Codice Penale art. 417 - Misura di sicurezza (1).Misura di sicurezza (1). [I]. Nel caso di condanna [442 2, 533, 605 1 c.p.p.] per i delitti preveduti dai due articoli precedenti (2), è sempre ordinata una misura di sicurezza [215 4]. (1) Articolo modificato dall'art. 5 l. 23 dicembre 1982, n. 936. (2) Il riferimento va inteso ai delitti di cui agli artt. 416 e 416-bis. InquadramentoSecondo la norma in commento, in caso di commissione dei reati di associazione di tipo mafioso e di scambio elettorale politico-mafioso, è obbligatoriamente disposta l'applicazione di una misura di sicurezza. Tale regola, originariamente prevista in relazione ai reati di cui agli articoli 416 e 416-bis, risulta attualmente applicabile agli articoli 416-bis e 416-ter a seguito dell'introduzione legislativa di quest'ultimo articolo. Ambito applicativoLa norma in esame, originariamente riferita al solo art. 416, è stata modificata nei termini attuali dall'art. 5, l. n. 936/(1982, e non è stata successivamente coordinata con l'introduzione dell'art. 416-ter; allo stato, pertanto, secondo la dottrina la norma è applicabile esclusivamente in caso di condanna per i reati di cui agli artt. 416-bis e 416-ter e non più all'art. 416, cui pure originariamente accedeva (Spagnolo, 188); altra dottrina, ha proposto, sul piano interpretativo, l'estensibilità della norma in esame a tutte e tre le fattispecie criminose descritte dai tre articoli che lo precedono (Visconti, 294). In senso contrario, la giurisprudenza (Cass. II, n. 18866/2024), premesso che il reato di cui all’art. 416-ter c.p. (che oggi precede l’art. 417 c.p.) è stato introdotto successivamente a tale disposizione, ha ritenuto che il richiamo ivi previsto ai “due articoli precedenti” deve intendersi riferito agli artt. 416 e 416-bis c.p.; ne consegue che, in caso di condanna per il reato di associazione per delinquere, pertanto, ben può essere ordinata una misura di sicurezza, in presenza di un adeguato accertamento della pericolosità sociale dell’imputato, così non anche in caso di condanna per il reato di cui all’art. 416-ter c.p. La misura di sicurezza prevista dalla norma in commento deve ritenersi applicabile per il caso di condanna sia per il delitto consumato che tentato (Rosso, 163). Nel caso di condanna per reati di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, l'applicazione della misura di sicurezza prevista dall'articolo in commento non richiede l'accertamento in concreto della pericolosità del soggetto, dovendosi ritenere operante al riguardo una presunzione semplice, desunta dalle caratteristiche del sodalizio criminoso e dalla persistenza nel tempo del vincolo malavitoso di mutua solidarietà, che può essere superata quando siano acquisiti elementi - ad esempio, la sopravvenuta attività di collaborazione del condannato con l'Autorità giudiziaria - idonei ad escludere in concreto la sussistenza della pericolosità (Cass. VI n. 4115/2020; Cass. II, n. 46868/2016). Ciò che rileva, del resto, è che la valutazione della pericolosità del soggetto sarà effettuata al momento della concreta applicazione della misura di sicurezza: in effetti, l'accertamento in concreto della pericolosità attuale del soggetto ai sensi dell'art. 203 c.p., pur non necessario al momento della pronuncia della sentenza di condanna, dovrà essere in ogni caso svolto dal magistrato di sorveglianza, alla luce degli elementi di cui all'art. 133 e del comportamento del condannato durante e dopo l'espiazione della pena (Cass. I, n. 29241/2016; Cass. II, n. 28582/2015). In senso contrario, si è anche ritenuto che l'applicazione di una misura di sicurezza personale presuppone indefettibilmente, anche nell'ipotesi prevista dall'art. 417, e con specifico riferimento a persone condannate per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, l'accertamento, da parte del giudice di cognizione (Cass. I, n. 359996/2019) o di sorveglianza (Cass. I, n. 1027/2019) di un'attuale ed effettiva pericolosità del condannato ai sensi dell'art. 203 c.p., senza ricorrere ad alcuna forma di presunzione, ma tenendo conto della gravità dei fatti-reato commessi e dei fatti successivi, nonché, quando la valutazione sia devoluta al giudice della sorveglianza, del comportamento tenuto dal condannato durante e dopo l'espiazione della pena. Nei confronti del condannato per associazione a delinquere al quale sia stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, non può essere applicata una misura di sicurezza personale, ai sensi dell'art. 417, poiché, trattandosi di misura che può essere disposta discrezionalmente, previo scrutinio della effettiva pericolosità sociale del condannato, rientra tra quelle inapplicabili ex art. 164, comma 3, c.p. (Cass. II, n. 20323/2021). Secondo parte della giurisprudenza (Cass. I, n. 7188/2021), l'applicazione della misura di sicurezza in oggetto può essere disposta, anche da parte del giudice della cognizione, soltanto dopo l'espresso positivo scrutinio dell'effettiva pericolosità sociale del condannato, da accertarsi in concreto sulla base degli elementi di cui all'art. 133 c.p. globalmente valutati, nonché delle allegazioni difensive, senza possibilità di far ricorso ad alcuna forma di automatismo tra condanna per il delitto di associazione di tipo mafioso ed applicazione della misura. Ai fini del suddetto concreto scrutinio, possono assumere rilievo: - il ruolo occupato dal soggetto all'interno del sodalizio delinquenziale; - la durata della sua affiliazione; - la commissione da parte sua di un solo reato scopo o di una pluralità di essi; - la natura e l'intensità dei suoi legami con un numero limitato oppure significativo di appartenenti alla cosca; - la formale condizione di collaboratore di giustizia). Altro orientamento ha, peraltro, ritenuto che l'applicazione della misura di sicurezza prevista, in caso di condanna, dall'art. 417, non richiede l'accertamento in concreto della pericolosità del soggetto, dovendosi ritenere operante una presunzione semplice, desunta dalle caratteristiche del sodalizio criminoso e dalla persistenza nel tempo del vincolo criminale di mutua solidarietà, che può essere superata quando siano acquisiti elementi dai quali si evinca l'assenza di pericolosità in concreto; tale accertamento dovrà, comunque, essere svolto dal magistrato di sorveglianza, alla luce degli elementi di cui all'art. 133 c.p. e del comportamento del condannato durante e dopo l'espiazione della pena, al momento dell'esecuzione della misura (Cass. I, n. 33951/2021). La giurisprudenza ha chiarito che il combinato disposto di cui agli artt. 230, comma primo, e 417 c.p. impone, in caso di condanna per il delitto di cui all'art. 416-bis c.p. a pena non inferiore a dieci anni di reclusione, l'applicazione di tale misura per la durata di tre anni, sicché il giudice non è onerato di uno specifico obbligo di motivazione in relazione alla pericolosità sociale del condannato (Cass. II, n. 32569/2023). Una più recente decisione (Cass. I, n. 2875/2024), riguardante in generale le misure di sicurezza, ha osservato che, a seguito della modifica introdotta dall'art. 31, comma 2, l. n. 633 del 1986, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata, la loro applicazione (e quindi anche l’applicazione di quella prevista dall'art. 417) può essere disposta, anche da parte del giudice della cognizione, soltanto dopo l'espresso positivo scrutinio dell'effettiva pericolosità sociale del condannato, da accertarsi in concreto sulla base degli elementi di cui all'art. 133 c.p., globalmente valutati, senza possibilità di far ricorso ad alcuna forma di presunzione giuridica, ancorché qualificata come semplice. BibliografiaFilippucci, Pericolosità sociale: criteri direttivi e condotta successiva alla condanna, in Giur. It. 2003; Rosso, Ordine pubblico (delitti contro l'), in Nss. D.I., XII, Torino, 1965; Spagnolo, L'associazione di tipo mafioso, Padova, 1993; Visconti, Il reato di scambio elettorale politico-mafioso, in Ind. Pen. 1993. |