Codice Penale art. 626 - Furti minori 1 2 .

Angelo Valerio Lanna

Furti minori 12.

[I]. Si applica la reclusione fino a un anno ovvero la multa fino a 206 euro, e il delitto è punibile a querela della persona offesa [120]:

1) se il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa sottratta, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita 3;

2) se il fatto è commesso su cose di tenue valore, per provvedere a un grave ed urgente bisogno;

3) se il fatto consiste nello spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi altrui, non ancora spogliati interamente del raccolto.

[II]. Tali disposizioni non si applicano se concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1, 2, 3 e 4 dell'articolo precedente [649].

 

competenza: Giudice di pace; Trib. monocratico (aggravanti ex art. 4 3 d.lg. n. 274 del 2000)

arresto: non consentito

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: non consentita

altre misure cautelari personali: non consentite

procedibilità: a querela di parte

[1] Rubrica modificata dall'art. 2, comma 1, lett. b), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150,che ha sostituito la parola «minori» alle parole «punibili a querela dell'offeso»​. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199.

[2] V. art. 4 d.lg. 28 agosto 2000, n. 274, in tema di competenza penale del giudice di pace. V. inoltre la norma transitoria di cui all'art. 64 d.lg. n. 274, cit. Per le ipotesi di reato attribuite alla competenza del giudice di pace si applica la sanzione della multa da 258 euro a 2.582 euro o quella della permanenza domiciliare da 6 a 30 giorni o del lavoro di pubblica utilità da 10 giorni a 3 mesi.

[3] La Corte cost., con sentenza 13 dicembre 1988, n. 1085, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente numero «nella parte in cui non estende la disciplina ivi prevista alla mancata restituzione, dovuta a caso fortuito o a forza maggiore, della cosa sottratta».

Inquadramento

Delitto inserito nel Capo primo del Titolo Tredicesimo del Libro Secondo del Codice; dunque collocato — sotto il profilo sistematico — tra i delitti contro il patrimonio, in particolare fra i delitti contro il patrimonio commessi mediante violenza alle cose o alle persone.

Trattasi di ipotesi delittuose punibili a querela dell'offesa e connotate da una minore offensività, rispetto alla fattispecie di furto propriamente detta (la corrente classificazione dottrinaria è infatti quella di furti minori). Si è anche agitata – fra gli esegeti della norma – la questione concernente la natura circostanziale o di delitti autonomi di tali forme di furto. Pare ormai del tutto consolidata – in dottrina e giurisprudenza – l'idea che si tratti di titoli autonomi di reato (vedere sul punto Corte cost. n. 1085/1988).

Si segnala che la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della presente disposizione, nella parte in cui non prevede anche la mancata restituzione della cosa sottratta al fine di uso momentaneo, allorquando tale mancata restituzione sia dipesa da caso fortuito o forza maggiore (Corte Cost. n. 1085/1988).

Modifiche introdotte a seguito della Legge 27 settembre 2021, n. 134

In attuazione della Legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, è stato emanato il D.Lgs 10 ottobre 2022, n. 150, la cui entrata in vigore risulta fissata al 30 dicembre 2022, secondo quanto stabilito dal D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Sono state fra l'altro apportate modifiche al Libro II del codice penale. Nella rubrica dell'art. 626, le parole che figuravano in precedenza, ossia «a querela dell'offeso», sono state sostituite con la parola: «minori». Trattasi di una diretta conseguenza delle modifiche contestualmente apportate dalla medesima norma, che ha integralmente sostituito il terzo comma dell'art. 624, inserendo più limitate deroghe, rispetto alla generale disciplina della procedibilità a querela del delitto di furto. Tale fattispecie delittuosa diviene infatti procedibile d'ufficio solo laddove la persona offesa risulti incapace - a causa dell'età o in ragione di uno stato di infermità – oppure anche allorquando ricorra una delle forme di manifestazione tipizzate dall'art. 625, numero 7 (escluso il caso in cui l'azione furtiva abbia ad oggetto cose esposte alla pubblica fede) e numero 7bis. Vi è pertanto – rispetto alla previgente figura tipizzata del furto - un restringimento del campo delle ipotesi procedibili d'ufficio; ricordiamo infatti che la disposizione codicistica precedente, come introdotta dall'art. 12 della L. 25 giugno 1999, n. 205, prevedeva per l'art. 624 la procedibilità d'ufficio, al ricorrere di una o più delle circostanze ex artt. 61 n. 7 e 625. In ragione di ciò, i cd. furti minori ex art. 626 erano in rubrica indicati con la dizione furti punibili a querela dell'offeso; tali figure delittuose assumono ora a tutti gli effetti – già nella rubrica - la denominazione di furti minori.

I soggetti (rinvio)

I soggetti attivi (rinvio)

Può sul punto operarsi un mero rinvio a quanto già esposto in sede di commento al reato di furto semplice (v. sub art. 624).

Il soggetto passivo

Anche in tal caso, valga il richiamo a quanto sopra scritto, in sede di commento al reato di furto semplice (v. sub art. 624).

Materialità (rinvio)

Si possono anche qui mutuare integralmente le nozioni esposte in tema di furto semplice. Con l'avvertenza che l'articolo in esame prevede una pluralità di modalità realizzative che sono tra loro alternative. Richiedono dunque una separata trattazione. Verranno quindi ora esaminate le distinte ipotesi del cd. furto d'uso, del cd. furto lieve per bisogno e infine si passerà a sviscerare le fattispecie minori del cd. spigolamento abusivo, che sono tipizzate nel n. 3) del primo comma.

Il furto d'uso

Il primo comma della disposizione normativa in commento prevede il caso in cui l'autore del furto agisca al solo fine di fare della res un uso momentaneo e, dopo tale utilizzo, proceda immediatamente alla restituzione della stessa all'avente diritto. Il fatto che la cosa sottratta venga adoperata momentaneamente rappresenta solo la finalità dell’agire del reo. Ciò significa che resta integrato il reato – in presenza di sottrazione temporanea – anche laddove a questa non segua (per volontà del soggetto attivo, o anche per qualsivoglia altra ragione) l’uso effettivo della res.

Deve dunque trattarsi di un uso che sia compatibile con l'intimo significato del termine restituire; che cioè lasci intatta la cosa sottratta — nella sua essenza strutturale e funzionale — e ne consenta la restituzione nelle medesime condizioni nelle quali essa si trovava allorché fu sottratta. Resta quindi escluso dall'alveo previsionale dell'articolo in esame ogni uso che implichi “distruzione o consumazione, totale o parziale, della cosa o ne determini un'alterazione tale da renderla inservibile” (Antolisei, 260). Sembra ammissibile una restituzione del bene che sia magari minimamente deteriorato ma non del tutto inutilizzabile, salvo ovviamente il diritto del titolare al risarcimento del danno.

Occorre poi che l'uso abbia un connotato momentaneo, estemporaneo, rapido, quindi che si estenda entro un limitato lasso cronologico, sempre ovviamente facendo riferimento al tipo di oggetto sottratto ed alla sua funzione.

Il bene oggetto di momentaneo impossessamento, inoltre, deve essere immediatamente restituito all'avente diritto dopo l'uso. Peraltro: “... non occorre che la restituzione sia spontanea, risultando sufficiente, ma comunque necessaria, la volontarietà del gesto” (Caringella, De Palma, Farini, Trinci, 1259).

Dal momento che deve essere oggetto di restituzione la medesima cosa sottratta e poi momentaneamente adoperata, è parso sempre logico ritenere che oggetto del furto d'uso possano essere esclusivamente cose di specie e non di genere, infungibili e non fungibili. Ciò appunto in quanto si deve restituire la stessa cosa oggetto di impossessamento e non il tantundem.

Per quanto attiene alle tematiche dell'elemento psicologico del reato, nonché della consumazione e del tentativo nel furto d'uso, si rinvia alle trattazioni contenute nei paragrafi specifici.

Il furto lieve per bisogno

È la figura tipica che si realizza mediante l'impossessamento di una cosa che presenti un tenue valore, purché l'atto sia commesso al fine di provvedere a un grave e urgente bisogno. L'ipotesi è stata definita anche furto minimo o furto attenuato.

Sotto il profilo tecnico-dogmatico, occorre anzitutto tener presente che si tratta non di una ipotesi di furto circostanziato, ma di una figura tipica a sé stante, dunque di un delitto autonomo, che presenta la tenuità dell'oggetto materiale quale parte integrante del paradigma normativo (Maggiore 969).

Il primo elemento differenziale di carattere oggettivo — rispetto all'ipotesi di furto semplice — è dunque da ricercare nell'elemento materiale della condotta; verte quindi in particolare proprio sulle connotazioni della res che può divenire oggetto di impossessamento. Deve infatti trattarsi di una cosa che abbia un tenue valore. La definizione concettuale della locuzione adoperata dal legislatore è rimessa al prudente apprezzamento dell'interprete. Volendo però offrire dei parametri valutativi quanto più possibile oggettivi e predefiniti, si può sottolineare l'opportunità di contestualizzare la valutazione, onde cogliere le sottili sfaccettature della concreta fattispecie. La cosa sottratta avrà dunque un valore definibile tenue non solo in base ad una valutazione di tipo aprioristico e assiomatico, bensì all'esito di una ponderazione strettamente agganciata proprio alle peculiarità dello specifico accadimento fenomenico.

Ci si può impossessare tanto di denaro, quanto di una qualsiasi cosa mobile (il caso di scuola — e purtroppo quello che più spesso ricorre nella pratica — è il furto di generi alimentari).

L'espressione «grave e urgente bisogno» descrive una situazione di necessità pressante, opprimente, indifferibile. Una condizione di bisogno che deve attenere a momenti essenziali della vita umana. Che deve inoltre essere non necessariamente personale, ossia riconducile proprio al soggetto agente; e infatti: “Come il furto può essere commesso a profitto di sé o d'altri, non c'è motivo di considerare diversamente questa figura di furto, che è fondata su di un particolare riguardo ai sentimenti di solidarietà e gentilezza umana” (Maggiore, 970).

Si tratta di una condizione di urgenza che presenta però connotati di minore gravità — che deve quindi essere meno estrema, drammatica e radicale — rispetto allo stato di bisogno rilevante quale scriminante ex art. 54. E dunque, il grave ed urgente bisogno qui rilevante è ad esempio l'urgenza di un ricovero, oppure necessità fisiologiche fondamentali quali la fame o la sete; si può rubare del vestiario per il freddo, o anche delle medicine per alleviare una qualunque patologia; si può rubare qualcosa per assicurarsi un riparo o una qualunque forma di protezione verso agenti atmosferici o nei confronti di contingenti situazioni di carenza. Inoltre: “Anche un bisogno morale, oltre il fisico, può assumere in qualche contingenza il carattere di urgenza e di gravità (si pensi al caso del padre che ruba un po' di denaro per pagarsi il viaggio e accorrere al capezzale del figlio morente)” (Maggiore, 971).

Deve poi trattarsi di un bisogno oggettivamente esistente ed apprezzabile; dunque non meramente voluttuario. Infine, la norma postula che che il soggetto agente sia sostanzialmente privo di alternative, ossia che si trovi nell'impossibilità contingente di riuscire a procurarsi la cosa tenendo un comportamento non delittuoso.

I furti commessi mediante spigolamento

È infine tipizzata l'ipotesi che comunemente viene definita spigolamento abusivo. La condotta cristallizzata nella norma consiste — in via alternativa — nel fatto di spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi altrui, allorquando questi non siano stati ancora spogliati del raccolto.

Il verbo spigolare indica, letteralmente, il fatto di chi raccolga delle spighe restate ancora adagiate sul fondo dopo la mietitura. È un termine che — nel senso figurato di uso corrente — indica anche l'azione del raccattare qualcosa in maniera casuale.

Rastrellare significa raccogliere, ammonticchiare qualcosa servendosi di un rastrello (il senso figurato — qui ovviamente non pertinente — è anche quello di catturare nemici perlustrando un determinato territorio). Il termine raspollare indica infine il fatto di raccogliere dei grappoli d'uva, che siano stati dimenticati sul fondo durante la vendemmia.

I termini sopra analizzati descrivono insomma condotte forse appartenenti ad un'epoca alquanto antica, caratterizzata da una economia di tipo agricolo. Tali condotte delittuose postulano — sotto il profilo temporale, oggettivo — che sia stato effettuato un raccolto nei campi, ma che le relative operazioni di distacco, selezione, accumulo e trasporto altrove non siano ancora terminate. Il furto ha dunque qui evidentemente ad oggetto del materiale che è di tipo vegetale, che sia stato staccato dalla sede naturale, ma non ancora portato via.

Si è detto che il definitivo completamento delle operazioni di raccolto sul fondo consentirebbe di attribuire, ai rimasugli vegetali restati abbandonati sul terreno, la qualità di res derelictae; ne deriverebbe l'impossibilità di ritenere integrato il reato di furto, per carenza del requisito costitutivo dell'altruità (Maggiore, 972).

Sembra pacifico che — in assenza di una descrizione tassativa dell'oggetto materiale — la norma debba riguardare la raccolta di residui non solo di spighe, bensì di qualsivoglia prodotto vegetale (quindi anche olive, uva, eccetera).

Elemento psicologico

È necessario, in relazione al coefficiente soggettivo della norma in esame, operare un discrimine tra le varie ipotesi. Ossia.

Con riferimento al furto d'uso, l'atteggiamento psicologico del soggetto agente deve essere quello del dolo d'uso. Deve cioè caratterizzarsi per l'intenzione di sottrarre la cosa al fine esclusivo di adibirla ad un uso circoscritto, sotto il profilo temporale; deve inoltre includere — sin dal momento genetico dell'azione delittuosa — l'intenzione di restituire la cosa stessa, una volta che ne sia terminato l'utilizzo. Il tratto essenziale è qui costituito dalla sussistenza di un intento restitutorio ab initio.

Si è infatti scritto che: “L'esistenza, al momento della esecuzione della sottrazione, di tale particolare intenzione... è essenziale alla nozione di furto d'uso e differenziale rispetto al furto comune, attenuato dalla restituzione del tolto (art. 62 n. 2), compiuta subito dopo la consumazione del reato, essendo questa caratterizzata dall'insorgere della intenzione di restituire dopo l'impossessamento” (Mantovani, 78).

Ciò che invece differenzia il furto per bisogno dal furto comune è l'esistenza di un agire sostenuto dalla specifica volontà di soddisfare un bisogno — personale o altrui — che presenti la caratteristica dell'urgenza e della improcrastinabilità.

In relazione infine al furto per spigolamento, sarà bastevole richiamare in modo integrale i concetti espressi in relazione al furto comune (v. sub art. 624).

Consumazione e tentativo

In relazione alla fattispecie del furto d'uso, è stato aspramente dibattuto il tema attinente alla esatta collocazione del momento consumativo del reato. Si sostiene infatti, da parte di alcuni interpreti della norma, che il reato in esame si consumi con il mero impossessamento del bene; si oppone però — da parte di altra corrente dottrinaria — che la restituzione, in quanto segmento integrante della materialità del modello legale, debba esser considerata proprio come il momento consumativo della fattispecie.

Secondo alcuni, dunque, il furto d'uso si connota in termini di minore offensività — rispetto al furto comune — proprio sul presupposto dell'esistenza di un intento restitutorio coevo e coessenziale rispetto all'azione. Non si tratta quindi di una fattispecie di furto ordinario, che vada a declassarsi in furto d'uso grazie alla restituzione; si è invece in presenza di una ipotesi delittuosa che — traendo origine da un atteggiamento psicologico intrinsecamente dotato di un minor grado di offensività — nasce sin dall'origine come azione corredata da una minore potenzialità antigiuridica. Se ne dovrebbe quindi dedurre che il furto d'uso “si perfeziona nel tempo e nel luogo della restituzione, perché solo in questo momento si ha anche la richiesta realizzazione dell'intenzione restitutiva. Finché la restituzione è possibile e non sia decorso un tempo tale da escluderne la immediatezza, il furto d'uso non è ancora perfezionato. L'impossessamento segna, però, il momento a partire dal quale non è più configurabile il tentativo di furto. Se tale tempo è decorso, si ha furto comune consumato” (Mantovani, 79).

Altri interpreti della norma, al contrario, ritengono non ammissibile il tentativo di furto d'uso, muovendo da una considerazione oggettiva e non soggettiva del fatto rappresentato dalla restituzione. Una volta che questi si verifichi, si verterà in tema di furto d'uso; laddove restituzione non vi sia, si dovrà invece discorrere di furto ordinario consumato.

Con riferimento al furto minimo ed allo spigolamento abusivo, valgono invece le nozioni attinenti al momento consumativo ed al tentativo già enucleate in tema di furto comune (v. sub art. 624).

Casistica

a. Il Supremo Collegio — con riferimento alla tematica dell'ammissibilità del tentativo nel reato di furto d'uso — ha precisato che, essendo materialmente impossibile la restituzione, in ragione del mancato impossessamento della cosa, non può ipotizzarsi la figura del tentativo. Ciò in quanto tale figura tipica di furto postula proprio, sotto il profilo oggettivo, l'avvenuta restituzione successiva all'impossessamento; alla restituzione non può però essere equiparata la semplice intenzione di restituire (Cass. IV, n. 4447/1988; nello stesso senso, si vedano Cass. II, n. 1161/1982 e Cass. II, n. 2731/1972); la Corte poi — in applicazione dei principi dettati dalla succitata Corte cost. n. 1065/1988 — ha chiarito come il furto d'uso sia configurabile esclusivamente laddove ricorra il fine di utilizzare momentaneamente la cosa per poi restituirla, oltre che nel caso in cui la mancata restituzione sia dovuta a caso fortuito o forza maggiore. E la forza maggiore in grado di impedire il factum restitutionis può anche consistere nell'intervento della p.g. o di altri, sempre che l'azione impeditiva si collochi in un momento nel quale si possa già reputare avviata la fase restitutoria (Cass. V, n. 39909/2006).

b. L'ipotesi del furto lieve per bisogno richiede che la res oggetto di impossessamento presenti un tenue valore e che l'azione tragga origine da un grave e urgente bisogno. Non è quindi sufficiente l'esistenza di una vaga condizione di bisogno o miseria, ma è necessario che si tratti di una situazione di bisogno grave ed indilazionabile, al quale non sia possibile far fronte in altro modo, se non per il tramite della sottrazione della cosa (Cass. V, n. 32937/2014); la Corte in altra occasione, escludendo che potesse ravvisarsi il furto lieve per bisogno in ipotesi di sottrazione di energia elettrica utile per la prosecuzione dell'attività commerciale, ha chiarito quale sia la nozione di «grave bisogno» alla quale attenersi. Deve dunque trattarsi di una situazione di gravissima necessità, inerente però ad elementari e fondamentali esigenze di vita; una condizione tale da poter potenzialmente cagionare, in caso di mancato soddisfacimento, un pericolo per il soggetto (Cass. IV, n. 33307/2008).

c. Le ipotesi dello spigolamento, del rastrellamento e del rampollamento si realizzano quando si agisca su terreni altrui, dopo l'effettuazione del raccolto, ma quando il prodotto di tale attività non sia stato ancora trasportato interamente altrove ad opera dell'avente diritto. L'oggetto materiale è dunque rappresentato dai rimasugli di vegetazione comunque suscettibili di apprensione. Tale fattispecie minore non resta quindi integrata, ricorrendo invece la figura del furto comune, quando il ciclo di raccolta dei frutti non sia ancora iniziato (Cass. V, n. 36373/2013).

d. I Giudici di legittimità hanno chiarito come il tipo di uso momentaneo che connota la figura tipica in esame debba presentarsi pienamente conforme, rispetto alla natura e alla destinazione funzionale della res oggetto di impossessamento. Muovendo da tale presupposto teorico, la Corte ha escluso la configurabilità del furto d’uso, in presenza della sottrazione da una vettura delle targhe; di queste l’agente si era impossessato, infatti, per il lasso di tempo strettamente necessario ad operare una illecita duplicazione e le aveva poi nuovamente apposte sul veicolo (Cass. V, n. 42048/2017).

Profili processuali

Gli istituti

Il reato in esame è reato procedibile a querela di parte. È di competenza, nell'ipotesi semplice, del Giudice di Pace; diviene invece di competenza del Tribunale in composizione monocratica, al ricorrere di una o più delle circostanze indicate dall'art. 4 comma 3 d.lgs. n. 274/2000 (trattasi delle aggravanti di cui all'art. 1 del d.l. n. 625/1979, conv. con modif. dalla l. n. 15/1980 (in materia di terrorismo, v. ora art, 270-bis.1), di cui all'art. 7 d.l. n. 152/1991, conv. con modif. dalla l. n. 203/1991 (in materia di criminalità organizzata e di misure di prevenzione, v. ora art. 416-bis.1) e infine di cui all'art. 3 d.l. n. 122/1993, conv. con modif. nella l. n. 205/1993 (in tema di discriminazione razziale, v. art. 604-ter); è prevista la citazione a giudizio, secondo la competenza, a norma dell'art. 20 d.lgs. n. 274/2000, ovvero ai sensi dell'art. 550 c.p.p.

Per esso:

a) non è possibile disporre intercettazioni;

b) non è consentito l'arresto in flagranza; non è consentito il fermo;

c) non è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali.

Ulteriori applicazioni processuali

L'art. 36 l. n. 104/1992, come sostituito dall'art. 3 l. n. 94/2009 prevede che — quando uno dei delitti non colposi previsti dai titoli XII e XIII del libro II del codice, oltre che i reati di cui alla l. n. 75/1958 — vengano perpetrati in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale, la pena sia aumentata da un terzo alla metà. Nel relativo processo, inoltre, è ammessa la costituzione di parte civile da parte sia del difensore civico, sia dell'associazione alla quale risulti iscritta la vittima del reato, ovvero una persona che sia familiare di questa.

L'art. 649 prevede i casi di non punibilità e di procedibilità a querela, in relazione ai fatti previsti dal Titolo XIII del Codice.

Bibliografia

Antolisei, Manuale di diritto penale - parte speciale, I, Milano, 1982; Caringella, De Palma, Farini, Trinci, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, 2016, Roma, 2015; Maggiore, Diritto penale, Parte Speciale, II, t. II, Bologna, 1958; Mantovani, voce Furto, in Dig. pen. V, Torino, 1991;  Pecorella, voce Sottrazione di cose comuni, in Enc. dir., XLII, Milano, 1990.

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