Codice Penale art. 617 - Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche 1 .Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche 1. [I]. Chiunque, fraudolentemente, prende cognizione di una comunicazione o di una conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni2[623-bis; 266-268, 2953 c.p.p.; 89, 90 att. c.p.p.; 266 coord. c.p.p.]. [II]. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni o delle conversazioni indicate nella prima parte di questo articolo [623-bis]. [III]. I delitti sono punibili a querela della persona offesa [120]; tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da tre a otto anni3se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale [357] o di un incaricato di un pubblico servizio [358] nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato 4.
competenza: Trib. monocratico arresto: facoltativo fermo: non consentito (1° e 2° comma); consentito (3° comma) custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: a querela di parte; d'ufficio (terzo comma) [1] Articolo così sostituito dall'art. 2 l. 8 aprile 1974, n. 98. [2] Le parole «da un anno e sei mesi a cinque anni» sono state sostituite alle parole «da sei mesi a quattro anni» dall'art. 19, comma 3, lett. a), l. 23 dicembre 2021, n. 238. [3] Le parole «da tre a otto anni» sono state sostituite alle parole «da uno a cinque anni» dall'art. 19, comma 3, lett. b), l. n. 238, cit. [4] V. anche art. 9 l. 8 aprile 1974, n. 98. Per un'ulteriore ipotesi di aumento della pena, v. art. 36 l. 5 febbraio 1992, n. 104. InquadramentoL'art. 617, nella vigente formulazione, introdotta dall'art. 2, l. n. 98/1974, è posto a tutela, secondo la prevalente dottrina della libertà e della segretezza delle comunicazioni e conversazioni telefoniche e telegrafiche (Manzini, VIII, 960; Petrone, 1151) e non la sicurezza del sistema di comunicazioni (Corasaniti, 111). Soggetto attivo e soggetto passivoSoggetto attivo è chiunque ad eccezione di colui che fa o riceve la telefonata. Trattasi quindi di reato comune. È esclusa l'applicabilità della norma nel caso di registrazione telefonica operata all'insaputa dell'interlocutore, dal soggetto cui è diretta la comunicazione (Manzini, 960) Particolari qualifiche soggettive dell'autore sono previste a titolo di aggravante. Soggetti passivi sono coloro tra i quali intercorre la comunicazione o conversazione (Mantovani, 583). Particolari qualifiche del soggetto passivo sono previste a titolo di circostanza aggravante. MaterialitàOggetto materiale del reato sono le comunicazioni e conversazioni telefoniche o telegrafiche che vengono protette nel momento della loro trasmissione. Il testo di una conversazione già avvenuta, e staticamente cristallizzata in un supporto materiale, trova invece tutela nell'alveo del concetto di corrispondenza (Mantovani, 583; Manzini, VIII), contenuto nell'art. 616, commi 1 e ultimo, al cui commento si rinvia. L'art. 623-bis estende l'oggetto materiale del reato a «qualunque altra trasmissione a distanza di suoni, immagini o altri dati». La dottrina (Mantovani, 583; Petrone, Violazione, 1152) esclude radicalmente che possa essere oggetto del delitto in esame la fraudolenta captazione di conversazioni orali tra presenti, da parte di un terzo estraneo alla conversazione stessa. La modalità di conversazione diretta, infatti, non rientra — neanche attraverso l'estensione, di cui all'art. 623-bis — tra le ipotesi tutelate, tutte espressamente afferenti alla sfera dei mezzi di comunicazione a distanza (Manca, 2008, 2477; Manca, Tutela, 449). La percezione di una comunicazione tra presenti non può nemmeno essere ricompresa nel concetto di intercettazione, rientrando invece nel semplice ascolto (Illuminati, 1829). Per la configurabilità del reato è necessario che si tratti di comunicazione tra altre persone. È stato chiarito (Vigna, Dubolino, Segreto, in Enc. dir, XLI, Milano, 1989, 1078; Pisa, Intercettazioni telegrafiche e telefoniche, in Enc. giur., XVII, Roma, 1989, 6) che ciascun partecipante alla comunicazione ha il diritto pieno ed esclusivo di disporre del suo intero contenuto, anche se registrato all'insaputa dell'altro dialogante (Garavelli, 434). Si è anche puntualizzato che la registrazione di una conversazione ad opera di un interlocutore non possa rientrare nel concetto stesso di «intercettazione» (Petrone, Violazione, 1151; Filippi, 26). Sul versante processuale, del resto, viene simmetricamente considerata legittima ed utilizzabile in giudizio, come vera e propria intercettazione o, quantomeno, come prova documentale, la registrazione di comunicazioni tra privati da parte — o per conto — di uno degli interlocutori, anche all'insaputa degli altri partecipanti. In tal senso si è espressa la giurisprudenza. È stata esclusa l'applicabilità della norma in esame con riferimento alle registrazioni telefoniche operate all'insaputa dell'interlocutore dal soggetto stesso cui la comunicazione era indirizzata (Cass. V n. 327/1979 che ha affermato che poiché per intercettazione telefonica, secondo la definizione contenuta nell'art 617, deve intendersi la registrazione o presa di cognizione di una conversazione «tra altre persone» o comunque di una conversazione «non diretta» a colui che la registra o ne prende cognizione, non rientra in essa la registrazione di una comunicazione telefonica da parte della stessa persona a cui e diretta e pertanto non hanno fondamento le eccezioni di nullità sollevate con riferimento a norme (art. 226-bis e ss. c.p.p) che non riguardano il destinatario della comunicazione e la cui sfera di applicazione non può a quest'ultimo essere estesa. (nella specie si trattava di registrazione di telefonata eseguita da parte di persona ingiuriata e molestata a mezzo del telefono). Secondo Cass. VI, n. 6323/1996 la registrazione di conversazioni ad opera di uno degli interlocutori è legittima ed utilizzabile a fini probatori in quanto la stessa non realizza alcuna «intercettazione» in senso tecnico, ma si risolve sostanzialmente in una particolare forma di «documentazione». (Principio affermato con riguardo a fattispecie nella quale la registrazione fu effettuata da soggetto direttamente interessato al colloquio e non quale strumento o «longa manus» della polizia). Ancora Cass I, n. 6302/1999 che ha affermato che le registrazioni di conversazione tra persone presenti da parte di uno degli interlocutori non necessitano dell'autorizzazione del G.I.P. ai sensi dell'art. 267 c.p.p. in quanto non rientrano nel concetto di «intercettazioni» telefoniche in senso tecnico, ma si risolvono sostanzialmente in una particolare forma di documentazione, che non è sottoposta alle limitazioni e alle formalità proprie delle intercettazioni. Secondo Cass I, n. 6339/2013 non è riconducibile alla nozione di intercettazione la registrazione fonografica di un colloquio svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, operata, sebbene clandestinamente, da un soggetto che ne sia partecipe o, comunque, sia ammesso ad assistervi, costituendo, invece, una forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l'autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova. (La Corte ha specificato che tale principio non viene meno per la circostanza che l'autore della registrazione abbia previamente denunciato fatti di cui sia vittima, né può ritenersi che per ciò solo le successive registrazioni realizzate dal denunciante con il proprio cellulare fossero state concordate con la polizia giudiziaria) Le condotteL'art. 617, comma 1 contempla tre distinte condotte: la presa di cognizione, l'interruzione e l'impedimento di conversazioni o comunicazioni telegrafiche o telefoniche, cui il soggetto agente sia estraneo. La congiunta realizzazione — in quanto compatibili — di più condotte fra quelle incriminate dal comma 1, dà luogo ad un solo reato, trattandosi di norma a più fattispecie. Prendere cognizione significa percepire, in tutto o in parte, la conoscenza del contenuto della conversazione o comunicazione. È stato chiarito in dottrina (Valastro, 999, 1005), in particolare, che la norma penale tutela esclusivamente il contenuto delle comunicazioni, e non anche i dati esteriori del rapporto comunicativo — ossia l'identità dei soggetti, il tempo e il luogo della comunicazione — pur rientranti anch'essi nella sfera di protezione dell'art. 15 Cost. Anche per la giurisprudenza non rientra nella presa di cognizione (Cass. I, 9 aprile 1986), a meno che non si accompagni in concreto all'apprendimento del contenuto delle conversazioni telefoniche, né il semplice controllo del traffico telefonico, ad esempio a fini di contabilità, né la mera individuazione dell'apparecchio, da cui una telefonata provenga. Oggetto di sanzione è infatti la fraudolenta apprensione, anche solo parziale, del contenuto della conversazione. La conversazione oggetto di intercettazione, inoltre, deve intercorrere tra persone diverse dal soggetto attivo del reato, che non può essere un partecipante alla comunicazione. Non viola il precetto penale, dunque, la captazione di una conversazione (ad esempio, la registrazione di una telefonata) da parte, o col consenso, di uno dei due soggetti tra i quali la conversazione intercorre (Cass. II, 27 gennaio 1984; Cass. VI, 19 febbraio 1981; Cass. I, 28 gennaio 1981; Cass. V, 6 novembre 1978; Cass. II, 9 aprile 1975). Secondo Cass. V n. 41192/2014 ai fini della configurabilità del delitto previsto dall'art. 617 c.p., la fraudolenza della condotta qualifica il mezzo usato per prendere cognizione della comunicazione, con la conseguenza che, lo strumento utilizzato deve caratterizzarsi per la sua idoneità ad eludere la possibilità di percezione della captazione da parte dei soggetti tra i quali intercorre la comunicazione. (Fattispecie relativa alla presa di cognizione da parte di un genitore del contenuto delle conversazioni telefoniche tra i suoi figli minori e l'altro genitore, mediante registrazione, in relazione alla quale la Corte ha osservato che la fraudolenza non potesse essere esclusa dalla asserita consapevolezza dell'altro genitore della preannunciata intenzione dell'imputato di registrare le telefonate). La seconda ipotesi criminosa, prevista dall'art. 617, comma 1, si articola in due distinte condotte: la prima consiste nell'impedire, anche momentaneamente, che una conversazione o comunicazione tra altre persone possa aver inizio; la seconda si integra nell'interrompere, cioè far cessare temporaneamente o definitivamente, una conversazione o comunicazione già in corso, sempre tra persone diverse dal soggetto agente. Il semplice turbamento o disturbo della conversazione in atto, senza che ciò ne comporti la cessazione, non integra il delitto in commento, ma eventualmente quello di molestia o disturbo alle persone previsto dall'art. 660 (Manzini, VIII, 963; Mantovani, PS, I, 584; Vigna, Dubolino, 1079; Garavelli, 435). Tutte le ipotesi criminose previste dal 1° co. devono essere commesse con modalità fraudolenta. Mezzo fraudolento, è quello idoneo ad eludere la possibilità di percezione del fatto illecito da parte dei soggetti — in questo caso gli ignari partecipanti alla comunicazione — in danno dei quali avviene (Lago, sub art. 617, in Comm. Dolcini, Marinucci, 2011, 6025). Un requisito necessario della fraudolenza, viene individuato (Vigna, Dubolino, 1078) nella intenzionalità della captazione, interruzione o impedimento. Esulano certamente dal reato in esame, dunque, tutte le ipotesi in cui la comunicazione intercorrente fra terzi sia stata intercettata fortuitamente o occasionalmente dal soggetto agente, a causa delle caratteristiche o difetti dei mezzi di comunicazione, come è il caso del classico contatto telefonico (Vigna, Dubolino, 1078; Antolisei, 259;Pisa, 6; Petrone, Segreti, 971), non rilevando la sopravvenuta intenzionalità dell'ascolto (Manzini, VIII, 962). Non rientrano nell'alveo della fraudolenza nemmeno i casi di cognizione del tutto intenzionale e volontaria, ma realizzata senza frode (Antolisei, 259; Pisa, 6; Manca,Tutela, 453): l'intenzionalità della condotta è infatti un elemento necessario, ma non certo di per sé sufficiente, all'integrazione della fraudolenza. La presa di cognizione fraudolenta, in particolare, non deve necessariamente avvenire attraverso apparecchiature più o meno sofisticate, bastando qualsiasi modalità idonea a celare ai dialoganti la captazione in atto: si fa l'esempio dell'utilizzo di una derivazione telefonica (Vigna,Dubolino, 1078), o del semplice nascondimento in una stanza (Illuminati, 1831), dalla quale possa percepirsi la conversazione telefonica in atto fra terzi, col sistema «vivavoce», nella sala attigua. Rientra nell'ipotesi di fraudolenta interruzione o impedimento la produzione di contatti telefonici o di rumori di disturbo, mentre ne esula certamente la modalità di interruzione violenta (Manzini, 963; Antolisei, 259; Mantovani, PS, I, 584;Petrone, Segreti, 971), ad esempio attuata attraverso il taglio dei fili, il distacco della spina dalla presa telefonica, o la distruzione degli impianti. La interruzione o l'impedimento violenti potranno, invece, essere puniti, sussistendone i presupposti, a titolo di danneggiamento ex art. 635, o — ipotesi di assai meno probabile verificazione (Vigna, Dubolino, 1078) — di attentato alle pubbliche comunicazioni, ex art. 433, comma 2. La rivelazione con mezzi di informazione al pubblico L'art. 617, cpv. prevede un reato autonomo (Mantovani, 586; Vigna, Dubolino, 1079; Pisa, 6), che sanziona chiunque, in possesso del contenuto di comunicazioni telefoniche o telegrafiche, lo riveli, in tutto o in parte, attraverso mezzi di informazione al pubblico. Secondo un orientamento la fattispecie in esame non presuppone che le conversazioni o comunicazioni, il cui contenuto viene rivelato, debbano essere state oggetto della fraudolenta captazione prevista dall'art. 617, comma 1; è, invece, sufficiente che il soggetto agente abbia in qualsiasi modo — anche per via occasionale, o perfino con l'assenso dei dialoganti — acquisito la conoscenza (Mantovani, 586) del contenuto di una comunicazione in atto. La ratio della norma in commento sarebbe quella di evitare che il soggetto che abbia captato, per qualsiasi via, lecita o meno, una conversazione privata intercorrente fra terzi soggetti, possa impunemente (Mantovani, 586) renderne pubblico il contenuto. Secondo altro orientamento (Vigna, Dubolino, 1079) la portata della norma deve essere ristretta alle sole ipotesi di rivelazione del contenuto di comunicazioni fraudolentemente intercettate, ritenendo «assurda» l'ipotesi di rendere penalmente perseguibile la diffusione di notizie lecitamente — o anche solo non fraudolentemente — acquisite. La rivelazione può avvenire con qualunque strumento idoneo alla diffusione alla generalità dei terzi, come la pubblicazione sui giornali, la divulgazione televisiva, cinematografica o radiofonica o su altri mass media, l'utilizzo di altoparlanti o il volantinaggio, strumenti tutti idonei a raggiungere un numero indeterminato di persone. È altresì rilevante, per la norma in commento, la divulgazione ad un numero determinato, purché elevato, di destinatari, come nel caso della spedizione ad un notevole numero di indirizzi di plichi contenenti quanto intercettato (Mantovani, 586). Non è richiesta dalla norma l'effettiva percezione della notizia da parte del pubblico, né che la rivelazione procuri nocumento. Secondo la giurisprudenza (Cass V n. 7628/1984) non costituisce reato la rivelazione del contenuto di una conversazione telefonica registrata, mediante spedizione della bobina, in plico postale chiuso, a due persone. La pronuncia ha infatti specificato che, per divulgazione, debba intendersi quella che avviene attraverso un mezzo «dotato di idoneità specifica a divulgare la notizia nei confronti della generalità dei terzi o di una parte di essi. Cause di giustificazioneIl reato non si configura allorché la condotta tipica sia riconducibile all'esercizio di un diritto o se la captazione avviene con il consenso anche di uno solo dei soggetti. È stato però ritenuto (Cass. V, n. 41192/2014) che nel delitto previsto dall'art. 617, la presa di cognizione fraudolenta di un genitore del contenuto delle conversazioni telefoniche tra i suoi figli minori e l'altro genitore, non è scriminata ai sensi dell'art. 51 quando il diritto/dovere di vigilanza sulle comunicazioni del minore, che giustifica l'intrusione nella sfera di riservatezza del fanciullo solo se determinata da una effettiva necessità, non viene esercitato in maniera funzionale al perseguimento delle finalità per cui il potere è conferito (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata la quale aveva escluso che la interferenza del padre potesse essere giustificata con un generico riferimento alla esigenza di prevenire il pericolo di una non precisata cattiva influenza sui figli da parte della madre, invero autorizzata ai colloqui dal Tribunale per i Minorenni). Ed è stato affermato (Cass. VI, n. 1500/2013) che non commette il reato di cui all'art. 615 bis, né quello di cui agli articoli 617 e 623 colui che assiste ad una conversazione telefonica svoltasi fra altre persone, in quanto autorizzato da una delle stesse. (Fattispecie relativa alla ritenuta utilizzabilità della testimonianza resa da colui che ascolti il colloquio in modalità viva voce). Secondo Cass. V n. 11965/2018 che non configura il reato di rivelazione, mediante mezzi di informazione al pubblico, del contenuto di una conversazione telefonica fraudolentemente intercettata (art. 617, comma 2, c.p.) la condotta di chi produce, in un giudizio di separazione tra coniugi, la registrazione e trascrizione di detta conversazione, modalità che non è idonea a rivelare il contenuto della conversazione nei confronti della generalità di terzi, come richiesto dal secondo comma dell’articolo in esame). Elemento soggettivoÈ richiesto il dolo generico, che deve ricoprire tanto le condotte tipiche, quanto il carattere fraudolento delle stesse. L'errore in merito al carattere fraudolento della condotta rende non punibile il fatto (Mantovani, 583). La giurisprudenza (Cass. II n. 39192/2004) ha ritenuto che non presenta rilevanza penale, ai sensi dell'art. 617, per difetto di dolo, la condotta dell'operatore di polizia il quale, avuta la disponibilità di un telefono cellulare ritenuto utilizzato per la consumazione del reato, risponda, nell'esercizio della attività di indagine, alle telefonate che pervengono all'apparecchio ed utilizzi le notizie ai sensi dell'art.351 c.p.p. posto che il reato citato si configura solo a carico di colui che «fraudolentemente» prende cognizione di una comunicazione a lui non diretta. Le circostanzeL'art. 617, comma 3, prevede delle circostanze a effetto speciale, che comportano la pena della reclusione da uno a cinque anni e la procedibilità d'ufficio, qualora una delle condotte descritte nei precedenti commi, sia commessa in danno di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, o da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita, anche abusivamente, la professione di investigatore privato (Manca, Tutela, 454). Consumazione e tentativoIl reato si consuma nel momento e nel luogo in cui l'agente prende cognizione totale o parziale del contenuto delle predette comunicazioni o conversazioni ovvero le interrompe, impedisce o rivela il loro contenuto Il tentativo è ammissibile in relazione a tutte le distinte ipotesi di condotta. Si configura il tentativo di presa di cognizione, in particolare, nell'ipotesi di avvenuta attivazione di congegni intercettatori, non seguita dalla effettiva intercettazione del messaggio in transito, per difettosità della comunicazione (Mantovani, 584). Rapporti con altri reatiLa realizzazione congiunta di più fattispecie tra quelle previste nel comma 1 dà luogo ad un solo reato, trattandosi di norma a più fattispecie. Sussiste, invece, il concorso formale tra le condotte previste dall'art. 617, comma 1, e la condotta di rivelazione tipizzata dal capoverso (Mantovani, 585), non operando la clausola «salvo che il fatto costituisca più grave reato» ivi prevista, proprio in ragione della assoluta identità della pena edittale. Deve invece essere sanzionata unicamente ex art. 617-ter, la soppressione o alterazione di una comunicazione vera, che sia stata fraudolentemente intercettata, essendo la modalità fraudolenta una delle possibili forme di realizzazione del reato eventualmente complesso in senso lato (Mantovani, 585), previsto dal secondo periodo dell'art. 617-ter. È ritenuto ammissibile il concorso formale tra la condotta di impedimento o intercettazione di cui all'art. 617, comma 1 e quella di installazione di cui all'art. 617-bis, poiché l'effettiva intercettazione o interruzione attraverso le apparecchiature a tal scopo installate, pur rappresentando l'id quod plerumque accidit, non è richiesta da quest'ultima norma (Vigna, Dubolino, 1080). Può sussistere, si rileva analogamente anche in giurisprudenza, il concorso formale tra le ipotesi di presa di cognizione e impedimento, di cui all'art. 617, comma 1 e la condotta di installazione prevista dall'art. 617-bis. Mentre l'art. 617, si osserva tra l'altro, punisce il fatto della intercettazione o interruzione, avvenuta o tentata con qualsiasi mezzo, anche rudimentale ed improvvisato, purché fraudolento, l'art. 617-bis, sanziona l'installazione di apparati tecnologici idonei all'intercettazione o interruzione, condotta che rivela un diverso e maggiore livello di organizzazione e pericolosità nell'aggressione alla altrui intimità (Trib. Roma 3 ottobre 1974). A contrario la giurisprudenza di legittimità (Cass V, n. 8107/2004, che ha affermato che l'installazione di una segreteria telefonica non costituisce automaticamente un apparato di intercettazione rilevante ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 617-bis, posto che, a tal fine, occorre accertare che l'apparecchio sia predisposto per effettuare la registrazione all'insaputa della persona che telefona mentre sul piano dell'elemento soggettivo, essendo richiesto il dolo specifico, occorre che l'installazione dell'apparecchio sia avvenuta al fine di intercettare o di impedire le comunicazioni telefoniche. Qualora, una volta installata la segreteria per finalità proprie, la si utilizzi talvolta per prendere cognizione di conversazioni telefoniche effettuate da altri (nella specie dipendenti del comune), una siffatta impropria utilizzazione non integra la previsione di cui all'art. 617-bis, bensì quella di cui all'art. 617 che prevede come reato la presa di cognizione fraudolenta di una conversazione telefonica tra altre persone. La dottrina ammette il concorso formale con il delitto di cui all'art. 433 attentato alla sicurezza delle pubbliche comunicazioni. La fattispecie di cui al secondo comma si configura salvo che il fatto costituisca più grave reato. Ne consegue che in caso di rivelazione di cui all'art. 617 e di diffamazione a mezzo stampa di cui all'art. 595 comma 3, prevale la prima delle due disposizioni, mentre si applica la seconda quando, oltre a mezzo della stampa, l'offesa all'altrui reputazione consiste nell'attribuzione di un fatto determinato rispetto al quale è prevista una pena più elevata di quella di cui all'art. 617. Profili processualiIl reato è procedibile a querela di parte; d'ufficio quando ricorrono le circostanze di cui al terzo comma. L'Autorità giudiziaria competente è il Tribunale monocratico. L'Arresto: è facoltativo in flagranza (art. 381 c.p.p.). Il fermo di indiziato di delitto non è consentito. Le misure Cautelari personali sono consentite (artt. 280, 287 c.p.p.). BibliografiaCorasaniti, La tutela della comunicazione informatica e telematica, in Borruso, Buonomo, Corasaniti, D'Aietti, Profili penali dell'informatica, Milano, 1994, 111; Filippi, L'intercettazione di comunicazioni, Milano, 1996, 26; Garavelli Illuminati,«Intercettazione» o semplice «ascolto» di colloqui tra presenti?, in Cass. pen. 1982, 1829; Lago, sub art. 617, in Comm. Dolcini, Marinucci, 2011, 6025 Manca, Non v'è tutela penale per la vita privata che si svolge in automobile, in Resp. civ. prev., 2008, 2477; Petrone, Violazione dei segreti, delitti contro l'inviolabilità dei segreti, in NN.d.I., app., VII, Torino, 1987, 1151; Pisa,Intercettazioni telegrafiche e telefoniche, in EG, XVII, Roma, 1989, 6; Vigna, Dubolino, Segreto, in Enc. dir., XLI, Milano, 1989, 1078; Valastro, La tutela penale delle comunicazioni intersoggettive fra evoluzione tecnologica e nuovi modelli di responsabilità, in Riv. it. dir. e proc. pen. 1999, 989; Valastro, Libertà di comunicazione e nuove tecnologie, Milano, 2001. |