Codice Penale art. 434 - Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi.

Marco dell'Utri
Sergio Beltrani

Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi.

[I]. Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni.

[II]. La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene [449, 676, 677].

competenza: Trib. monocratico (udienza prelim.) (primo comma); Trib. collegiale (secondo comma)

arresto: facoltativo (primo comma); obbligatorio (secondo comma)

fermo: non consentito (primo comma); consentito (secondo comma)

custodia cautelare in carcere: consentita

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

La norma in esame punisce la condotta del soggetto che compie un fatto diretto a provocare il crollo totale o parziale di una costruzione, ovvero a provocare un qualunque altro disastro.

La punibilità è subordinata alla circostanza che dal fatto derivi pericolo per la pubblica incolumità.

La pena è inasprita là dove dal fatto derivi il crollo o il disastro.

Soggetti

Soggetto attivo

Il delitto di crollo di costruzioni o altri disastri dolosi può essere commesso da chiunque.

Bene giuridico

La norma in esame ha come obiettivo il completamento della tutela dell'incolumità pubblica, attraverso l'eliminazione di ogni eventuale lacuna riscontrabile nelle altre norme incriminatrici poste a protezione del medesimo bene: tale norma, infatti, assolve anche a una funzione sussidiaria, trovando applicazione soltanto nella misura in cui il fatto commesso non sia riconducibile alle fattispecie previste dagli artt. da 422 a 433 (Fiandaca e Musco, 525 s., nel senso della limitazione del richiamo alle sole fattispecie incriminatrici che prevedono delitti di disastro, e non anche al delitto di incendio previsto dall'art. 423, v. Cass., I, n. 7629/2006).

In particolare, la norma in commento disciplina il trattamento sanzionatorio delle condotte che, essendo obiettivamente dirette a provocare il crollo totale o parziale di una costruzione, ovvero un altro disastro, preludono alla relativa verificazione; si tratta di condotte idonee a far sorgere anche solo il pericolo di detto disastro, integrando pertanto un'anticipazione della tutela del bene della pubblica incolumità.

Nel caso di atti diretti a provocare il crollo totale o parziale di una costruzione, la tutela dell'incolumità pubblica è limitata alle lesioni che interessino la sicurezza della stabilità delle opere edificatorie.

Il pericolo per la pubblica incolumità deve ritenersi di natura concreta ( Cass., IV, n. 3727/2020 ; in dottrina, v. Ardizzone, 275; Battaglini, Bruno, 555).

Materialità

Modalità della condotta

Le condotte che integrano il reato in esame sono rappresentate dalla commissione di qualunque fatto che sia diretto a cagionare il crollo totale o parziale di una costruzione, ovvero un altro disastro. Si tratta di una sorta di anticipazione della consumazione, ovvero di un tentativo autonomamente incriminato a prescindere dal verificarsi dell'evento lesivo rappresentato dal crollo o da altro disastro innominato.

L'art. 434, comma 1 prevede due distinte ipotesi delittuose: la commissione di un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione e la commissione di un fatto diretto a cagionare un altro disastro. In dottrina, peraltro, sotto il profilo della tecnica legislativa, è stata sottolineata l'inopportunità della previsione dell'ipotesi più generica del disastro accanto a quella del crollo, anziché in un distinto articolo (Erra, 12).

Il fatto tipico — sostanzialmente ricalcato sullo schema del reato a consumazione anticipata o del  tentativo — dev'essere, oltre che univocamente diretto, anche idoneo a provocare il crollo o altro disastro (Fiandaca e Musco, 526).

Il fatto tipico — sostanzialmente ricalcato sullo schema del tentativo — dev'essere, oltre che univocamente diretto, anche idoneo a provocare il crollo o altro disastro (Fiandaca e Musco, 526).

L'idoneità dell'azione dev'essere considerata sotto il profilo potenziale, indipendentemente da ogni altro evento esterno o sopravvenuto; per converso, l'inidoneità suscettibile di configurare un eventuale reato impossibile deve apparire assoluta: e tanto, sulla base di un'astratta valutazione dell'inefficienza strutturale e strumentale del mezzo, tale da non consentire neppure un'attuazione eccezionale del proposito criminoso (Cass. I, n. 4871/1987).

Trattandosi di un delitto contro l'incolumità pubblica commesso ‘mediante violenza', è necessario e sufficiente (diversamente dai fatti commessi ‘mediante frode') che la condotta si realizzi mediante l'impiego di qualsivoglia energia o mezzo, diretto o indiretto, materiale o immateriale, idoneo a superare l'eventuale opposizione della potenziale vittima e a produrre l'effetto offensivo senza la cooperazione di quella (Cass., I, n. 7941/2014).

Per "costruzione" si intende qualsiasi manufatto tridimensionale, anche diverso da un edificio, che comporti una ben definita occupazione del terreno e dello spazio aereo e che, per la sua natura e per le ripercussioni che la norma di cui all'art. 434 assegna alla sua caduta, sia atto a determinare conseguenze tali da minacciare la vita o l'incolumità fisica di una cerchia indeterminata di persone (Cass. IV, n. 35684/2018: in applicazione del principio, la S.C. ha escluso che il crollo di un di un palo della luce possa integrare il delitto in esame).

Ai fini dell'integrazione del reato, per crollo di costruzione, totale o parziale, deve intendersi la rovina, lo sfasciamento, la caduta e ogni altra disgregazione delle strutture essenziali della costruzione tale che la forza di coesione tra i singoli elementi costitutivi venga superata e spinta dalla forza di gravità (Cass. I, n. 17549/1988); detto crollo dev'essere accompagnato dal pericolo della produzione di un danno notevole alle persone, senza che sia necessaria la disintegrazione delle strutture essenziali dell'edificio (Cass., IV, n. 2390/2011), dovendo necessariamente assumere proporzioni tali da minacciare un numero indeterminato di persone equivalendo a un vero e proprio disastro (Marinucci, 418; cfr. Cass. II, n. 5135/1975; Cass. IV n. 4236/1973;  più di recente Cass., IV, n. 9749/2021). Là dove il crollo non assuma notevoli proporzioni — rimanendo il pericolo circoscritto entro dimensioni modeste, incombendo unicamente su uno o più persone determinate — potrà eventualmente configurarsi la fattispecie contravvenzionale della rovina di edifici, di cui all'art. 676 (Fiandaca e Musco, 526).

In tal senso, poiché il concetto di crollo, totale o parziale, di una costruzione implica la disintegrazione delle strutture essenziali di essa in modo che la forza di coesione tra i singoli elementi costruttivi venga superata e vinta dalla forza di gravità, non è sufficiente ad integrare il reato il pericolo di un qualsiasi distacco con conseguente caduta al suolo di singoli elementi costruttivi, ancorché stabilmente inseriti nella costruzione, qualora non sia possibile che le strutture essenziali di essa risultino definitivamente compromesse (Cass., IV, n. 10162/1994).

La nozione di disastro (innominato) — genericamente individuata dalla norma (al punto da sollevare dubbi sulla relativa compatibilità col principio di legalità: Fiandaca e Musco, 526; Marinucci, 411; Ardizzone (2), 274; dubbi peraltro respinti dalla sentenza della Corte Cost. n. 327/2008) — deve intendersi alla stregua di un evento grave e complesso, idoneo a colpire persone e cose ponendo in pericolo un numero indeterminato di persone (come, ad es., la caduta di un ascensore; lo scoppio di materie esplodenti; un gravissimo incidente automobilistico, etc.). Caratteristica propria del disastro è la potenza espansiva del nocumento unitamente all'attitudine ad esporre a pericolo, collettivamente, un numero indeterminato di persone, sicché, ai fini della configurabilità del medesimo, è necessario un evento straordinariamente grave e complesso, anche se non eccezionalmente immane (Cass., III, n. 9418/2008).

Al riguardo, la giurisprudenza ha ritenuto il disastro integrato in un caso relativo al crollo del manto stradale con conseguente apertura di una voragine di 12 metri di profondità e di ampiezza di 6 metri per 3 nel centro di Milano (Cass., IV, n. 35840/2021).

Al riguardo, integra il c.d. disastro innominato non soltanto il macroevento d'immediata manifestazione esteriore che si verifica in un arco di tempo ristretto, ma anche l'evento, non visivamente e immediatamente percepibile, che si realizza in un periodo molto prolungato, sempre che comunque produca una compromissione delle caratteristiche di sicurezza, di tutela della salute e di altri valori della persona e della collettività tale da determinare una lesione della pubblica incolumità; ne consegue che rientrano nella nozione di disastro innominato pure i fenomeni derivanti da immissioni tossiche che incidono sull'ecosistema e sulla qualità dell'aria respirabile, determinando imponenti processi di deterioramento, di lunga e lunghissima durata, dell'habitat umano (Cass. I, n. 7941/2014).

È controverso se la circostanza dell'esposizione a pericolo della pubblica incolumità costituisca una condizione obiettiva di punibilità (Battaglini, Bruno, 556; Lai, 12), ovvero un elemento del fatto tipico, e precisamente l'evento pericoloso causalmente connesso alla condotta (Fiandaca e Musco, 527; Ardizzone, 783; Marinucci, 414.), ovvero ancora una specifica modalità della condotta (Antolisei (PS), 5).

Si è ritenuto che la verificazione del crollo o del disastro valgano a integrare una circostanza aggravante (Battaglini, Bruno, 556; Ardizzone, 277), ovvero un'ipotesi di reato aggravato dall'evento (Cass. I, n. 7941/2014), ovvero ancora una figura autonoma di reato (Marinucci, 418).

Forma della condotta

La condotta in esame integra un reato a forma libera, nel senso che vale a integrarlo qualunque condotta mediante la quale si determina l'evento di pericolo oggettivo e concreto previsto dalla norma. Si tratta di tutti gli atti e le omissioni del reo, che da soli o insieme con eventuali forze naturali esterne, siano obiettivamente diretti a provocare il crollo totale o parziale di una costruzione o altro disastro.

Al riguardo, occorre considerare come un terremoto non costituisce di per sé causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento, in assenza del crollo totale di tutte le altre costruzioni dello stesso centro abitato, poiché i terremoti di massima intensità sono eventi rientranti tra le normali vicende del suolo, e non possono essere considerati come eventi eccezionali e imprevedibili quando si verifichino in zone già qualificate ad elevato rischio sismico, o comunque formalmente qualificate come sismiche (Cass., IV, n. 24732/2010).

Il reato è con evento di pericolo perché per la sua esistenza non si richiede il verificarsi di un effettivo danno materiale, ma è sufficiente l'insorgenza di uno stato di fatto che renda possibile il crollo o altro disastro.

Natura della condotta

Le condotte dirette a integrare la fattispecie criminosa in esame possono essere tanto attive, quanto omissive: in tal ultimo caso, ai sensi dell'art. 40, co. 2, il reo risponde del delitto là dove, avendone l'obbligo giuridico, abbia consapevolmente e volontariamente omesso di impedire un fatto diretto a cagionare il crollo totale o parziale di una costruzione o un altro disastro.

Evento

Il delitto è un reato con evento di pericolo (Fiandaca e Musco, 527), consistente nell'insorgenza di uno stato di fatto dipendente dalla condotta dell'agente che renda possibile la verificazione di un crollo totale o parziale di una costruzione o un altro disastro.

Elemento soggettivo

Il dolo

Il delitto in esame richiede il dolo generico consistente nella coscienza e volontà di compiere atti idonei a provocare il crollo di una costruzione o un analogo disastro, con la consapevolezza di esporre a pericolo la pubblica incolumità (Fiandaca e Musco, 527).

In particolare, il dolo è intenzionale, rispetto all'evento di disastro, ed è eventuale rispetto al pericolo per la pubblica incolumità (Cass., IV, n. 36626/2011; Cass., I, n. 1332/2010).

Si è ritenuto di dover escludere il dolo eventuale con riferimento al crollo o al disastro, ritenendosi necessario il dolo intenzionale (Marinucci, 415; Ardizzone, 276).

In giurisprudenza si è affermata l'incompatibilità del dolo eventuale con le ipotesi delittuose nelle quali l'elemento psicologico del reato sia tipizzato nei termini di volontà diretta al raggiungimento di uno scopo preciso, con la conseguente esclusione di detta modalità dell'elemento psicologico nel caso di cui all'art. 434 (Cass., I, n. 41306/2009). ) , in un caso relativo al fatto di chi abbia aperto la valvola di una bombola di gas nel suo appartamento condominiale al fine di far saturare l’ambiente per suicidarsi, determinando così il crollo dell’edificio.

La colpa

Per l'ipotesi colposa v. sub art. 449.

Consumazione e tentativo

Consumazione

Il disastro innominato ex art. 434 è un delitto a consumazione anticipata, in quanto la realizzazione del mero pericolo concreto del disastro è idonea a consumare il reato mentre il verificarsi dell'evento funge da circostanza aggravante; pertanto è compito del giudice di merito accertare se l'imputato abbia dato luogo a fatti diretti a determinare un evento disastroso per poi stabilire se l'attività compiuta abbia causato le conseguenze disastrose (Cass. IV, n. 18384/2018).

Il delitto si consuma nel momento in cui, per effetto della condotta dell'agente, si manifesta il pericolo descritto dalla norma, ovvero, nel caso di cui al comma 2, l'evento tipico della verificazione del disastro: in tal caso, rispetto all'evento disastroso di proporzioni straordinarie dal quale deriva pericolo per la pubblica incolumità, il persistere del pericolo o il suo inveramento nelle forme di una concreta lesione (come eventuali successivi decessi o lesioni pur riconducibili al disastro) costituiscono effetti estranei ed ulteriori che non rilevano ai fini dell'individuazione del dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione (Cass. I, n. 7941/2014).

Il delitto di disastro innominato di cui all'art. 434, in quanto reato di pericolo a consumazione anticipata, si perfeziona, nel caso di contaminazione di siti a seguito di sversamento continuo e ripetuto di rifiuti di origine industriale, con la sola immutatio loci, purché questa si riveli idonea a cagionare un danno ambientale di eccezionale gravità (Cass. III, n. 46189/2011).

Tentativo

La natura di reato a consumazione anticipata del delitto in esame esclude l'ipotizzabilità del tentativo (Fiandaca e Musco, 527).

Rapporti con altri reati

L'art. 434 si configura come norma di chiusura nel quadro della categoria dei delitti di disastro, e pertanto l'espressione ‘fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti' rinvia solo a quelli che prevedono delitti di disastro e non anche al delitto di incendio previsto dall'art. 423.  Quando entrambi i reati siano posti in essere mediante la stessa condotta materiale ed arrechino un'identica offesa agli interessi tutelati, sussiste tuttavia tra essi un rapporto di sussidiarietà o di consunzione, nel senso che, se il reato di crollo viene commesso cagionando un incendio, trova applicazione soltanto la norma che incrimina il crollo doloso aggravato in quanto reato più grave (Cass. I, n. 7629/2006).

L'evento del delitto di crollo (anche nell'ipotesi dolosa di cui all'art. 434) deve possedere modi di essere ed effetti tanto gravi ed estesi da colpire collettivamente, costituendo un pericolo di carattere personale e diffuso e perciò attinente alla ‘pubblica incolumità', mentre nell'ipotesi contravvenzionale (ora depenalizzata  ad opera dell'art. 51, d.lgs. n. 507/1999 ) di cui all'art. 676 è sufficiente il semplice ‘pericolo alle persone' (Cass. IV, n. 8171/1985).

Più nello specifico, la giurisprudenza ha ritenuto che il delitto in commento e la contravvenzione di cui all'art. 676, si differenziano non soltanto perché soggetto attivo del delitto può essere chiunque, mentre soggetti attivi della contravvenzione possono essere esclusivamente il progettista e il costruttore, ma anche, e soprattutto, per la differenza inerente all'elemento materiale e, particolarmente, per la maggiore gravità dell'avvenimento che caratterizza il delitto rispetto alla contravvenzione. Per la sussistenza del delitto, invero, si richiede che il crollo della costruzione abbia assunto la fisionomia di un disastro, di un avvenimento cioè grave e complesso, con conseguente pericolo per la vita e l'incolumità delle persone, indeterminatamente considerate, mentre per la contravvenzione deve trattarsi di semplice rovina di edificio o di altra costruzione e la circostanza che sia derivato pericolo alle persone è prevista come aggravante (Cass., IV, n. 32216/2018; Cass., IV, n. 51734/2017).

In tema di disastro ambientale, anche dopo la l. 22 maggio 2015, n. 68, che ha introdotto specifici delitti contro l'ambiente disciplinati negli artt. 452-bis e ss. , la previsione di cui all'art. 434 continua a trovare applicazione nei processi in corso per fatti commessi nel vigore della disposizione indicata in forza della clausola di riserva contenuta nell'art. 452-quater  ("Fuori dai casi previsti dall'articolo 434") (Cass. I, n. 58023/2017).

Casistica

Commette il delitto di cui all'art. 434 colui che cerchi di far esplodere il gas contenuto in due bombole, al fine di cagionare il crollo dell'edificio, depositate in un appartamento la cui porta di ingresso sia socchiusa, senza che, a causa della chiusura di altre parti esterne, vi fosse la possibilità di dispersione del gas (Cass., I, n. 4871/1987).

Non integra il delitto di crollo di costruzione o altri disastri dolosi, previsto dall'art. 434, il fatto di chi abbia aperto la valvola di una bombola di gas nel suo appartamento condominiale al fine di far saturare l'ambiente per suicidarsi, determinando così il crollo dell'edificio (Cass. I, n. 41306/2009).

Integra il cosiddetto disastro innominato previsto dall'art. 434 non soltanto il macroevento di immediata manifestazione esteriore, che si verifica in un arco di tempo ristretto, ma anche l'evento, non visivamente ed immediatamente percepibile, che si realizza in un periodo pluriennale, sempre che comunque produca una compromissione delle caratteristiche di sicurezza, di tutela della salute e di altri valori della persona e della collettività tale da determinare una lesione della pubblica incolumità (Cass. I, n. 2209/2018: fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto idonea ad integrare l'evento distruttivo la diffusione nell'aria per anni di polveri sottili derivante dall'attività produttiva di una centrale termoelettrica).

Integra il reato di disastro innominato di cui all'art. 434 c.p. la ripetuta e sistematica immissione nell'ambiente di fattori inquinanti, mediante tombamento, spargimento su terreni agricoli o sversamento in canali per acque reflue di rifiuti pericolosi, quali fanghi e rocce da lavorazione industriale, anche sotto forma di compost contenente idrocarburi ad alto peso molecolare, percolato, amianto ed oli esausti, in quanto condotta produttiva di contaminazione e compromissione del suolo e dell'acqua, con conseguente processo di deterioramento ambientale di lunga durata (Cass., I, n. 7479/2021).

Profili processuali

Gli istituti

Il reato di crollo di costruzioni o altri disastri dolosi è reato procedibile d'ufficio e di competenza del Tribunale monocratico nel caso di cui al comma 1; del Tribunale collegiale nel caso di cui al comma 2.

Per tale reato:

a) l' arresto in flagranza è facoltativo in relazione all'ipotesi di cui al comma 1; è obbligatorio in relazione all'ipotesi di cui al comma 2;

b) il fermo non è consentito in relazione all'ipotesi di cui al comma 1; è consentito in relazione all'ipotesi di cui al comma 2;

c) l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali è consentita.

Le misure di prevenzione

V. sub art. 423.

Bibliografia

Antolisei (PS), Manuale di diritto penale. Parte speciale, Milano, 2008; Angioni, Il pericolo concreto come elemento della fattispecie penale. La struttura oggettiva, Milano, 1994; Ardizzone, La fattispecie obiettiva del crollo colposo di costruzioni, in Riv. it. di dir. pen. proc., 1970; Ardizzone, Crollo di costruzioni e altri disastri colposi, in Dig. pen., III, Torino, 1989; Battaglini, Bruno, Incolumità pubblica (delitti contro la), in Nuovo D.I., VIII, Torino, 1962; Canestrari, Reato di pericolo, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991; Cocco, Il disastro ambientale (art. 434 c.p.), in Resp. civ. e prev.P, 2008, 1334; Erra, Disastro ferroviario, marittimo, aviatorio, in Enc. dir., XIII, Milano, 1963, 1;  Fiandaca e Musco, Diritto penale. Parte speciale, Bologna, 2012; Giunta, I contorni del « disastro innominato » e l’ombra del « disastro ambientale » alla luce del principio di determinatezza, in Giur. cost., 2008, 3539; Lai, Incolumità pubblica (reati contro la), in Enc. giur., XVI, Roma, 1989; Marinucci, Crollo di costruzioni, in Enc. dir., XI, Milano, 1962; Musacchio, La responsabilità penale dei costruttori e dei progettisti nelle ipotesi di crollo di edifici, in Giur. mer., 2008, 479; Parodi Giusino, I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale, Milano, 1990; Riondato, Rovina di edifici e omissioni di lavori in edifici che minacciano rovina, in Enc. dir., XLI, Milano, 1989, 159; Riondato, Profili penali della normativa sul rischio di incidente rilevante connesso ad attività industriali, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1989, 1049.

 

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