Codice Penale art. 584 - Omicidio preterintenzionale.Omicidio preterintenzionale. [I]. Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni [43, 585, 586; 1151 c. nav.] (1). (1) Per un'ipotesi di aumento di pena, v. art. 36 l. 5 febbraio 1992, n. 104. competenza: Corte d'Assise arresto: facoltativo fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoL'omicidio preterintenzionale è l'unica figura “nominata” di preterintenzione; la gravità sanzionatoria prevista per il reato si spiega con il tipo di condotta che ha cagionato la morte, cioè una condotta direttamente aggressiva del corpo della persona: il degenerare delle conseguenze, che conducono alla morte del soggetto passivo, viene valutato dal legislatore come uno “sviluppo coerente con la pericolosità della condotta base”, che sia assume come inosservante delle regole cautelari funzionali alla tutela della vita (Pulitanò, 71). SoggettiÈ un delitto comune, che può essere commesso da chiunque. MaterialitàLa condotta consiste nel fatto di chi, con atti diretti a percuotere una persona o a procurarle una lesione personale, ne cagiona senza, volerla, la morte (Mantovani, 107). Deve sussistere un nesso di causalità tra gli atti — diretti a percuotere o ledere — e l'evento letale. Ai fini del delitto di omicidio preterintenzionale, dal punto di vista oggettivo, è essenziale la commissione di "atti diretti" a percuotere e/o ferire; vale a dire, atti diretti a esercitare una coazione fisica sulla persona (riconducibili alla previsione dell'art. 581 ovvero a quella dell' art. 582, che abbiano, come fine ultimo, l'inflizione di una sofferenza, sia essa - nelle percosse - una sensazione di dolore o di fastidio, ovvero - nelle lesioni - una menomazione, anche temporanea, dell'integrità fisica (Cass. V, n. 18048/2018). La giurisprudenza di legittimità non richiede che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o lesioni voluto dall'agente. È stato infatti di recente confermato che è necessario un rapporto di causa ed effetto tra gli atti predetti e l'evento letale, senza che sia necessario che la serie causale produttiva della morte costituisca lo sviluppo immediato e diretto dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto (Cass. IV, n. 890/2024). Può dunque costituire una conseguenza a lungo termine o comunque non contestuale, purché riconducibile, sul piano eziologico, alla condotta base di percosse o lesioni. In sede di legittimità si è osservato come le cause che operano in sinergia con la condotta dell'imputato non sono cause da sole sufficienti a produrre l'evento, non potendosi qualificare come del tutto indipendenti dalla condotta del soggetto attivo (Cass. V, n. 35015/2016). Rispetto all'omicidio comune, la previsione di cui all'art. 584 presenta l' elemento specializzante della condotta, consistente in “ atti diretti a percuotere o ledere ” (se la morte è causata con atti diversi, potranno ricorrere i delitti di cui agli artt. 586 e 589, Mantovani , 107). Per la nozione di percosse o lesioni, si v. rispettivamente sub artt. 581 e 582. Quanto alla condotta base — atti diretti a percuotere o ledere — dottrina prevalente ritiene che non è necessario che essi siano perfezionati, benché sia necessario che raggiungano almeno la soglia del tentativo (Mantovani, 109; Fiandaca-Musco, PS, 25, a tenore dei quali l'omicidio preterintenzionale presuppone almeno un tentativo di percosse e lesioni). In senso diverso talune decisioni della S.C., secondo le quali non sia necessaria la configurabilità del tentativo per la condotta base (non essendo richiesta l'idoneità degli atti, Cass. IV, n. 17687/1989), ritenendosi sufficiente un atteggiamento “semplicemente aggressivo o minaccioso” (Cass. V, n. 4793/1988). La condotta di lesione può consistere anche in un comportamento omissivo. Elemento psicologicoL'individuazione dell'elemento psicologico va considerata con riguardo: 1) alla condotta-base di lesioni o percosse; 2) all'evento “morte”. Lesioni o percosse La condotta base di lesioni o percosse deve essere dolosa. Si discute se essa richieda il solo dolo intenzionale (così Mantovani, 109), motivato sulla scorta del riferimento alla “direzione” degli atti; o sia ammissibile anche il dolo eventuale, condizionato tuttavia dall'adesione all'orientamento che ne ammette la compatibilità con il tentativo (laddove si richieda che le lesioni o percosse ne integrino gli estremi. In sede di legittimità si ritiene come l'elemento psicologico consista nell'aver voluto (anche solo a livello di tentativo) l'evento minore (percosse o lesioni) e non anche l'evento più grave (morte), che costituisce solo la conseguenza diretta della condotta dell'agente. Si tratta non di dolo e responsabilità oggettiva, né di dolo misto a colpa, ma unicamente del dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all'art. 43 pone una valutazione ex lege quanto alla prevedibilità dell'evento da cui dipende l'esistenza del delitto, ritenendo l'assoluta probabilità che da una azione violenta contro una persona possa derivare la morte della stessa (Cass. V, n. 18048/2018). La S.C. ha ritenuto che il riferimento normativo agli “atti diretti a percuotere o ledere” non escluda che tali atti possano essere sorretti da dolo eventuale, poiché la direzione degli atti va intesa come requisito strutturale oggettivo dell'azione, comprendente anche quelli costituenti semplice tentativo (Cass. V, n. 4237/2008; nello stesso senso Cass. V, n. 18048/2018). Nel caso in cui il soggetto abbia agito con la volontà indifferentemente di uccidere o ferire la vittima (c.d. dolo alternativo) non si configura l'omicidio preterintenzionale, sussistendo la forma dolosa — benché in forma indiretta — dell'evento omicidiario più grave (Cass. I, n. 7362/1982; in dottrina Beltrani, 258). Morte Quanto all'evento-morte, esso non deve essere voluto, neanche nella forma del dolo alternativo o eventuale, configurandosi altrimenti lo schema dell'omicidio doloso. Con riguardo alla previsione, taluni ritengono che l'evento — morte non debba neanche essere previsto, integrandosi altrimenti la previsione di cui all'art. 575; altri invece l'ammettono, richiamando l'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 61 n. 3 (Dolcini-Gatta, 3037). Si discute se la “morte” debba essere imputata a titolo di responsabilità oggettiva ovvero a titolo di colpa. Aderisce alla ricostruzione dell'omicidio preterintenzionale quale dolo misto a responsabilità oggettiva, la prevalente giurisprudenza che, conformemente al criterio del versari in re illicita, attribuisce l'evento-morte sulla base del solo nesso di causalità con al condotta base di lesioni o percosse (in tal senso la S.C., che pone a carico l'evento morte, a carico pur essendo insussistente un rapporto di causalità psichica tra la condotta e l'evento maggiore, così da rappresentare un quid pluris rispetto all'evento effettivamente perseguito; esso si pone pertanto fuori dalla sfera di volontà dell'agente che ha investito soltanto la condotta finalizzata alla percosse o alle lesioni, Cass. I, n. 9449/1986). Ritiene preferibile la tesi del dolo misto a colpa, la prevalente dottrina, sulla scorta della necessità di reinterpretare le ipotesi di responsabilità oggettiva alla luce del principio di colpevolezza, così come imposto dalla sentenza della Corte Cost. n. 364/ 1988 (Mantovani, 111; Pulitanò, 71; in giurisprudenza: Cass. I, n. 19611/2006; Cass. I, n. 4836/ 1985; si v. pure Cass. I, n. 10436/ 1984). La S.C. ha precisato come, allorquando l'agente abbia agito con dolo alternativo —volontà di ferire o uccidere indifferentemente — o con dolo eventuale — evento previsto in termini di probabilità e di accettazione, non ricorra l'omicidio preterintenzionale (Cass. I, n. 7362/1982). In dottrina si è sottolineata la necessità che la sussistenza dei coefficienti d'imputazione soggettiva descritti sia oggetto di concreto accertamento; in particolare, con riguardo all'evento-morte, dovrà riscontrarsi l'idoneità in concreto delle specifiche condotte di lesioni o percosse a cagionarla (nei termini di prevedibilità ed evitabilità della stessa, Mantovani, 110). L'evento-morte deve costituire il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal "reo" con la condotta intenzionale volta a ledere una persona, sicché esso non può essere imputato a titolo preterintenzionale, ma deve essere punito a titolo di colpa, in quanto effetto di una serie causale diversa da quella avente origine dall'evento di lesioni dolose, ove sia del tutto estraneo all'area di rischio attivato con la condotta iniziale - intenzionalmente diretta a provocare lesioni - e sia, invece, conseguenza di un comportamento successivo (Cass.V, n. 15269/2022). Ai fini della valutazione della intensità del dolo non assume alcuna rilevanza la riqualificazione della condotta da omicidio doloso in omicidio preterintenzionale, in quanto la differenza tra le due ipotesi di reato attiene all'oggetto del dolo e non al grado di intensità del coefficiente soggettivo delittuoso, che il giudice dovrà quindi valutare non già con riferimento alla volontà di uccidere, ma a quella di percuotere o ledere (Cass. V, n. 37855/2019). Il delitto può configurarsi, con riguardo all'elemento psicologico, anche quando l'agente, nel compiere una rapina, oltre ad agire con violenza su talune persone, provochi, senza volerlo, la morte di altre (Cass. V, n. 13192/2019). Attività medica e omicidio preterintenzionale Nel caso di morte conseguente ad intervento chirurgico non consentito (benché correttamente eseguito), la Suprema Corte ha ritenuto integrata la fattispecie di cui all'art. 584, sulla scorta della qualificazione nei termini di lesione dell'intervento (Cass. V, n. 5639/1992). La configurabilità dell'omicidio preterintenzionale è stata successivamente esclusa dalla Suprema Corte sulla base della mancata ricorrenza del dolo intenzionale, quanto alla condotta base di lesioni (Cass. IV, n. 28132/2001, che ha invece riconosciuto la ricorrenza del delitto di omicidio colposo; e, più radicalmente, sulla impossibilità dell'intervento medico di integrare il delitto di lesioni Cass. I, n. 26446/2002). La S.C., in tema di omicidio preterintenzionale, ha affermato come l'omesso rispetto da parte della vittima delle cure e della terapie prescritte dai sanitari, non elide il nesso di causalità tra la condotta di lesioni e percosse posto in essere dall'agente e l'evento morte, non integrando detta omissione un fatto imprevedibile ed uno sviluppo assolutamente atipico della serie causale (Cass. V, n. 35709/2014; Cass. V, n. 18048/2018). Nel caso di lesioni personali seguite da decesso della vittima dell'azione delittuosa, le eventuali omissioni dei sanitari nelle successive terapie mediche, non elidono il nesso di causalità tra la condotta lesiva dell'agente e l'evento — morte, con la conseguente configurabilità dell'omicidio preterintenzionale; esse infatti non costituiscono uno sviluppo imprevedibile ed atipico rispetto alla serie causale precedente, della quale rappresentano uno sviluppo evolutivo, pur se non indefettibile (Cass. V, n. 17394/2005; Cass.V, n. 18396/2022). In caso di morte del paziente, che costituisca conseguenza causale diretta di un trattamento medico-chirurgico che abbia provocato coscientemente un'inutile mutilazione, posto in essere per fini estranei alla tutela della salute della vittima (siano essi di natura lucrativa, scientifica, dimostrativa, didattica, esibizionistica), non si applica la previsione di cui all'art. 589, ma, alternativamente, l'omicidio preterintenzionale ex art. 584 oppure, nel caso di accertata esistenza dell'animus necandi, l'omicidio volontario ex art. 575 (Cass. I, n. 14776/2017; Cass.V, n. 34983/2020 ). Consumazione e tentativoIl delitto di consuma al verificarsi dell'evento “morte” del soggetto passivo. Si esclude la configurabilità del tentativo, in quanto nell'omicidio preterintenzionale deve mancare la volontà dell'evento — “morte” (quale evento perfezionativo, Mantovani, 109). Nello stesso senso la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, la previsione nell'art. 584 della produzione di un evento non voluto, ne determina l'incompatibilità con il con il tentativo, (Cass. I, n. 41095/2004; Cass.VII, n. 372016/2020) infatti, se la morte: si verifica, il reato è perfezionato; se non si verifica, il soggetto risponderà di lesioni o percosse tentate (in assenza di volontà omicida, in dottrina Mantovani, 109; richiama la configurabilità del tentativo, anche Cass. V, n. 6403/1990). Forme di manifestazioneConcorso di persone Il concorso di persone, con riguardo all'omicidio preterintenzionale si configura quando vi sia la partecipazione materiale o morale di più soggetti attivi nell'attività diretta a percuotere o ledere una persona senza volontà di ucciderla (e vi sia un evidente rapporto di causalità tra tale condotta e l'evento mortale, Cass. V, n. 12413/ 2013, Cass. V, n. 1751/2004). Il dolo dei singoli concorrenti ha ad oggetto, nella dimensione monosoggettiva, le sole percosse o lesioni, e non già la prevedibilità dell'evento letale, che nel delitto preterintenzionale non è voluto da alcuno, e, nella dimensione plurisoggettiva, la volontà di concorrere nel reato altrui, che può manifestarsi anche come intesa istantanea, o conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui, o, infine, semplice adesione all'opera di un altro che ne rimanga ignaro (Cass. V, n. 4715/2020). La giurisprudenza ha escluso la compatibilità tra la previsione di cui all'art. 116 con lo schema dell'omicidio preterintenzionale, che esclude la volontà da parte dei concorrenti (Cass. V, n. 12111/1987). Circostanze Si v. sub art. 585. Rapporti con altri reatiRispetto alla fattispecie di cui all'art. 586 (“morte o lesione come conseguenza di altro delitto”), la distinzione va ravvisata nella natura di previsione generale di questa (che richiede che la morte sia conseguenza non voluta di un delitto doloso), nella quale è assente il rapporto di progressione che intercorre tra la condotta base — atti diretti a percuotere o ledere — e la “morte” nella fattispecie, speciale, di cui all'art. 584 (Mantovani, 111). La S.C. ha precisato come nell'omicidio preterintenzionale l'attività del colpevole è diretta a realizzare un fatto che, ove non si verificasse la morte, costituirebbe reato di lesione personale o percosse, mentre nella previsione di cui all'art. 586 la detta attività deve realizzare un delitto doloso diverso (dalle lesione o percosse). Si aggiunge come nella preterintenzione è necessario che la lesione giuridica si riferisca allo stesso genere di interessi giuridici, cioè vita, incolumità fisica (diversamente che per la previsione di cui all'art. 586, Cass. V, n. 6403/ 1990; Cass. V, n. 23606/2018). Relativamente alla previsione dell'aberratio delicti, essa va ritenuta quale norma generale rispetto alla fattispecie di cui all'art. 584 (Mantovani, 111) Il criterio distintivo tra l'omicidio preterintenzionale e l'omicidio volontario risiede nell'elemento psicologico: nel primo la volontà dell'agente è diretta a percuotere o ferire la vittima, con esclusione della previsione dell'evento morte; nel secondo la volontà dell'agente è costituita dall'animus necandi, ossia dal dolo intenzionale, nelle gradazione del dolo diretto o eventuale (il cui accertamento è rimesso alla valutazione rigorosa di elementi oggettivi desunti dalle modalità concrete della condotta: tipo e micidialità dell'arma, reiterazione e direzione dei colpi, distanza di sparo, parte del corpo presa di mira e attinta, Cass. I, n. 35369/ 2007; si v. pure Cass. I, n. 25239/2001 ; si v.Cass. I, 3619/2017 che ha escluso la configurabilità dell'art. 584 in favore del richiamo all'art. 575 a proposito di della condotta in cui i colpevoli, nel corso di una rapina commessa nell'abitazione di una persona anziana, le avevano oppresso ed occluso il naso e la bocca con un cuscino ed un canovaccio, impedendole di respirare e cagionandone la morte, intervenuta per soffocamento; nello stesso senso Cass. I, n. 56701/2017). Quanto al rapporto con il delitto di lesioni, di cui all'art. 582 cp, in sede di legittimità si è escluso il contrasto con la preclusione del giudicato connessa al p rincipio del “ne bis in idem” ( non ri correndo l'identità del fatto) - relativamente al la condanna per il delitto di omicidio preterintenzionale nei confronti di un soggetto già condannato per lesioni personalicon sentenza divenuta irrevocabile in relazione alla stessa condotta - in quanto il fatto concreto di cui all'art. 584 cod. pen. è caratterizzato dall'evento-morte, che è, invece, assente nel delitto di cui all'art. 582 cod. pen., la cui tipicità è integrata dal diverso, e meno grave, evento delle lesioni personali . In tale sede si è tuttavia precisato come il giudice del secondo procedimento, in ossequio al principio di detrazione, debba assicurare, mediante un meccanismo di compensazione, che “l'importo complessivo delle sanzioni” irrogate sia proporzionato alla gravità dei rea ti complessivamente considerati (Cass. V, n. 1363/2022). CasisticaIn tema di valutazione del delitto di omicidio, deve ritenersi contraddittorio il riconoscimento della preterintenzionalità quando la morte sia conseguente ad un violento pestaggio, premeditato, motivato da ragioni di vendetta e eseguito con modalità che la stessa sentenza definisce “bestiali” (Cass. V, n. 5129/1997). Si configura la fattispecie di cui all'art. 584 nel caso in cui l'imputato dando una spinta al soggetto passivo, ne abbia cagionato la morte, sopraggiunta per effetto dello stimolo stressante esterno costituito dalla spinta, all'esito di una insufficienza cardiaca acuta (Cass. V, n. 15004/2004). Integra il delitto di omicidio preterintenzionale la condotta consistente nel cagionare la morte iniettando una dose di eroina a persona consenziente (Cass. I, n. 31466/2012) Risponde di omicidio preterintenzionale l'aggressore che ha inteso percuotere la vittima colpendola con un ombrello, brandito a guisa di schermidore (Trib. Roma, 15 febbraio 2008). Configura il reato di omicidio preterintenzionale la condotta di chi, attraverso un gioco erotico di sodomizzazione, non già diretto a provocare piacere sessuale, ma ad infliggere un dolore o una punizione, provoca la morte della vittima come conseguenza della volontà di manomettere con violenza l'altrui persona (Cass. V, n. 18048/2018). Profili processualiIl delitto è procedibile d'ufficio; la competenza è della Corte d'Assise. L'arresto è facoltativo; sono consentite sia il fermo, sia la custodia cautelare, che le altre misure cautelari personali. I delitti preterintenzionali devono considerarsi autonomi ed unitari, pertanto l'evento meno grave non può trovare autonoma rilevanza ai fini dell'amnistia o della prescrizione (Beltrani, 258). BibliografiaBasile, La colpa in attività illecita. Un'indagine di diritto comparato sul superamento della responsabilità oggettiva, Milano, 2005; Beltrani, Corso di diritto penale, Torino, 2009; Canestrari, voce Preterintenzione, in Dig. d. pen., IX, Torino, 1995; Grosso, voce Preterintenzione, in Enc. giur. Treccani, XXIV, Roma, 1991; Gallo, Preterintenzione e prevedibilità, in Crit. dir., 2006, 12; Dolcini-Gatta, Art. 584, in Codice penale commentato, a cura di Dolcini-Gatta, Milano, 2015; Iadecola, Sulla configurabilità del delitto di omicidio preterintenzionale in caso di trattamento medico con esito infausto, praticato al di fuori dell'urgenza e senza il consenso del paziente, in Cass. pen. 2002, p. 2041; Manna, voce Trattamento medico-chirurgico, in Enc. dir., Milano, 1992, XLIV; Mantovani, Diritto penale, p.s., Delitti contro la persona, Torino, 2013; Marra, La mancanza di un valido consenso del paziente al trattamento chirurgico non può trasformare la colpa del medico in dolo, in Cass. pen., 2007, 767; Militello, voce Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, in Dig. d. pen., Milano, VIII; 1994; Patalano, voce Preterintenzione, in Enc. dir., XXXIV, Milano, 1985; Pulitanò, L'omicidio, in Pulitanò, Diritto penale, Parte speciale, I, Tutela penale della persona, Torino, 2014, 70 ss.; F. Ramacci, I delitti di omicidio, Torino, 1997; Viganò, Profili penali del trattamento chirurgico eseguito senza il consenso del paziente, in Riv. it. dir. proc. pen., 2004, 145. |