Codice Penale art. 571 - Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina.Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina. [I]. Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi. [II]. Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni [572]. competenza: Trib. monocratico (udienza prelim.); Corte d'Assise (ipotesi di morte) arresto: facoltativo (ipotesi di lesione gravissima o morte) fermo: consentito (ipotesi di morte) custodia cautelare in carcere: consentita (ipotesi di lesione gravissima o morte) altre misure cautelari personali: consentite (ipotesi di lesione gravissima o morte); v. art. 282-bis, comma 6, 288 2 e 384-bisc.p.p. procedibilità: d'ufficio InquadramentoL'inquadramento della norma, quanto al profilo della direzione lesiva, non è agevole; la fattispecie, infatti, benché collocata tra i “delitti contro l'assistenza familiare”, in realtà riguarda rapporti disciplinari di natura diversa da quelli esclusivamente familiari. Essa è sostanzialmente posta a tutela l'integrità e l'incolumità della persona sottoposta al potere disciplinare altrui (Fiandaca-Musco, 381; in sede giurisprudenziale si è precisato come il termine “correzione” vada assunto come sinonimo di “educazione”: tale non può ritenersi l'uso della violenza finalizzato a scopi educativi, Cass. VI, n. 4904/1996). SoggettiSi tratta di un reato proprio (anche se il legislatore utilizza il termine “chiunque”), che può essere commesso solo da coloro che siano titolari di un potere disciplinare, possiedano cioè un potere di autorità che li autorizzi ad esercitare il potere correttivo o disciplinare su soggetti loro affidati per ragioni di istruzione, cura, disciplina, custodia ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte (es. genitori nei confronti dei figli minori; i medici nei confronti dei pazienti ricoverati, datori di lavoro nei confronti degli apprendisti; Antolisei, 530, in giurisprudenza si è comunque affermato come in materia di lavoro subordinato sia assolutamente esclusa per l'imprenditore la possibilità di usare un qualunque mezzo di violenza fisica sulla persona del prestatore di lavoro, così che le percosse o lesioni inferte dal primo, sia pure con l'intenzione di correggere, non possono essere ricomprese nell'art. 571, Cass. II, n. 1243/1965). MaterialitàLa nozione di “abuso” La condotta consiste nell' “abuso dei mezzi di correzione o di disciplina” nei confronti della persone rispetto alle quali sussiste un “rapporto disciplinare”. Il concetto di abuso evoca l'esistenza di un uso legittimo del potere di correzione o di disciplina: il mezzo deve essere qualificabile in se come strumento educativo, non in virtù della finalità che gli venga attribuita. L'abuso pertanto presuppone in capo al soggetto l'esistenza di un potere disciplinare, usato con i mezzi consentiti, in presenza delle condizioni che ne legittimino l'esercizio, per le finalità ad esso proprie, senza superare i limiti previsti dall'ordinamento (Antolisei, 531; Fiandaca-Musco, 382; come precisato dalla S.C., l'eccesso di mezzi di correzione violenti non rientra nella fattispecie di cui all'art. 571 giacché in tanto è ipotizzabile un abuso in quanto sia lecito l'uso, Cass. VI, n. 4904/1996; richiama la necessità che il potere disciplinare venga esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento deviante del minore, Cass. VI, n. 45736/ 2018). L'uso di mezzo illecito non integra pertanto il delitto di cui all'art. 571, ma i reati posti a tutela dell'integrità fisica (percosse, lesioni, si v. Fiandaca-Musco, 382). Esula dall'ambito applicativo dell'art. 571 cod.pen. qualunque forma di violenza fisica o psichica realizzata in ambito scolastico, ancorché sostenuta da "animus corrigendi", atteso che, secondo la linea evolutiva tracciata dalla Convenzione dell'ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (approvata il 20 novembre 1989), le condotte connotate da modalità aggressive sono incompatibili con l'esercizio lecito del potere correttivo ed educativo - che mai deve deprimere l'armonico sviluppo della personalità del minore - lì dove l'abuso ex art. 571 cod. pen. presuppone l'eccesso nell'uso di mezzi che siano in sé giuridicamente leciti (Cass. VI, n. 13145/ 2022; fattispecie in cui la Corte, riqualificato nel reato di percosse il comportamento dell'insegnante che aveva spinto la testa dell'alunno nel lavandino, ha annullato la condanna per difetto di querela). Rapporto disciplinare Il reato presuppone l'esistenza di un rapporto disciplinare tra soggetto attivo e soggetto passivo, da intendersi quale il “vincolo di soggezione che attribuisce al soggetto responsabile il potere di sanzionare il comportamento del soggetto sottoposto per ragioni educative o coercitive” (Fiandaca-Musco, 383). La fonte del rapporto disciplinare può essere costituita dal diritto pubblico (scuole, ospedali), ovvero dal diritto privato. Quanto alle persone sottoposte all'altrui autorità, in esse vengono ricompresi non solo i figli, ma anche le situazioni omologhe all'interno dei rapporti familiari (si pensi al fratello maggiore nei confronti dei minori o al convivente more uxorio rispetto ai figli dell'altro convivente, Fiandaca-Musco, 383). Non è tuttavia configurabile il delitto qualora il soggetto passivo sia il figlio già divenuto maggiorenne, ancorché convivente, trattandosi di persona non più sottoposta all'autorità del genitore (Cass. VI, n. 4444/2011). Si esclude la ricorrenza dello ius corrigendi in assenza di un rapporto di supremazia diretto o nel rapporto di coniugio (del Tufo, 451; Cass. VI, n. 5530/1974; la parità tra i coniugi, sancita dalla riforma del diritto di famiglia, ha escluso la configurabilità del delitto in esame, pure affermata in pronunce risalenti, Fiandaca-Musco, 384). Quanto alle ipotesi concernenti persone affidate per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia: si è precisato come l'affidamento per ragioni di educazione o istruzione, concerna i rapporti che si configurano nelle scuole, nei collegi, nelle parrocchie (Fiandaca-Musco, 385); con riguardo all'affidamento per ragioni di cura, esso presuppone il ricovero in luoghi di cura (tuttavia, attualmente, anche alla luce della diversa concezione del rapporto tra medico e paziente, si esclude la configurabilità del potere disciplinare in capo a medici e infermieri, Fiandaca-Musco, 385). Nel caso di rapporto disciplinare riguardante le persone affidate per l'esercizio di una professione o arte, essa è da intendersi ristretta alla solo ipotesi del rapporto di apprendistato: deve infatti escludersi la configurabilità del potere di correzione del datore di lavoro sui singoli lavoratori. Fiandaca-Musco, 385). Pericolo di malattia L'abuso è punibile solo se fa nascere il pericolo di una malattia: da taluni inteso come “condizione obiettiva di punibilità” (Fiandaca-Musco, 386; da altri, elemento costitutivo, e, come tale, oggetto del dolo, Bricola, voce Punibilità (condizioni obiettive di), in Nss. d. it. XIV, 1967, 597). Per quanto concerne la nozione di malattia, essa viene intesa in senso più ampio rispetto a quella di cui al reato di “lesione personale”: la malattia “fisica” è integrata da qualsiasi alterazione dell'integrità fisica, anche lievissima; quella “psichica”, da ogni conseguenza rilevante sulla salute psichica del soggetto passivo: ansia, insonnia, disturbi del comportamento, del Tufo, 454, Cass. III, n. 49433/2009, nello stesso senso, Cass. VI, n. 19850/2016). Relativamente alla nozione di “pericolo” esso viene interpretato nei termini di probabilità e non semplice “possibilità” (così Fiandaca-Musco, 386; Antolisei, 533). In sede di legittimità si è precisato come la nozione di malattia sia più ampia di quella del fatto di lesione personale, estendendosi fino a comprendere ogni conseguenza rilevante sulla salute psichica del soggetto passivo, quali stato d'ansia, insonnia, disagio psicologico, disturbi del carattere ed alimentari (Cass. VI, n. 7969/2020). Elemento psicologicoIl delitto è doloso; il dolo è generico, e consiste nella consapevolezza e volontà di abusare dei mezzi di correzione, non essendo richiesto dalla norma il fine specifico, ossia un fine ulteriore rispetto alla volontà di realizzare la condotta di abuso (Cass. VI, n. 18289/2010; giurisprudenza risalente riteneva invece ricorrente il dolo specifico consistente nell'animus corrigendi, peraltro assunto come elemento differenziatore dal delitto di maltrattamenti: così Cass. I, n. 13404/1977. Si tratta di un tesi non accolta dalla dottrina prevalente e dalla giurisprudenza, in quanto, si afferma, l'animus corrigendi costituisce un requisito implicito della condotta, Fiandaca-Musco, 386). L'animus corrigendi non è idoneo a far entrare nell'ambito applicativo della fattispecie meno grave (art. 571) ciò che oggettivamente ne è escluso (Cass. VI, n. 4904/1996). Consumazione e tentativoIl delitto non ha natura di reato necessariamente abituale, pertanto può dirsi integrato anche da un unico atto espressivo dell'abuso, ovvero da una serie di comportamenti lesivi dell'incolumità fisica e della serenità psichica del minore, che, mantenuti per un periodo apprezzabile e complessivamente considerati, realizzano l'evento (quale che sia l'intenzione correttiva o disciplinare del soggetto attivo, Cass. VI, n. 18289/2010). Il delitto di consuma con il realizzarsi del fatto abusivo, sempre che ne derivi pericolo di una malattia nel corpo o nella mente ( Cass. III, n. 49433/2009). Forme di manifestazioneCircostanze Il delitto è aggravato se dal fatto derivi una lesione personale o la morte (art. 571, comma 2). In senso critico si è osservato come le pene previste siano tuttavia inferiori alle medesime condotte, ove realizzate non a seguito di abuso di mezzi di correzione (del Tufo, 454). Quanto al rapporto con l'attenuante di cui all'art. 62 n. 1 (motivi di particolare valore morale o sociale), si è ritenuto come lo scopo correttivo, rientrando tra gli elementi essenziali del reato sotto il profilo soggettivo, non possa essere preso in considerazione una seconda volta ai fini dell'integrazione dell'attenuante (Cass. I, n. 1935/1965). Rapporti con altri reatiLa differenza con il delitto di maltrattamenti risiede nella condotta: nell'art. 571 si abusa di un mezzo che poteva lecitamente adoperarsi; nel delitto di cui all'art. 572, si fa ricorso a mezzi già illeciti di per sé (del Tufo, 454). Secondo altri, nell'art. 571, il soggetto attivo abusa di un potere di cui è normativamente titolare; nel delitto di cui all'art. 572 si abusa di una posizione di supremazia fattuale verso la vittima (Spena, 349 s). La S.C. ha ritenuto come l'uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore, anche ove sostenuto da animus corrigendi, non possa rientrare nell'ambito del delitto di cui all'art. 571, ma concretizzi, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti (Cass. VI, n. 53425/2014, da ultimo, Cass.VI, n. 26927/2018 e Cass. VI, n.17810/2019). Si è altresì precisato come, ai fini della distinzione rispetto al delitto di cui all'art. 572, non abbia rilievo la circostanza che gli atti vessatori siano compatibili con un intento correttivo ed educativo proprio della concezione culturale di cui l'agente sia portatore (Cass. VI, n. 43283/2018). Né l'elemento differenziale rispetto al delitto di cui all'art. 572 c.p. può individuarsi nel grado di intensità delle condotte violente tenute dall'agente, in quanto l'uso della violenza per fini correttivi o educativi non è mai consentito (la S.C. ha precisato che il reato in commento presupponga l'uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi in via ordinaria consentiti, quali l'esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche, l'obbligo di condotte riparatorie o forme di rimprovero non riservate, Cass. VI, n. 11777/2020). CasisticaIntegra il reato di abuso di mezzi di correzione o di disciplina il comportamento dell'insegnante che svaluti, denigri o violenti psicologicamente un alunno causandogli pericoli per la salute, atteso che, in ambito scolastico, il potere educativo o disciplinare deve sempre essere esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento deviante del minore, senza superare i limiti previsti dall'ordinamento o consistere in comportamenti afflittivi dell'altrui personalità (Cass. V, n. 47543/2015). Non integrano il delitto di cui all'art. 571 le condotte di un insegnante di asilo nido non violente e tipicamente affettuose, non potendo esse essere interpretate, per la loro connotazione di piccolo eccesso o mancanza di misura nella relazione tra l'educatore e il minore, come abuso in ambito scolare (Cass. VI, n. 11795/2013 ). È stata esclusa la configurabilità del reato relativamente ad un' insegnante che aveva trattenuto per un braccio una bambina per sottrarla alle possibili aggressioni dei compagni di scuola, atteso che tale condotta era evidentemente finalizzata a preservare la incolumità della piccola alunna (Cass. VI, n. 20236/2018). Non integra la condotta di abuso di mezzi di correzione, ma quella di maltrattamenti (art. 572) la condotta del datore di lavoro e dei suoi preposti, che nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato abbiano posto in essere atti volontari idonei a produrre uno stato di abituale sofferenza fisica e morale dei subordinati, quando la finalità perseguita dagli agenti non sia la loro punizione per episodi censurabili, ma lo sfruttamento degli stessi per motivi di lucro (Cass. VI, n. 10090/2001). Non è configurabile il reato in commento nei confronti di chi abbia assunto i soli compiti dell'amministratore di sostegno (artt. 404 e ss. c.p.), in quanto limitati alla assistenza per il compimento di atti negoziali a tutela degli interessi patrimoniali del soggetto che ne beneficia e non implicanti competenze educative, né poteri-doveri di cura e custodia della persona (la S.C. ha escluso la riqualificazione del delitto di maltrattamenti in quello di cui all'art. 571 c.p., in ragione dell'età avanzata della vittima e dell'insussistenza in capo all'amministratore di sostegno dello "jus corrigendi", Cass. VI, n. 1222/2020). Profili processualiIl reato è procedibile d'ufficio; la competenza è del Tribunale monocratico (udienza preliminare); nel caso di “morte”, la competenza è della Corte d'Assise. L'arresto è facoltativo nelle ipotesi di lesione gravissima o morte; il fermo è consentito in caso di morte; la custodia cautelare e le altre misure cautelari sono consentite nelle ipotesi di lesione gravissima o morte. L'art. 282 -bis, comma 6, c.p.p. prevede l'applicabilità della misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare, ove il delitto sia commesso a danno dei prossimi congiunti o del convivente (benché la sanzione possa non rientrare nei limiti stabiliti dalla disposizione). È previsto (ex art. 384-bis c.p.p., introdotto dalla l. n. 119/2013) altresì l'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare. Nel caso in cui il delitto sia stato commesso in danno dei prossimi congiunti è stabilita la sospensione dell'esercizio della potestà genitoriale, ex art. 288 c.p.p. nel caso in cui il delitto sia stato commesso in danno dei prossimi congiunti. Il comma 3 dell'art. 83 (“Nuove misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare”), del d.l. n. 18/2020, ha escluso i procedimenti per l'adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari, dalle previsioni di rinvio di ufficio di tutte le udienze (comma 1) e dalla sospensione di tutti i termini (comma 2) dal 9 marzo al 15 aprile 2020. Non è necessario che il giudice ricorra alla perizia per stabilire la sussistenza del pericolo di una malattia fisica o psichica, in quanto esso è desumibile dalla natura stessa dell'abuso, secondo le regole della comune esperienza (Cass. VI, n. 6001/1998). BibliografiaDel Tufo, Delitti contro la famiglia, in Pulitanò, Diritto penale, Parte speciale, I, Tutela penale della persona, Torino, 2014, 450; Demuro, Profili funzionali ed imputazione soggettiva in tema di abuso di mezzi di correzione, in Giur. mer. 1993, 1345; Dipaola, Art. 571, in Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, a cura di Lattanzi, Lupo, Milano, 2010S; Dolcini-Gatta, Art. 571, in Codice penale commentato, a cura di Dolcini, Gatt, Milano, 2015; Larizza, La difficile sopravvivenza del reato di abuso di mezzi di correzione, in Cass. pen. 1997, 33; Mazza, voce Maltrattamenti ed abuso di mezzi di correzione, in Enc. giur. Treccani, 1990, XIX; Pisapia, voce Abuso dei mezzi di correzione e di disciplina, in Dig.d.pen., I, Torino, 1987; Spena, Reati contro la famiglia, in Trattato di diritto penale, diretto da Grosso, Padovani, Pagliaro, Parte speciale, XIII, Milano, 2012. |