Codice Penale art. 427 - Danneggiamento seguito da inondazione, frana o valanga.Danneggiamento seguito da inondazione, frana o valanga. [I]. Chiunque rompe, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili chiuse, sbarramenti, argini, dighe o altre opere destinate alla difesa contro acque, valanghe o frane, ovvero alla raccolta o alla condotta delle acque, al solo scopo di danneggiamento [635], è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una inondazione o di una frana, ovvero della caduta di una valanga, con la reclusione da uno a cinque anni [450]. [II]. Se il disastro si verifica, la pena è della reclusione da tre a dieci anni [426, 449]. competenza: Trib. monocratico (udienza prelim.) arresto: facoltativo (primo comma); obbligatorio (secondo comma) fermo: non consentito (primo comma); consentito (secondo comma) custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoIl reato in esame punisce — allo scopo di tutelare l'incolumità pubblica — la condotta del soggetto che, al solo fine di danneggiare, rompe, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili, chiuse, sbarramenti, argini, dighe o altre opere destinate alla difesa contro acque, valanghe o frane, ovvero alla raccolta o alla condotta delle acque. La punibilità è subordinata al sorgere del pericolo di un'inondazione o di una frana, ovvero della caduta di una valanga. La pena è inasprita ove al fatto segua il disastro non voluto. SoggettiSoggetto attivo Il delitto di danneggiamento seguito da inondazione, frana o valanga può essere commesso da chiunque. Bene giuridicoIl reato in esame punisce le condotte che preludono alla verificazione di uno dei disastri descritti dalla norma, ossia di condotte idonee a far sorgere anche solo il pericolo di un inondazione, di una frana, o la caduta di una valanga, integrando pertanto un’anticipazione della tutela della pubblica incolumità (Bacherini, 662; Ardizzone, 57). MaterialitàModalità della condotta La condotta che integra il reato in commento consiste nel rompere, deteriorare o rendere in tutto o in parte inservibili, chiuse, sbarramenti, argini, dighe o altre opere destinate alla difesa contro acque, valanghe o frane, ovvero alla raccolta o alla condotta delle acque, allo specifico scopo di danneggiamento. Per rottura deve intendersi la perdita di integrità di una cosa per effetto della violenza esercitata su di essa. In tale concetto deve ricomprendersi il deterioramento, verosimilmente consistente nella provocazione di uno scadimento di qualità della cosa. Rendere inservibile totalmente o parzialmente una cosa può consistere, tanto in una rottura o in un deterioramento totali o parziali, quanto nell'inserzione di un corpo estraneo nei meccanismi di una cosa (ad es., una saracinesca) o nell'interruzione di energia elettrica. Con il termine chiusa s'intende lo sbarramento artificiale di un fiume mediante saracinesche, avente lo scopo di aumentare il livello delle acque al fine di realizzare un salto o l'invaso di un canale derivatore, oppure di favorire la navigazione; lo sbarramento indica il complesso delle opere intese a mantenere all'asciutto e a proteggere le zone di lavoro dagli allagamenti; l'argine è il terrapieno (a sezione generalmente trapezoidale) naturale o artificiale, di terreno o di pietra, che serve a contenere un corso d'acqua. L'espressione di chiusura utilizzata dal legislatore allude a tutte le altre opere adibite alla difesa contro acque, valanghe o frane, ovvero alla raccolta o alla condotta delle acque diverse da quelle espressamente menzionate. Relativamente alla nozione di argine la giurisprudenza ha precisato che con tale termine sono designate non solo le opere manufatte ma anche gli argini naturali (Cass. III, n. 2412/1996; Cass. II, n. 10668/1983). È controversa la qualificazione degli eventi del pericolo di disastro e del disastro quali condizioni obiettive di punibilità (Santoro, 82; Vassalli, 656; Fiandaca e Musco, 519), ovvero (nel caso del secondo comma) quali eventi di aggravamento del delitto (Battaglini, Bruno, 550). Forma della condotta Il reato in esame è un reato a forma libera, nel senso che vale a integrarlo qualunque condotta mediante la quale si dà luogo alla rottura, al deterioramento o all'inservibilità totale o parziale delle opere difensive descritte dalla norma. In senso contrario, si è ritenuto che l'espressa indicazione legislativa delle condotte dalle quali deve scaturire il pericolo di frana, inondazione o valanga, vale a giustificare la qualificazione del reato come a forma vincolata (Ardizzone, 59). La struttura del reato è simile a quella del danneggiamento seguito da incendio (v. sub art. 424). La norma contempla, invero, due accadimenti – il pericolo di disastro (comma 1) e il disastro (comma 2) – che non formano oggetto del dolo. Si ripropongono, quindi, anche nella fattispecie in esame, la tesi fautrice della preterintenzionalità (Manzini, 289), quella della condizione di punibilità (Santoro, 82; Vassalli, 656; Fiandaca -Musco, 519) e quella del delitto aggravato dall’evento (Battaglini, Bruno, 550). Secondo Bacherini, il comma 2 prevede una circostanza aggravante speciale. Natura della condotta Le condotte dirette a integrare la fattispecie criminosa in esame possono essere tanto attive, quanto omissive: in tal ultimo caso, ai sensi dell'art. 40, co. 2, il reo risponde del delitto là dove, al solo scopo di danneggiamento, avendone l'obbligo giuridico, abbia consapevolmente e volontariamente omesso di impedire la manomissione delle opere difensive. Evento Il reato di danneggiamento seguito da inondazione, frana o valanga è un reato di evento, consistente alternativamente o cumulativamente nella rottura, nel deterioramento o nell'inservibilità totale o parziale delle opere difensive descritte dall'art. 427. Elemento soggettivoIl dolo Il delitto in esame richiede il dolo intenzionale di danneggiamento, ossia la coscienza e volontà di rompere, deteriorare o rendere in tutto o in parte inservibili le opere difensive descritte dalla norma in commento (Ardizzone, 62). La colpa Il reato di danneggiamento seguito da inondazione, frana o valanga non è punibile a titolo di colpa. Consumazione e tentativoConsumazione Il reato de quo si consuma nel momento in cui l'agente rompe, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili le opere difensive indicate dall'art. 427. Tentativo Si ritiene esclusa la configurabilità del tentativo (Bacherini, 663). Profili processuali
Gli istituti Il reato di danneggiamento seguito da inondazione, frana o valanga è reato procedibile d'ufficio e di competenza del Tribunale monocratico. Per tale reato: a) l'arresto in flagranza è facoltativo in relazione all'ipotesi di cui al 1 comma; è obbligatorio in relazione all'ipotesi di cui al 2 comma; b) il fermo non è consentito in relazione all'ipotesi di cui al 1 comma; è consentito in relazione all'ipotesi di cui al 2 comma; c) l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali è consentita. Le misure di prevenzione V. sub art. 423. BibliografiaAngioni, Il pericolo concreto come elemento della fattispecie penale. La struttura oggettiva, 2a ed., Milano, 1994; Ardizzone, Inondazione, frana, o valanga, voce in Dig. pen., VII, Torino, 1993; Bacherini, Inondazione, frana, valanga, voce in Enc. dir., XXI, Milano, 1971; Battaglini, Bruno, Incolumità pubblica (Delitti contro la), in Nss. D.I., VIII, Torino, 1962; Canestrari, Reato di pericolo, in Enc. giur.G, XXVI, Roma, 1991; Parodi Giusino, I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale, Milano, 1990; Santoro, Manuale di diritto penale, III, Torino, 1965; Vassalli, Considerazioni sul principio di offensività, in Scritti in memoria di Pioletti, Milano, 1982. |