Codice Penale art. 516 - Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine.Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine. [I]. Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari non genuine è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 1.032 euro [440, 442, 444, 518]. competenza: Trib. monocratico arresto: non consentito fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: non consentita altre misure cautelari personali: v. 2902 c.p.p. procedibilità: d'ufficio InquadramentoTale delitto consiste nel fatto di chi vende o commercia sostanze alimentari non genuine come genuine. Tutela la fiducia commerciale e la sincerità del commercio. Bene giuridico protettoLa norma tutela la correttezza negli scambi commerciali e la buona fede con lo scopo di salvaguardare l'ordine economico e tutelare il leale esercizio del commercio e di garantire la genuinità delle sostanze alimentari rispetto all'origine, alle proprietà nutritive e alla specifica utilizzabilità delle sostanze stesse. Non è necessario che le sostanze alimentari non genuine siano nocive alla salute, poiché in questo caso si configurerebbero i reati previsti dagli artt. 442 (commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate) e 444 (commercio di sostanze alimentari nocive). Soggetto attivoLa norma ha portata generale in quanto il soggetto attivo può essere chiunque si rende colpevole dei fatti descritti a prescindere che sia o meno un commerciante. Si tratta, pertanto, di un reato comune. Elemento oggettivoLa condotta di detto reato è costituita dal porre in vendita o dal mettere altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari che non lo sono. Pertanto non è sufficiente la sola non genuinità dell'alimento ma occorre che il venditore la presenti come genuina. Per messa in vendita si intende l'offerta di una determinata sostanza a titolo oneroso. Per messa in commercio si intende qualsiasi forma di messa in contatto della merce con il pubblico, anche a titolo gratuito. Per l'integrazione del reato è sufficiente la detenzione ma solo se è accompagnata da comportamenti che palesano il fine di vendere e di commerciare come ad esempio l'esposizione dei cibi in una vetrina, ma non contano gli atti che non rappresentano l'immissione in commercio come la fabbricazione o la preparazione. Oggetto materiale della condotta sono le sostanze alimentari non genuine. Per sostanza alimentare deve intendersi qualsiasi materia, solida, liquida o gassosa, destinata alla alimentazione, con consumo voluttario o di completamento all'alimentazione. La genuinità, invece, è di due tipi: genuinità naturale che deve intendersi come la condizione di una sostanza che non ha subito modificazioni ad opera dell'uomo tramite il trattamento di sostanze estranee alla sua composizione naturale e genuinità formale, che deve intendersi come la condizione di una sostanza che ha i requisiti essenziali fissati da leggi speciali per la composizione del prodotto. Pertanto, deve intendersi non genuina quella sostanza alterata o contraffatta cioè quel prodotto alimentare che subendo modificazioni ad opera dell'uomo è stato soggetto a commistioni con sostanze estranee alla sua composizione naturale o sia stato impoverito di principi nutritivi caratteristici; e devono intendersi non genuini quei prodotti che contengono sostanze diverse da quelle che la legge prescrive per la loro composizione. Elemento soggettivoL'elemento soggettivo del reato è costituito dal dolo generico che consiste nella consapevolezza della non genuinità delle sostanze alimentari e la volontà di presentarle come genuine. Consumazione e tentativoConsumazione Il reato si consuma nel momento e nel luogo di messa in vendita o in commercio della sostanza alimentare non genuina. Ma si consuma anche, a prescindere dalla vendita effettiva, con la sola commercializzazione della sostanza alimentare non genuina; quindi, nel momento in cui questa è messa sul mercato, ovunque questa sia conservata (anche in un locale non esclusivamente adibito alla vendita), purché a disposizione di eventuali acquirenti ( Cass. V, n. 13767/2024). Tentativo Secondo un primo orientamento è esclusa la configurazione del tentativo. Secondo un orientamento più recente, invece, il tentativo è configurabile e si realizza quando ancora la merce non è uscita dalla disponibilità del produttore, ma quando ha comunque compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco alla commercializzazione effettiva del prodotto (Cass. V, n. 13767/2024; Cass. III, n. 8662/1998). Circostanze aggravantiSi applica la circostanza aggravante prevista dall'art. 517-bis che prevede un aumento di pena nel caso in cui l'oggetto materiale sia un alimento o una bevanda la cui denominazione di origine o geografica o le cui specificità sono protette da norme vigenti. Rapporto con altri reatiLa fattispecie di vendita di sostanze alimentari non genuine ex art. 516 risulta essere sussidiaria rispetto a quella dell'art. 515 (frode nell'esercizio del commercio) in quanto costituisce un'attività preparatoria alla frode in commercio poiché copre l'area della semplice immissione sul mercato. Infatti, nell'ipotesi di materiale consegna della merce all'acquirente, o di atti univocamente diretti a tale fine, il reato è quello di cui all'art. 515, rispettivamente nella forma consumata o tentata, assorbente rispetto a quello di cui all'art. 516. Vi può invece essere concorso di reati nel caso in cui essi siano previsti dalla legislazione speciale sulle sostanze alimentari, ad esempio «la violazione amministrativa prevista dagli artt. 1,5 e 8 l. n. 1407/1960, concernente la commercializzazione come olio d'oliva di una miscela di oli diversi, concorre con il reato di cui all'art. 516, relativo alla vendita come genuine di sostanze che non lo sono, essendo diversi gli interessi presidiati dalle norme in esame, giacché l'illecito penale è inteso a tutelare il leale esercizio del commercio, mentre l'illecito amministrativo è posto a tutela della salute pubblica» (Cass. III, n. 7318/2000), In materia di alimenti, fra l'art. 516 e le norme della legislazione speciale sui vini di cui al d.P.R. n. 162/1965, ed ora alla l. n. 82/2006, sussiste un rapporto di specialità reciproca, poiché la prima disposizione si riferisce alle sole condotte di messa in vendita o in commercio come genuina di qualsiasi sostanza alimentare non genuina, mentre le seconde, specificamente dettate in materia di vini, si estendono anche alle attività di vinificazione e di produzione del vino, con la conseguenza che, fatti salvi i casi di riserva specifica della norma generale penale tassativamente previsti, si applica la sola disposizione di legge speciale quando la fattispecie concreta rientri totalmente nella sfera di coincidenza comune fra le norme (Cass. III, n. 5906/2014). Integra la contravvenzione di pericolo presunto di cui all'art. 5, comma 1, lett. g), legge 30 aprile 1962, n. 283, punibile a titolo di colpa, l'originario impiego o la colposa aggiunta di additivi chimici non autorizzati negli ingredienti utilizzati per la preparazione di prodotti alimentari, mentre dà luogo al delitto previsto dall'art. 516 c.p., punibile a titolo di dolo, l'aggiunta intenzionale della sostanza vietata (Cass. III, n. 10237/2024). Cause di non punibilitàIn relazione all'entità della pena, è possibile applicare la causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis, salvo la verifica in concreto degli altri parametri previsti dalla norma. CasisticaProdotti caseari Configura il reato di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine il commercio di prodotti caseari indicati come «freschi» ma realizzati mediante l'utilizzo di ingredienti industriali prelavorati, posto che il concetto di «freschezza» di un alimento ha attinenza non solo a dati quali la temperatura o la preparazione al momento, ma anche agli ingredienti adoperati ed ai cicli di lavorazione, e che il concetto di «genuinità» di un prodotto si determina anche in relazione ai suoi elementi costitutivi in quanto alieni da ogni riferimento a componenti artificiali o comunque non naturali (Cass. III, n. 15113/2014: fattispecie in tema di ricotta prodotta con siero di latte in polvere). Configura il reato di cui all'art. 516, vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, la vendita di un alimento prodotto senza il rispetto di tutte le modalità di produzione prescritte dal disciplinare, come nel caso di violazione delle modalità di alimentazione degli animali destinati alla produzione del latte con il quale viene preparato un formaggio individuato dal regolamento sul riconoscimento delle denominazioni (Cass. III, n. 9643/2006: fattispecie relativa alla violazione del d.P.R. 9 febbraio 1990 contenente il disciplinare di produzione della denominazione di origine del formaggio parmigiano reggiano). Prodotti scaduti La messa in vendita di prodotti scaduti di validità integra il delitto di cui all'art. 516 solo qualora sia concretamente dimostrato che la singola merce abbia perso le sue qualità specifiche, atteso che il superamento della data di scadenza dei prodotti alimentari non comporta necessariamente la perdita di genuinità degli stessi (Cass. S.U., n. 28/2000). Prodotto con sostanze diverse da quelle previste Poiché l'art. 516 contempla e punisce la semplice messa in commercio di sostanze alimentari adulterate, mutate nelle loro componenti naturali ed artificiosamente modificate o alterate nella loro essenza primaria ovvero commiste a sostanze estranee e depauperate degli elementi nutritivi propri e caratteristici, integra tale delitto la commistione di lardo suino nella salsiccia di equino in quanto comporta alterazione di questa mediante l'introduzione di una sostanza estranea con poteri principi nutritivi ed organolettici e caratteristiche materiali e fisico chimiche profondamente diversi dalla carne equina. Per la configurazione del reato, peraltro, si deve prescindere da usanze o tecniche invalse, da esigenze di maggiore gradimento ed appetibilità ed anche da un eventuale maggiore arricchimento del prodotto ottenuto, trattandosi di concetti del tutto estranei a quello di genuinità (Cass. IV, n. 6852/1996). Configura il reato di cui all'art. 516, vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, la vendita come carne fresca di puro suino contenente anche carne bovina, atteso che per sostanza alimentare non genuina deve intendersi anche quella che non contiene le sostanze ed i quantitativi previsti (Cass. III, n. 38671/2004). Profili processualiLa vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine è un reato procedibile d'ufficio, e di competenza del Tribunale monocratico. Per tale reato: a) non è possibile disporre intercettazioni; b) non sono consentiti arresto in flagranza e fermo; c) non è consentita l'applicazione della custodia in carcere; d) tra le altre misure cautelari personali, è consentito solo il divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali. Si applica la pena accessoria della pubblicazione della sentenza prevista dall'art. 518. BibliografiaBerenini, Delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio: Titolo VIII del libro II del Codice penale, Milano, 1937; di Amato, Codice di diritto penale delle imprese e delle società, Milano; Guariniello, Codice della sicurezza degli alimenti, Milano, 2015. |