VI, n. 11005/2020). L'arbitrarietà, quindi, non può vedersi solo nella condotta tenuta con scarsa cautela o in modo rude e sgarbato. (Cass. VI, n. 1415/1990). Si è, però, anche affermato che non è necessario un quid pluris rispetto all’eccesso dalle attribuzioni per cui la reazione del privato può essere giustificata a fronte di un comportamento oggettivamente illegittimo del pubblico agente che sia disfunzionale - anche solo per le modalità scorrette, incivili e sconvenienti di attuazione - rispetto al fine per cui il potere è conferito (Cass. VI, n. 7255/2021). L'arbitrarietà sussiste anche quando una finalità legittima venga perseguita attraverso comportamenti inutili ed eccessivi, tali da comprimere ingiustificatamente diritti fondamentali della persona (Cass. VI, n. 28657/2021, Cass. VI, n. 6564/1998). La reazione del privato deve avere carattere di immediatezza (Cass. n. 1433/2012). Va considerato anche il rapporto con la simile situazione della “provocazione”; in quest'ultima, è sufficiente che si sia prodotto uno stato di eccitazione psichica conseguente alla percezione di un comportamento ingiusto posto in essere dalla vittima del reato mentre, per l'esimente dell'atto arbitrario del pubblico ufficiale, è necessario dimostrare che il comportamento di costui, causa della reazione offensiva, si sia posto completamente al di fuori della sua funzionale attività e abbia manifestato, nel contempo, una pervicace intenzione di eccedere dalle proprie attribuzioni per perseguire mere finalità vessatorie. Quindi non sussiste contraddizione tra la concessione dell'attenuante della provocazione e l'esclusione della causa di non punibilità, fondate su diversi presupposti (Cass. n. 34089/2003). CasisticaLarga parte della casistica di riconoscimento della “reazione legittima” riguarda casi di perquisizioni illegittime. Si è quindi ritenuto non punibile chi opponga resistenza ad un pubblico ufficiale che pretende di eseguire presso il suo domicilio una perquisizione finalizzata alla ricerca di armi e munizioni, fondandosi su meri sospetti e non sulla base di un dato oggettivo certo, anche solo a livello indiziario, circa la presenza delle suddette cose nel luogo in cui viene eseguito l'atto (Cass. VI, 40952/2017); nonché chi opponga resistenza al pubblico ufficiale che pretenda di sottoporlo a perquisizione personale finalizzata alla ricerca di armi e munizioni, anche in questo caso in assenza di elementi obiettivi idonei a giustificare l'atto (Cass. n. 18841/2011). È stata applicata al caso del pubblico ufficiale che tenti, con violenza, di costringere una persona ad uscire da una vettura, senza addurre giustificazioni, ed in assenza di elementi indicativi della pericolosità della persona o della commissione di attività illecite (Cass. n. 24392/2013). È stata riconosciuta la non punibilità rispetto al delitto di cui all'art. 336 c.p., per essere stato il fatto commesso contro un pubblico ufficiale che aveva negato illegittimamente l'accesso ad atti amministrativi (Cass. n. 7928/2012). Non costituisce atto arbitrario, ai fini della scriminante di cui all'art. 4 d.lgs.lgt. 14 settembre 1944 n. 288, il semplice atteggiamento ironico del pubblico ufficiale, là dove non si accompagni ad espressioni oggettivamente ingiuriose (Cass. VI n. 3350/1993). Profili processualiLe cause di non punibilità possono dispiegare la loro efficacia sicuramente solo quando sia stata acquisita la piena prova della loro esistenza, non potendo, invece, trovare applicazione nel caso in cui siano dubbi i presupposti di fatto e le condizioni per la loro applicabilità (Cass. n. 16687/1990). BibliografiaAmati, Nuovi orientamenti interpretativi in tema di arbitrarietà putativa nella reazione legittima a pubblico ufficiale, in Giust. pen. 1997; Amato, Il comportamento incivile del pubblico ufficiale «giustifica» la reazione oltraggiosa del privato: l'impiegato maleducato compie un arbitrio anche se non commette atti illegittimi (Nota a Corte cost., 23 aprile 1998, n. 140, M. P.), in Guida al dir. 1998; Ardizzone, Reazione legittima ad atti arbitrari del pubblico ufficiale, in Enc. dir. Milano, 1988; Bartoli, Reazione oltraggiosa agli atti arbitrari e provocazione: verso la parificazione della tutela dei soggetti pubblici e privati (Nota a Corte cost., 23 aprile 1988, n. 140, M. P.), in Cass. pen. 1998; Compagna, L'atto arbitrario del pubblico ufficiale sullo sfondo dell'inviolabilità parlamentare (Nota a Cass., sez. VI, 9 febbraio 2004, Maroni), in Cass. pen. 2006; Gallo, Una definizione degli «atti arbitrari» del p.u. che convince, pur aprendo a riflessioni perplesse (Nota a Corte cost., 23 aprile 1998, n. 140, M. P.), in Giur. costit. 1998; Imarisio, Sui presupposti della legittima reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale (Nota a Corte cost., 23 aprile 1998, n. 140, Pres. Cons.), in Giur. it. 1998; Mengoni, Reazione legittima agli atti arbitrari: non occorre indagare l'animus del pubblico ufficiale (Nota a Cass. pen., sez. VI, 13 gennaio 2012, n. 7928), in Cass. pen. 2012; Rampioni, Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale, in Dig. pen., Torino, 1996. |