Codice Penale art. 615 - Violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale.

Giovanna Verga

Violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale.

[I]. Il pubblico ufficiale [357], che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, s'introduce o si trattiene nei luoghi indicati nell'articolo precedente [14 Cost.], è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

[II]. Se l'abuso consiste nell'introdursi nei detti luoghi senza l'osservanza delle formalità prescritte dalla legge [142-3 Cost.; 247-252, 352 c.p.p.], la pena è della reclusione fino a un anno 1.

[III]. Nel caso previsto dal secondo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa2.

 

competenza: Trib. monocratico (udienza prelim. primo comma)

arresto: facoltativo (primo comma); non consentito (secondo comma)

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: consentita (primo comma)

altre misure cautelari personali: consentite (primo comma)

procedibilità: d'ufficio (primo comma) a querela di parte (secondo comma, ma v. art. 623-ter c.p.)

[1] Per ulteriori ipotesi di aumento della pena, v. art. 1, l. 25 marzo 1985, n. 107 e art. 36 l. 5 febbraio 1992, n. 104.

[2] Comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36. Per le disp. trans. v. l'art. 12 d.lgs. n. 36, cit. che dispone che «1. Per i reati perseguibili a querela in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato. 2. Se è pendente il procedimento, il pubblico ministero, nel corso delle indagini preliminari, o il giudice, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche, se necessario, previa ricerca anagrafica, informa la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela e il termine decorre dal giorno in cui la persona offesa è stata informata.».

Inquadramento

La norma tutela sia la libertà domiciliare che l'interesse al corretto esercizio dei pubblici poteri da parte di coloro che di questi siano investiti. Proprio per questo, rispetto alla violazione di domicilio comune, il reato in argomento è sempre perseguibile d'ufficio e le sanzioni sono più elevate.

Si è discusso circa l'autonomia della fattispecie dall'ipotesi di cui all'art. 614, ovvero se si tratti di circostanza speciale per la quale la legge determina la misura della pena in modo indipendente da quella di solito prevista.

La dottrina maggioritaria è favorevole alla prima soluzione (Siniscalco, 882; Mantovani, 529; Antolisei, 241) per la natura circostanziante (Manzini, VIII, 860; Pazienza, 9).

Soggetto attivo

Soggetto passivo può essere solo un pubblico ufficiale, trattasi quindi di un reato proprio.

Quando la violazione di domicilio venga commessa dall'incaricato di pubblico servizio, questi risponderà solo del delitto di violazione di domicilio eventualmente aggravata dall'art. 61, n. 9 (Antolisei, 242).

Materialità

La condotta consiste in una particolare forma di violazione di domicilio posta in essere dal pubblico ufficiale mediante una condotta di abuso.

L'elemento caratterizzante la fattispecie è senza dubbio l'abuso che si trova in una posizione di connessione funzionale e strumentale con la violazione di domicilio tant'è che nella norma non viene espressamente richiamata la contraria volontà del soggetto offeso, implicitamente presupposta (così Siniscalco, 883; Mantovani, 532; Antolisei, 237). In altre parole l'abuso del potere deve costituire il mezzo che rende possibile o quanto meno più agevole l'esecuzione dell'illecito (Mantovani, 532).

Per abuso deve intendersi l'eccesso dai limiti della propria competenza da parte dell'agente pubblico oppure l'esercizio dei propri poteri per fini diversi da quelli istituzionali.

Nel caso di usurpazione dei poteri si segnalano in dottrina, opposte opinioni: vi è chi (come Mantovani, 532) sostiene che questa non rilevi in quanto, comunque, l'atto di penetrazione o trattenimento, che non rientrasse nei poteri conferiti, sarebbe produttivo degli effetti e che di conseguenza l'usurpatore come pubblico ufficiale di fatto debba rispondere del delitto di cui all'art. 615 comma 1; e vi è chi (come Manzini, 898; Siniscalco, 883) ritiene invece che in tale ipotesi non sussista un abuso rilevante ai fini del reato in oggetto, in quanto l'abuso richiesto presupporrebbe sempre l'investitura dei poteri di cui si eccede.

L'abuso sussiste tutte le volte in cui il pubblico ufficiale eccede i limiti della propria competenza, usa il potere conferitogli per finalità diverse da quelle per cui questo gli è stato attribuito, supera i limiti fissati dalla legge per disciplinarne l'esercizio, viola gli obblighi impostigli per il corretto esercizio di tale potere (così Siniscalco, 884).

Secondo la giurisprudenza (Cass. VI, n. 34489/2013) l'abuso di poteri inerenti alle funzioni — che qualifica la condotta del delitto di cui all'art. 615non postula la presenza degli estremi necessari per l'integrazione del reato di cui all'art. 323, potendo realizzarsi per effetto di qualsiasi abuso, come l'usurpazione, lo sviamento, il perseguimento di una finalità diversa, l'inosservanza di leggi, regolamenti o istruzioni, ecc., indipendentemente dall'ingiustizia o meno degli scopi perseguiti dall'agente.

La condotta prevista dall'art. 615, comma 2, consiste nella sola condotta di introduzione nell'altrui domicilio, mediante una specifica e meno grave forma di abuso, consistente nella inosservanza delle formalità prescritte dalla legge per legittimare l'intrusione. Il comportamento abusivo previsto dal legislatore consiste nella sola introduzione e non anche nel trattenimento nei luoghi di cui all'art. 614, ciò indurrebbe a ritenere che qualora l'inosservanza delle formalità prescritte comporti un'illecita permanenza, il fatto del pubblico ufficiale vada ricondotto non nella previsione dell'art. 615, comma 2, ma in quella più severamente punita del comma 1 dello stesso articolo (Cavallo, 323; Manzini, 897). Nella convinzione di una ingiustificata violazione del principio di equità, vi è chi in dottrina (Fiandaca-Musco, 238, Siniscalco, 884) propone il ricorso all'analogia in bonam partem, per estendere, in base all'eadem ratio riscontrata, il trattamento previsto per la introduzione senza l'osservanza delle formalità prescritte dalla legge alle condotte di intrattenimento nell'altrui domicilio con lo stesso tipo di abuso realizzate (contra Marini, 376). Autorevole dottrina (Mantovani, 533) sostiene che nel caso previsto dall'art. 615, comma 2 si tratterebbe di circostanza attenuante, mentre vi è chi (Antolisei, 237, Fiandaca-Musco, 239), propende per la natura di reato autonomo con elementi specializzanti.

Elemento soggettivo

L'elemento soggettivo richiesto ai fini del reato, è il dolo generico che presuppone la volontà della condotta di violazione dell'altrui domicilio come la consapevolezza della qualifica rivestita, nonché della condotta di abuso di potere strumentalmente realizzata. Non rileva il fine perseguito dall'agente, né la punibilità è esclusa dall'aver agito per un eccesso di zelo (Manzini, 901; Antolisei, 237; Mantovani, 533), mentre l'eventuale errore sul carattere abusivo del potere esercitato esclude il dolo ai sensi dell'art. 47, comma 3, in quanto trattasi di errore che cade su un elemento di antigiuridicità speciale che, allorquando si traduca in un errore sul fatto, esclude la punibilità. L'errore sulla qualifica rivestita esclude, ai sensi dell'art. 47, il dolo del reato proprio, residuando, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo, la responsabilità per il reato di violazione di domicilio comune (art. 614).

Relativamente alla controversa natura della fattispecie prevista dall'art. 615, comma 2, ove venisse accolta la tesi che individua in essa una ipotesi circostanziante attenuante del delitto di cui al comma 1, troverebbe applicazione una diversa disciplina per l'errore sulla condotta di abuso estrinsecantesi nella inosservanza delle formalità prescritte dalla legge. In tal caso infatti, l'errore sulla inosservanza delle formalità prescritte, in quanto errore su una circostanza, sarebbe sottoposto alla disciplina prevista dall'art. 59, comma 3. L'errore pertanto non rileverebbe, con la conseguenza che in tal caso il colpevole risponderebbe del reato più grave, ossia di quello previsto dell'art. 615, comma 1, con ingiustificata violazione del principio di equità (Siniscalco, 885).

Vi è chi sostiene (Manzini, 862), peraltro, la possibilità di far ricorso, in tal caso, non già alla disciplina prevista dall'art. 59, ma a quella dell'art. 47, comma 3, in quanto l'errore sulle formalità prescritte dalla legge si tradurrebbe pur sempre in un errore su un elemento costitutivo del reato, cioè sull'inosservanza delle formalità prescritte, che altro non è se non una forma di abuso.

Profili processuali

Il delitto di cui al comma 1 è punito con la reclusione da 1 a 5 anni e, ai sensi dell'art. 29, con la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici.

Il delitto di cui al comma 2 con la pena della reclusione fino ad un anno.

In attuazione della delega di cui all'art. 1, comma 16, l. n. 103/2017 (la c.d. riforma Orlando), il d.lgs. n. 36/2018, ha aggiunto un comma 3, che sancisce la procedibilità a querela per l'ipotesi del capoverso, ossia «se l'abuso consiste nell'introdursi nei detti luoghi senza l'osservanza delle formalità prescritte dalla legge». Rimane, pertanto, procedibile d'ufficio la fattispecie del comma 1, ossia la violazione di domicilio commessa dal pubblico ufficiale «abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni».

Viene in ogni caso fatta salva la procedibilità d'ufficio quando ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale (art. 623-ter).È prevista per ambedue i casi la perseguibilità d'ufficio in ragione del duplice interesse offeso: l'inviolabilità del domicilio e l'interesse della pubblica amministrazione al corretto esercizio da parte dei pubblici ufficiali dei poteri conferiti.

L'arresto è facoltativo in flagranza per il comma 1, non consentito per il comma 2.

Il fermo di indiziato di delitto non è consentito.

Le misure cautelari sono consentite per il comma 1 e non consentite per il comma 2.

L'Autorità giudiziaria competente è il Tribunale monocratico.

Bibliografia

Cavallo Barile, Cheli, Domicilio (libertà di domicilio), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964; Pazienza, Domicilio (delitti contro la inviolabilità del domicilio), in Enc. giur. Treccani, XII, Roma, 1988, 9; Siniscalco, Domicilio (violazione di), in Enc. dir.,XIII, Milano, 1964, 882.

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