Codice Penale art. 490 - Soppressione, distruzione e occultamento di atti veri.

Francesca Romana Fulvi

Soppressione, distruzione e occultamento di atti veri.

[I]. Chiunque, in tutto o in parte, distrugge, sopprime od occulta un atto pubblico vero o, al fine di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, distrugge, sopprime od occulta un testamento olografo, una cambiale o un altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore veri, soggiace rispettivamente alle pene stabilite negli articoli 476, 477 e 482, secondo le distinzioni in essi contenute12.

 

 

[1] Comma sostituito dall'art. 2 d.lg. 15 gennaio 2016, n. 7. Il testo recitava: «Chiunque, in tutto o in parte, distrugge, sopprime od occulta un atto pubblico o una scrittura privata veri soggiace rispettivamente alle pene stabilite negli articoli 476, 477, 482 e 485, secondo le distinzioni in essi contenute».

[2] Seguiva un comma abrogato dall'art. 2, comma 1, lett. c), n. 2), d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7. Il testo del comma era il seguente: « Si applica la disposizione del capoverso dell'articolo precedente » . V. sub art. 485 .

Inquadramento

La norma è stata modificata dal d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7 (recante «Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma dell'art. 2 comma 3 l. 28 aprile 2014, n. 67») a seguito dell'abrogazione dell'art. 485 e della conseguente necessità di eliminare il riferimento alle scritture private nella sua previsione. Il d.lgs. n. 7/2016 ha, inoltre, eliminato il secondo comma e contemporaneamente ha previsto che realizza un illecito civile punito con una sanzione pecuniaria civile da euro duecento a euro dodicimila chi, distruggendo, sopprimendo od occultando in tutto o in parte una scrittura privata vera arreca ad altri un danno.

Secondo la dottrina la collocazione dell'art. 490, dopo le fattispecie delle falsità ideologiche e materiali, induce a ritenere che il legislatore con tale delitto abbia voluto predisporre una norma di chiusura e di rafforzamento a tutela della fede pubblica: la distruzione, la soppressione e l'occultamento (in tutto o in parte) dell'atto vero costituiscono un'ipotesi di falsità concettualmente autonoma rispetto alle altre forme di falsità previste nel codice (Buoninconti, 552).

Bene giuridico

Cfr. sub art. 476.

Secondo la giurisprudenza la norma tutela la pubblica fede mediante la conservazione di atti pubblici per il loro insostituibile valore documentale. Di conseguenza la lesione o la messa in pericolo dell'interesse tutelato si realizzano soltanto quando l'eliminazione di un documento, non riproducibile nella stessa forma, natura o condizione, fa venir meno la prova di un determinato accadimento o di una particolare situazione che il contenuto stesso del documento tendeva a rappresentare (Cass. VI, 13 luglio 1989).

Soggetti

Soggetto attivo

La soppressione, distruzione e occultamento di atti veri è un reato comune, che può essere commesso da “chiunque”.

Soggetto passivo

Cfr. sub art. 476.

Elemento oggettivo

Oggetto materiale

Oggetto materiale del reato di cui all'art. 490 può essere qualsiasi atto pubblico (Cass. III, 16 dicembre 1981), un testamento olografo, una cambiale o un altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore veri, mentre oggetto materiale dell'illecito civile di cui 4 comma 4 lett. d) del d.lgs. n. 7/2016 sono le scritture private.

Per la nozione di atto pubblico cfr. sub art. 476. In merito la giurisprudenza ha precisato che la fattispecie ricomprende tutte quelle condotte incidenti su atti pubblici, intendendosi per quest'ultimi gli atti originali, le copie autentiche, le certificazioni, le autorizzazioni ed, infine, quei documenti che si caratterizzano anche per la sola documentazione di attività o dichiarazioni avvenute in presenza di un pubblico ufficiale o da lui percepite (Cass. V, n. 6685/1998; Cass. V, n. 12109/1987).

Per la nozione di scrittura privata cfr. sub art. 485. Ai sensi dell'art. 4 comma 6 d.lgs. n. 7/2016 sono espressamente ricompresi nella nozione di scrittura privata gli atti originali e le copie autentiche di essi, quando a norma di legge tengono luogo degli originali mancanti, mentre l'art. 4 comma 5 d.lgs. n. 7/2016 chiarisce che le falsità possono avere ad oggetto anche documenti informatici privati aventi efficacia probatoria.

Per le nozioni di testamento olografo, cambiale o altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore veri cfr. sub art. 491.

Le condotte descritte sono tipiche soltanto se incidenti su “atti veri”, cioè genuini. Secondo la dottrina devono considerarsi ‘veri' gli atti né materialmente né ideologicamente falsi. La conclusione che non debba trattarsi di atti materialmente falsi si ricava dal richiamo quod poenam agli artt. 476, 477, 482. Quest'ultimi tutelano gli originali e le copie autentiche che tengono luogo degli originali mancanti (art. 492), con esclusione delle altre copie autentiche e dei semplici attestati del contenuto di atti pubblici, in quanto le copie e gli attestati non hanno un valore autonomo di prova, essendo possibile il rilascio di altre copie o di altri attestati.

Recentemente la giurisprudenza ha chiarito che poiché il presupposto del reato è l'esistenza di un atto pubblico, indebitamente distrutto o, comunque, soppresso, non è configurabile il delitto nel caso di scrittura predisposta dal pubblico ufficiale, ma da lui non sottoscritta, perché è la sottoscrizione che ne garantisce la provenienza dal pubblico ufficiale e la genuinità (Cass. V, n. 40350/2011).

Condotta

Il fatto tipico descritto dall'art. 490 consiste nell'aggressione alla materialità dell'atto, che si attua attraverso le condotte alternative di «cancellazione», «distruzione» e «occultamento». Secondo la giurisprudenza, infatti, l'art. 490 è una norma a più fattispecie, per cui i termini alternativi «distrugge», «sopprime», «occulta» indicherebbero diverse modalità della medesima condotta di sottrazione (Cass. V, n. 28052/2019).

a) distruzione: designa ogni attività che conduce alla smaterializzazione dell'essenza del documento e, quindi, determina il suo venir meno nel mondo giuridico. Nella nozione di distruzione, perciò, rientrano tutte quelle modalità di condotta che importano un «annientamento» dell'atto, totale o parziale, sempre che — in quest'ultimo caso — esso abbia una qualche rilevanza in ordine agli effetti giuridici che il documento sarebbe preordinato a produrre. Rientrano nella “distruzione” le lacerazioni, i c.d. abbruciamenti e — anche se si tratta di ipotesi prevalentemente teorica — l'”ingestione”.

b) soppressione: significa far scomparire o rendere illeggibile lo scritto, in tutto o in parte. La sua nozione si distingue da quella di distruzione perché ha una valenza più prettamente normativa, posto che essa consiste in una modificazione del documento che comporti la sua «inutilizzabilità» agli scopi cui l'atto è istituzionalmente orientato. Nel caso di soppressione, il reato, per configurarsi, non richiede la materiale distruzione dell'atto, poiché è sufficiente che alla condotta segua una immutatio veri, nel senso che risulti falsamente inesistente l'atto soppresso od occultato (Cass. VI, 23 febbraio 1984).

c) occultamento: significa prendere e collocare l'atto in luogo ignoto all'avente diritto sottraendolo alla sua disponibilità, in modo transitorio o permanente (Cass. V, n. 9611/2006; Cass. V, n. 2907/1998), in tutto o in parte giuridicamente rilevante, senza tuttavia sopprimerlo o distruggerlo.

Tale condotta risulta di difficile inserimento nel contesto delle falsità documentali. Una parte della dottrina, al fine di giustificare la collocazione effettuata nei reati di falsità dal legislatore, ha ritenuto necessario ricondurre l'“occultamento” al genus della soppressione, di cui la prima sarebbe, in sostanza, una variante tipizzata (Carnelutti, 1935, 43). Un altro indirizzo sostiene, invece, che l'occultamento ai sensi dell'art. 490 si distingue da altre forme e modalità di occultamento, ugualmente rilevanti sul piano penale (art. 624) per il criterio teleologico: se la rimozione del documento è guidata da un fine di profitto è evidente che il fatto sarà riconducibile alla fattispecie di furto; diversamente nel caso in cui la condotta si esaurisca nella mera sottrazione dell'atto: in questa ipotesi l'azione concretizzerà un occultamento del tutto assimilabile a quello tipizzato dal legislatore all'art. 490.

Secondo la giurisprudenza tale condotta è integrata già dal fatto di chi sottrae atti giuridicamente rilevanti per il tempo sufficiente a mettere in pericolo la potenziale utilizzabilità del documento (Cass. V, n. 38356/2009; Cass. VI, n. 14525/1989).

La giurisprudenza ha chiarito che l'obbligo giuridico di conservazione del documento costituisce un presupposto per la realizzazione delle condotte. La sussistenza del predetto obbligo deve essere riconosciuta indipendentemente dalla natura della situazione giuridica di cui il documento è fonte (per es. l'erede testamentario non ha diritto di distruggere il testamento olografo). L'obbligo di conservazione, inoltre, è limitato nel tempo e nell'oggetto: esso riguarda quei documenti dei quali non sia esaurita la funzione probatoria, secondo la loro particolare destinazione.

Altro presupposto del delitto è individuato nella mancanza del possesso del documento ovvero dalla non esclusiva disponibilità di esso da parte dell'agente. Altra dottrina ritiene configurabile il delitto di cui all'art. 490 anche nel caso in cui il soggetto distrugga, sopprima od occulti il documento mentre è nella sfera di custodia altrui. In tali ipotesi, però, la soppressione, la distruzione o l'occultamento si risolvono nella sostanziale privazione del possesso (Buoninconti, 555).

Elemento psicologico

Il dolo

Il reato è punito a titolo di dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di sopprimere, distruggere od occultare attraverso la propria condotta cosciente e volontaria un atto pubblico vero, unita alla consapevolezza che gli atti distrutti, occultati o soppressi non saranno più idonei a svolgere la funzione di prova che è ad essi propria (Cass. V, 28 settembre 1982). Il delitto di falso per soppressione non richiede il dolo specifico, essendo sufficiente la consapevolezza che, in conseguenza della condotta illecita, l'atto soppresso, distrutto od occultato non sarà in condizione di adempiere alla funzione di prova che gli è propria ovvero la consapevolezza di creare, con la propria condotta, una situazione di pericolo per il normale svolgimento del traffico giuridico (Cass. V, n. 45351/2019).

L'illecito civile di cui 4 comma 4 lett. e) del d.lgs. n. 7/2016 è integrato, ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 7/2016, solo se doloso. Nello specifico il dolo deve consistere non solo nella coscienza e nella volontà di far uso di un atto falso, ma anche nella consapevolezza che l'intera attività criminosa è tesa ad arrecare un danno.

Consumazione e tentativo

Consumazione

Il delitto si consuma nel momento e nel luogo in cui il documento è distrutto, soppresso od occultato, in tutto o in parte, ovvero nel momento e nel luogo in cui si impedisce definitivamente (attraverso la distruzione o la soppressione) o temporaneamente (attraverso l'occultamento) al documento di svolgere la sua funzione probatoria. Si tratta di un reato istantaneo (Cass. V, n. 3404/2000), in quanto l'offesa al bene tutelato si concretizza con la realizzazione di una delle condotte indicate dalla norma: ciò non impedisce che il processo esecutivo si possa esplicare in più atti compiuti in un arco temporale indeterminato. Ai fini della consumazione non rileva la durata, anche minima, della sottrazione del documento, il proposito di restituzione e l'effettiva restituzione. Infatti, anche attraverso l'occultamento si priva l'avente diritto della potenziale utilizzabilità del documento quale strumento probatorio.

Tentativo

Si ritiene ammissibile il tentativo. La giurisprudenza ha ritenuto configurabile il tentativo di falso per soppressione di atto pubblico nel caso di lacerazione del rapporto trasmesso dalla polizia giudiziaria al magistrato, anche se negli atti della polizia esisteva un altro originale dello stesso rapporto.

Forme di manifestazione

Circostanze comuni

È stata affermata la piena compatibilità dell'aggravante di cui all'art. 61, n. 9, con il delitto in esame (Cass. II, 15 novembre 1982).

Concorso di persone

In rifermento all’ illecito civile l'art. 7 d.lgs. n. 7/2016 prevede espressamente che ogni concorrente soggiace alla sanzione pecuniaria civile stabilita per il fatto commesso.

Concorso di reati

Omessa denuncia di reato

Il delitto può concorrere con quello di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale (art. 361), non sussistendo alcun rapporto di consunzione o sussidiarietà tra gli stessi, attesa la diversità dei beni giuridici tutelati dalle rispettive norme incriminatrici (Cass. VI, n. 21351/2011).

Furto

Cfr. Cass. V, n. 13836/ 2013; Cass. VI, 12 luglio 1989.

Danneggiamento

Cfr. Cass. II, 10 ottobre 1982.

Truffa

Cfr. Cass. S.U., 2780/1996.

Casistica

La giurisprudenza ha stabilito che integrano gli estremi delle fattispecie di cui all'art. 490:

a) la condotta di distruzione, soppressione od occultamento delle targhe di un autoveicolo poiché queste costituiscono certificazioni amministrative, trattandosi di documenti che attestano la immatricolazione e l'iscrizione al pubblico registro automobilistico (Cass. VI, n. 9013/2018);

b) la condotta dell'avvocato che — consegnato al notaio, per la pubblicazione, l'ultimo testamento olografo del de cuius — trattenga presso il proprio studio il precedente testamento, ancorché implicitamente revocato (Cass. V, n. 25269/2012);

c) la condotta del primario ospedaliero il quale sottragga dagli atti dell'ente ospedaliero, occultandola in seguito nella propria abitazione, una cartella clinica relativa al ricovero di un paziente, sia pure al dichiarato (e realizzato) scopo di sostituirla con un'altra contenente una più precisa ed accurata descrizione dell'intervento chirurgico subito, durante il ricovero, dal medesimo paziente (Cass. V, n. 48086/2004);

d) la condotta del pubblico ufficiale che ometta di protocollare un documento, così da renderlo inesistente per il destinatario, anche ove ciò determini un'inutilizzabilità solo temporanea dell’atto (Cass. VI, n. 18999/2016).

e) la condotta di distruzione degli elaborati delle prove scritte e dei “curricula” dei partecipanti ad una procedura per la selezione del personale di un ente pubblico, custoditi nell'archivio corrente dell’ente, da intendersi quale complesso dei documenti relativi alla trattazione degli affari in corso (Cass. VI, n. 35095/2019).

f) la condotta di occultamento della copia di atti giudiziari consegnata all'ufficiale giudiziario per le notifiche, costituendo atto pubblico, e non mera riproduzione, perché formata dal pubblico ufficiale con modalità prestabilite, per uno scopo di diritto pubblico (Cass. V, n. 19888/2021) o dell'appendice ad una polizza assicurativa prodotta agli atti di gara da un soggetto concorrente ad un appalto pubblico, in quanto documento funzionale alla verifica da parte della pubblica amministrazione dei requisiti di partecipazione (Cass. V, n. 6206/2020).

Profili processuali

Istituti

Cfr. sub artt. 476, 477 e 482. Per la procedibilità in caso di cambiale o un titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore cfr. sub art. 493 bis.

L'interesse ad impugnare

Cfr. sub art. 476. V. Cass. V, n. 41751/2005.

Bibliografia

Buoninconti, Soppressione, distruzione e occultamento di atti veri, in Trattato di diritto penale, Parte speciale, Reati contro la fede pubblica, a cura di Ramacci, X, Milano, 2013. V. anche sub art. 476.

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