Codice Penale art. 621 - Rivelazione del contenuto di documenti segreti.Rivelazione del contenuto di documenti segreti. [I]. Chiunque, essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto, che debba rimanere segreto, di altrui atti o documenti, pubblici o privati, non costituenti corrispondenza [616 4, 623-bis], lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da 103 euro a 1.032 euro [262] (1). [II]. Agli effetti della disposizione di cui al primo comma è considerato documento anche qualunque supporto informatico contenente dati, informazioni o programmi (2). [III]. Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120]. (1) Per un'ipotesi di aumento della pena, v. art. 36 l. 5 febbraio 1992, n. 104. (2) Comma inserito dall'art. 7 l. 23 dicembre 1993, n. 547. competenza: Trib. monocratico arresto: non consentito fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: non consentita altre misure cautelari personali: non consentite procedibilità: a querela di parte InquadramentoBene giuridico protetto è la cosiddetta segretezza documentale, intesa come interesse del singolo a mantenere segreti, rispetto a terzi, atti e documenti diversi dalla corrispondenza. Il bene giuridico tutelato è, dunque, di natura eminentemente personale e privata da qui la previsione del regime della procedibilità a querela di parte. La disposizione in esame ha un ruolo residuale rispetto all'intero sistema concernente la tutela dei segreti privati apprestato dalla sezione V, capo III, titolo XII, libro II, e probabilmente per questo ha avuto scarsa applicazione (Fioravanti, 114; Marini, 350; Picotti, 126). Soggetto attivoSoggetto attivo del reato può essere chiunque (reato comune), ivi compresi i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio che abbiano appreso abusivamente la notizia segreta (che non sia segreto d'ufficio, etc., cfr. Cass. VI, n. 9331/2002), a cui va applicata l'aggravante di cui all'art. 61, n. 9 (in dottrina Fioravanti, 118; Lago, 6064), nonché i depositari di un atto o documento chiuso che lo abbiano aperto senza autorizzazione, a cui va applicata l'aggravante dell'art. 61, n. 11. Soggetto passivo Soggetto passivo del reato, il cui consenso scrimina ed a cui compete anche la titolarità del diritto di querela, è chiunque abbia legittimo interesse alla conservazione del segreto sul contenuto dell'atto o del documento (Manzini, VIII, 1004), ancorché l'atto si trovi presso terzi (Mantovani, PS, I, 617). In tal senso in giurisprudenza Cass. Sez. V n. 1192/1974. La morte dell'originario avente diritto alla conoscenza esclusiva non esclude che altre persone (e non solo fisiche) possano essere legittimamente interessate alla conservazione del segreto in quanto la rivelazione arrechi loro direttamente un ingiusto nocumento (Fioravanti, 124; Manzini, VIII, 1004). MaterialitàL'oggetto materiale del delitto in esame è costituito dal contenuto segreto di atti, documenti, che non costituiscano corrispondenza Nel comma 2 è espressamente considerato documento anche il supporto informatico contenente dati, informazioni o programmi, vale a dire il supporto di memoria, interno (memoria del disco fisso o rigido, c.d. hard disk) o esterno (dischi magnetici, ottici, ecc.), all'elaboratore, sul quale possono essere registrati e conservati per un certo lasso di tempo dei dati o informazioni nonché programmi (software applicativo) di elaborazione degli stessi, destinati ad essere letti ed eventualmente elaborati da un sistema informatico (Meloni, 493; Pecorella, 85, nt. 81; Pecorella, 4818). Controverso in dottrina è il concetto di atti o documenti. A fronte di un orientamento dottrinario che interpreta questa nozione nell'accezione più ampia possibile, tale da ricomprendere qualsiasi scritto, registrazione, immagine, che per sua natura, per legge o per volontà dell'avente diritto sia da considerare sottratta alla cognizione di soggetti non legittimat (Petrone, Segreti, 974; Antolisei, PS, I, 260; Mantovani, PS, I, 619), un diverso orientamento interpretativo ritiene che non vi sia alcuna ragione per attribuire all'espressione atti o documenti una accezione più ampia di quella riservata, in particolare nelle norme in materia di falso (Malinverni, 9; Manzini, 1003). La introduzione del comma 2, avvenuta con l'art. 7, l. 23. dicembre 1993, n. 547, sembra avere eliminato ogni dubbio in ordine all'accoglimento di una nozione di atti o documenti la più ampia possibile. Il legislatore nel nuovo comma 2 non ha infatti richiamato, diversamente che nell'art. 491 bis, il limite dell'efficacia probatoria che qualifica i documenti informatici oggetto di tutela di quest'ultima norma. Gli atti o i documenti rilevanti possono essere pubblici o privati, i primi ricadono nella previsione soltanto quando siano soggettivamente pubblici, vale a dire provenienti da un pubblico ufficiale, e coperti da segreto (ad es. un testamento pubblico), ma non anche aventi forma pubblica cioè destinati per natura alla conoscenza pubblica e privi del carattere di segretezza (Antolisei, PS, I, 261; Fioravanti, 121; Fiandaca, Musco, PS, II, 1, 267;Mantovani, PS, I, 619; Manzini, VIII, 1003; Petrone, Segreti, 972; Vigna, Dubolino, 1084). Il riferimento a «pubblici o privati», più che la pretesa di requisiti peculiari dell'atto, sembra manifestare l'indifferenza legislativa «per le caratteristiche del mezzo in cui è racchiuso il segreto, purché costituito da uno scritto avente natura diversa dalla corrispondenza» (Petrone, Segreti, 974; Mantovani, PS, I, 619). Deve trattarsi di atti o documenti il cui contenuto è destinato a rimanere segreto (fino alla scadenza del termine o al verificarsi della condizione che fa perdere loro tale natura), in forza di legge, per la loro stessa natura ovvero per volontà, espressa o tacita, presunta o effettiva, dell'avente diritto. Con riguardo a quest'ultimo profilo va evidenziata, peraltro, la necessaria valenza oggettiva del vincolo, cioè la necessità perché sia attribuita rilevanza alla volontà del titolare del diritto, pur determinante, che questa riguardi situazioni, coinvolgenti interessi individuati, che possono essere danneggiati dalla rivelazione della notizia e sono giudicati dall'ordinamento meritevoli di essere protetti con il riserbo, che vanno valutate di volta in volta (Fioravanti, 118; cfr. anche Antolisei, PS, I, 260). È controverso se sia segreto il c.d. documento di valutazione dei rischi, che deve essere redatto dal datore di lavoro ai sensi del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, con la conseguente sanzione della sua divulgazione fuori dall'azienda, considerando in particolare che tale documento viene consegnato al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza esclusivamente su supporto informatico utilizzabile solo su terminale video (in giurisprudenza Cass. V, n. 17744/2009) La norma parla di contenuto sembra pertanto escludere il reato nel caso di rivelazione della sola esistenza dell'atto o documento, anche se arrecante un nocumento, sempre che non si ritenga appartenere già al contenuto anche la rivelazione limitata al tipo di atto (ad esempio atto testamentario) sicuramente attiene ad esso la rivelazione di elementi rilevanti dell'atto o documento medesimo (Mantovani, 645). La norma sanziona alternativamente (norma a più fattispecie) le condotte commissive di rivelazione e di impiego, a proprio o altrui profitto, di un segreto documentale abusivamente conosciuto, pertanto l'integrazione di ambedue le ipotesi con una unica azione (e sempre che vi sia identità del soggetto passivo) non comporta un concorso di reati, che invece sussiste laddove vi siano più azioni (Fioravanti, 121; Mantovani, PS, I, 618; Manzini, VIII, 1007; Lago, 6066; contra, Petrone, 973; Vigna, Dubolino, 1085 che sottolineano il diverso disvalore delle due condotte ed ammettono il concorso di reati). Entrambe le condotte incriminate presuppongono la cognizione abusiva del contenuto di atti, documenti e supporti informatici in questione, parametro piuttosto ampio e generico che ricomprende — quale sia il mezzo usato fraudolento o violento, manifesto o clandestino — oltre alla cognizione acquisita attraverso un reato (Manzini, VIII, 1002; Vigna, Dubolino, 1084), quella acquisita in assenza di cause di giustificazione, vale a dire non sorretta dall'esercizio di un diritto o non imposta dall'adempimento di un dovere (Manzini, VIII, 1004; Mantovani, 617) e, perfino, situazioni di mera contrarietà a norme giuridiche (Fioravanti, 120; Fiandaca, Musco, PS, II, 1, 266; Vigna, Dubolino, 1084). Si discute sulla rilevanza o meno di una semplice indiscrezione, la soluzione negativa pare, peraltro, imposta dall'osservanza del principio di tassatività (Gargiulo, 834; Vigna, Dubolino, 1084; contra Manzini, VIII, 1005). In giurisprudenza si è ritenuto (P. Bassano del Grappa, Sez. Asiago, 13 gennaio 1993) che colui che non ha tenuto una condotta attiva, in tema di rivelazione di documenti segreti a norma dell'art. 621, non si considera «venuto abusivamente a cognizione del documento». Infatti, l'abuso, non può consistere nella mera ricezione di un plico anonimo, perché è un uso non conforme alle facoltà legittimamente spettanti al soggetto (Nel caso di specie, nel corso dell'assemblea dei soci, si è esclusa la responsabilità penale del socio di una banca che, aveva dato lettura di un rapporto redatto dai funzionari della Banca d'Italia a seguito di un'ispezione) Sulla condotta di rivelazione si è detto sub art. 616: in sintesi si tratta del rendere noto a una o più persone anche non determinate (al pubblico), con qualsiasi mezzo o modo, una parte giuridicamente apprezzabile o l'intero contenuto di un documento destinato a rimanere segreto (Fioravanti, 120; Mantovani, PS, I, 618; Manzini, VIII, 1005). La rivelazione deve avvenire senza giusta causa, nozione anch'essa approfondita in tema di art. 616 e di art. 622, che ricorre non solo quando la condotta non offende alcun interesse o ricorrano cause di giustificazione o di discolpa, ma anche quando la valutazione comparativa degli interessi in gioco conduca a ritenere sussistente una proporzione tra il bene sacrificato e quello avvantaggiato con la divulgazione della notizia (Fioravanti, 120;Pagliaro, 143). Peraltro si ritiene che nella fattispecie il criterio della proporzione vada integrato con quello del danno, nel senso che non ricorre la giusta causa quando la possibilità del danno riguardi solo alcuni dei beni in conflitto (segnatamente quello tutelato con il segreto), deve dunque sussistere equilibrio (oltre che tra beni) tra danno cagionato e danno evitato e la rivelazione deve essere necessaria per salvaguardare l'interesse collidente con quello tutelato dal segreto (Fioravanti, 121). L'impiego di un segreto consiste nella sua utilizzazione per finalità e con modalità tali da trarne un qualunque profitto per sé o per altri (Manzini, VIII, 1006). Il profitto può essere patrimoniale o non patrimoniale, giusto od ingiusto (Fioravanti, 121; Mantovani, PS, I, 572; Manzini, VIII, 1006; Petrone, Segreti, 973; Vigna, Dubolino, 1085); è controverso, invece, se possa essere anche solo di natura morale (così Petrone, Segreti, 973, nt. 4; contra Marini, 431). Si esclude comunque l'illecito quando la condotta si sia risolta a beneficio del titolare del segreto (Mantovani, PS, I, 618). È indubbio se, ai fini della consumazione il profitto debba essere necessariamente conseguito o se invece basti che il contenuto dell'atto sia stato impiegato a tale scopo prescindendo cioè dall'esito che tale impiego abbia poi realmente avuto (Manzini, VIII, 1008; contra Petrone, Segreti, 973). La norma richiede espressamente che dalla rivelazione e dalla utilizzazione del segreto (e non dalla presa di cognizione abusiva) derivi un nocumento, vale a dire, secondo la comune interpretazione, qualsiasi reale pregiudizio, morale o materiale, giuridicamente rilevante, a carico di una qualsiasi persona (Fioravanti, 122;Fiandaca, Musco, PS, II, 1, 266). È controversa la natura giuridica di tale elemento: condizione obiettiva di punibilità (in tal senso Manzini, VIII, 1007; Marini, 326; Rocca, 581; Vigna, Dubolino, 1085), oppure elemento costitutivo (evento) del reato (Fiandaca, Musco, PS, II, 1, 266;Mantovani, PS, I, 619; Antolisei, PS, I, 261; Fioravanti, 122; Petrone, Segreti, 959). Secondo la giurisprudenza il nocumento costituisce condizione oggettiva di punibilità del reato (art. 621) pertanto, qualora dalla rivelazione del segreto documentale non derivi un nocumento — inteso come pregiudizio giuridicamente rilevante di qualsiasi natura — al titolare del diritto alla segretezza, va esclusa la sussistenza del reato anche solo tentato. (Cass. Sez. V n. 17744/2009 nel caso di specie si è ritenuto che non risponde del delitto anche solo tentato di rivelazione del contenuto di documenti segreti di cui all'art. 621 il lavoratore dipendente che abbia illecitamente acquisito e rivelato il contenuto di documenti aziendali riservati, qualora di tali documenti non sia stato fatto ancora uso, né il titolare del diritto alla segretezza dei documenti risulti aver subito un qualsiasi pregiudizio di natura anche non patrimoniale; Cass. V, n. 51089/2014 in quest'ultima pronuncia la S.C. ha ritenuto integrato il nocumento nella rivelazione di oltre 3200 informazioni relative ad una società e rivelate ad altra concorrente della prima con la determinazione di una turbativa illecita al mercato nei confronti della società titolare di tali informazioni). Elemento soggettivoPer la condotta di rivelazione senza giusta causa è sufficiente il dolo generico, che deve coprire la natura segreta dell'atto e la natura abusiva della cognizione del suo contenuto. La considerazione del nocumento come un evento del reato impone che il dolo investa anche tale elemento (Antolisei, PS, I, 261). Per alcuni Autori la condotta di impiego richiede, inoltre, il dolo specifico di profitto (Fioravanti, 123; Vigna, Dubolino, 1085). Va sottolineata l'ampia rilevanza che in materia assume l'errore sugli elementi normativi della fattispecie: segreto, abusiva cognizione, giusta causa di rivelazione (Fioravanti, 123). Consumazione e tentativoIl reato si consuma nel momento e nel luogo in cui si realizza l'evento del nocumento per chi lo considera elemento costitutivo del reato (Mantovani, PS, I, 620; Fiandaca, Musco, PS, II, 1, 267); chi considera il nocumento una condizione oggettiva di punibilità identifica il momento consumativo con la realizzazione della condotta (Manzini, VIII, 1007). Quest'ultima dottrina esclude anche la configurabilità del tentativo perché il fatto non è punibile fino a che non si verifichi il nocumento (Manzini, VIII, 1007). In tal senso anche la giurisprudenza (Cass. V n. 17774/2009). Concorso di persone nel reatoNon concorre nel reato il soggetto che si sia limitato a ricevere il segreto senza porre in essere un'attività di istigazione o di determinazione. Rapporti con altre figure di reatoSecondo un orientamento quando la cognizione abusiva del contenuto dell'atto o documento avvenga attraverso un reato (d es. appropriazione indebita, rapina, estorsione) quest'ultimo può concorrere con quello in esame (Manzini, VIII, 1007). Un diverso indirizzo ha però sottolineato che, in particolare, quando sono integrati reati contro il patrimonio (ad es. appropriazione indebita, furto, rapina, estorsione, truffa) caratterizzati dal fine di trarre profitto con la condotta di spoglio materiale dei documenti, la condotta di rivelazione o di impiego assume il carattere di post factum non punibile che integra l'evento di profitto cui tende il dolo specifico dei delitti in considerazione (Mantovani, PS, I, 617). Non è configurabile il concorso del reato in esame, con quelli preveduti dagli artt. 261, 326, 622, 623, 683, 684, 685, stante il carattere residuale della previsione in esame e dovendosi applicare il principio di specialità ex art. 15 (Lago, 6068). Non è configurabile il concorso del reato in esame con quelli degli artt. 616 e 618, posto che l'oggetto materiale del delitto di cui all'articolo 621 non deve consistere per espressa previsione normativa in una corrispondenza. Profili processualiProcedibilità: a querela di parte L'Autorità giudiziaria competente è il Tribunale monocratico L'Arresto: non è consentito Il fermo di indiziato di delitto non è consentito Le misure Cautelari personali non sono consentite BibliografiaFioravanti, Segreto documentale, in Digesto pen., XIII, Torino, 1997; Gargiulo, inComm. Lattanzi, Lupo, X, Milano, 2000; Lago, sub art. 621, in Comm. Dolcini, Marinucci, 6064; Malinverni, Teoria del falso documentale, Milano, 1958; Marini, Delitti contro la persona, Torino, 1995; Meloni, Falsità in atti. Introduzione: autori, atti e beni giuridici (491 bis, 492, 493), in Cocco, PS, 427; Pagliaro, La «giusta causa» nella rivelazione di segreti, in Legge penale e libertà di pensiero, Padova, 1966; Pecorella, sub art. 491 bis, in Comm. Dolcini, Marinucci, II, 3a ed., Milano, 2011; Pecorella, Il diritto penale dell'informatica, Padova, 2000; Petrone, Le recenti modifiche del codice penale in tema di documento informatico, in Dir. inf. 1995; Petrone, Il documento informatico: profili penali, 1995; Petrone, Delitti contro l'inviolabilità dei segreti, in Nss. D.I., app., VII, Torino, 1987; Petrone, Segreti (delitti contro l'inviolabilità dei), in Nss. D.I., XVI, Torino, 1969; Picotti, Commento all'art. 7 della l. 23 dicembre 1993 n. 547, 1996; Id., Profili penali dell'informatica, Verona, 1992; Rocca, Rivelazione di documenti segreti, in Enc. forense, VI, Milano, 1961; Vigna, Dubolino,Segreto (reati in materia di), in Enc. dir., XLI, Milano, 1989. |