Codice Penale art. 507 - Boicottaggio.Boicottaggio. [I]. Chiunque, per uno degli scopi indicati negli articoli 502, 503, 504 e 505, mediante propaganda (1) o valendosi della forza e autorità di partiti, leghe o associazioni, induce una o più persone a non stipulare patti di lavoro o a non somministrare materie o strumenti necessari al lavoro, ovvero a non acquistare gli altrui prodotti agricoli o industriali, è punito con la reclusione fino a tre anni. [II]. Se concorrono fatti di violenza o di minaccia, si applica la reclusione da due a sei anni [510-512]. (1) La Corte cost., con sentenza 17 aprile 1969, n. 84, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo «per la parte relativa all'ipotesi della propaganda e nei limiti di cui alla motivazione» (cioè, in quanto «fa pensare all'inclusione in una sfera criminosa anche della propaganda di puro pensiero e di pura opinione, ogni qualvolta possa comunque ad essa coordinarsi o semplicemente riferirsi un comportamento singolo che sia causa dell'evento ivi considerato» così da punire «la propaganda persino se effettuata da un singolo in condizioni di insignificante rilievo» e, sotto il profilo del tentativo, anche l'«azione che sia rimasta al puro stato di manifestazione di pensiero o di opinione, non avendo potuto conseguire l'effetto che si proponeva»). competenza: Trib. monocratico (udienza prelim. secondo comma) arresto: facoltativo (secondo comma) fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: consentita (secondo comma) altre misure cautelari personali: consentite (secondo comma); v. art. 2902 c.p.p. (primo comma) procedibilità: d'ufficio InquadramentoL'art. 507 ha subito un ridimensionamento da parte della sent. Corte cost. n. 84/1969 che ha escluso dall'area della rilevanza penale, il boicottaggio attuato da un soggetto con mere opinioni. Questioni di legittimità costituzionaliPer quanto attiene alla parte dell'art. 507 riguardante il boicottaggio esercitato avvalendosi della forza di gruppi sociali, è da mettere in rilievo che, alla pari del diritto di manifestazione del pensiero, quello di associazione, più particolarmente quando si riferisce ai raggruppamenti a fini sindacali e politici, trova collocazione tra i cardini essenziali dell'ordine democratico, consacrati negli artt. 2, 18, 39 e 49 della Carta fondamentale. Ma la Costituzione, mentre assegna a partiti e ai sindacati compiti che, se sono altissimi, sono specificamente delimitati, non consente alle altre associazioni di perseguire fini non leciti (art. 18). Onde nessuno potrebbe pretendere in base alla Costituzione di utilizzare tali forze sociali — spesso imponenti — al fine di esercitare, in funzione degli interessi che esse rappresentano — e per il conseguimento dei quali l'ordinamento assicura altri efficaci strumenti —, pressioni, sia pure soltanto di ordine morale, nella sfera dei diritti che la Carta garantisce ai singoli consociati. La formulazione dell'art. 507 fa pensare all'inclusione in una sfera criminosa anche della propaganda di puro pensiero e di pura opinione, ogni qualvolta possa comunque ad essa coordinarsi o semplicemente riferirsi un comportamento singolo che sia causa dell'evento ivi considerato. La libertà di propaganda è espressione di quella di manifestazione del pensiero ed è assicurata fino al limite oltre il quale risulti leso il metodo democratico. La configurazione del boicottaggio come reato prescinde da una sua dipendenza dalla materialità dei fatti considerati dalle disposizioni sullo sciopero e la serrata dichiarate illegittime, consistendo invece nell'indurre altri, mediante propaganda o valendosi della forza o dell'autorità di partiti, leghe od associazioni, a non stipulare patti di lavoro, a non somministrare materie o strumenti necessari al lavoro ovvero a non acquistare gli altrui prodotti agricoli o industriali; sicché concreta in modo evidente dati strutturali autonomi e diversi da quelli che integrano la serrata e lo sciopero, che si concretano invece nella mera sospensione dell'attività produttiva, di scambio, o di lavoro. Il boicottaggio costituendo un modo di alterazione dell'ordinato svolgimento dei rapporti di produzione e di lavoro, non può considerarsi uno strumento di autotutela e non va posto in correlazione al diritto di sciopero. Bene giuridico protettoSecondo quanto espresso dalla sent. Corte cost. n. 84/1969, l'art. 507, nella sua impostazione di fondo, si accorda con la Carta fondamentale in quanto fa oggetto di tutela taluni beni cui questo dà spiccato rilievo nell'ordine sociale: la libertà di stipulare patti di lavoro, la libertà di iniziativa economica e di organizzazione della impresa, il diritto di realizzare attraverso l'attività commerciale i risultati positivi di quella produttiva. Soggetto attivoIl reato può essere commesso da chiunque, sia da datori di lavoro, sia da esercenti senza lavoratori, sia da lavoratori, sia da persone che non posseggono nessuno di questi ruoli. I soggetti che pongono in essere il boicottaggio, se non prendono parte all'azione istigatrice non sono soggetti attivi ma solo suoi strumenti in quanto subiscono l'azione. Elemento oggettivoLa condotta di detto reato consiste nell'indurre una o più persone, usando la propaganda o avvalendosi della forza e autorità di partiti, leghe o associazioni, a non stipulare patti di lavoro o a non somministrare materie prime o strumenti necessari al lavoro o a non acquistare gli altrui prodotti agricoli o industriali. Per propaganda si deve intendere ogni attività che tende alla diffusione di idee o programmi, realizzata con qualsiasi mezzo. Per induzione si deve intendere la convinzione o la persuasione. Per patti di lavoro si devono intendere i negozi che hanno per oggetto la prestazione o l'offerta di lavoro. Elemento soggettivoL'elemento soggettivo è costituito sia dal dolo generico che è caratterizzato dalla coscienza e volontà di ricorrere alla propaganda o di ricorrere alla forza o all'autorità di gruppi organizzati, sia dal dolo specifico consistente nel fatto che il soggetto attivo deve agire per uno degli scopi indicati negli articoli 502, 503, 504 e 505 c.p. Consumazione e tentativoConsumazione Il delitto si consuma nel momento e nel luogo in cui vi è il rifiuto di stipulare i patti di lavoro o di somministrare le materie prime o gli strumenti necessari al lavoro o di acquistare gli altrui prodotti agricoli o industriali. Tentativo Il delitto è punibile anche a titolo di tentativo. Circostanze aggravantiL'art. 507, comma 2 prevede una circostanza aggravante speciale nel caso in cui venga fatto uso di violenza o di minaccia. L'art. 510 c.p. prevede una circostanza aggravante quando i fatti sono commessi in tempo di guerra o hanno determinato dimostrazioni, tumulti o sommosse popolari. Profili processualiIl boicottaggio è un reato procedibile d'ufficio, e di competenza del Tribunale monocratico. Per tale reato: a) non è possibile disporre intercettazioni per il comma 1, ma è possibile per il comma 2; b) non è consentito arresto in flagranza per il comma 1, mentre è facoltativo per il comma 2; c) non è consentito il fermo; d) non è consentita l'applicazione della custodia in carcere per il comma 1, ma è consentita per il comma 2; e) tra le altre misure cautelari personali, è consentito solo il divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali per il comma 1, mentre per il comma 2 sono consentite tutte le misure cautelari personali. Cause di non punibilità In relazione all'entità della pena, è possibile applicare la causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis, salvo la verifica in concreto degli altri parametri previsti dalla norma. Non si applica, invece, nel caso in cui si tratti di capi, promotori e organizzatori poiché l'art. 511 prevede una circostanza aggravante ad effetto speciale (art. 131-bis, comma 4). BibliografiaBerenini, Delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio: Titolo VIII del libro II del Codice penale, Milano, 1937; di Amato, Codice di diritto penale delle imprese e delle società, Milano, 2011; Fiandaca - Musco, Diritto penale parte speciale, Bologna, 2005; Gallo, Sciopero e repressione penale, Bologna, 1981; Guariniello, Codice della sicurezza degli alimenti, Milano, 2015. |