Codice Penale art. 487 - Falsità in foglio firmato in bianco. Atto pubblico.

Francesca Romana Fulvi

Falsità in foglio firmato in bianco. Atto pubblico.

[I]. Il pubblico ufficiale [357], che, abusando di un foglio firmato in bianco [486, 488], del quale abbia il possesso per ragione del suo ufficio e per un titolo che importa l'obbligo o la facoltà di riempirlo, vi scrive o vi fa scrivere un atto pubblico [2699 c.c.] diverso da quello a cui era obbligato o autorizzato, soggiace alle pene rispettivamente stabilite negli articoli 479 e 480 [491, 493].

Inquadramento

Il delitto di cui all'art. 487 è un reato proprio e l'esito della condotta criminosa consiste nella formazione di un atto pubblico (ovvero di un certificato o autorizzazione amministrativa, in virtù dell'espresso richiamo all'art. 480). Secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti il delitto costituisce un'ipotesi di falsità ideologica (Nappi, 1989, 11; Ramacci, 1966, 138; Cass. V, 13 febbraio 1979). Per un altro orientamento, la fattispecie non descriverebbe un'ipotesi di falsità, né ideologica né materiale.

L'abusivo riempimento di un assegno bancario o di una cambiale è punito ex art. 4 comma 4 lett. b) del d.lgs. n. 7/2016 perché la loro equiparazione "quoad poenam" agli atti pubblici è stabilita limitatamente alle falsità materiali, come risulta dal fatto che l'art. 491 fa richiamo all'art. 476e non anche all'art. 487 che prevede, appunto, un'ipotesi, sia pure peculiare, di falsità ideologica con riferimento all'atto pubblico.

Bene giuridico

La collocazione tra i reati posti a tutela della fede pubblica è stata criticata perché il delitto di cui all'art. 487 si caratterizza per delle peculiarità che non consentono un piano accostamento della fattispecie al sistema delle falsità documentali. Secondo un orientamento dottrinario, infatti, la falsità in foglio firmato in bianco costituisce un episodio di frode, il cui disvalore, più direttamente ed immediatamente percepibile, sta nella lesione, o nella violazione, della fiducia che il sottoscrittore del documento ha riposto nell'agente attraverso il mandato ad scribendum (Antolisei, 1958, 184). In particolare è proprio la qualifica pubblicistica dell'autore ad accentuare il profilo della violazione della «fiducia», connessa all'ufficio svolto, rispetto a quello relativo all'offesa del bene della fede pubblica.

Un'altra parte della dottrina condivide la classificazione operata con il codice vigente e ritiene che lo specifico disvalore del delitto deve essere individuato nella difformità dell'atto al titolo che ne predispone il contenuto (Ramacci, 1966, 138), per cui si tratta di falsità documentale ordinata a tutelare, in via più generale, la specifica funzione probatoria del documento.

Soggetti

Soggetto attivo

La falsità in foglio firmato in bianco è un reato proprio, che può essere commesso solo dal pubblico ufficiale e, in virtù dell'estensione operata dall'art. 493, dell'impiegato pubblico incaricato di un pubblico servizio (Catelani, 311). È esclusa, inoltre, l'applicabilità dell'art. 482.

Soggetto passivo

Cfr. sub art. 476.

Elemento oggettivo

Oggetto materiale

Il mezzo esecutivo con cui si concreta il delitto si identifica con l'atto pubblico.

La nozione di atto pubblico alla quale fa riferimento l'art. 487 deve essere intesa in senso ampio, ricomprensiva anche dei certificati e delle autorizzazioni amministrative (con la relativa diminuzione di pena) (Catelani, 314). Ciò si deduce dall'esplicito richiamo operato dall'art. 487 agli artt. 479 e 480. Diversamente da queste ultime ipotesi di falsità ideologiche non rileva che si tratti di un atto destinato a provare la verità dei fatti in esso attestati, o di un atto non precostituito ai fini probatori, o di un atto di manifestazione di volontà della pubblica amministrazione (Ramacci, 1966, 31).

La dottrina, inoltre, ritiene che oggetto materiale dell'art. 487 possano essere anche gli atti pubblici facenti fede fino a querela di falso, con il conseguente aggravamento di pena in considerazione del rinvio operato dall'art. 487 alle pene stabilite dall'art. 479, che a sua volta rinvia quoad poenam all'art. 476. Secondo un orientamento dottrinario l'ambito di applicazione della norma si estende fino a ricomprendere tra gli oggetti materiali anche le carte di pubblico credito (De Flammineis, 434).

Infine, diversamente dall'abrogato art. 486, la norma non richiede espressamente che l'atto sia produttivo di effetti giuridici, perché uno scritto non può avere qualità di atto pubblico se non è suscettivo di produrre effetti di diritto.

Presupposti della condotta

La fattispecie descritta dall'art. 487 replica la struttura del fatto tipico che era previsto dall'abrogato art. 486, discostandosene sia dal punto di vista dell'elemento oggettivo che di quello soggettivo.

Per la definizione e approfondimenti sul firmato in bianco cfr. sub art. 486

È necessario che il soggetto attivo possieda il biancosegno per ragione del suo ufficio (o servizio). Il possesso deve essere inteso in senso stretto, con esclusione, quindi, della mera detenzione, essendo, invece, necessario che l'agente abbia del documento la disponibilità materiale “vivificata dall'animus possidendi” (Catelani, 1989, 311). Dalla formulazione della norma, infatti, si deduce che non occorre la detenzione materiale del foglio da parte del pubblico ufficiale, perché egli può far eseguire il riempimento anche da altri. Il possesso, però, deve essere giustificato dalla funzione pubblica svolta dal soggetto attivo poiché se, al contrario, l'agente riempisse arbitrariamente il foglio, agirebbe come un privato qualunque, e, quindi, commetterebbe falsità materiale in atto pubblico, a norma dell'art. 488 (Nappi, 1999, 179).

L'espressione “ragione di ufficio'', pertanto, deve essere intesa nel senso che la disponibilità del documento in bianco deve trarre origine e occasione dalla funzione pubblica esercitata dal soggetto (Antolisei, 141).

L'agente, inoltre, deve essere giustificato al riempimento da un titolo, legale o negoziale, che sia fonte di un obbligo o di una facoltà. L'obbligo (che può derivare da una norma giuridica o da un negozio giuridico) o la facoltà di riempire il foglio possono essere espliciti o impliciti, condizionati o incondizionati (Nappi, 1989, 9). Secondo la dottrina anche tale titolo deve trovare giustificazione nella funzione pubblica esercitata.

In ogni caso, sia per la qualificazione del possesso che per la giustificazione del titolo, la ragione d'ufficio deve essere stabilita tenendo presente le norme di organizzazione delle singole amministrazioni, o anche la prassi amministrativa non contraria alle norme stesse. Si prescinde, comunque, dalla competenza funzionale specifica.

Condotta

La condotta consiste:

a) nello scrivere un atto pubblico diverso da quello per il quale vi era l'obbligo o l'autorizzazione;

b) nel far scrivere un atto pubblico diverso da quello per il quale vi era l'obbligo o l'autorizzazione.

Pertanto, non è necessario che il soggetto attivo rediga personalmente l'atto, sussistendo il delitto anche quando limiti la sua condotta ad una attività omissiva (anche fuori dall'ipotesi di cui al capoverso dell'art. 40), consentendo che altri provveda al riempimento dell'atto. Ciò che rileva è che il riempimento del foglio in bianco avvenga in difformità rispetto agli obblighi e alle autorizzazioni previste dal titolo (Antolisei, 1958, 186).

L'abuso cui fa riferimento la norma, quindi, si riferisce esclusivamente alla violazione dei limiti e delle condizioni inerenti all'obbligo o alla facoltà di riempimento. Il concetto di abuso, tra l'altro, implicitamente richiama l'idea dell'illegittimità del fatto, per cui il reato deve essere escluso nel caso in cui vi sia stato un legittimo accordo tra le parti (Antolisei, 2008, 141). La diversità dell'atto pubblico effettivamente scritto rispetto a quello dovuto o consentito deve essere giuridicamente rilevante: deve, cioè, comportare una diversità di possibili effetti giuridici (Nappi, 1989, 12). Ai fini della realizzazione della condotta criminosa, non è necessario che sia anche fatto uso del documento falso, conformemente alle altre ipotesi di falsità in atti pubblici.

Elemento psicologico

Il dolo

Il reato è punito a titolo di dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di riempire l'atto, integrata dalla consapevolezza dell'agente di abusare dell'obbligo o della facoltà di riempimento, inserendo nel documento pubblico contenuti diversi da quelli cui il soggetto attivo era tenuto ovvero autorizzato (Catelani, 1989, 315).

Consumazione e tentativo

Consumazione

Il reato si consuma nel momento e nel luogo del riempimento del biancosegno perché la fattispecie si perfeziona con la mera redazione dell'atto.

Ai fini della consumazione di tale reato di pericolo non occorre l'uso giuridico del documento illegittimamente riempito, trattandosi di falsità in atti pubblici (Catelani, 1989, 314). La dottrina ritiene, inoltre, il delitto istantaneo e non permanente.

Tentativo

La configurabilità del tentativo è controversa: parte della dottrina la ammette, altra parte è di avviso contrario in quanto o la scritturazione è eseguita ed è sufficiente a completare falsamente un atto pubblico e allora il delitto è consumato oppure non lo è, e allora il fatto è privo di rilevanza giuridica.

Forme di manifestazione

Circostanze speciali

La dottrina ritiene applicabile l'aggravante di cui al capoverso dell'art. 476 al delitto di cui all'art. 487, in virtù del rinvio contenuto nella disposizione all'art. 479.

La giurisprudenza ha affermato che l'aggravante di cui all'art. 491 può essere applicabile solo all'abuso punito a titolo di falsità materiale ex art. 488 e non alla falsità ideologica riconducibile all'art. 487, poiché l'equiparazione agli atti pubblici dei testamenti olografi, delle cambiali, o degli altri titoli di credito trasmissibili per girata o al portatore, è disposta solo quoad poenam e solo per le falsità materiali (Cass. V, 13 febbraio 1979).

Circostanze comuni

Per l'applicabilità delle aggravanti e attenuanti comuni cfr. sub art. 476.

Concorso di persone

Concorre con il soggetto attivo anche una persona diversa, di solito estranea al pubblico ufficio o servizio, alla quale il pubblico ufficiale o il pubblico impiegato fa scrivere l'atto abusivo. In questa ipotesi si applica l'art. 117.

Se tale persona ha agito dolosamente risponderà a norma dell'art. 487 anche se non possiede la qualità pubblicistica, poiché la falsità in foglio firmato in bianco, investendo un atto pubblico, si consuma con l'editio falsi, senza che sia richiesto l'uso del documento. Per concorrere nel delitto di falsità è sufficiente che si sia presa parte, all'esecuzione della falsità medesima.

Tuttavia, il firmatario del foglio deve sempre rivestire la qualifica pubblica, dovendo il foglio essere, comunque, riempito con una scrittura avente carattere di atto pubblico.

Rapporti con altri reati

È ragionevole presumere, analogamente a quanto rilevato in riferimento al reato abrogato di cui all'art. 486, che ricorrerà l'illecito civile di cui all'art. 4 comma 4 d.lgs. n. 7/2016, e non il delitto di cui all'art. 487, qualora il possesso sia stato conseguito dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato incaricato del pubblico servizio al di fuori dall'esercizio delle proprie funzioni o attribuzioni, e sia fondato su un rapporto diverso da quello inerente all'ufficio cui il pubblico ufficiale appartiene.

Altre falsità in foglio firmato in bianco. Applicabilità delle disposizioni sulle falsità materiali

Cfr. sub art. 488.

Profili processuali

Cfr. sub artt. 479 e 480.

Bibliografia

Antolisei, Abuso di foglio firmato in bianco, in Enc. dir., Milano, 1958, I, 186; De Flammineis, Falsità in foglio firmato in bianco. Atto pubblico, in Trattato di diritto penale, Parte speciale, Reati contro la fede pubblica, a cura di Ramacci, vol. X, Milano, 2013. V. anche sub art. 476.

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