Codice Penale art. 485 - [Falsità in scrittura privata] (1).[Falsità in scrittura privata] (1). (1) Articolo abrogato dall'art. 1 d.lg. 15 gennaio 2016, n. 7. Il testo recitava: «[I]. Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o altera una scrittura privata vera, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni. [II]. Si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura vera, dopo che questa fu definitivamente formata». Per la sanzione pecuniaria civile, v. ora l’art. 4, commi 4, 5 e 6, d.lg. n. 7, cit. Riguardo la responsabilità civile per gli illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie, v. art. 3 d.lg. n. 7, cit., nonché per i criteri di commisurazione della sanzione e le modalità di pagamento, v. artt. 5-11 d.lg. n. 7, cit. V. inoltre la disciplina transitoria di cui all'art. 12 d.lg. n. 7, cit. InquadramentoIl delitto di falsità in scrittura privata è stato abrogato dall'art. 1 del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, recante «Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma dell'art. 2 comma 3 l. 28 aprile 2014, n. 67» (Cass. II, n. 4951/2017). L'art. 485 puniva la condotta del soggetto che, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, formava, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa o alterava una scrittura privata vera. Contemporaneamente all'eliminazione del reato dal codice penale, l'art. 4 comma 4 lett. a) del d.lgs. n. 7/2016 ha previsto che realizza un illecito civile punito con una sanzione pecuniaria civile da euro duecento a euro dodicimila chi, facendo uso o lasciando che altri faccia uso di una scrittura privata da lui falsamente formata o da lui alterata, arreca ad altri un danno. Si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura vera, dopo che questa fu definitivamente formata. L'abrogazione del reato di falsità in scrittura privataIl d.lgs. n. 7/2016, insieme al d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, attua l'art. 2 della l. 28 aprile 2014, n. 67, che ha delegato il governo ad un ampio intervento di depenalizzazione e abrogazione di numerose fattispecie di reato. Nello specifico la delega prevedeva l'abrogazione dei delitti in materia di falsità in atti (Della falsità in atti) “limitatamente alle condotte private, ad esclusione delle fattispecie previste all'articolo 491”. Tale inciso è stato interpretato nel senso dell'irrilevanza penale delle condotte di falsità aventi ad oggetto scritture private, fatta eccezione per quei documenti che, ante riforma, erano equiparati agli atti pubblici agli effetti della pena, ossia il testamento olografo, la cambiale o altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore . Il d.lgs. n. 7/2016 ha, inoltre, contemporaneamente disposto la trasformazione dei reati abrogati in illeciti civili sottoposti a sanzioni pecuniarie. L'art. 4 comma 4 lett. a) del d.lgs. n. 7/2016 dispone che realizza un illecito civile punito con una sanzione pecuniaria civile da euro duecento a euro dodicimila chi, facendo uso o lasciando che altri faccia uso di una scrittura privata da lui falsamente formata o da lui alterata, arreca ad altri un danno. Il fatto descritto se doloso, obbliga, oltre che alle restituzioni e al risarcimento del danno secondo le leggi civili, anche al pagamento della sanzione pecuniaria civile (per la nozione di documento informatico cfr. sub art. 491 bis). Ai sensi del d.lgs. n. 7/2016, infatti, il giudice civile, in sede di esercizio dell'azione di risarcimento del danno, irroga d'ufficio la sanzione pecuniaria civile, devolvendola alla Cassa delle ammende, senza che per essa sia necessaria alcuna ulteriore attività istruttoria. Rispetto alla previgente formulazione è scomparso il riferimento alla finalità “di arrecare a sé o ad altri un vantaggio”: nella relazione illustrativa l'eliminazione è giustificata in considerazione della stretta connessione con l'azione di risarcimento del danno. Non è possibile, infatti, applicare una sanzione pecuniaria nelle ipotesi in cui il fatto sia stato commesso al fine di profitto, ma senza arrecare danno: in questo caso difetta il presupposto principale (il danno) che consente di promuovere l'azione (che come si vedrà è l'azione di risarcimento danni) e, dunque, di adire l'autorità competente ad irrogarla. SoggettiSoggetto attivo Soggetto attivo può essere chiunque, compreso, il pubblico ufficiale incompetente o incapace o che comunque svolga attività documentale senza l'osservanza delle formalità prescritte. Elemento oggettivoOggetto materiale Oggetto materiale dell'illecito sono le scritture private. La nozione non è espressamente definita né dal codice civile né da quello penale. Si ricava, in negativo, dal concetto di “atto pubblico”: per “scrittura privata” deve intendersi qualsiasi documento formato da un privato, o redatto da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio fuori dall'esercizio delle sue funzioni o attribuzioni, capace di conservare, attraverso segni grafici di qualunque genere, una dichiarazione di volontà o di scienza avente rilevanza giuridica. Tale dichiarazione, per essere attribuibile al soggetto che l'ha espressa, deve essere da lui sottoscritta. Ai sensi dell'art. 2701 c.c. è considerato, inoltre, scrittura privata, se sottoscritto dalle parti, il documento formato dal pubblico ufficiale incompetente o incapace ovvero senza l'osservanza delle prescritte formalità. L'art. 4 comma 6 d.lgs. n. 7/2016 stabilisce che sono espressamente ricompresi nella nozione di scrittura privata gli atti originali e le copie autentiche di essi, quando a norma di legge tengono luogo degli originali mancanti e l'art. 4 comma 5 chiarisce che le falsità possono avere ad oggetto anche documenti informatici privati aventi efficacia probatoria (assoggettati ad un aggravamento della pena ai sensi dell'art. 491). Antecedentemente all'abrogazione del reato la giurisprudenza ha affermato che la nozione “penalistica” di scrittura privata aveva un contenuto più ampio di quello previsto dalla legge civile perché non si restringe a quegli atti che contengono dichiarazioni o manifestazioni di volontà idonee a produrre la nascita, la modificazione o l'estinzione di un diritto soggettivo, ma ricomprende anche tutte le scritture formate da un privato che si riferiscono a situazioni dalle quali possono derivare effetti giuridicamente rilevanti, vantaggiosi o dannosi per un determinato soggetto (Cass. V, n. 29172/2016; Cass. V, n. 7703/2014; Cass. VI, n. 42578/2009). Costituiscono scritture private i buoni postali fruttiferi, in quanto non sono titoli di credito trasmissibili per girata, ma meri titoli di legittimazione (Cass. II, n. 20437/2018; Cass. S.U., n. 13979/2007).Rientra nella fattispecie descritta dall'art. 485 anche la falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità (Cass. II, n. 29567/2019). Tale clausola, infatti, immobilizzando il titolo nelle mani del prenditore, ne esclude la trasmissibilità per girata (la “girata” ad un banchiere per l'incasso apposta al predetto assegno ha, infatti, natura di mandato a riscuotere ed è priva di effetti traslativi del diritto inerente al titolo). Di conseguenza l'apposizione della clausola di non trasferibilità fa venir meno il maggior pericolo di falsificazione insito nel regime di circolazione dei titoli trasmissibili in proprietà mediante girata (Cass. S.U., n. 40256/2018). Condotta La condotta consiste nel far uso o nel lasciare che altri faccia uso di una scrittura privata da lui falsamente formata o da lui alterata. Per le nozioni di contraffazione e di alterazione cfr. sub art. 476. L'art. 4 comma 4 d.lgs. n. 7/2016 chiarisce, analogamente alla previgente formulazione del reato abrogato, che si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura vera, dopo che questa fu definitivamente formata. L'uso o il lasciare che altri faccio uso comporta che ai fini della realizzazione dell'illecito l'atto privato fuoriesca dalla disponibilità del singolo. La condotta, infatti, incide su documenti privati, indipendentemente dalla efficacia probatoria che l'ordinamento ricollega ad essi con maggiore o minore intensità. Di conseguenza il fatto presenterà concrete capacità offensive solo quando alla falsificazione dell'atto faccia seguito la sua effettiva immissione nel traffico giuridico. Elemento psicologicoIl dolo L'art. 3 del d.lgs. n. 7/2016 stabilisce una regola “generale”: l'illecito civile è integrato solo se doloso. Nello specifico il dolo deve consistere non solo nella coscienza e nella volontà della falsificazione, nonché nel successivo uso del documento, ma anche nella consapevolezza che l'intera attività criminosa è tesa ad arrecare un danno. Consumazione e tentativoConsumazione L'illecito si consuma nel momento in cui l'agente fa uso, per la prima volta, del documento falsificato, cioè quando essa esce dalla sfera di disponibilità dell'agente, producendo i suoi effetti giuridici nei confronti dei terzi (Cass. V, n. 5338/2014). Tentativo In merito all'ammissibilità del tentativo sussistono orientamenti contrastanti: secondo parte della giurisprudenza non è configurabile (Cass. V, 10 gennaio 1980); per altra parte lo è quando la condotta si interrompe prima dell'uso del documento falso, ma l'iter criminoso già compiuto da la possibilità di ricavare la presenza di atti idonei diretti univocamente alla commissione del reato (Cass. V, n. 33305/2015). Forme di manifestazioneConcorso di persone L'art. 7 del d.lgs. n. 7/2016 prevede espressamente che ogni concorrente soggiace alla sanzione pecuniaria civile stabilita per il fatto commesso. Reiterazione dell'illecitoL'art. 6 d.lgs. n. 7/2016 stabilisce che si ha reiterazione quando si compie un illecito della stessa indole accertato con provvedimento esecutivo nel termine di quattro anni dalla commissione di altra violazione sottoposta a sanzione pecuniaria civile. Trattamento sanzionatorioL'accertamento da parte del giudice civile dell'illecito descritto dall'art. 4 comma 4 lett. a) del d.lgs. n. 7/2016 obbliga alle restituzioni e al risarcimento del danno secondo le norme del codice civile e al pagamento della sanzione pecuniaria civile. Quest'ultima, infatti, è applicata dal giudice civile competente per l'azione di risarcimento del danno al termine del giudizio, qualora egli accolga la domanda di risarcimento, ed è determinata in forza dei criteri di commisurazione indicati all'art. 5 d.lgs. n. 7/2016 (gravità della violazione, reiterazione dell'illecito, arricchimento del soggetto responsabile, opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze dell'illecito, personalità dell'agente, condizioni economiche dell'agente). L'art. 4 comma 4 del d.lgs. n. 7/2016 indica l'importo minimo e massimo (da un minimo di euro duecento ad un massimo di euro dodicimila). In considerazione dell'interesse protetto sono stati individuati valori più elevati rispetto all'altro ambito di illeciti civili. La somma versata in pagamento della sanzione è devoluta alla Cassa delle ammende. L'art. 9 d.lgs. n. 7/2016 regola le modalità di pagamento: il giudice può disporre, in relazione alle condizioni economiche del condannato, una rateizzazione, ma se il termine fissato per il pagamento decorre inutilmente, anche per una sola rata, l'ammontare residuo della sanzione è dovuto in un'unica soluzione. Il condannato può estinguere la sanzione civile pecuniaria in ogni momento, anche in un'unica soluzione. Per il suo pagamento non è ammessa alcuna forma di copertura assicurativa e l'obbligo di pagare la sanzione pecuniaria civile non si trasmette agli eredi. Disciplina transitoriaIn merito alla disciplina transitoria, l'art. 12 d.lgs. n. 7/2016 stabilisce che le disposizioni relative alle sanzioni pecuniarie civili si applichino anche ai fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto, salvo che il procedimento sia stato definito con sentenza o decreto irrevocabili. In quest'ultimo caso, il giudice dell'esecuzione, nelle forme di cui all'art. 667 comma 4 c.p.p., deve revocare la sentenza o il decreto, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato. Profili processualiIl procedimento è regolato dalle norme del codice di procedura civile, in quanto compatibili con le disposizioni del d.lgs. n. 7/2016. L'autorità competente a decidere è il giudice civile che può essere adito solo su impulso di parte, ossia su impulso della persona offesa, attraverso l'azione di risarcimento del danno. Ai fini dell'applicazione della sanzione pecuniaria civile si osservano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili. La pretesa relativa all'inflizione della sanzione pecuniaria si prescrive in cinque anni, stante l'espresso richiamo, contenuto all'art. 3 comma 2 d.lgs. n. 7/2016, alla disposizione di cui all'art. 2947 comma 1 c.c. Recentemente è stata rimessa alle sezioni unite la questione concernente la possibilità per il giudice dell'impugnazione, in caso di condanna pronunciata per un reato successivamente abrogato e configurato quale illecito civile, di decidere, contestualmente alla dichiarazione che il fatto non è più previsto come reato, sull'impugnazione ai soli effetti civili ovvero se debba revocare le statuizioni civili (Cass. II, n. 26092/2016; Cass. V, n. 7125/2016). Le Sezioni unite hanno affermato che: 1) in caso di condanna o decreto irrevocabili, relativi ad un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile, il giudice dell'esecuzione revoca il provvedimento perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, lasciando ferme le disposizioni e i capi che concernono gli interessi civili, atteso che il venir meno della condanna non può incidere sulla cristallizzazione del giudicato riguardo ai capi civili della sentenza; 2) è inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile, ai soli effetti civili, avverso una sentenza di assoluzione per un reato abrogato e qualificato come illecito civile dal d.lgs. n. 7/2016, atteso che, in assenza di efficacia vincolante del giudicato penale di assoluzione nel giudizio civile, non è ravvisabile un interesse della parte civile alla impugnazione finalizzata ad impedirne l'operatività; 3) il giudice dell' impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili, fermo restando il diritto della parte civile di agire ex novo nella sede naturale, per il risarcimento del danno e l'eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile (Cass. S.U., n. 46688/2016). BibliografiaBorgogno, Falsità in scrittura privata, in Trattato di diritto penale, Parte speciale, Reati contro la fede pubblica, a cura di Ramacci, vol. X, Milano, 2013; Palazzo, La depenalizzazione nel quadro delle recenti riforme sanzionatorie, in Dir. pen. e proc., 2016, 3. Cfr. sub art. 476. |