Codice Penale art. 501 bis - Manovre speculative su merci (1).Manovre speculative su merci (1). [I]. Fuori dei casi previsti dall'articolo precedente, chiunque, nell'esercizio di qualsiasi attività produttiva o commerciale, compie manovre speculative ovvero occulta, accaparra od incetta materie prime, generi alimentari di largo consumo o prodotti di prima necessità, in modo atto a determinarne la rarefazione o il rincaro sul mercato interno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 516 euro a 25.822 euro. [II]. Alla stessa pena soggiace chiunque, in presenza di fenomeni di rarefazione o rincaro sul mercato interno delle merci indicate nella prima parte del presente articolo e nell'esercizio delle medesime attività, ne sottrae all'utilizzazione o al consumo rilevanti quantità. [III]. L'autorità giudiziaria competente e, in caso di flagranza [382 c.p.p.], anche gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria [57 c.p.p.] procedono al sequestro delle merci [253, 316-320, 321-323, 353 1-2 c.p.p.], osservando le norme sull'istruzione formale (2). L'autorità giudiziaria competente dispone la vendita coattiva immediata delle merci stesse nelle forme di cui all'articolo [625] del codice di procedura penale (3). [IV]. La condanna importa l'interdizione dall'esercizio di attività commerciali o industriali per le quali sia richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza da parte dell'autorità [30] e la pubblicazione della sentenza [36]. (1) Articolo inserito dall'art. 1 d.l. 15 ottobre 1976, n. 704, conv., con modif., nella l. 27 novembre 1976, n. 787. (2) Il riferimento all'istruzione formale va inteso ora come fatto alla fase delle indagini preliminari. (3) Il rinvio all'art. 625 c.p.p. 1930 deve ora intendersi all'art. 264 2-3 c.p.p. (cfr. art. 208 coord. c.p.p.). competenza: Trib. monocratico arresto: non consentito fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: non consentita altre misure cautelari personali: v. art. 2902 c.p.p. procedibilità: d'ufficio InquadramentoL'art. 501-bis è stato inserito dal d.l. n. 704/1976 convertito con modificazioni nella l. n. 787/1976 e prevede due fattispecie criminose che hanno come oggetto materie prime, generi alimentari di largo consumo o prodotti di prima necessità. Si tratta di un intervento a tutela dei consumatori diretto a sanzionare comportamenti speculativi. Lo scopo era quello di frenare i fenomeni tipici di quel tempo come l'accaparramento di beni di consumo con conseguente rarefazione delle merci che portava ad un aumento dei prezzi; tali manovre speculative erano finalizzate a conseguire un indebito profitto. Bene giuridico protettoIl bene giuridico tutelato dalla norma è costituito dagli interessi economici facenti capo ad una collettività di consumatori e coincidenti con il bene dell'economia pubblica. Soggetto attivoSoggetto attivo può essere chiunque, qualsiasi soggetto che esercita un'attività produttiva o commerciale continuativamente o anche occasionalmente per un limitato periodo di tempo. Elemento oggettivoIl legislatore ha previsto due tipi di condotte differenti per il comma 1 e il comma 2. Condotta prevista dal comma 1 Nel comma 1 si individua una condotta generica consistente nel compiere manovre speculative intese come tutti quegli atti che procurano un guadagno superiore rispetto a quello che si conseguirebbe seguendo i principi di una normale attività commerciale; e condotte specifiche consistenti nell'occultare, accaparrare ed incettare materie prime, generi alimentari di largo consumo o prodotti di prima necessità. Per occultamento si deve intendere il nascondere fraudolentemente le merci già possedute. Per accaparramento deve intendersi il procacciamento di merci in quantità superiore rispetto al normale fabbisogno. L'incetta è una forma di accaparramento più consistente in quanto ha come scopo quello di esaurire la disponibilità delle merci. Si intendono per materie prime tutte le sostanze destinate ad un processo di trasformazione, siano esse organiche o inorganiche; per generi alimentari di largo consumo tutti i prodotti che sono destinati all'alimentazione di base (ad esempio olio e carne); per prodotti di prima necessità tutti i generi alimentari che sono indispensabili per la vita quotidiana (ad esempio detersivi ed indumenti). Queste tre categorie costituiscono l'oggetto materiale della condotta che deve essere idonea a determinare la rarefazione o il rincaro dei prodotti sul mercato interno e per questo motivo si tratta di un reato di pericolo. La Suprema Corte ha affermato che: «Ai fini della sussistenza del reato di manovre speculative su merci, può integrare in astratto una manovra speculativa anche l'aumento ingiustificato dei prezzi causato da un singolo commerciante, profittando di particolari contingenze del mercato. Tuttavia, perché ciò si verifichi è pur sempre necessario che tale condotta presenti la connotazione della pericolosità prevista dall'art. 501-bis, nei confronti dell'andamento del mercato interno e, cioè, che essa, per le dimensioni dell'impresa, la notevole quantità delle merci e la possibile influenza sui comportamenti degli altri operatori del settore, possa tradursi in un rincaro dei prezzi generalizzato o, comunque, diffuso. Invero, la consumazione del reato richiede la sussistenza di comportamenti di portata sufficientemente ampia da integrare un serio pericolo per la situazione economica generale, con il rilievo che la locuzione «mercato interno», contenuta nella citata norma, rende certamente configurabile la fattispecie criminosa anche quando la manovra speculativa non si rifletta sul mercato nazionale, ma soltanto su di un «mercato locale», però il pericolo della realizzazione degli eventi dannosi deve riguardare una zona abbastanza ampia del territorio dello stato, in modo da poter nuocere alla pubblica economia (Cass. VI, n. 14534/1989). E ancora che “ai fini della configurabilità del reato di manovre speculative su merci, di cui all'art. 501 bis c.p., è necessario che la condotta speculativa, commessa da colui che esercita un'attività produttiva o commerciale con una certa stabile continuità, comporti un aumento ingiustificato dei prezzi di beni di prima necessità tale da determinare – stante le dimensioni dell'impresa, la notevole quantità delle merci oggetto della manovra e la possibile influenza sui comportamenti degli altri operatori del mercato – una situazione di serio pericolo e di possibile nocumento per l'economica pubblica generale, con effetti, quindi, non limitati in un ambito meramente locale di mercato (Cass. III, n. 36929/2020 - Nella fattispecie, la Suprema Corte ha ricondotto le mascherine filtranti protettive alla categoria dei prodotti di prima necessità, considerato che, a seguito della legislazione emergenziale finalizzata al contenimento della diffusione del contagio da Covid-19, sono necessarie per lo svolgimento degli atti elementari della vita di relazione). Condotta prevista dal comma 2 La condotta prevista dal comma 2 consiste nel sottrarre all'utilizzazione o al consumo rilevanti quantità delle merci indicate nel comma 1. Per sottrazione all'utilizzazione si deve intendere l'accaparramento di materie prime e la mancata messa in commercio di prodotti industriali già finiti; mentre per sottrazione al consumo si deve intendere il comportamento del commerciante che incetta la merce e non la distribuisce ai consumatori. È necessario che la sottrazione all'utilizzazione o al consumo concerna «rilevanti quantità» e cioè comportamenti di portata sufficientemente ampia e tale da costituire un serio pericolo per la situazione economica generale (Cass. VI, n. 2385/1983). Tali condotte devono porsi in essere tramite la rarefazione o il rincaro delle merci nel mercato interno. Tale fattispecie costituisce reato di mera condotta a differenza della fattispecie prevista dal comma 1. Elemento soggettivoL'elemento soggettivo di entrambe le fattispecie è costituito dal dolo generico che nel comma 1 è caratterizzato dalla coscienza, dalla volontà e dalla consapevolezza che la condotta posta in essere determina la rarefazione o il rincaro delle merci; nel comma 2 è caratterizzato dalla consapevolezza che è già avvenuta la rarefazione o il rincaro delle merci. Consumazione e tentativoConsumazione Il delitto si consuma, nella fattispecie prevista dal comma 1, con il compimento di manovre speculative o nell'occultamento, accaparramento o incettamento di materie prime, generi alimentari di largo consumo o prodotti di prima necessità; in quella prevista dal comma 2 con il sottrarre all'utilizzazione o al consumo rilevanti quantità di merci. Tentativo La fattispecie prevista dal comma 1 prevede un delitto di pericolo e, pertanto, il tentativo non sembra ammissibile. Nella fattispecie prevista dal comma 2, invece, il delitto è punibile anche a titolo di tentativo purché si siano realizzati atti idonei e diretti in modo non equivoco a sottrarre merci al mercato. Rapporto con altri reatiCome enunciato all'inizio della norma, è escluso il concorso con il reato ex art. 501 c.p. (aggiotaggio) ma è possibile il concorso tra la fattispecie prevista dal comma 1 dell'art. 501-bis c.p. e quella prevista dal comma 2. Profili processualiLe manovre speculative su merci è un reato procedibile d'ufficio, e di competenza del Tribunale monocratico. Per tale reato a) non è possibile disporre intercettazioni; b) non sono consentiti arresto in flagranza e fermo; c) non è consentita l'applicazione della custodia in carcere; d) tra le altre misure cautelari personali, è consentito solo il divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali. Il comma 3 prevede che l'autorità competente e gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria (in caso di flagranza) possono procedere al sequestro probatorio ex art. 253 e ss. c.p.p. delle merci con conseguente vendita forzosa. Il comma 4 prevede che la condanna comporta l'interdizione dall'esercizio di attività commerciali e industriali per le quali sia richiesto uno speciale permesso o abilitazione, autorizzazione o licenza dell'autorità e la pubblicazione della sentenza. Se il reato è stato commesso a vantaggio o in danno di un'attività imprenditoriale o in relazione ad essa, si applica l'art. 32-quater c.p. che prevede l'incapacità di contattare la pubblica amministrazione. Cause di non punibilità In relazione all'entità della pena, è possibile applicare la causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p., salvo la verifica in concreto degli altri parametri previsti dalla norma. CasisticaBeni immobili Nonostante i vari contrasti, si ritiene non configurabile il reato ex art. 501-bis con riferimento alle unità immobiliari. È illegittimo il provvedimento di sequestro di alcuni edifici, motivato da una pretesa violazione dell'art. 501-bis (manovre speculative su merci) perché tale reato riguarda soltanto i beni mobili. Infatti nell'art. 501-bis ricevono la qualificazione di merci le materie prime, i generi alimentari di largo consumo ed i prodotti di prima necessita (Cass. VI, n. 2030/1979). Rientra nella discrezionalità del legislatore e non compete alla Corte di estendere le previsioni legislative che rendono deteriore la posizione del condannato in ordine all'esecuzione della pena. Pertanto è manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 501-bis, che non esclude tra le manovre speculative su merci quelle sulle case di abitazione, sottratte al mercato delle locazioni (Corte cost. ord. n. 233/1983). Vendita di mascherine protettive – Covid-19 Con Ordinanza di convalida e decreto di sequestro preventivo del 2 aprile 2020, il G.i.p. del Tribunale di Salerno ha ritenuto configurabile il reato di cui all'art. 501-bis c.p. nel caso di vendita di mascherine protettive da parte di un operatore commerciale ad un prezzo esorbitante. Secondo il G.i.p., ai fini della sussistenza del reato, può integrare in astratto una manovra speculativa anche l'aumento ingiustificato dei prezzi causato da un singolo commerciante, che approfitti di particolari contingenze del mercato; la condotta, infatti, deve essere valutata alla luce della eccezionale e grave emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da COVID-19, a causa della quale le mascherine protettive sono divenute "beni di prima necessità" sia per la protezione dell'individuo in ambito privato che per la sua tutela nello svolgimento della vita lavorativa. Inoltre, il G.i.p. ha ritenuto che la condotta del singolo rivenditore, nel contesto di straordinaria emergenza in cui si inserisce, può influenzare i comportamenti degli altri operatori del settore; a fronte di una enorme domanda nazionale ed internazionale di mascherine protettive, anche la singola speculazione è in grado di produrre un rincaro dei prezzi generalizzato o, comunque, diffuso. Poiché la consumazione del reato richiede la sussistenza di comportamenti di portata sufficientemente ampia da integrare un serio pericolo per la situazione economica generale, la locuzione "mercato interno", contenuta nella norma, rende configurabile la fattispecie criminosa anche quando la manovra speculativa non si rifletta sul mercato nazionale, ma soltanto su di un mercato locale, in modo da poter nuocere alla pubblica economia. Di diverso avviso è il Tribunale del Riesame di Lecce che con ordinanza del 21 aprile 2020 ha ritenuto che, allo stato attuale della normativa, la vendita a prezzi ingiustificati di mascherine, disinfettanti, guanti e altri beni di prima necessità legati all'emergenza Coronavirus non integra, se non in ipotesi di manovre speculative realizzate su larga scala, l'illecito penale di cui all'art. 501-bis c.p. Per la configurazione del reato è necessario che le manovre speculative e le condotte di occultamento, accaparramento o incetta di materie prime, generi alimentari di largo consumo o prodotti di prima necessità, vengano perpetrate “in modo atto a determinarne la rarefazione o il rincaro sul mercato interno”. Sebbene, ai fini della consumazione della fattispecie, non sia certamente necessario che il pericolo per la situazione economica generale si concretizzi realmente, è comunque indispensabile verificare, secondo un giudizio ex ante, se la condotta tenuta sia quantomeno potenzialmente suscettibile di determinarlo, non ricorrendo altrimenti uno dei presupposti indispensabili della fattispecie incriminatrice. La necessaria idoneità a porre in pericolo la “situazione economica generale”, incidendo sul “mercato interno” costituito, se non dall'intero “mercato nazionale”, quantomeno dal “mercato locale”, qualificabile pur sempre come “una zona abbastanza ampia del territorio dello Stato, in modo da poter nuocere alla pubblica economia”, rende estremamente difficile, se non anche astrattamente impossibile, che un singolo e isolato dettagliante, non facente parte di alcuna catena distributiva, possa disporre di dimensioni aziendali, quantitativi di merce e capacità di influenza sugli altri operatori del settore, tali da poter integrare gli estremi del delitto previsto dall'art. 501-bis c.p. Il Tribunale ha osservato che il sequestro sottoposto al suo esame ha attinto un piccolo esercizio commerciale al dettaglio a conduzione familiare, e ha riguardato un esiguo numero di mascherine protettive (1.997), elementi che non possono in alcun modo, neppure astrattamente, reputarsi idonei a porre in pericolo la “pubblica economia”, determinando un vulnus alla “situazione economica generale” e incidendo su “una zona abbastanza ampia del territorio dello Stato”. In conclusione, a parere del Collegio, la vendita di mascherine protettive da parte di un operatore commerciale ad un prezzo irragionevolmente elevato sia una condotta certamente suscettibile, in astratto, di integrare gli estremi del delitto di cui all'art. 501-bis c.p. Si tratta, infatti, di una condotta che rientra nel concetto di “manovra speculativa”, avente ad oggetto “beni di prima necessità”, posta in essere “nell'esercizio di un'attività commerciale”. È, tuttavia, necessario verificare se la condotta posta in essere, in considerazione delle dimensioni dell'impresa, della notevole quantità delle merci vendute e della possibile influenza sui comportamenti degli altri operatori del settore, possa tradursi in un rincaro dei prezzi generalizzato o, comunque, diffuso. Qualora la condotta, alla luce dei parametri suindicati, si riveli insuscettibile di incidere sul mercato interno o, quantomeno, sul mercato locale (inteso come un'ampia zona del territorio dello Stato), dunque non in grado di incidere sulla pubblica economia (e quindi sulla situazione economica generale), non rientra nell'alveo applicativo del delitto previsto dall'art. 501-bis c.p. L'integrazione del delitto deve, pertanto, essere esclusa nelle ipotesi in cui l'azione sia posta in essere da un singolo e isolato dettagliante ed abbia ad oggetto un numero esiguo di mascherine protettive, in quanto trattasi di condotta insuscettibile di incidere in qualunque modo sul “mercato locale”, neppure su quello provinciale o comunale, tantomeno sul “mercato interno”. BibliografiaBerenini, Delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio: Titolo VIII del libro II del Codice penale, Milano, 1937; Cadoppi, Trattato di diritto penale, Torino, 2010; Di Amato, Codice di diritto penale delle imprese e delle società, Milano, 2011; Fiandaca-Musco, Diritto penale - parte speciale, Bologna, 2005; Gallo, Sciopero e repressione penale, Bologna, 1981; Guariniello, Codice della sicurezza degli alimenti, Milano, 2015 |