Codice Penale art. 457 - Spendita di monete falsificate ricevute in buona fede.Spendita di monete falsificate ricevute in buona fede. [I]. Chiunque spende, o mette altrimenti in circolazione monete contraffatte o alterate, da lui ricevute in buona fede, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 1.032 euro [458, 459, 463, 694]. competenza: Trib. monocratico arresto: non consentito fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: non consentita altre misure cautelari personali: non consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoIl delitto di spendita di monete falsificate ricevute in buona fede è una delle fattispecie previste in materia di falsificazione «monetaria». La ratio della disposizione si rinviene nell'esigenza di reprimerne la falsificazione e nella necessità di provvedere al contenimento della propagazione di denaro non genuino e dei relativi effetti perturbatori connessi alla sua circolazione. In particolare la norma intende sanzionare la condotta di chi ha ricevuto «in buona fede», ossia inconsapevolmente, il denaro e poi in un secondo momento, accortosi della non genuinità di esso, se ne “liberi” spendendolo a propria volta e riversando in tal modo su altri il danno subito (Cincotta, 209). Il legislatore ha ritenuto che tale ipotesi presenta un minor disvalore: la pena irrogata è, infatti, la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a 1.032 euro. Accanto alla condotta di cui all'art. 457, è sanzionata amministrativamente quella di chi riceve «come genuine» monete contraffatte o alterate e non le consegna all'autorità entro tre giorni da quello in cui ne ha conosciuto la falsità o l'alterazione, indicandone la provenienza se la conosce (art. 694). Il delitto de quo, inoltre, è incluso nel catalogo dei reati dalla cui commissione può scaturire in capo agli enti l’applicazione di sanzioni pecuniarie fino a duecento quote, ai sensi dell’art. 25 bis comma 1 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. Bene giuridicoCfr. sub art. 453. SoggettiSoggetto attivo Si tratta di un reato comune, che può essere commesso da “chiunque” spenda monete falsificate, purché ricevute in buona fede. Soggetto passivo Cfr. sub art. 453. Elemento oggettivoOggetto materiale Cfr. sub art. 453. Condotta La fattispecie sanziona la condotta di spendere o mettere altrimenti in circolazione monete contraffatte o alterate, già contemplata dagli artt. 453 n. 3, 454 e 455: cfr. sub art. 453, sub art. 454, e sub art. 455. La norma colpisce il comportamento di chi non è concorso nella falsificazione né ha «cooperato» con il falsificatore in termini di concerto o conoscendo altrimenti della falsità, ipotesi punite ai sensi delle precitate fattispecie. Ciò che differenzia il delitto di cui all'art. 457, rispetto alle disposizioni precedenti sul falso c.d. nummario, è che l'agente riceve monete contraffatte o alterate in buona fede, cioè ignorando all'atto del ricevimento la falsità delle stesse, e tuttavia, dopo averle ricevute in buona fede, scopre la falsità, e, dolosamente, le spende o le mette altrimenti in circolazione. Il soggetto non agisce de lucro captando — cioè spinto, come nelle ipotesi precedenti, dalla volontà di conseguire un profitto ingiusto — ma de damno vitando: vuole, infatti, riversare su altri il danno ingiusto da lui già subito per aver accettato in pagamento denaro falso credendolo genuino (Antolisei, 88; Nappi, 33) Se, invece, è in malafede, cioè a conoscenza della falsificazione da parte dell'agente all'atto della ricezione, saranno applicabili, in base alle circostanze, gli artt. 453,454 e 455. Il soggetto agente non è punibile se la buona fede persiste anche al momento della spendita o della messa altrimenti in circolazione o qualora egli venga a conoscenza della falsificazione delle monete dopo averle spese o messe altrimenti in circolazione. La mera detenzione di monete falsificate, successiva alla consapevolezza della falsità, è fatto penalmente irrilevante a meno che non si configuri la fattispecie di cui all'art. 455 perché insorge nel detentore il proposito di metterle in circolazione (Fais, 615). Particolarmente discussa è la questione concernente l'onere della prova della buona fede. Secondo un primo orientamento, il legislatore avrebbe codificato un'inversione dell'onere della prova, dovendo l'imputato dimostrare di ignorare la falsità al momento della ricezione o del ritrovamento del denaro (Cass. V, 26 gennaio 1981). Per altra impostazione, più aderente al principio del favor rei — e, quindi, senz'altro condivisibile anche alla luce della regola del ragionevole dubbio dell'art. 533 comma 1 c.p.p. — l'imputato dovrebbe solo limitarsi ad allegare la sua buona fede, gravando sull' accusa l'onere di provare che questi si fosse al contrario rappresentato in termini certi o almeno dubitativi la falsità del denaro ricevuto. In dottrina si è asserito che la seconda impostazione è quella più coerente con i principi del processo penale. Si è evidenziato, infatti, che nell'ordinamento italiano è l'accusa che deve provare il dolo al momento della ricezione delle monete falsificate e non l'imputato a dover provare il titolo del possesso (Cadoppi-Canestrari-Manna-Papa, 87). Evento L'alterazione di monete è caratterizzata da un evento di pericolo (trattasi, infatti, di reato di pericolo astratto). Elemento psicologicoIl dolo Il reato è punito a titolo di dolo generico e consiste nella coscienza e volontà di spendere o mettere altrimenti in circolazione monete, della cui contraffazione o alterazione l'agente viene a conoscenza solo in un secondo momento rispetto alla ricezione. Proprio quest'ultimo aspetto differenzia la fattispecie di cui all'art. 457 rispetto a quella di cui all'art. 455, che richiede la consapevolezza della falsità del denaro al momento della sua ricezione, (Cass. V, n. 40994/2014; Cass. V, n. 30927/2010). La giurisprudenza, inoltre, ha chiarito che anche il solo dubbio sulla falsità è sufficiente ad escludere la buona fede nella ricezione (Cass. V, n. 19465/2010). Consumazione e tentativoConsumazione Cfr. sub art. 453. Tentativo Il tentativo è configurabile. La giurisprudenza ha precisato che la mera detenzione di banconote ricevute in buona fede non integra alcun reato, se non, sussistendone i requisiti, l'ipotesi tentata del delitto di cui all'art. 457 qualora si estrinsechi in atti univoci ed idonei. La mancata accettazione delle monete contraffatte da parte del terzo rappresenta un’ipotesi di tentativo poiché la spendita si caratterizza da una parte, per la dazione, e dall'altra per l'accettazione. (Cass. IV, n. 25500/2007). Forme di manifestazioneCircostanze speciali V. art. 52-quater d.lgs. 24 giugno 1998, n. 213: cfr. sub art. 453. Circostanze comuni Cfr. sub art. 453. Concorso di persone Si ha concorso di persone, ad es., quando dei soggetti ricevono monete false per un pagamento comune e, successivamente, riconosciuta la falsità di esse, d'accordo le spendano per rifarsi del danno. Si discute, invece, sulla qualificazione del caso in cui un agente, che ha ricevuto in buona fede una moneta della cui falsità è vento a sapere in un momento successivo, consegni la stessa ad altri, con l'intenzione di spenderla, dopo aver fatto presente la circostanza della falsificazione, magari convenendosi tra i due di dividere il ricavato. In dottrina (Cincotta, 215) si sono prospettate le seguenti ipotesi: a) riconoscere la responsabilità più lieve ex art. 457 in concorso; b) riconoscere la responsabilità più grave ex art. 455 in concorso; c) applicare al ricettore in buona fede e spenditore morale in mala fede l'art. 457 e allo spenditore materiale che la riceve e la spende in mala fede l'art. 455; d) applicare l'art. 457 a chi ha ricevuto in buona fede che poi concorre con chi le ha spese ex art. 455; La giurisprudenza in merito ha affermato che per la spendita di monete false ricevute in buona fede il legislatore ha previsto un'autonoma ipotesi attenuata di reato che non viene meno nel caso che, invece di spendita diretta, questa si compia a mezzo di altri. Si deve, però, escludere che la suddetta ipotesi sia estensibile al concorrente che si sia prestato alla spendita. Unità o pluralità di reatiCfr. sub art. 453. Rapporti con altri reatiCfr. sub art. 453. Falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate L'elemento differenziale tra le fattispecie incriminatrici degli artt. 453 e 455, da una parte, e dell'art. 457, dall'altra, consiste nel diverso momento in cui l'agente viene a conoscenza della falsità della moneta contraffatta o alterata. Nella prime due ipotesi, la consapevolezza della falsità sussiste all’atto del suo ricevimento; nella seconda, invece, tale cognizione è successiva all’atto del ricevimento delle stesse. Le due norme (art. 453 n. 3 e 457) prevedono presupposti applicativi diversi ed un diverso elemento soggettivo: dolo specifico la prima, dolo generico la seconda(Cass. IV, n. 6132/2017; Cass. V, n. 30927/2010). Spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate L'art. 457 si pone rispetto all'art. 455 in rapporto di specialità per aggiunta. L'elemento differenziante, che si “aggiunge” alla normale ipotesi di spendita o messa in circolazione senza concerto, è la ricezione da parte dell'agente delle monete in buona fede, cioè ignorandone la falsità (Cass. V, 24 aprile 1990). Omessa consegna di monete riconosciute contraffatte Cfr. sub art. 694. Concorso di reatiCfr. sub art. 453. Cause di non punibilitàCfr. sub art. 463. CasisticaLa giurisprudenza si è espressa diversamente in merito al rinvenimento accidentale di banconote false (ad es. per strada): a) in una pronuncia ha affermato che se l'agente si avvede immediatamente della falsità e poi comunque spende il denaro non genuino non si configura l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 457, sia perché il rinvenimento e la contestuale constatazione della falsità esclude in radice la buona fede nella ricezione voluta dalla norma citata, sia perché la sostanziale ratio di tale figura criminosa risiede nella considerazione che il soggetto agisce de damno vitando, sia pure illecitamente e deprecabilmente riversando su altri il danno (Cass. V, 26 gennaio1981); b) in un'altra ha asserito che può ricorrere l'ipotesi di cui all'art. 457 perché non può escludersi «a priori», che chi si appropria di una moneta rinvenuta per terra ritenga che essa sia autentica e che solo dopo la ricezione si avveda della falsità e la spenda (Cass. V, 14 novembre 1980). Profili processualiGli istituti Si tratta di reato procedibile d'ufficio, e di competenza del tribunale in composizione monocratica. Per spendita di monete falsificate ricevute in buona fede: a) l'azione penale deve essere esercitata nelle forme della citazione diretta ai sensi dell'art. 550 c.p.p.; b) non sono consentiti il fermo e l'arresto in flagranza; c) non è consentita l'applicazione la custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. L'interesse ad impugnare Cfr. sub art. 453. BibliografiaCincotta, Spendita di monete falsificate ricevute in buona fede, in Trattato di diritto penale, Parte speciale, Reati contro la fede pubblica, a cura di Ramacci, vol. X, Milano, 2013. V. anche sub art. 453. |