Codice Penale art. 469 - Contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione.Contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione. [I]. Chiunque, con mezzi diversi dagli strumenti indicati negli articoli precedenti, contraffà le impronte di una pubblica autenticazione o certificazione, ovvero, non essendo concorso [110] nella contraffazione, fa uso della cosa che reca l'impronta contraffatta, soggiace alle pene rispettivamente stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo [1131-bis c. nav.]. competenza: Trib. monocratico arresto: facoltativo fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: consentita (in relazione all'art. 467); non consentita (in relazione all'art. 468) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoLa fattispecie di cui all'art. 469 è un'ipotesi autonoma di reato, e non una circostanza attenuante dell'art. 468, ed ha ad oggetto le sole impronte di pubblica autenticazione e certificazione non, invece, quelle di provenienza (De Martino). Bene giuridicoCfr. supra art. 467. V. anche: Cass. V, n. 7419/2013. SoggettiSoggetto attivo Si tratta di reato comune, che può essere commesso da “chiunque”. Elemento oggettivoOggetto materiale Oggetto materiale del reato è l'impronta in sé considerata e la cosa su cui l'impronta contraffatta è impressa (Catelani, 1989, 126). L'impronta è il contrassegno, mentre il sigillo è lo strumento idoneo ad apporre segni sull'oggetto contrassegnato. Le impronte sono, infatti, i segni (il simbolo, la dicitura recante caratteri alfabetici o numerici, ecc.) apposti da un organo pubblico per attestare la provenienza di un documento (impronte di autenticazione), ovvero l'avvenuto compimento di un atto, le qualità di una cosa ecc. (impronte di certificazione) (Fiandaca, Musco, 2012, I, 561). Per impronta di pubblica autenticazione o certificazione si intende non solo quella proveniente da un ente pubblico, ma anche quella imposta dalla legge su determinati beni al fine di garantire al fruitore la autenticità della provenienza e della correlativa certificazione (Cass. II, n. 4419/2019). Rientrano tra tali impronte, ad esempio, le fascette ed i contrassegni metallici di Stato da applicarsi alle bottiglie contenenti liquori e comprovanti l'avvenuto pagamento della relativa imposta; il contrassegno relativo all'assicurazione obbligatoria (Rca); il contrassegno da applicare sul parabrezza del veicolo comprovante l'avvenuto pagamento della tassa di circolazione; il timbro Siae su musicassette; il numero di matricola sulle armi da sparo e la targa dei veicoli. Non ricadono nell'ambito di applicazione dell'art. 469 le impronte eseguite mediante i comuni mezzi di stampa, quelle che non siano attualmente in uso in Italia o che non abbiano un ufficio di autenticazione e certificazione (Manzini, 633). I “mezzi diversi dagli strumenti indicati negli articoli precedenti” sono sia quelli diversi dagli strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione, sia tutti quei sigilli che a questo fine siano utilizzati (Marini, 676). In merito la giurisprudenza ha chiarito che nell'ipotesi di cui all'art. 468 c.p. l'impronta viene contraffatta direttamente sullo strumento – sigillo, timbro – destinata a riprodurla affinché sia possibile un'agevole riproduzione in serie di essa mediante la semplice apposizione del sigillo sul documento falsificato. Nella fattispecie contemplata dall'art. 469 l'agente utilizza altri mezzi (incisioni, disegni, colorazioni, ritocchi, traslazioni, trasposizioni ecc.) che necessitano, caso per caso, di un'attività particolare di imitazione. Da ciò ne consegue una capacità di danno minore rispetto a quella prevista dall'art. 468 — in quanto diventa impossibile una facile riproduzione in serie dell'impronta contraffatta e tale circostanza ne giustifica il più mite carico sanzionatorio (Cass. V, n. 42621/2009; Cass. V, n. 25004/2001). Condotta La norma prevede due diverse condotte tra loro alternative: a) la contraffazione dell'impronta, ossia del contrassegno; b) l'uso della cosa che reca l'impronta contraffatta ove non vi sia concorso nella contraffazione. La contraffazione (per la nozione cfr. sub art. 468) consiste nella riproduzione, con mezzi diversi dai sigilli e dagli altri strumenti a ciò destinati (ad es. disegnandola), di un'impronta avente il medesimo significato di quella originale: cioè nella rappresentazione di un atto attestante la provenienza di un documento (autenticazione) o l'intervento di determinate attività, o una qualità di una cosa, ecc. (certificazione). Parte della dottrina ritiene che rientrano nella nozione di contraffazione tutte le condotte di alterazione che consistono nella produzione di un'impronta del tutto nuova e diversa, mediante la modifica degli elementi di un'altra impronta preesistente o nel conferimento (apparente) alla stessa della perduta efficacia autenticatrice o certificatrice (Manzini, 635). Altra parte, invece, osserva che l'alterazione non è inclusa nell'ambito di applicazione della norma, pena la violazione del divieto di analogia (Marini, 677). La giurisprudenza aderisce al primo orientamento (Cass. I, 25 gennaio 1979). In dottrina si discute se rientra o meno nel concetto di contraffazione la traslazione di un’impronta già esistente (cioè l’apposizione di un’impronta su un oggetto diverso da quello al quale era stata impressa come, ad es, ad una placca ovvero ad una etichetta nelle quali siano incorporati i contrassegni). Secondo un primo orientamento la creazione di un’apparenza circa lo svolgimento di un’attività documentale costituisce contraffazione anche se realizzata attraverso lo spostamento dell’impronta da una cosa ad un’altra. Un'altra impostazione, invece, distingue la contraffazione, che si sostanzia nella creazione ex novo, per cui non si forma una nuova realtà né si conferisce diversa rilevanza ad un'impronta già esistente, dalla traslazione, che si realizza con lo spostamento del contrassegno (formato da chi era legittimato all'esercizio del potere) da un oggetto all'altro (Manzini, 635). Di conseguenza anche se quest'ultima conferisce al secondo oggetto una qualità che altrimenti non avrebbe avuto, non si può ritenere configurata la contraffazione, ma la condotta potrà integrare la frode in commercio o la truffa. La giurisprudenza aderisce al primo orientamento e ritiene che è punita ai sensi dell'art. 469 anche la traslazione di una impronta genuina su di un documento che ne è privo perché tale operazione costituisce un mezzo idoneo alla realizzazione di quella immutatio veri che la legge intende reprimere (Cass. V, 16 gennaio 1990). È indifferente il mezzo con il quale avviene la contraffazione, purché non consista nell'uso di un sigillo o di altro strumento di autenticazione o di certificazione contraffatto, sanzionato dagli art. 467 e 468. Nel caso dell'uso (per la nozione cfr. sub art. 468) la condotta penalmente rilevante è quella che consente all'impronta apposta sulla cosa di autenticare o certificare ingannevolmente (Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa, 188). L’uso, inoltre, deve essere conforme a quello per il quale è prevista la pubblica certificazione o autenticazione. L’art. 469, poi, si riferisce testualmente alla “cosa” perché l’impronta per essere impressa ha bisogno di un supporto materiale: l’uso della cosa sulla quale è posto il contrassegno equivale alla “spendita” degli effetti prodotti dall’impronta, che non necessariamente consiste nella circolazione delle cose che rechino le impronte in oggetto contraffatte. Il falso grossolano L'imitazione dell'impronta, per assumere rilevanza, deve essere idonea a trarre in inganno un numero indeterminato di persone, ossia, deve creare quell'affidamento circa la corrispondenza al reale dell'apparenza giuridica formata. Elemento psicologicoIl dolo Il reato è punito a titolo di dolo generico (Catelani, 1989, 131) e rileva anche la forma del dolo eventuale. In merito alla condotta di uso è, inoltre, necessario che il soggetto abbia consapevolezza che la cosa di cui intende fare uso rechi un'impronta contraffatta. Non è richiesto che il soggetto nel fare uso della cosa persegua la finalità di arrecare ad altri un danno (Cass. V, n. 42259/2004, secondo la quale è irrilevante lo scopo ultimo perseguito dall'agente). Il dolo, pertanto, dovrà consistere nella rappresentazione della contraffazione pregressa del contrassegno e nella volontà di fare un uso conforme alla destinazione della cosa introducendola nel traffico giuridico Consumazione e tentativoConsumazione Se è stata posta in essere una condotta di contraffazione il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui il soggetto realizza un'impronta idonea a indurre in errore un numero indeterminato di persone, mentre se è stata realizzata quella di uso nel momento in cui si utilizza per la prima volta la cosa. Tentativo La dottrina ammette il tentativo in relazione alla condotta di contraffazione, mentre in riferimento a quella di uso un orientamento minoritario ritiene che non sia configurabile perché quest’ultima, consumandosi con il primo atto di utilizzazione della cosa, non sarebbe frazionabile. Forme di manifestazioneCircostanze Cfr. sub art. 468. Unità o pluralità di reatiL'uso da parte dell'autore della contraffazione, o di chi è concorso nella stessa, è assorbito nella contraffazione (c.d. reato progressivo) (Manzini, 625). Rapporti con altri reatiContraffazione di altri pubblici sigilli (art. 468) Nella fattispecie di cui all’art. 468 l’impronta del sigillo viene apposta mediante strumento idoneo, destinato ad una facile duplicazione della stessa e utilizzabile per la riproduzione di un numero indefinito di impronte contraffatte, operazione realizzabile mediante la semplice apposizione del sigillo sul documento falsificato. La fattispecie di cui all'art. 469 postula che, per la creazione delle dette impronte, siano adottati altri mezzi (incisioni, disegni, correzione mediante mezzi di scrittura ecc.) tali da richiedere, di volta in volta, un'applicazione particolare e non una semplice riproduzione mediante l'uso meccanico di un unico strumento precedentemente predisposto (Cass. V, n. 42621/2009; Cass. V, n. 25004/2001). Inoltre nell'art. 468 la condotta di uso ha ad oggetto lo strumento contraffatto, mentre nell'art. 469 l'uso ha ad oggetto la cosa (Catelani, 1989, 131; Nappi, 1989, 2) sulla quale è impressa l'impronta contraffatta (il c.d. contrassegno). Uso o detenzione di misure o pesi con falsa impronta Cfr. subart. 472. Abusiva riproduzione di prodotti fonografici Non sussiste rapporto di specialità tra il reato di cui all'art. 469 e quello di cui all'art. 1 l. 29 luglio 1981 n. 406 perché sono differenti sia i beni tutelati che la condotta: nel primo caso, la condotta è costituita dalla contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione e la tutela concerne la fiducia attribuita ai mezzi simbolici di tale autenticazione; nel secondo caso, la condotta è costituita dalla riproduzione non consentita e con qualsiasi mezzo di prodotti fonografici e, la tutela concerne il diritto di autore (Cass. V, n. 9475/1998). Concorso di reatiDelitti di falso documentale Anche per la contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione (cfr. sub art 468) è ammesso il concorso con i reati di falsità in atti, quando gli strumenti di certezza contraffatti accedano a un documento falso. La contraffazione delle impronte di pubblica autenticazione o certificazione costituisce, infatti, una modalità meramente eventuale della falsificazione degli atti (Papa, 93; Cass. IV, n. 27973/2008; Cass. V, n. 7553/1999). Nello specifico la giurisprudenza ha affermato che il reato di falsità materiale in atti pubblici concorre con quello di cui all'art. 469 perché le due fattispecie tutelano un diverso bene giuridico, che, per la prima, deve essere individuato nella fede pubblica documentale e, per la seconda, nella fiducia attribuita ai mezzi simbolici di autenticazione pubblica (Cass. V, n. 39462/2018; Cass. V, n. 7419/2013). La dottrina ha specificato che il reato previsto dall'art. 469 non concorre, però, con i reati di falsità in atti quando il contrassegno sia elemento essenziale del documento, se la sua contraffazione risulti indispensabile ai fini della falsificazione del documento (Nappi, 1999, 207; Cass. V, n. 1702/2013 dove la contraffazione di un permesso per invalidi era stata realizzata attraverso la fotocopia di altro documento nella parte che ne includeva il contrassegno; Cass. V, n. 39452/2006; Cass. V, n. 42649/2004). Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative Cfr. sub art. 477. Possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi Cfr. sub art. 497-bis. Casistica
Oggetto materiale L'oggetto materiale della condotta di cui all'art. 469 può consistere: a) in una fotocopia falsamente formata (Cass V, n. 39630/2010); b) nel biglietto di una partita di calcio con il sigillo fiscale contraffatto (Cass. V, n. 24276/2015). Condotta Integra il delitto di cui all'art. 469: a) la riproduzione, mediante un programma informatico, dell'impronta dell'ufficio postale su una falsa ricevuta attestante l'avvenuto pagamento relativo ad una imposizione tributaria (Cass. V, n. 6352/2014); b) la contraffazione dello stemma della Repubblica Italiana sui moduli delle carte di identità (Cass. V, 15 febbraio 1990); c) l'uso di sigillo contraffatto riproducente la dicitura “regolare revisione” apposta sulle carte di circolazione di determinati automezzi (Cass. V, n. 42621/2009); d) l'apposizione sulla fotocopia falsamente formata — relativa ad una domanda di finanziamento al competente ufficio della regione Lazio — delle impronte dell'Ente contraffatte (Cass. V, n. 39630/2010); e) la falsificazione di certificazione relativa ad un atto di compravendita sul quale erano stati apposti un sigillo notarile contraffatto e una sigla apocrifa del notaio (Cass. V, n. 7419/2013); f) l'uso di numerosi lingotti solo apparentemente d'oro (ed in realtà di metallo), recanti un'impronta contraffatta che indicava falsamente la provenienza da una ditta autorizzata alla produzione, lavorazione e commercializzazione di metalli preziosi (Cass. V, n. 2708/2005). Profili processualiGli istituti Si tratta di reato procedibile d’ufficio e di competenza del tribunale in composizione monocratica. Per la contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione: a) l'azione penale deve essere esercitata nelle forme della citazione diretta ai sensi dell'art. 550 c.p.p.; b) non è consentito il fermo e l'arresto in flagranza è facoltativo; c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere in relazione alla fattispecie di cui all'art. 467 mentre non è consentita in riferimento a quella di cui all'art. 468 ed è consentita l'applicazione delle altre misure cautelari personali. Non sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza qualora l'imputato, condannato in primo grado per il delitto di cui all'art. 468, sia successivamente condannato in secondo grado per quello di cui all'art. 469 (Cass. V, n. 43436/2008; Cass. V, n. 6475/2006; diff. Cass. V, n. 25004/2001). L’interesse ad impugnare Cfr. sub art. 467. BibliografiaDe Martino, Contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione, in Trattato di diritto penale, Parte speciale, Reati contro la fede pubblica, vol. X, Milano, 2013; v. anche sub art. 467. |