Codice Penale art. 590 - Lesioni personali colpose 1 2 3 .

Maria Teresa Trapasso

Lesioni personali colpose 123.

[I]. Chiunque cagiona ad altri per colpa [43] una lesione personale [582] è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro 4.

[II]. Se la lesione è grave [583 1] la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima [583 2], della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1.239 euro.

[III]. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni 5.

[IV]. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell'esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un'arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni6.

[V]. Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

[VI]. Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120], salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale 7.

 

competenza: Giudice di pace (ipotesi perseguibili a querela e da cui derivi una malattia di durata inferiore a 20 giorni, ex art. 4, comma 1, d.lg. n. 274 del 2000); Trib. monocratico (negli altri casi e se ricorrono le aggravanti ex art. 4, comma 3, d.lg. n. 274 del 2000; udienza prelim. 5° comma)

arresto: non consentito; facoltativo (5° comma)

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: consentita

altre misure cautelari personali: non consentite; consentite (4° comma, nell'ipotesi di lesioni gravissime)

procedibilità: a querela della persona offesa, salvo le eccezioni previste dall'ultimo comma

[1] Articolo sostituito dall'art. 2 l. 11 maggio 1966, n. 296. Il testo originario recitava: «[I]. Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire duecentomila. [II]. Se la lesione è grave, la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da lire ottantamila a quattrocentomila; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da lire duecentomila a ottocentomila. Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da due a sei mesi o della multa da lire centosettantamila a quattrocentomila; e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da sei mesi a due anni o della multa da lire quattrocentomila a lire ottocentomila. [II]. Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque. [III]. Nel caso previsto dalla prima parte di questo articolo il colpevole è punito a querela della persona offesa».

[2] V. art. 4 d.lg. 28 agosto 2000, n. 274, in tema di competenza penale del giudice di pace. V. inoltre la norma transitoria di cui all'art. 64 d.lgs. n. 274, cit. Per le ipotesi di reato attribuite alla competenza del giudice di pace si applica la sanzione della multa da 258 euro a 2.582 euro.

[3] Per un caso di esclusione della punibilità, in materia di responsabilità penale da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2, vedi l'art. 3, comma 1, del d.l. 1 aprile 2021, n. 44, conv. con modif. in  l. 28 maggio 2021, n. 76. V. anche art. 3-bis d.l. n. 44 cit.

[4] Per una particolare ipotesi di riduzione della pena, v. art. 81 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

[5] Comma sostituito dall'art. 22l. 21 febbraio 2006, n. 102 e successivamente integrato dall'art. 1 del d.l. 23 maggio 2008, n. 92, conv., con modif., dalla legge 24 luglio 2008, n. 125. Il testo del comma precedente la sostituzione era il seguente: «Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da due a sei mesi o della multa da 247 euro a 619 euro; e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da sei mesi a due anni o della multa da 619 euro a 1.239 euro». Comma, da ultimo, modificato dall' art. 1, comma 3, lett. e), l. 23 marzo 2016, n. 41 , con effetto a decorrere dal 25 marzo 2016, ai sensi dell’art. 1, comma 8, l. n. 41, cit., che ha soppresso, al primo periodo,  le parole «sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle» e dall' art. 1, comma 3, lett. f), l. 23 marzo 2016, n. 41, con effetto a decorrere dal 25 marzo 2016, ai sensi dell’art. 1, comma 8,  l. n. 41, cit.,   che ne ha soppresso il secondo periodo, il cui testo era il seguente: «Nei casi di violazione delle norme sulla circolazione stradale, se il fatto è commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni » . Riguardo le lesioni personali gravi o gravissime per violazione di norme sulla circolazione stradale, v. ora l’art. 590-bis.

[7] Comma così sostituito dall'art. 92 l. 24 novembre 1981, n. 689. V. anche art. 2 l. 3 agosto 2007, n. 123, in tema di tutela della sicurezza sul lavoro.

Inquadramento

La fattispecie è posta a tutela dell'incolumità individuale, analogamente a quanto previsto a proposito del delitto di lesione personale dolosa di cui all'art. 582, da cui si differenzia solo quanto all'elemento soggettivo, richiamante nella previsione in commento la colpa (Mantovani, 133).

Materialità

Il reato punisce la causazione di una malattia nel corpo o nella mente (per la cui nozione, si v. sub art. 582).

La posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, purché l'agente assuma la gestione dello specifico rischio mediante un comportamento di consapevole presa in carico del bene protetto (Cass. IV, n. 21869/2022).

Nei casi di lesioni provocate nell'esercizio di attività sportive, dopo aver precisato come l'illecito sportivo presupponga il consenso dell'avente diritto, la giurisprudenza in sede di legittimità ha affermato come il fatto sia doloso nel caso in cui la gara sia solo l'occasione dell'azione volta a cagionare lesioni; colposo, se innestato nello svolgimento dell'attività agonistica e dipendente dalla violazione di norme regolamentari (Cass. V, n. 9627/1992; più diffusamente sub art. 50): si  esclude l'applicabilità della scriminante sportiva:  a) quando si constati assenza di collegamento funzionale tra l'evento lesivo e la competizione sportiva; b) quando la violenza esercitata risulti sproporzionata in relazione alle concrete caratteristiche del gioco e alla natura e rilevanza dello stesso; c) quando la finalità lesiva costituisce prevalente spinta all'azione, anche ove non consti, in tal caso, alcuna violazione delle regole dell'attività (Cass. IV, n. 21120/2018).  In sede di legittimità, con recente sentenza, si è affermato come, in caso di lesioni personali colpose cagionate durante una competizione sportiva, ai fini della valutazione della responsabilità penale dell'atleta antagonista della vittima, devono essere applicati i criteri ordinari sulla colpevolezza, individuando la regola cautelare che presidia l'attività sportiva e la doverosità della condotta richiesta secondo canoni di prudenza, perizia e diligenza, nonchè di osservanza delle specifiche regole di gioco volte a evitare il pericolo di lesioni (Cass.IV, n.3284/2022). 

Pertanto il giudice deve individuare la regola cautelare violata dalla condotta fallosa dell'atleta, e quindi indicare, quanto alla colpa specifica, le regole di gioco scritte, anche se "elastiche" perché determinate in base a circostanze contingenti, e, quanto alla colpa generica, il comportamento doveroso prescritto, sulla base della diligenza, prudenza e perizia, in concreto ed "ex ante", in relazione alle caratteristiche e peculiarità della pratica sportiva esercitata in un dato momento. (Cass. IV, n. 8609/2022).

La disposizione di cui all'art. 2043 c.c. non integra norma per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, perché priva di ogni indicazione cautelare e perchè inidonea, per il carattere generale del dovere di non ledere l'altrui sfera giuridica previsto a carico di chiunque, a fondare un posizione di garanzia, la quale è invece caratterizzata dalla relazione intercorrente tra uno o più titolari di beni giuridici, non in grado di tutelarli, e categorie predeterminate di soggetti cui una fonte giuridica assegni poteri per l'impedimento degli eventi offensivi di tali beni (Cass. IV, n. 32899/2021)

La designazione di un preposto al rispetto delle misure di prevenzione non esonera il datore di lavoro da responsabilità ove risulti l'inidoneità di una misura prevista nel documento di valutazione dei rischi (Cass. IV, n. 22256/2021). In caso di infortunio sul lavoro riconducibile a prassi comportamentali elusive delle disposizioni antinfortunistiche, non è ascrivibile alcun rimprovero colposo al preposto di fatto, sotto il profilo dell'esigibilità del comportamento dovuto, laddove non si abbia la certezza che egli fosse a conoscenza di tali prassi o che le avesse colposamente ignorate, sconfinandosi altrimenti in una inammissibile ipotesi di responsabilità oggettiva "da posizione" (Cass. IV, n. 1096/2020).

Con riguardo alla materia degli infortuni su lavoro, si è affermato come il committente, anche nel caso di subappalto, sia titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini (Cass. IV, n. 7188/2018)Il costruttore risponde, in quanto titolare di una posizione di garanzia, per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili ai difetti strutturali dei macchinari messi in commercio, a meno che l'utilizzatore abbia compiuto sulla macchina trasformazioni di natura ed entità tali da poter essere considerate causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento (Cass. IV, n. 5541/2020).  Non è sufficiente, per far ritenere adempiuti gli obblighi di sicurezza da parte del datore di lavoro, la messa a disposizione dei lavoratori di manuali di istruzione per l'uso dei macchinari, occorrendo, invece, che il datore di lavoro verifichi che le prescrizioni antinfortunistiche siano state effettivamente assimilate dai propri dipendenti e rappresenti loro le conseguenze pericolose dell'eventuale inosservanza delle istruzioni ricevute (Cass. IV, n. 35816/2021).

Il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Cass. IV, n. 7188/2018). La condotta abnorme del lavoratore, idonea ad esonerare da responsabilità il produttore, può verificarsi solo in caso di uso improprio e del tutto anomalo della macchina, e non in quello di uso collegato alla sua funzione, neppure se ad opera di un terzo estraneo all'organizzazione aziendale (Cass. IV, n. 42110/2021). Il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato elementari norme di sicurezza non può considerarsi eccentrico o esorbitante dall'area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia, in quanto l'inesistenza di qualsiasi forma di tutela determina un ampliamento della stessa sfera di rischio fino a ricomprendervi atti il cui prodursi dipende dall'inerzia del datore di lavoro (Cass. IV, n. 15174/2017). Sono equiparati ai lavoratori subordinatiex art. 2, comma 1, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, coloro che svolgono attività lavorative nell'ambito di tirocini formativi e di orientamento previsti dall'art. 18 legge 24 giugno 1997, n. 196, verso i quali l'ospitante è tenuto ad osservare tutti gli obblighi atti a garantire le corrette condizioni di sicurezza e igiene sul lavoro (Cass. IV, n. 7093/2022). 

La previsione dell'art. 299 TUn. 81/2008, elevando a garante colui che di fatto assume ed esercita i poteri del datore di lavoro, amplia il novero dei soggetti investiti della posizione di garanzia, senza tuttavia escludere, in assenza di delega dei poteri relativi agli obblighi prevenzionistici in favore di un soggetto specifico, la responsabilità del datore di lavoro, che di tali poteri è investito ex lege e che, nelle società di capitali, si identifica nella totalità dei componenti del consiglio di amministrazione (Cass. IV, n. 2557/2021).

Elemento psicologico

Il coefficiente psicologico richiesto è quello della “colpa” (si v. subart. 589). In sede di legittimità, la Corte ha precisato come, ai fini della integrazione della circostanza aggravante di cui all' art.  590, terzo comma (e 589, secondo comma) cod. pen., debbano ricorrere i seguenti presupposti: la violazione di una regola cautelare volta a eliminare o ridurre lo specifico rischio derivante dallo svolgimento di attività lavorativa, di morte o lesioni in danno dei lavoratori o di terzi esposti alla medesima situazione di rischio e pertanto assimilabili ai lavoratori; che l'evento sia concretizzazione di tale rischio che la regola cautelare violata era volta ad eliminare, non essendo all'uopo sufficiente che l'evento si verifichi in occasione dello svolgimento di un'attività lavorativa (Cass. IV, n. 32899 /2021; in applicazione di tale principio la Corte ha escluso la configurabilità della circostanza aggravante in questione in relazione ai reati di omicidio colposo ascritti, quali datori di lavoro, ad esponenti di Trenitalia s.p.a. e di Ferrovie dello Stato s.p.a., per le morti di soggetti estranei all'organizzazione di impresa, causate dall'incendio derivato dal deragliamento e successivo ribaltamento di un treno merci trasportante GPL, durante l'attraversamento della stazione di Viareggio, determinato dal cedimento di un assile dovuto al suo stato di corrosione, ritenendo le vittime non esposte al rischio “lavorativo” bensì a quello attinente alla sicurezza della circolazione ferroviaria).

Rispondono di omicidio colposo e di lesioni gravissime per inosservanza dell'art. 12 del regolamento ANAS, emanato con d.P.R. 11 dicembre 1981, n. 1126, e del generale dovere di diligenza, prudenza e perizia, i dirigenti del centro di manutenzione dell'ANAS che omettano il monitoraggio e la manutenzione di un versante montuoso instabile, incombente sulla sede autostradale, con elevato indice di rischio di eventi franosi per dissesto idrogeologico, nonché la predisposizione dei necessari interventi di verifica dell'efficienza degli impianti e la progettazione e realizzazione di nuove opere strutturali di sostegno, idonee a contenere eventuali smottamenti debordanti nell'invasione della sede viaria (Cass. IV, n. 9252/ 2022).

Dal 2012, la graduazione della colpa in materia di responsabilità medica, ha trovato espressa rilevanza nel provvedimento normativo di cui all'art. 3, comma 1, l. n. 189/2012 (Legge Balduzzi), a tenore della quale il soggetto attivo non risponde del reato nei casi di colpa lieve ove, nello svolgimento della propria attività si attenga alle “linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica” (si v. sub artt. 43 e 589). Il giudice deve valutare, anche ai fini del giudizio sul rispetto o meno delle linee guida o delle buone pratiche, la complessiva condotta del medico correlata all'intervento oggetto di addebito, comprese le attività di controllo post operatorio (Cass. IV, n. 11719/2021).

La l. n. 24/2017(“Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”) ha modificato l'assetto normativo stabilito dalla c.d. Legge Balduzzi prevedendo l'introduzione nel codice penale di un'autonoma fattispecie, l'art. 590-sexies  (“Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”) e stabilendo l'abrogazione della previsione della limitazione della responsabilità dei sanitari ai soli casi di colpa grave, stabilita dall'art. 3, comma 1, c.d. legge Balduzzi. L'art. 590-sexies, comma 2, prevede una causa di non punibilità — nel caso in cui i fatti descritti dall'art. 590 (e 589) vengano commessi nell'esercizio della professione sanitaria — la cui applicazione è subordinata alla ricorrenza dei seguenti requisiti: l'evento si è verificato a causa di imperizia; sono state rispettate le linee-guida (ovvero, le c.d. buone pratiche, in mancanza delle prime); le linee-guida erano adeguate alla specificità del caso concreto.  L'art. 3, comma 1, c.d. legge Balduzzi, concernente la limitazione della responsabilità dei sanitari ai soli casi di colpa grave, benché abrogata, continuerà a trovare applicazione per i fatti commessi antecedentemente alla l. n. 24/2017, in quanto norma più favorevole.

L'art. 3 del d.l.  1° aprile 2021, n. 44 (conv. in legge 28 maggio 2021, n. 76) stabilisce l'esclusione della punibilità per i fatti di cui agli articoli 589 590  del  codice  penale verificatisi a causa della somministrazione  di  un  vaccino  per  la prevenzione delle infezioni da  SARS-CoV-2, quando l'uso  del  vaccino  e'  conforme  alle indicazioni   contenute   nel   provvedimento    di    autorizzazione all'immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e  alle circolari pubblicate  sul  sito  istituzionale  del  Ministero  della salute relative alle attività di vaccinazione.Si tratta di una disposizione speciale rispetto a quella di cui all'art. 590-sexies c.p., che esclude la responsabilità per i delitti di omicidio colposo e lesioni personali colpose commessi nel periodo emergenziale, allorché gli eventi siano riconducibile causalmente alla somministrazione del vaccino anti SARS-Cov-2.  Trattandosi di una disposizione in bonam partem, essa ex art. 2 c.p. potrà trovare applicazione anche per i fatti commessi prima della sua entrata in vigore. L'esclusione della responsabilità colposa è ancorata all'osservanza delle regole cautelari che vengono in rilievo specificamente rispetto all'attività di vaccinazione: le indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all'immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e le circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione.

L'art. 3-bis, contenuto nella legge n. 76/2021 (di conversione del d.l. n. 44/2021), ha stabilito la punibilità solo a titolo di colpa grave delle condotte di cui agli artt. 589  e 590 c.p. ove: commesse nell'esercizio di una professione sanitaria; durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID 19 dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (e successive proroghe); riconducibili alla predetta situazione di emergenza. Tra i fattori che possono escludere la gravità della colpa, determinando pertanto la non punibilità della condotta: la limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del  fatto sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle  terapie  appropriate; la  scarsita'  delle risorse  umane  e  materiali   concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da  trattare; il minor grado di esperienza e  conoscenze  tecniche  possedute  dal personale non specializzato impiegato per far fronte all'emergenza.

Sempre in tema di colpa professionale, in ipotesi di cooperazione multidisciplinare, anche se non contestualmente svolta, ogni soggetto (sanitario e parasanitario) è tenuto oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all'osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune, senza che possa invocarsi il principio di affidamento da parte dell'agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui s'innesti l'altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità sussiste in base al principio di equivalenza di cause, salva l'affermazione dell'efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti i caratteri di eccezionalità ed imprevedibilità (Cass. V, n. 30991/2015; Cass. IV, n.24895/2021). In tema di responsabilità medica, integra il reato di lesioni colpose la condotta antidoverosa del sanitario che determini l'aumento del periodo di tempo necessario alla guarigione o alla stabilizzazione dello stato di salute del paziente (in applicazione di tale principio la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza che aveva assolto tre medici che, avendo colposamente ritardato la diagnosi e il trattamento di una lesione vertebrale provocata da una caduta, senza determinare l'aggravamento della stessa, avevano tuttavia cagionato un prolungamento del tempo della sua guarigione, Cass. IV, n. 5315/2020). In presenza di due alternative terapeutiche, il medico è tenuto a scegliere la soluzione meno pericolosa per la salute del paziente, con la conseguenza che egli è responsabile, in caso di complicazioni, e nonostante l'osservanza delle regole dell'arte, per imprudenza, ove adotti l'alternativa più rischiosa (Cass. IV, n. 12968/2021).

Il medico a cui il paziente sia inviato dal Pronto Soccorso per un consulto specialistico, ha gli stessi doveri professionali del medico che ha in carico il paziente, non potendo esimersi da responsabilità adducendo di essere stato chiamato solo per valutare una specifica situazione (Cass. IV, n. 24895/2021).

Lesione grave o gravissima

Per le nozioni di lesione grave o gravissima, si v. sub art. 583.

Per le predette ipotesi, il legislatore ha previsto un incremento sanzionatorio rispetto alle previsione-base di cui al comma 1.

Con riferimento alla violazione della norme sulla disciplina della circolazione stradale e per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, per la descrizione dei parametri normativi richiamati, si v. sub art. 589. Quanto alle norma per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in esse non vi rientrino le disposizioni concernenti l'igiene sul lavoro (richiamate invece al comma 5 con riguardo alla perseguibilità d'ufficio). Le norme, di cui al d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, che presuppongono necessariamente l'esistenza di un rapporto di lavoro, come quelle concernenti l'informazione e la formazione dei lavoratori, si applicano anche in caso di insussistenza di un formale contratto di assunzione (Cass. IV, n. 38623/2021; così, in tema di lesioni personali gravissime riportate sul luogo di lavoro da un lavoratore, stabilmente incardinato tra i lavoratori dell'azienda, ma privo di formale contratto di lavoro subordinato).

La l. n. 3/2018 (art. 12 ,comma 3) ha introdotto nel testo dell'art. 590 il comma 4, secondo il quale i reati di lesioni personali colpose gravi o gravissime sono rispettivamente puniti con la pena della reclusione da sei mesi a due anni, e della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni, se commessi nell'esercizio abusivo di una professione per la quale sia richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un'arte sanitaria.

La previsione si configura a prescindere dalla ricorrenza tra i soggetti di un rapporto di lavoro subordinato (salvo che la presenza del soggetto sul luogo di lavoro rivestisse il carattere dell'eccezionalità, Cass. IV, n. 23147/2012, Cass. IV, n. 2383/2005). 

Ai fini dell'individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio con la conseguenza che è riconducibile alla sfera gestionale del direttore di stabilimento, con delega in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, la sottoposizione degli impianti a regolare manutenzione, al fine di rilevare ed eliminare eventuali difetti pericolosi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (Cass. IV, n. 18409/2018).

Grava sul gestore del rischio connesso all'esistenza di un cantiere anche la prevenzione degli infortuni di soggetti a questo estranei, ancorché gli stessi tengano condotte imprudenti, purché non esorbitanti il tipo di rischio definito dalla norma cautelare violata (Cass. IV, n. 38200/2016).

Quanto all'obbligo di adozione dei più moderni dispositivi di sicurezza (onere dell'imprenditore), non è configurabile un obbligo di procedere alla immediata sostituzione delle tecniche precedentemente adottate, con quelle più recenti ed innovative,  dovendosi sempre valutare tempi, modalità e costi dell'innovazione (sempre che i sistemi già adottati siano comunque idonei a garantire un livello elevato di sicurezza (Cass. IV, n. 3616/2016).

In caso di lesioni personali colpose derivanti dall'omessa adozione delle cautele necessarie ad eliminare la pericolosità di un macchinario, deve escludersi il rapporto di specialità tra la disposizione di cui all'art. 437 - che prevede il delitto di rimozione od omissione dolosa di cautele - e quella di cui all'art. 590, comma 2, mancando un rapporto di continenza tra tali norme, per la diversità, nei due reati, dell'elemento soggettivo (dolo nel primo caso e colpa nel secondo), della condotta (non essendo inclusa nello schema legale del primo la condotta costitutiva del secondo) e dell'evento (costituito, nel primo caso, dal comune pericolo di disastro o di un infortunio - il cui effettivo verificarsi non è elemento costitutivo del reato medesimo perché costituisce ove si realizzi, circostanza aggravante - e dalle lesioni nel secondo caso, Cass. IV, n. 6156/2017).

Benché la previsione richiami solo le ipotesi di “infortuni sul lavoro”, la giurisprudenza vi ha ricompreso nel suo ambito anche i casi di “malattia professionale” (c.d. malattia-infortunio — diversa dalla malattia professionale in senso stretto — consistente in una sindrome morbosa, contratta nell'esercizio e a causa di lavoro, imputabile all'azione lesiva di agenti esterni, diversi da quelli meccanico-fisici, Cass. I, n. 12367/1990, ed evitabile con determinati accorgimenti, Cass. I, n. 350/1998; in dottrina Dolcini-Gatta, 3238).

Le ipotesi concernenti i casi di violazione delle norme sulla circolazione stradale, sono oggi disciplinate dall'art. 590-bis, così come sostituito dalla l. n. 41/2016, che ha soppresso, all'interno del terzo comma, i riferimenti concernenti la violazione della disciplina sulla “circolazione stradale” (si v. sub art. 590-bis).

Con riguardo al concorso di circostanze in materia di violazione delle norme sulla circolazione stradale, si v. sub art. 590-quater.

Nel caso di produzione di più eventi lesivi, si applica la pena per la violazione più grave, aumentata fino al triplo, secondo quanto previsto all'ultimo comma dell'art. 589 (si v. sub art. 589). Tale principio trova applicazione sia nei casi in cui gli eventi lesivi siano stati cagionati da una stessa azione (o omissione) puntualizzata nel tempo, sia nei casi di eventi cagionati da inosservanza di regole cautelari perduranti nel tempo (Pulitanò, 85).

Responsabilità amministrativa degli enti

Il delitto di cui all'art. 590, comma 3, commesso con violazione delle norma sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro costituisce presupposto per la responsabilità amministrativa degli enti (si v. art. 25 septies, d.lgs. n.. 231/2001, introdotto da art. 9, l. n. 123/2007, modificato dall'art. 300 d.lgs. n. 81/2008).

In tale ambito è stato ravvisato il requisito dell' “interesse” dell'ente, nel caso in cui l'omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del “vantaggio”, qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento di produttività (Cass.IV, n. 24697/2016).   Il criterio di imputazione oggettiva dell'interesse può sussistere anche in relazione a una trasgressione isolata dovuta ad un'iniziativa estemporanea, senza la necessità di provare la natura sistematica delle violazioni antinfortunistiche, allorché altre evidenze fattuali dimostrino il collegamento finalistico tra la violazione e l'interesse dell'ente (Cass.IV, n. 12149/2021) . Il criterio di imputazione oggettiva del vantaggio, rappresentato dalla ricezione di un compenso, dall'aumento di fatturato e dall'ampliamento dei settori di operatività, ricorre anche a fronte di una singola condotta illecita, ove il vantaggio sia oggettivamente apprezzabile e ad essa eziologicamente collegato, a condizione che tale condotta integri la realizzazione di una delle fattispecie di reato previste dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 e sia riferibile a una persona che abbia agito per conto dell'ente a norma dell'art. 5 del medesimo d.lgs. (Cass. III, n. 20559/2022; la Corte ha valutato corretta l'affermazione di responsabilità di un ente, ritenendo provata l'esistenza di un vantaggio economico per lo stesso, in un caso in cui il suo legale rappresentante aveva subappaltato ad altra società, senza consegnare la "scheda dati sicurezza" e sebbene questa fosse priva dei prescritti titoli abilitativi e di adeguata capacità tecnica e professionale, l'attività di bonifica di cisterne, nel corso del cui svolgimento cinque dipendenti dell'impresa subappaltatrice erano periti per effetto di esalazioni di residui di zolfo).

La cancellazione dell'ente dal registro delle imprese non determina l'estinzione dell'illecito previsto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, commesso nell'interesse ed a vantaggio dello stesso (Cass. IV, n. 9006/2022).

Profili processuali

La regola generale è la perseguibilità a querela (l. n. 689/1981).

Sono perseguibili d'ufficio (ipotesi di cui al comma 5, seconda parte), solo le lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro ed i casi in cui, a seguito del giudizio di bilanciamento, ex art. 69, non si debba tener conto ai fini della pena delle circostanze aggravanti. Ai fini dell'esercizio del diritto di querela è sufficiente la espressa qualificazione formale dell'atto con il quale esso viene esercitato, costituendo il termine "querela" sintesi della manifestazione della volontà che lo Stato proceda penalmente in ordine al fatto di reato in essa descritto (Fattispecie in tema di lesioni personali colpose da sinistro stradale, in cui la querelante aveva espressamente dichiarato, con l'atto raccolto nel verbale redatto dalla polizia giudiziaria, di voler "sporgere formale denuncia-querela" nei confronti della persona alla guida dell'auto investitrice, Cass. IV, n.10789/2020).

Sono, pertanto, perseguibili a querela di parte le lesioni derivanti da colpa professionale, es. colpa medica (Pulitanò, 85, che richiama l'attenzione sulla gravità delle ipotesi, di cui al comma 3, rientranti nella perseguibilità a querela, che spiega con l'intento del legislatore di favorire soluzioni non penalistiche, così da incentivare il risarcimento dei danni).

In tema di colpa medica si è precisato come il termine per proporre querela per le lesioni colpose inizi a decorrere non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa è venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l'hanno curata (Cass. IV, n. 21527/2015). Il divieto di un secondo giudizio non opera nel caso in cui l'imputato, già giudicato per il reato di lesioni colpose gravissime, sia chiamato a rispondere - in relazione alla stessa condotta - del reato di omicidio colposo, difettando il necessario requisito dell'identità del fatto attesa la diversità dell'evento (Cass. IV, n. 10152/2021).

La competenza è del Giudice di pace (art. 4, comma 1, d.lgs. n. 74/2000), per le ipotesi perseguibili a querela di parte e salve le ipotesi connesse alla colpa professionale (da intendersi riferita ad esercenti attività professionali di natura intellettuale, ex art. 2229 c.c., Cass. IV, n. 43182/2013), a fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relativa all'igiene sul lavoro, o che abbiano determinato una malattia professionale nei casi in cui derivi una malattia superiore ai venti giorni. La pena applicabile al reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ove tale circostanza aggravante sia ritenuta equivalente alle circostanze attenuanti, è quella prevista dall'art. 590, primo comma, c.p., e non quella prevista per i reati di competenza del giudice di pace, perché il reato accertato resta quello originariamente contestato di competenza del tribunale (Cass. IV, n. 38423/2021).

Negli altri casi è competente il Tribunale monocratico.

L'attribuzione di competenza al giudice di pace, ha determinato delle modifiche (art. 52, comma 2, lett. a e b, d.lgs. n. 274/2000) quanto agli importi delle pene pecuniarie, e la possibile applicazione alterativa ad esse della permanenza domiciliare e, su richiesta dell'imputato, del lavoro di pubblica utilità.

L'arresto non è consentito; è facoltativo nei casi di cui al comma 3, seconda parte (lesioni gravissime).

Il fermo non è consentito. La custodia cautelare non è consentita, salvo che per i casi di cui al comma 3, seconda parte (lesioni gravissime).

La altre misure cautelari non sono consentite, salvo che per i casi di cui al comma 3, seconda parte (lesioni gravissime).

Con riguardo alla prescrizione, si è precisato in sede di legittimità, come essa decorra dal momento del verificarsi dell'evento, irrilevante essendo la data della stabilizzazione dei postumi dell'incidente (Cass. fer., n. 3148/2014).

Riguardo i casi di colpa medica, il dies a quo  per i casi di lesioni personali colpose è stato individuato nel momento dell'insorgenza della malattia “in fieri”, anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità o di impedimento permanente (Cass. IV, n. 44335/2016; Cass.IV, n. 18347/2021).

Nelle ipotesi in cui il reato sia stato commesso con violazione delle norme del codice della strada, si v. sub art. 590-bis.

La Corte cost. n. 249/1993, ha dichiarato illegittima la disposizione che escludeva l'applicabilità delle sanzioni sostitutive nel caso di lesioni colpose gravi o gravissime aggravate dalle violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o riguardanti l'igiene del lavoro (art. 60, l. n. 689/1981).

Si è ritenuta ammissibile la costituzione di “parte civile” delle associazioni sindacali, indipendentemente dall'iscrizione del lavoratore al sindacato, nei procedimenti per omicidio o lesioni colpose, commessi con violazione della normativa antinfortunistica, quando l'inosservanza di tale normativa possa cagionare un danno autonomo e diretto, patrimoniale o non patrimoniale, all' associazione sindacale, per la perdita di credibilità dell'azione di tutela delle condizioni di lavoro dalla stessa svolta con riferimento alla sicurezza dei luoghi di lavoro e alla prevenzione delle malattie professionali (Cass. IV, n. 27162/2015;Cass. IV, n. 46154/2021).

La causa di estinzione del reato per condotte riparatorie di cui all'art. 162-ter c.p. è applicabile anche nel caso in cui il danno sia integralmente risarcito dalla compagnia assicuratrice dell'imputato, se sollecitata da quest'ultimo (Cass. IV, n.10107/2020).

Bibliografia

Castaldo, Aids e diritto penale: tra dommatica e politica criminale, in Studi Urbinati, 1988-90, p. 7; Galisai Pilo, voce Lesioni e percosse, in Dig. d. pen., VII, 1993, 392; Dolcini-Gatta, Art. 590, in Codice penale commentato, a cura di Dolcini-Gatta, II, Milano, 2015; Pulitanò, Lesioni personali, percosse, rissa, in D. Pulitanò, Diritto penale, Parte speciale, I, Tutela penale della persona, Torino, 2014, 77 ss.; F. Ramacci (a cura di), I delitti di percosse e di lesioni, Torino, 1998; S. Torraca, La malattie professionali nel diritto penale, Napoli, 1994. V. anche sub art. 589.

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