Codice Penale art. 639 - Deturpamento e imbrattamento di cose altrui 1 .Deturpamento e imbrattamento di cose altrui 1. [I]. Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili altrui [624 2; 812, 814 c.c.] è punito, a querela della persona offesa [120], con la multa fino a euro 309[649, 664] 2. [II]. Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati, si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro. 34. Se il fatto e' commesso su teche, custodie e altre strutture adibite all'esposizione, protezione e conservazione di beni culturali esposti in musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonche' di ogni altro ente e istituto pubblico, si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro. Se il fatto e' commesso su beni mobili o immobili adibiti all'esercizio di funzioni pubbliche, con la finalita' di ledere l'onore, il prestigio o il decoro dell'istituzione cui il bene appartiene, si applicano la reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi e la multa da 1.000 a 3.000 euro.5 [III]. Nei casi di recidiva per le ipotesi di cui al secondo comma, primo e secondo periodo, si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a 10.000 euro. Nei casi di recidiva per l'ipotesi di cui al secondo comma, terzo periodo, si applicano la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa fino a 12.000 euro6. [IV]. Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico e' punito con le pene di cui ai commi precedenti, raddoppiate7 [V]. Nei casi previsti dal secondo comma si procede d'ufficio8 . [VI]. Con la sentenza di condanna per i reati di cui al secondo e terzo comma il giudice, ai fini di cui all’articolo 165, primo comma, può disporre l’obbligo di ripristino e di ripulitura dei luoghi ovvero, qualora ciò non sia possibile, l’obbligo di sostenerne le spese o di rimborsare quelle a tal fine sostenute, ovvero, se il condannato non si oppone, la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate nella sentenza di condanna9.
competenza: Giudice di pace (primo comma) (aggravanti ex art. 4 3 d.lg. n. 274 del 2000); Trib. monocratico (secondo, terzo e quarto comma) arresto: non consentito, facoltativo (comma 4) fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: non consentita altre misure cautelari personali: non consentite, consentite (comma 4) procedibilità: a querela di parte (primo comma); d'ufficio [1] V. art. 4 d.lg. 28 agosto 2000, n. 274, in tema di competenza penale del giudice di pace. V. inoltre la norma transitoria di cui all'art. 64 d.lg. n. 274, cit. Per le ipotesi di reato attribuite alla competenza del giudice di pace si applicano le pene pecuniarie vigenti (art. 52 d.lg. n. 274, cit.). [2] Comma modificato dapprima dall'art. 3, comma 3, lettera a), della l. 15 luglio 2009, n. 94, che ha soppresso le parole "o immobili" che erano poste dietro le parole "cose mobili" e successivamente dall'art. 4, comma 1, lett. a) l. 22 gennaio 2024, n. 6 che ha sostituito le parole «multa fino a euro 309» alle parole «multa fino a euro 103». [3] Il periodo «Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro» è stato abrogato dall'art. 5, comma 2, lett. b), l. 9 marzo 2022, n. 22. Ai sensi dell'art. 7 l. n. 22, cit. «La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale» (23 marzo 2022). [4] Comma aggiunto dall'art. 13, comma 2, l. 8 ottobre 1997, n. 352, e successivamente sostituito dall'art. 3, comma 3, lett. b), della l. 15 luglio 2009, n. 94. Il testo precedente recitava: «Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici, si applica la pena della reclusione fino a un anno o della multa fino a 1.032 euro e si procede d'ufficio». [5] Periodo aggiunto dall'art. 4, comma 1, lett. b) l. 22 gennaio 2024, n. 6. Comma, da ultimo, modificato dall'art. 24, comma 1, lett. a) d.l. 11 aprile 2025, n. 48, conv. in l. 9 giugno 2025, n. 80, che ha aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se il fatto e' commesso su beni mobili o immobili adibiti all'esercizio di funzioni pubbliche, con la finalita' di ledere l'onore, il prestigio o il decoro dell'istituzione cui il bene appartiene, si applicano la reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi e la multa da 1.000 a 3.000 euro». [6] Comma aggiunto dall'art. 3, comma 3, lett. c), della l. 15 luglio 2009, n. 94. Comma, da ultimo, modificato dall'art. 24, comma 1, lett. b) d.l. 11 aprile 2025, n. 48, conv. in l. 9 giugno 2025, n. 80, che dopo le parole: «di cui al secondo comma» ha inserito le seguenti: «, primo e secondo periodo,» ed ha aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei casi di recidiva per l'ipotesi di cui al secondo comma, terzo periodo, si applicano la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa fino a 12.000 euro». [7] Comma inserito dall'art. 4, comma 1, lett. c) l. 22 gennaio 2024, n. 6. [8] Comma aggiunto dall'art. 3, comma 3, lett. c), della l. 15 luglio 2009, n. 94. [9] Comma aggiunto dall'art. 16 d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modif, in l. 18 aprile 2017, n. 48. InquadramentoCon l’art. 5, comma 2, della l. 8 marzo 2022 n. 22, recante “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale” è stato abrogato il secondo periodo del secondo comma, che prevedeva, come circostanza aggravante, il fatto commesso su cose di interesse storico o artistico; la disposizione suddetta consegue all’introduzione, operata con l’art. 1 del medesimo testo normativo, del delitto di cui all’art. 518-duodecies che, tra l’altro, punisce il deturpamento e l’ imbrattamento di beni culturali o paesaggistici propri o altrui. L'oggetto giuridico del reato previsto dall'art. 639 c.p. è rappresentato dall'interesse pubblico all'inviolabilità dei singoli beni, che comprende anche il valore estetico degli stessi, in quanto avente una diretta incidenza sul piano patrimoniale. Al riguardo la Cassazione ha affermato che l'ipotesi criminosa prevista dall'art. 639, che costituisce una forma lievissima di quella prevista dall'art. 635 stesso codice, tende alla tutela della proprietà e più precisamente ad evitare una menomazione della situazione patrimoniale del soggetto passivo attraverso il deturpamento o l'imbrattamento di un cosa che gli appartiene; invece col disposto dell'art. 663 si è inteso punire la violazione di una specifica limitazione che il legislatore ha posto all'attività privata a tutela dell'attività di polizia della pubblica autorità. Pertanto, nel caso che sui muri esterni di un edificio siano vergate delle scritte con vernice, sussiste concorso formale dei due predetti reati (Cass. I, n. 4816/1972). La Corte Costituzionale (Corte cost. n. 102/2018) ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Milano e dal Tribunale di Aosta relative al regime sanzionatorio dei fatti di deturpamento e imbrattamento di cose altrui previsto dai due distinti commi dell'art. 639. Segnatamente il primo giudice aveva rilevato che la fattispecie del deturpamento ed imbrattamento di beni immobili e di mezzi di trasporto, pubblici o privati, prevista dall'art. 639 comma 2 non era stata interessata dal recente intervento normativo (d.lgs. n. 7/2016), in seguito al quale la fattispecie, finitima e più grave, prevista dall'art. 635, era stata degradata in illecito punitivo civile; a ciò sarebbe conseguito, secondo il giudice remittente, la palese irragionevolezza dell'art. 639 comma 2, continuandosi a prevedere sanzioni penali per le condotte di deturpamento ed imbrattamento, mentre i corrispondenti fatti di danneggiamento vengono oggi sanzionati solo sul piano civile. La Corte Costituzionale, nel dichiarare inammissibile la questione proposta, ha evidenziato che il quadro normativo in questione era stato ricostruito dal giudice remittente in modo erroneo ed incompleto; in particolare il Tribunale di Milano ha omesso di considerare che il legislatore con il d.lgs. n. 7/2016 ha escluso la rilevanza penale dei soli fatti di danneggiamento semplice previsti nell'art. 635 comma 1 previgente e contestualmente ha trasformato le pregresse ipotesi di danneggiamento aggravato, previste nel secondo comma, in fattispecie autonome di reato. Quindi il danneggiamento continua ad essere reato punito con pena più severa di quella prevista per la violazione dell'art. 639 non solo se commesso con le modalità previste nell'art. 635 comma 1 nuova formulazione, che corrispondono ai nn. 1 e 2 della formulazione previgente dell'art. 635 comma 2, ma anche quando ha per oggetto tutti quei beni analiticamente elencati nel nuovo art. 635 comma 2, corrispondente ai nn. 3, 4, 5, e 5 bis della norma sostituita. Ugualmente inammissibile è stata dichiarata la questione sollevata dal Tribunale di Aosta in relazione al trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 639 comma 1, con la quale il giudice remittente si limitava a chiedere alla Corte la trasformazione in illecito punitivo civile il reato previsto dall'art. 639 comma 1. In questo caso la Corte Costituzionale ha rilevato anche un difetto di motivazione dell'ordinanza di rimessione sotto il profilo della rilevanza della questione sollevata nel processo principale, evidenziando come il Tribunale di Aosta avesse omesso di fornire qualsiasi indicazioni riferita alle modalità della condotta ed all'oggetto materiale della stessa, indicazioni necessarie per stabilire se i fatti di deturpamento o imbrattamento fossero stati commessi con modalità o su cose diverse da quelle indicate nei primi due commi dell'art. 635. Difatti in queste ultime ipotesi il danneggiamento è tuttora previsto come reato e pertanto non appare ipotizzabile alcuna irragionevolezza del trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 639 comma 1 rispetto a quello previsto per il delitto di danneggiamento. Elemento materialeLa condotta del reato consiste nel deturpare o imbrattare cose mobili altrui. Si è precisato che deve trattarsi di condotte che devono avere effetti rimovibili e quindi non devono incidere sulla funzionalità della cosa, in quanto, in caso contrario, sarà applicabile l'art. 635. Si è al riguardo affermato che, in tema di reato di danneggiamento, il deturpamento o l'imbrattamento della cosa costituisce «deterioramento», qualora la restituzione della res in pristino stato non sia agevole (Cass. VI, n. 11380/1982); nel caso di specie è stato ritenuto sussistente il reato previsto dallo art. 635, poiché la vernice a spruzzo, con la quale era stata imbrattata una saracinesca, era indelebile. L'<<imbrattamento>>, previsto come elemento materiale del delitto di cui all'art. 639, consiste nell'insudiciamento, prodotto con qualsiasi mezzo ed in qualsiasi modo idoneo, della cosa altrui, ed è integrato dalla condotta consistita nello sputare ripetutamente su una vetrina di un esercizio commerciale (Cass. II, n. 5828/2012). Il reato di danneggiamento di cui all'art. 635 si distingue da quello di deturpamento o imbrattamento previsto dall'art. 639, in quanto il primo produce una modificazione della cosa altrui che ne diminuisce in modo apprezzabile il valore o ne impedisce anche parzialmente l'uso, dando così luogo alla necessità di un intervento ripristinatorio dell'essenza e della funzionalità della cosa stessa mentre il secondo produce solo un'alterazione temporanea e superficiale della “res aliena”, il cui aspetto originario, quale che sia la spesa da affrontare, è comunque facilmente reintegrabile (Cass. II, n. 24739/2010). Ed in precedenza nella stessa direzione si era chiarito che la condotta consistente nell'imbrattare cose di interesse storico ed artistico mediante affissione di manifesti è penalmente rilevante sebbene non inquadrabile nella fattispecie criminosa di cui all'art. 635 (danneggiamento) bensì in quella sussidiaria prevista dall'art. 639, essendo possibile ripristinare, senza particolari difficoltà, l'aspetto e il valore originario del bene (Cass. II n. 845/2012). La Cassazione ha affermato che integra il delitto di cui all'art. 639 comma 2 la condotta di chi, dopo avere rovistato nelle buste dei rifiuti conferiti in regime di raccolta differenziata, al fine di asportare quanto di suo interesse, rompa le buste che li contengono ed asporti quanto a lui utile, abbandonando il resto sulla pubblica via, in ragione del pregiudizio dell'estetica e della pulizia conseguente, risultando imbrattato il suolo pubblico in modo da renderlo sudicio con senso di disgusto e ripugnanza nei cittadini (Cass. II, n. 29018/2018). Elemento psicologicoIl delitto, sotto il profilo psicologico, è integrato dal dolo generico consistente nella coscienza e volontà di cagionare il deturpamento o l'imbrattamento di cose altrui. La Cassazione ha affermato che il dolo non può considerarsi escluso in ragione della natura episodica della condotta; difatti, osserva la Corte, la fattispecie non richiede una ripetizione dei comportamenti ed il momento consumativo del reato di realizza proprio con il prodursi dell’effetto di imbrattamento o di deturpamento (Cass. II, n. 29018/2018). Circostanze aggravantiÈ prevista una circostanza aggravante ad effetto speciale e la procedibilità d'ufficio ove il fatto sia commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto, pubblici o privati. Ulteriore ipotesi aggravata è costituita dal fatto commesso su teche, custodie e altre strutture adibite all'esposizione, protezione e conservazione di beni culturali esposti in musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonche' di ogni altro ente e istituto pubblico. Con il d.l. n. 48/2025 convertito nella l. n. 80/2025 è stata introdotta l'ulteriore circostanza aggravante per il fatto commesso su beni mobili o immobili adibiti all'esercizio di funzioni pubbliche, con la finalità di ledere l'onore, il prestigio o il decoro dell'istituzione cui appartiene il bene. Differenze con altri reatiIl reato di danneggiamento di cui all'art. 635 si distingue da quello di deturpamento o imbrattamento previsto dall'art. 639, in quanto il primo produce una modificazione della cosa altrui che ne diminuisce in modo apprezzabile il valore o ne impedisce anche parzialmente l'uso, dando così luogo alla necessità di un intervento ripristinatorio dell'essenza e della funzionalità della cosa stessa mentre il secondo produce solo un'alterazione temporanea e superficiale della “res aliena”, il cui aspetto originario, quale che sia la spesa da affrontare, è comunque facilmente reintegrabile (Cass. V, n. 38754/2014). Si è affermato che in tema di delitti contro il patrimonio culturale, vi è continuità normativa tra l'art. 639, comma secondo, secondo periodo (abrogato dall'art. 5, comma 2, legge 9 marzo 2022, n. 22, recante "Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale") e l'art. 518-duodecies, comma secondo, in quanto quest'ultima norma continua a ricomprendere la condotta penalmente sanzionata dalla norma abrogata (Cass. II, n. 51260/2023). CasisticaScritti e disegni realizzati con vernice su edifici militari La Cassazione ha ritenuto che non è configurabile il delitto di danneggiamento di edificio militare né quello di distruzione o deterioramento di cose mobili militari ma il delitto di deturpamento e imbrattamento di cose altrui (art. 639 c.p.) nell'ipotesi in cui il bene sia stato insudiciato, sporcato o insozzato sotto l'aspetto dell'estetica o della nettezza, senza che lo stesso nulla abbia perduto della sua integrità o funzionalità, tanto che un semplice intervento superficiale sia idoneo a ripristinarlo nel suo aspetto e nel suo valore (Cass. I, n. 10428/1989). Profili processualiL'art. 639 comma 1 è procedibile a querela di parte. È procedibile d'ufficio se ricorrono le circostanze aggravanti prevista dall'art. 639 comma 2 c.p. Il delitto è punito con la multa fino ad € 309,00. Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da € 300,00 ad € 1.000,00; se il fatto è commesso su cose d'interesse storico o artistico si applica la pena della reclusione da tre mesi ad un anno e della multa da € 1.000,00 ad € 3.000,00. Nei di recidiva per le ipotesi di cui all'art. 639 comma 2 c.p. si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a € 10.000,00. Il d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, conv. con modif., in l. 18 aprile 2017, n. 48, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città, all’art. 16 ha introdotto un comma 5 nell’art. 639. Segnatamente si prevede che il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna per i reati di cui all’art. 639 commi 2 e 3, possa disporre nei confronti del condannato l’obbligo di ripristino e di ripulitura dei luoghi, ovvero, ove ciò non sia possibile, l’obbligo a sostenerne le relative spese o a rimborsare quelle già sostenute, ovvero, se il condannato non si oppone, la prestazione di attività non retribuita in favore della collettività per un periodo di tempo determinato e comunque non superiore alla durata della pena sospesa con modalità stabilite dal giudice nella sentenza di condanna; il tutto, per espressa disposizione normativa, per le finalità di cui all’art. 165; ciò comporta che il giudice, nel concedere la sospensione condizionale della pena, potrà subordinarla all’adempimento degli obblighi di cui si è detto o, in alternativa, alla prestazione di attività non retribuita in favore della collettività. Va ancora aggiunto che la facoltà per il giudice di imporre degli obblighi a carico del condannato, al cui adempimento è subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena, diventa un obbligo nell’ipotesi in cui il condannato abbia già in precedenza usufruito della sospensione condizionale della pena. BibliografiaAntolisei, Manuale di diritto penale parte speciale, Milano, 1997; Fiandaca - Musco, Diritto penale, parte speciale, II, Bologna, 1997; Lazzeri, La Corte Costituzionale sulla perdurante rilevanza penale dei fatti di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, in Diritto Penale Contemporaneo, 4 giugno 2018; Mantovani, Danneggiamento, in Nss. d. I., 1960; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1981; Marini, Delitti contro il patrimonio, Torino, 1999; Piraino, Le differenze fra i reati di cui agli artt. 544-bis e 544-ter c.p. e quello di cui all'art. 638 c.p., in Cass. pen. 2012, 982. |