Codice Penale art. 458 - Parificazione delle carte di pubblico credito alle monete.Parificazione delle carte di pubblico credito alle monete. [I]. Agli effetti della legge penale, sono parificate alle monete le carte di pubblico credito [7 n. 3]. [II]. Per carte di pubblico credito s'intendono, oltre quelle che hanno corso legale come moneta, le carte e cedole al portatore emesse dai Governi, e tutte le altre aventi corso legale emesse da istituti a ciò autorizzati [111 reg. c.p.p.] (1). InquadramentoIl comma 1 dell'art. 458 contiene una clausola di equiparazione che parifica agli effetti della legge penale le carte di pubblico credito alle monete, relativamente alle ipotesi delittuose di falso c.d. nummario (artt. 453-457), mentre il secondo individua tre categorie di carte di pubblico credito. Con l'art. 458 il legislatore ha predisposto una protezione più estesa alla fede pubblica nascente dalla circolazione di qualsiasi titolo fiduciario circolante, assicurando, così, il credito al portatore che discende dal titolo (Cadoppi-Canestrari-Manna-Papa, 98). Attraverso l'equiparazione normativa, inoltre, sono state superate le questioni che si ponevano per la differente natura delle due specie di mezzi di pagamento in quanto la carta di pubblico credito è propriamente un documento e attesta un rapporto di credito mentre la moneta è una cosa contrassegnata. La clausola di equiparazioneL'art. 458 comma 1 contiene una clausola di «equiparazione», che accomuna, agli effetti della legge penale, le carte di pubblico credito alle monete (per le monete cfr. sub art. 453). Le carte di pubblico credito che il legislatore ritiene parificabili alla moneta sono quelle aventi corso legale, cioè idonee ad essere accettate senza eccezioni quale mezzo di pagamento per il valore legalmente attribuitole, con efficacia liberatoria. A seguito della parificazione con le monete costituiscono anch'esse l'oggetto materiale dei reati di falso nummario. Le carte di pubblico creditoL'art. 458 comma 2 contiene una norma definitoria che individua tre categorie di carte di pubblico credito ovvero: a) le carte aventi corso legale come monete, cioè la c.d. carta moneta, costituita dalle banconote e dai biglietti di Stato (Fiandaca, Musco, PS, I, 549). Unica banca autorizzata all'emissione dei biglietti di banca è la Banca d'Italia. b) le carte e le cedole al portatore emesse dai governi. Sono carte al portatore i titoli di pubblico credito negoziabili al portatore emessi dal governo italiano o da un altro governo riconosciuto dal nostro Stato, mentre sono cedole le parti del titolo suscettibili, se separate dallo stesso, di circolazione autonoma. Entrambe svolgono la funzione propria delle monete di essere obbligatoriamente accettate in base ad una previsione normativa come mezzo di pagamento se circolanti al portatore e se emesse dal Governo italiano o da un Governo di uno Stato estero. Rientrano in tale categoria anche le cartelle di rendita al portatore, le cartelle di debito pubblico, i buoni del tesoro al portatore (anche se è decorso il termine di rimborso) (Cass. V, 9 marzo 1999) e, le relative cedole, le obbligazioni al portatore (Cristiani, 1994, 69). c) tutte le altre carte aventi corso legale emesse da istituti a ciò autorizzati. Secondo un orientamento dottrinario tale categoria residuale è superflua, poiché, essendo venuta meno con il codice Rocco qualsiasi rilevanza del «corso commerciale» della moneta, non esiste nessuna altra carta di istituti autorizzati che non sia carta-valore (Manzini, 518). L'elencazione contenuta nel secondo comma dell'art. 458 è tassativa. Di conseguenza non rientrano nel genus delle carte di pubblico credito i titoli nominativi (ai quali manca il carattere dell'autonomia che ne consente la libera circolazione al pari della moneta e che richiedono particolari formalità per la loro circolazione per cui la loro falsificazione rientra nell'ambito del falso documentale) (Cass. II, 13 dicembre 1988), i titoli non emessi da un governo (tranne in caso di istituto autorizzato) ma, ad es., da un ente pubblico, e quelli emessi da governi non riconosciuti dallo Stato italiano (Cristiani, 68), i certificati di deposito al portatore emessi da un istituto bancario (Cass. V, n. 19502/2006). La qualificazione “al portatore” del titolo costituisce requisito essenziale che consente la piena equiparazione alla moneta: quest'ultima, infatti, vale e rappresenta di per sé ed in forza di una legge. Un titolo nominativo (ovvero “non al portatore”) ha forza rappresentativa non di per sé, ma in forza del rapporto obbligatorio che è causa del titolo stesso. Corollario della qualificazione dei titoli in esame “al portatore” è la circolabilità senza necessità di formalità per il trasferimento del titolo e la negoziabilità, cioè la possibilità concreta ed effettiva di spenderlo in pagamento (il titolo, pertanto, deve essere “in corso”). È del tutto irrilevante la presenza di limiti alla negoziabilità, quali ad es. la spendibilità solo all'estero del titolo (Manzini, 517). Elemento oggettivoSi ha contraffazione quando si realizza una creazione imitativa illegittima di carte di pubblico credito (cfr. sub art. 453). Si ha contraffazione parziale quando l'attività di creazione illegittima ha come risultato l'imitazione non integrale delle carte di pubblico credito, ma la realizzazione di un loro simulacro (ad es. le imitazioni di banconote a scopo pubblicitario). Se l'attività ha per oggetto i biglietti di banca tali condotte sono sanzionate ai sensi dell'art. 142 r.d. 28 aprile 1910, n. 204, mentre se l'attività ha per oggetto un titolo di debito pubblico sono punite ai sensi dell'art. 82 d.P.R. 14 febbraio 1963, n. 1343. La finalità commerciale e reclamista dell'iniziativa è un elemento irrilevante per la sussistenza del reato (Cass. civ. II, n. 1213/2009). Si ha alterazione quando si determina una modificazione del valore delle carte di pubblico credito (cfr. sub art. 453). Non rientra nell'ambito di applicazione della norma l'alterazione “in meno”, cioè per riduzione del valore rappresentato. In merito si è, infatti, osservato che tale condotta non determinerebbe danno sotto il profilo materiale né alcun pericolo per la sua circolazione (Manzini, 547) perché il falso per alterazione che ne deriverebbe potrebbe ritenersi innocuo. Concorso di reatiTruffa I due reati concorrono materialmente (Cass. II, 14 novembre 1988). CasisticaLa Cassazione ha considerato che le obbligazioni Iri, poiché emesse da un istituto di diritto pubblico a ciò autorizzato, rientrano nella categoria delle carte di pubblico credito ex art. 458 comma 2, in quanto sono titoli al portatore e quindi parificabili alla moneta (Cass. II, 13 dicembre 1988). La giurisprudenza ha precisato che non ricorre il falso nummario quando l'attività di creazione ha ad oggetto monete o carte di pubblico credito non realmente esistenti, né mai esistite nella storia dei rapporti economici, finanziari e commerciali. Di conseguenza si è esclusa la configurabilità della fattispecie di cui all'art. 458 in riferimento a: a) «bonds» apparentemente emessi dalla «U.S. federal reserve» degli Stati uniti d'America e dalla «Federal reserve bank» di Chicago (Cass. V, n. 4261/2012); b) banconote recanti ciascuna il valore di un milione di dollari nella realtà mai stampato (Cass. V, n. 15962/2015). BibliografiaCincotta, Parificazione delle carte di pubblico credito alle monete, in Trattato di diritto penale, Parte speciale, Reati contro la fede pubblica, a cura di Ramacci, vol. X, Milano, 2013. V. anche sub art. 463. |