Codice Penale art. 585 - Circostanze aggravanti.

Maria Teresa Trapasso

Circostanze aggravanti.

[I]. Nei casi previsti dagli articoli 582, 583, 583-bis , 583-quinquies e 584, la pena è aumentata da un terzo alla metà, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 576, ed è aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive, ovvero da persona travisata o da più persone riunite 1.

[II]. Agli effetti della legge penale, per armi s'intendono:

1) quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona [704];

2) tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo.

[III]. Sono assimilate alle armi le materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti [704].

 

[1] Le parole «, 583-quinquies» sono state inserite dall'art. 12, comma 4, l. 19 luglio 2019, n. 69, in vigore dal 9 agosto 2019. Precedentemente il presente comma è stato sostituito dall'art. 3 della l. 15 luglio 2009, n. 94. Il testo del comma era il seguente: «Nei casi preveduti dagli articoli 582, 583 e 584, la pena è aumentata da un terzo alla metà, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dall'articolo 576; ed è aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dall'articolo 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive». Per ulteriori ipotesi di aumento di pena v. art. 36 l. 5 febbraio 1992, n. 104 e art. 1, l. 25 marzo 1985, n. 107.

Inquadramento

Nei casi previsti dagli artt. 582, 583, 583-bis (previsione così inserita con l'art. 3, comma 59, l. n. 94/2009) e 584, la norma prevede un aumento di pena:

1) da un terzo alla metà (circostanza ad effetto comune), se concorre una delle aggravanti di cui all'art. 576 (si v. sub art. 576);

2) fino ad un terzo (circostanza ad effetto speciale):

- se concorre una delle aggravanti di cui all'art. 577 (si v. sub art. 577); oppure

- se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive ovvero da persona travisata o da più persone riunite.

Il richiamo alle ipotesi delle “persone travisate” o “più persone riunite”, già prevista nell'art. 628, comma 3, n. 1, è stata introdotta dalla l. n. 94/2009.

L'intervento normativo operato dal legislatore con la legge c.d. Codice rosso ha interessato l'art. 585 nel senso dell'estensione della sua applicazione anche alla fattispecie di cui all'art. 583-quinquies. Tale previsione, concernente il delitto di “Deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso” (introdotto dall'art. 12, comma 1, l. n. 69/2019) è stata infatti aggiunta tra le ipotesi per le quali è previsto dall'art. 585, comma 1, un aumento di pena da un terzo alla metà ove concorra taluna delle aggravanti di cui all'art. 576 c.p., ed un aumento fino ad un terzo, ove concorra taluna delle aggravanti di cui all'art. 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o sostanze corrosive (come avviene ordinariamente per le condotte di cui all'art. 583-quinquies), ovvero da persona travisata o da più persone riunite.

Fatto commesso con “armi”

Si tratta di una circostanza speciale, di carattere oggettivo (Cass. I, n. 1449/1986, rilevante ex art. 70, n. 1; da ultimo Cass. V, n. 50947/2019) che consiste nel fatto “di aver usato, per commettere un reato, un'arma che sia tale secondo la nozione contenuta nell'art. 585”. La nozione di armi è stabilita dall'art. 585, comma 2, a tenore della quale esse vanno intese come quegli oggetti che, in relazione alla loro facilità d'impiego e potenzialità lesiva, risultano idonee all'offesa della persona.

Ai fini dell'integrazione dell'aggravante, non rileva la legittimità o meno del possesso o del porto di tale arma o il luogo ove avvenga l'uso della stessa (Cass. I, n. 9520/1981; in dottrina D'Andria, 293).

L'interpretazione prevalente afferma come la circostanza del “fatto commesso con armi” ricorra solo quando l'oggetto qualificato come arma è usato in maniera propria, conformemente alla sua funzione di strumento idoneo e destinato all'offesa dell'incolumità personale (Cass. I, n. 8481/2012; nello stesso senso, Cass. I, n. 7524/1991, in cui la S.C. ha escluso l'aggravante sul rilievo che l'imputato aveva utilizzato impropriamente un'arma comune da sparo come corpo contundente).

In senso contrario si è tuttavia osservato come la possibilità di considerare come arma impropria qualsiasi oggetto utilizzato come corpo contundente (in tal senso la previsione di cui agli artt. 4, commi 2, e 9 l. n. 110/1975), determina l'integrazione della circostanza in commento (Dolcini-Gatta, 3048).

Quanto alla definizione della nozione di “armi”, l'art. 585 opera una distinzione, ricomprendendo al suo interno, rispettivamente, le “armi da sparo” e tutte le altre la cui destinazione naturale sia l'offesa alla persona (c.d. armi proprie) e tutti gli strumenti atti ad offendere, di cui la legge vieta il porto in modo assoluto o senza giustificato motivo (c.d. armi improprie). Le norma ricomprende espressamente tra le armi, altresì le materia esplodenti e i gas asfissianti o accecanti.

L'uso di un'arma giocattolo, pur idonea a realizzare la minaccia costitutiva del delitto di rapina, non può integrare l'aggravante di cui all'art. 628, comma 3, n. 1, per la cui ravvisabilità è necessario che sia usata una vera e propria arma (Cass. II, n. 13502/1989).

Armi “proprie”

Secondo la definizione del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza — r.d. n. 773/1931 (e dagli artt. 44 e 45 r.d. n. 635/1940 — reg. t.u.l.p.s.) le armi proprie sono quelle da sparo e tutte quelle la cui destinazione naturale è quella di offesa alla persona, rientra nella categoria delle armi proprie non da sparo il coltello a serramanico a scatto (detto anche “molletta”), in quanto la sua lama — una volta aperta di scatto mediante un congegno a molla — resta fissata nel manico, assumendo la caratteristica propria di un pugnale o stiletto. Rientra invece nella categoria degli strumenti da punta o da taglio atti a offendere il coltello a serramanico non a scatto, il cui porto fuori dall'abitazione o della appartenenze di essa deve essere comunque sorretto da giustificato motivo (Cass. I, n. 4514/1995).

In sede dottrinale la categoria delle armi proprie è stata articolata secondo le seguenti partizioni (Dolcini-Gatta, 3048 s.), descritte dalla disciplina di cui alla l. n. 110/1975:

a ) Armi da guerra. Descritte dall'art. 1, comma 1, l. n. 110/1975, sono le armi di ogni specie, che, in virtù della loro potenzialità offensiva, vengono impiegate nel contesto bellico.

b ) Armi da sparo. Quanto alle armi da sparo — il cui elenco è contenuto nell'art. 2, commi 1 e 2, l. n. 110/1975 — esse sono state intese dalla giurisprudenza di legittimità come quegli “oggetti idonei a lanciare proiettili mediante una forza propellente, sia che l'impulso avvenga per effetto dell'accensione di un esplosivo, sia che venga provocato dall'aria compressa” (in giurisprudenza Cass. I, n. 14720/1986). La nozione di “arma da fuoco” è stata precisata dalla previsione contenuta nell'art. 2, d.lgs. n. 204/2010, a tenore della quale essa corrisponde a “qualsiasi arma portatile a canna che espelle, è progettata ad espellere o può essere trasformata al fine di espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l'azione di un combustibile propellente, a meno che non sia esclusa per una della ragioni indicate al punto III dell'allegato I della direttiva 91/477/Cee e successive modificazioni” (Dolcini-Gatta, 3049).

c) Strumenti considerati armi comuni da sparo. Descritte, nell'art. 2, comma 3, l. n. 110/1975, esse ricomprendono: le armi da “bersaglio da sala”; ad emissione di gas (es. pistole e fucili a gas lacrimogeno (Cass. VI, n. 5681/1975); bombolette a spruzzo e bombolette spray antiaggressione (per esse è stata operata una distinzione a seconda che contengano gas lacrimogeno, Cass. I, n. 11753/ 2012, Cass. I, n. 27435/ 2005; ovvero una sostanza urticante, che ne determina la ricomprensione tra gli aggressivi chimici, il cui porto illegale costituisce reato ex  l. n. 895/1967); armi ad aria compressa o gas compressi; gli strumenti lanciarazzi (cioè strumenti forniti di una canna o di un supporto, che mediante l'impiego di una cartuccia a salve incendiano o lanciano un razzo, Dolcini-Gatta, 3050; D'Andria, 294 s.; Cass. I, n. 18026/2004).

d ) Armi non da sparo (c.d. armi bianche). Sono tale le armi non da sparo la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona (art. 585, comma 2). In detto ambito vengono prevalentemente ricomprese le armi da punta o da taglio, come il coltello a serramanico con lama a scatto; il pugnale; la scimitarra; lo stiletto; la sciabola.

Armi “improprie”

Sono definite tali tutti gli strumenti atti ad offendere delle quali è vietato dalla legge il porto — art. 4, l. n. 110/1975 — in modo assoluto ovvero senza giustificato motivo (art. 585, comma 2, n. 2): il porto senza giustificato motivo, disciplinato dall'art. 4, comma 2, l. n. 110/1975, concerne qualsiasi strumento non considerato come arma da punta e taglio, purché chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e luogo, per l'offesa alla persona (Cass. IV, n. 8222/1996). Rientrano in questa categoria, oltre agli strumenti da punta e taglio e gli altri oggetti specificamente indicati, anche qualsiasi strumento, che nelle circostanze di tempo e di luogo ove sia portato, sia potenzialmente utilizzabile per l'offesa alla persona (Cass. V, n. 27768/2010).

Secondo la giurisprudenza, per arma impropria deve intendersi qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all'offesa, che sia in concreto utilizzato per procurare lesioni personali (pertanto anche un pezzo di legno, se usato in un contesto aggressivo – cioè scagliato contro la persona offesa – costituisce arma impropria, Cass. V, n. 8640/2016), giacché il porto dell'oggetto cessa di essere giustificato nel momento in cui viene meno il collegamento immediato con la sua funzione per essere utilizzato come arma (Cass. V, n. 46482/2014).

Non rileva che si tratti di uso momentaneo ed occasionale dello strumento atto ad offendere, poiché la configurabilità dell'aggravante non richiede che concorra la contravvenzione di cui all'art. 4, l. n. 110/1975 (Cass. V, n. 12151/2011).

Anche se l'arma impropria viene portata per giustificato motivo, trova applicazione l'aggravante in quanto la legittimità del porto non influisce sull'esistenza dell'aggravante (Cass. V, n. 11872/2000).

Quando la vittima sia stata ferita nel corso di un'aggressione caratterizzata da più colpi, sferrati in parte a mani nude, in parte con l'uso di un'arma impropria, il reato si considera comunque aggravato ex art. 585, senza che rilevi l'eventuale specifica dipendenza della lesione da uno dei colpi portati senza l'arma, atteso che l'azione, se continua e rivolta all'offesa dello stesso bene, va considerata unica ed interamente attuata mediante l'uso dei mezzi impiegati (Cass. VI, n. 46498/2004).

Secondo l'art. 4 l. n. 110/1975, le armi improprie possono essere così ripartite:

a ) mazze ferrate, bastoni ferrati, sfollagente, noccoliere, storditori elettrici e altri apparecchi analoghi in grado di erogare una elettrolocuzione (art. 4, comma 1, l. n. 110/1975, come modificato dall'art. 5 d.lgs. n. 204/2010);

b ) bastoni muniti di puntale acuminato, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche (Dolcini-Gatta, 3052; spranga di ferro; manganello;

c ) strumenti da punta o da taglio atti a offendere (es. bisturi; machete; coltello “svizzero” multiuso; rasoio);

d ) qualsiasi strumento non considerato espressamente arma da punta o da taglio, utilizzabile, per circostanze di tempo e luogo, per l'offesa alla persona (ago di siringa; bicchiere di vetro; cacciavite; taglierino; sasso; cric;

e ) gli strumenti di cui all'art. 5, comma 4, l. n. 110/1975;

f ) i puntatori laser o oggetti con funzioni di puntatori laser;

g ) aste di bandiere, dei cartelli o degli striscioni, usate nelle pubbliche manifestazioni e nei cortei gli altri strumenti simbolici utilizzati nelle medesime circostanze, ove adoperati come oggetti contundenti (art. 4, ultimo comma, l. n. 110/1975).

Ricorre la circostanza aggravante del fatto commesso con armi quando il soggetto agente utilizzi una roncola, trattandosi di arma impropria, ai sensi dell'art. 4, comma secondo, della l. n. 110/1975, per il quale rientra in questa categoria qualsiasi strumento, che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui sia portato, sia potenzialmente utilizzabile per l'offesa della persona (Cass. V, n. 17942/2020).

Materiali esplodenti e gas asfissianti o accecanti

L'art. 585, comma 3, equipara alle “armi” le materie esplodenti ed i gas asfissianti.

Per “materie esplodenti” si intendono i corpi capaci di trasformarsi in gas ad elevata temperatura: sia “esplosivi” in senso stretto — prodotti ad elevata potenzialità micidiale — sia “altre materia esplodenti” — ordinariamente non micidiali (es. prodotti utilizzati per fuochi d'artificio, in dottrina D'Andria, 300; la distinzione rileva anche ai fini dell'interpretazione della previsione di cui all'art. 60, l. n. 689/1981, così Cass. S.U., n. 11213/1993).

I gas che rilevano ai fini dell'integrazione della previsione, sono solo quelli accecanti o asfissianti.

Sostanze corrosive

Integra l'aggravante l'utilizzo di sostanze corrosive (art. 585, comma 1): sono tali le sostanza che distruggono l'epidermide o le mucose della persona mediante ustione (vetriolo, acido solforico, calce viva; Dolcini-Gatta, 3054).

Più persone riunite

Ai fini della configurabilità dell'aggravante del fatto commesso da più persone riunite,, è richiesta la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della condotta violenta, pur se questa sia posta in essere da una soltanto di esse (Cass. V, n. 12743/2020 ; Cass.V, n. 22120/2022 ).

ll delitto di lesioni personali, commesso per eseguire il delitto di rapina, è procedibile d'ufficio e non a querela di parte, ricorrendo l'aggravante del nesso teleologico ai sensi del combinato disposto degli artt. 585,576, primo comma, n. 1 e 61, primo comma, n. 2, c.p. (Cass.II, n. 22081/2020).

Le aggravanti di cui al richiamato art. 576.

Un orientamento giurisprudenziale ha in passato ritenuto che l'aggravante del nesso teleologico tra il reato di lesioni personali e quello di resistenza a pubblico ufficiale assorbe necessariamente l'aggravante di aver commesso il fatto contro il pubblico ufficiale, di cui all'art. 576, comma 1, n. 5-bis (Cass. V, n. 25533/2015); il più recente, ed ormai dominante, orientamento ritiene, in senso contrario, che l'aggravante di cui all'art. 576, comma 1, n. 5-bis, c.p. sia configurabile anche in relazione al delitto di lesioni personali volontarie, nei casi in cui lo stesso concorra con quello di resistenza a pubblico ufficiale, poiché l'aggravante in esame introduce un elemento specializzante, riferito alle condotte poste in essere contro una particolare categoria di pubblici ufficiali, il cui disvalore non è assorbito da quello della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 337 c.p. (Cass. VI, n. 2608/2021; Cass. VI, n. 19262/2022).  

Si è anche ritenuto che, per il delitto di lesioni aggravato dall'art. 585, comma 1, c.p. in relazione all'art. 576, comma 1, n. 5-bis, c.p., in quanto causate ai danni di un agente di polizia locale a causa del servizio da questo espletato, la predetta circostanza aggravante è configurabile anche quando il fatto sia stato commesso a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio, ossia trovi la sua ragion d'essere proprio per il compimento di tale atto (Cass. V, n. 25270/2022).

Profili processuali

Il trattamento sanzionatorio più lieve previsto dall'art. 52, lett. b), d.lgs. n. 274/2000 non si applica al delitto di lesioni volontarie aggravato a norma dell'art. 585, comma 1, nemmeno qualora le circostanza aggravanti siano state neutralizzate per effetto della concessione di attenuanti, in quanto esso non appartiene alla competenza del giudice di pace, condizione necessaria per l'applicabilità delle sanzioni previste per i reati rimessi alla cognizione di quest'ultimo (Cass. V, n. 46133/2008).

Bibliografia

Carcano-Vardaro, La disciplina delle armi, delle munizioni, degli esplosivi, Milano, 1999; M. D'Andria, Art. 585, in Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretta da Lattanzi-Lupo, Milano, 2010; Dolcini-Gatta, Art. 585, in Codice penale commentato, a cura di Dolcini-Gatta, II, Milano, 2015; Mazza-Mosca-Pistorelli, La disciplina delle armi, munizioni ed esplosivi, Torino, 1997; Palazzo, voce Armi, esplosivi e munizioni nel diritto penale, in Dig. d. pen., I, Milano, 1987; Vigna-Bellagamba, Armi, munizioni, esplosivi. Disciplina penale e amministrativa, Milano, 1996.

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