Codice Penale art. 648 ter - Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita 1 .Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita1. [I]. Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 euro a 25.000 euro [379, 649]23. [II]. La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi4. [III]. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale. [IV]. La pena è diminuita [65] nell'ipotesi di cui al quarto5 comma dell'articolo 648. [V]. Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648. competenza: Trib. collegiale (1° comma); Trib. monocratico (udienza prelim. 2° comma) arresto: facoltativo fermo: consentito (1° comma); non consentito (2° comma) custodia cautelare in carcere: consentita; non consentita (4° comma) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d’ufficio [1] Articolo inserito dall'art. 24 l. 19 marzo 1990, n. 55 e successivamente sostituito dall'art. 5 l. 9 agosto 1993, n. 328. [2] L'art. 3, comma 2, l. 15 dicembre 2014, n. 186, ha sostituito le parole «5.000 euro a 25.000» alle parole «1.032 euro a 15.493». [3] Per l'aumento delle pene, qualora il fatto sia commesso da persona sottoposta a misura di prevenzione, v. art. 71, d.lg. 6 settembre 2011, n. 159, che ha sostituito l'art. 7, comma 1, l. 31 maggio 1965, n. 575. Per la confisca di danaro, beni o altre utilità di non giustificata provenienza, nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta, v. ora artt. 240-bis c.p., 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e 301, comma 5-bis, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (per la previgente disciplina, v. l'art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., in l. 7 agosto 1992, n. 356). [4] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. e), n. 1),d.lgs. 8 novembre 2021, n. 195. [5] La parola «quarto» è stata sostituita alla parola «secondo» dall''art. 1, comma 1, lett. e), n. 2), del d.lgs. 8 novembre 2021, n. 195. InquadramentoL'art. 648-ter, nel prevedere il delitto di “Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita”, sanziona la condotta di colui che, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dai artt. 648 e 648-bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto. Il delitto è inserito nel titolo XIII del libro secondo del codice penale, relativo ai delitti contro il patrimonio ed in particolare nel capo II avente ad oggetto i delitti contro il patrimonio mediante frode. Anche in questo caso, come per l'art. 648-bis, appare utile ricostruire il percorso normativo che ha portato all'attuale formulazione dell'art. 648-ter., introdotta dall'art. 5 l. 9 agosto 1993, n. 328 recante Ratifica ed esecuzione della convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Strasburgo l'8 novembre 1990. Segnatamente il reato di reimpiego viene introdotto nel nostro ordinamento dall'art. 24 l. n. 55/1990; poi la fattispecie è stata modifica dalla sopra citata l. n. 328/1993 che ha esteso ad ogni delitto l'elenco di quelli che possono costituire delitto presupposto del reimpiego stesso, originariamente limitato ai delitti di rapina aggravata, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di estorsione o ai delitti concernenti la produzione, o il traffico di sostanze stupefacenti. La dottrina dominante ritiene che con l'incriminazione delle condotte di impiego di proventi illeciti si è inteso sanzionare le fasi terminali del fenomeno del riciclaggio di capitali illeciti; segnatamente nell'art. 648-ter c.p. è individuabile un'autonoma oggettività giuridica costituita dalla tutela del bene risparmio — investimento (Zanchetti, 455). Si è anche affermato che nel delitto in argomento, nonostante la collocazione sistematica all'interno dei delitti contro il patrimonio, la tutela del patrimonio stesso costituisce lo scopo dell'incriminazione del delitto presupposto, mentre il reimpiego persegue la finalità di evitare l'inquinamento di operazioni economico finanziarie effettuate con capitali di origine illecita. SoggettiSoggetto attivo Trattandosi di reato comune, soggetto attivo del reato può chiunque non abbia concorso nel reato presupposto. Prima dell'introduzione della punibilità dell'autoriciclaggio, le condotte di concorso nel reato principale rientravano nella categoria del post factum non punibile. Oggi le suddette condotte dovranno essere sanzionate a norma dell'art. 3 l. n. 186/2014, che ha introdotto nel codice penale l'art. 648-ter.1. Elemento materialeCon il termine impiego ci si è voluti riferire a qualsiasi forma di utilizzazione di capitali illeciti in attività economiche o finanziarie. Quanto alla nozione di attività economica o finanziaria si è affermato che essa è desumibile dagli artt. 2082, 2135 e 2195 c.c. e che con essa ci si vuole riferire non solo all'attività produttiva in senso stretto, ma anche all'attività di scambio e distribuzione dei beni sul mercato nonché ad ogni altra attività che possa rientrare in una di quelle elencate nelle ora menzionate norme del codice civile (Cass. II, n. 5546/2013). Nel caso concreto oggetto della ora citata decisione, la Cassazione ha ritenuto che rientri nella nozione di attività economica il finanziamento di una somma di denaro, anche modesta, provento di una qualsiasi attività delittuosa. Il principio è stato recentemente ribadito affermandosi che ai fini della configurabilità del delitto di impiego di denaro, beni ed altre utilità di provenienza illecita, di cui all'art. 648-ter, la nozione di attività economica o finanziaria è desumibile dagli artt. 2082, 2135 e 2195 c.c. e fa riferimento non solo all'attività produttiva in senso stretto, ossia a quella diretta a creare nuovi beni o servizi, ma anche a quella di scambio e di distribuzione dei beni nel mercato del consumo, nonché ad ogni altra attività che possa rientrare in una di quelle elencate nelle menzionate norme del codice civile (Cass. II, n. 33076/2016). Nel caso di specie la Cassazione ha ritenuto che può rientrare nella nozione di attività economica, quella di agevolazione della distribuzione di prodotti commercializzati da una società, oggetto di intestazione fittizia ex art. 12-quinquies d.l. n. 306/1992, convertito in l. n. 356/ 1992, trattandosi di attività d'incremento dei profitti di un'impresa che opera illecitamente. Si è ancora chiarito che per la configurabilità del reato di cui all'art. 648-ter non occorre che il reimpiego del denaro o degli altri beni provenienti da delitto avvenga in attività illecite, né che tali attività siano svolte professionalmente; non è altresì necessario che la condotta di reimpiego presenti connotazioni dissimulatorie, volte ad ostacolare l'individuazione o l'accertamento della provenienza illecita dei beni (Cass. II, n. 9026/2013). Il suddetto effetto dissimulatorio, secondo la ora citata decisione, è richiesto, invece, solo ai fini della configurabilità del riciclaggio; il reimpiego costituisce, difatti, una fattispecie residuale che mira unicamente a tutelare la genuinità del libero mercato da qualunque forma di inquinamento proveniente dall'immissione di somme di provenienza illecita nei normali circuiti economici e finanziari. La suddetta decisione, che si pone consapevolmente in contrasto con precedenti affermazioni della stessa Cassazione (Cass. I, n. 1470/2007; Cass. II, n. 39756/2011), è fondata, in primo luogo, sul dato testuale alle base delle due incriminazioni di riciclaggio e reimpiego: specificamente la necessità che la condotta incriminata ostacoli l'identificazione della provenienza delittuosa del denaro, beni o altra utilità è richiesta solamente ai fini della configurabilità del riciclaggio; in secondo luogo si è ritenuto di valorizzare, ai fini di una più netta distinzione fra le due fattispecie, anche una considerazione di carattere sistematico: premesso che lo spazio di operatività del delitto di cui all'art. 648-ter c.p. attiene ad una fase successiva a quella del riciclaggio e cioè alla fase terminale del processo nell'ambito della quale viene effettuato un investimento produttivo dei proventi di origine illecita, tenuto conto della clausola di riserva contenuta nell'incipit dell'art. 648-ter, ove anche per l'integrazione di questa figura delittuosa fosse necessario un effetto dissimulatorio, lo spazio concreto di operatività della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 648-ter c.p. sarebbe davvero limitato, per l'operare, nella grande maggioranza dei casi, della citata clausola di riserva. Viceversa la ratio del sistema, come ricostruita nella citata sentenza, appare essere quella secondo cui solo per il riciclaggio è richiesto che la condotta risulti idonea ad ostacolare la ricostruzione della provenienza delittuosa del denaro, beni o altre utilità, mentre per il delitto di reimpiego la condotta tipica si concretizza nel mero impiego in attività economiche e finanziarie di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, dovendosi del tutto prescindere da finalità dissimulatorie della condotta. Il principio è stato, poi, recentemente, ribadito dalla Cassazione nel senso, per configurare il reato previsto dall'art. 648-ter c.p., non è necessario che la condotta di reimpiego abbia una concreta idoneità dissimulatoria, essendo la fattispecie orientata in via principale a tutelare il fisiologico sviluppo del mercato che deve essere preservato dall'inquinamento che deriva dalla immissione di capitali illeciti (Cass. II, n. 37678/2015). Ma, , in parziale contrasto con l'indirizzo fin qui riportato, si è affermato che i reato di reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza delittuosa, previsto dall'art. 648-ter , è un delitto a forma libera realizzabile attraverso condotte caratterizzate da un tipico effetto dissimulatorio e finalizzate ad ostacolare l'accertamento o l'astratta individuabilità dell'origine delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilità che si intendono occultare (Cass. II, n. 33076/2016). La Cassazione ha altresì precisato che, per la configurazione del reato, non è necessario che tutte le risorse utilizzate per il compimento delle operazioni di investimento in attività economiche o finanziarie siano di provenienza illecita, ma è sufficiente che almeno una parte di essa siano provenienti da delitto; a ciò consegue che è irrilevante ai fini della configurazione del reato l'esatta determinazione della parte di risorse utilizzate di provenienza lecita rispetto a quella illecita (Cass. II, n. 43387/2019). SI è ancora affermato che, ai fini della configurabilità del reato, non è necessario che la condotta di reimpiego presenti connotazioni dissimulatorie volte ad ostacolare l’individuazione o l’accertamento della provenienza illecita dei beni, in quanto il delitto in esame tutela, in via residuale rispetto a quelli di riciclaggio ed autoriciclaggio, la genuinità del libero mercato da qualunque forma di inquinamento proveniente dall’utilizzo di beni di provenienza illecita (Cass. II, n. 24273/2021). Come si è visto in relazione al riciclaggio, anche il delitto di cui all'art. 648-ter è configurabile se, per il reato presupposto, commesso all'estero, sia stata disposta dall'autorità giudiziaria straniera l'archiviazione per ragioni esclusivamente processuali che non escludano la sussistenza del reato (Cass. II, n. 47218/2013). E difatti nel caso di specie il reato presupposto non era stato affatto escluso per estraneità ai fatti dell'imputato o insussistenza degli stessi; viceversa l'imputato si era giovato della previsione contenuta nel codice di procedura penale tedesco che consente al Pubblico Ministero di non esercitare temporaneamente l'azione penale qualora l'indagato accetti le condizioni poste dalla pubblica accusa sulla base dell'elencazione prevista dalla norma (come ad esempio risarcire il danno o impegnarsi a raggiungere un accordo con la vittima); ed anche in caso di azione penale già avviata è possibile, in quell'ordinamento e sempre in via provvisoria, l'archiviazione del procedimento onde verificare il rispetto degli impegni assunti da parte dell'imputato. Quindi non si era trattato di una decisione che aveva escluso la sussistenza del reato presupposto, ma della semplice applicazione di una disciplina processuale prevista in quell'ordinamento, nell'ipotesi in cui veniva ravvisata la mancanza dell'interesse pubblico a perseguire penalmente il fatto. La Cassazione ha ritenuto riferibile anche al delitto di cui all'art. 648-ter c.p. il principio di diritto, enunciato in tema di riciclaggio, secondo cui l'effetto dissimulatorio può essere conseguito anche attraverso il compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l'accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità. A ciò consegue, secondo la Corte, che il delitto di reimpiego di denaro di provenienza delittuosa in attività economiche, ancorché aventi un'apparenza fittizia, è compatibile con il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti a fini di evasione dell'IVA, realizzato attraverso il meccanismo delle frodi carosello, che, nelle operazioni di importazioni di beni, sfrutta la neutralizzazione dell'IVA all'acquisto mediante l'interposizione di società cartiere, aventi il solo scopo di emettere fatture, con l'esposizione di un'imposta in realtà non versata, destinate ad essere utilizzate nella catena delle cessioni per creare crediti d'imposta inesistenti, lo stesso prestandosi sia alla dissimulazione della provenienza illecita delle somme immesse per l'acquisto dei beni destinati alla continua circolazione sia alla produzione di profitti finali (Cass, V, n. 15041/2019). Con il Decreto legislativo n. 195 del 2021, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio , del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante diritto penale”, viene introdotta, con l’inserimento di un secondo comma nell’art 648 ter c.p., una nuova ipotesi di reato riguardante denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo ad un anno o nel minimo a sei mesi. Elemento psicologicoIl delitto è punito a titolo di dolo generico consistente nella generica consapevolezza della provenienza illecita del denaro, dei beni o delle altre utilità oggetto materiale della condotta. Al riguardo la Cassazione ha avuto modo di chiarire che mentre l'art. 648 c.p. richiede espressamente che il soggetto agente agisca al fine di procurare a sé o ad altrui un profitto e mentre gli artt. 648-bis c.p. e 648-ter.1 c.p. , a loro volta, richiedono che il soggetto agente compia operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei beni sostituiti o trasferiti, l'art. 648-ter c.p. si limita a descrivere la condotta materiale costituente reato senza prevedere alcun riferimento specifico all'elemento soggettivo. A ciò consegue che, da un punto di vista soggettivo, il delitto è integrato dalla mera coscienza e volontà di destinare ad un impiego economicamente utile i capitali illeciti, unitamente alla consapevolezza, anche solo generica, della loro provenienza delittuosa (Cass. II, n. 43387/2019). ConsumazioneIl delitto è consumato nel momento in cui vengono poste in essere le condotte di impiego del denaro, dei beni o delle altre utilità di provenienza delittuosa. Potrà configurarsi il tentativo. CircostanzeNel comma 2 dell'art. 648-ter è prevista la medesima circostanza aggravante prevista per il delitto di riciclaggio. Valgono, quindi, le medesime considerazioni svolte in relazione al reato di cui all'art. 648-bis. Con specifico riferimento al delitto in esame si è precisato che ai fini della configurabilità della circostanza aggravante relativa alla professionalità dell'attività svolta, prevista dall'art. 648-ter, comma 2 non rilevano esclusivamente le attività per il cui esercizio è richiesta l'iscrizione ad un particolare albo o una speciale abilitazione, ma qualunque attività economica o finanziaria diretta a creare nuovi beni e servizi o allo scambio e distribuzione di beni nel mercato del consumo (Cass. II, n. 3026/2016). Nel Codice delle leggi antimafia e precisamente all'art. 71 d.lgs. n. 159/2011, nel quale è stato trasfuso l'art. 7 l. n. 575/1965, è prevista una circostanza aggravante ad effetto speciale che determina l'aumento della pena da un terzo alla metà, se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione personale durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l'esecuzione. Il comma 3 dell'art. 648-ter prevede una diminuzione della pena, facendo riferimento all'ipotesi di cui all'art. 648 comma 2, cioè all'ipotesi del fatto di lieve entità. Rapporti con altri reatiCirca i rapporti fra il delitto in argomento e quelli di ricettazione e di riciclaggio, la Cassazione ha chiarito che integra il solo delitto di impiego di beni di provenienza illecita, nel quale rimangono assorbiti quelli di ricettazione e di riciclaggio, colui che realizza, in un contesto unitario caratterizzato sin dall'origine dal fine di reimpiego dei beni in attività economiche e finanziarie, le condotte tipiche di tutte e tre le fattispecie menzionate; nell'occasione la Cassazione aveva modo di precisare che qualora, per converso, dopo la loro ricezione o sostituzione, i beni di provenienza illecita siano oggetto, sulla base di un'autonoma e successiva determinazione volitiva, di reimpiego, tale condotta deve ritenersi un mero post factum non punibile dei reati di ricettazione e riciclaggio in forza della clausola di sussidiarietà contenuta nell'art. 648-ter (Cass. II, n. 4800/2009). E già in precedenza la Cassazione aveva affermato che presupposto comune di tutte e tre le fattispecie incriminatrici previste dagli art. 648, 648-bis e 648-ter è quello costituito dalla provenienza da delitto del denaro o dell'altra utilità di cui l'agente è venuto a disporre e che le stesse si distinguono, sotto il profilo soggettivo, per il fatto che la prima di esse richiede, oltre alla consapevolezza della suindicata provenienza, necessaria anche per le altre, solo una generica finalità di profitto, mentre la seconda e la terza richiedono la specifica finalità di fare perdere le tracce dell'origine illecita, con l'ulteriore peculiarità, quanto alla terza, che detta finalità deve essere perseguita mediante l'impiego delle risorse in attività economiche o finanziarie (Cass. IV, n. 6534/2000). A quanto finora detto consegue che l'art. 648-ter è in rapporto di specialità con l'art. 648-bis e questo lo è, a sua volta, con l'art. 648. La tematica è stata recentemente riaffrontata e chiarita ulteriormente nel senso che si è affermato che tra il reato di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e quello di riciclaggio, nonché tra quest'ultimo e quello di ricettazione vi è rapporto di specialità, che discende dal diverso elemento soggettivo richiesto dalle tre fattispecie incriminatrici - essendo comune l'elemento materiale della disponibilità di denaro o altra utilità di provenienza illecita: il delitto di cui all'art. 648 richiede una generica finalità di profitto, quello di cui all'art. 648-bis lo scopo ulteriore di far perdere le tracce dell'origine illecita, quello, infine, di cui all'art. 648-terche tale scopo sia perseguito mediante l'impiego delle risorse in attività economiche o finanziarie (Cass. II, n. 33076/2016). Il delitto di cui all'art. 12-quinquies d.l. 8 giugno 1992, n. 306 (convertito, con modificazioni, in l. 7 agosto 1992, n. 356), la cui condotta tipica investe l'attribuzione fittizia a terzi della titolarità o disponibilità di denaro, beni od altra utilità "aliunde" illecitamente acquisiti al fine di eludere le misure ablative ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli artt. 648, 648-bis e 648-ter non è in rapporto di presupposizione necessaria con la più grave ipotesi di cui all'art. 648-ter idonea ad escludere la punibilità delle condotte di reimpiego, atteso che queste richiedono una derivazione causale materiale da delitto dei beni reivestiti e non un mero collegamento con ipotesi delittuose, quale quella della interposizione, che tale provenienza postulano (Cass. II, n. 20684/2017). Quanto ai rapporti fra il delitto di reimpiego e quello di associazione a delinquere ci si riporta a quanto riportato in relazione al delitto di riciclaggio. La Cassazione ha poi ritenuto non sussistere il fumus del delitto di cui all'art. 648-ter qualora la condotta di reimpiego di beni e somme provenienti da una società in decozione sia posta in essere prima della dichiarazione di fallimento, potendo, in tal caso, sussistere la diversa fattispecie di cui all'art. 232 comma 3 n. 2 l. fall. (ricettazione fallimentare); mentre ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 648-ter è necessario che la condotta di reimpiego sia posta in essere in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento (Cass. V, n. 135/2011). CasisticaClausola di non punibilità degli autori del reato presupposto In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, il profitto del reato di infedele dichiarazione dei redditi è sequestrabile solo nei limiti dell'importo dell'imposta evasa e non può estendersi alle somme derivanti dalle successive operazioni di riciclaggio o reimpiego, in quanto la punibilità delle condotte previste dagli artt. 648-bis e 648-ter c.p., è esclusa quando siano commesse dal soggetto autore o concorrente del reato presupposto (Cass. II, n. 9392/2015). Ricezione dei cosidetti diritti di aiuto in agricoltura Ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 648-ter, la ricezione ed utilizzazione dei "diritti di aiuto" (titoli che legittimano ad accedere alle misure UE di sostegno al reddito degli operatori nel settore dell'agricoltura) provenienti da delitto, mediante il loro inserimento nel patrimonio aziendale, inteso quale espressione significativa di affidabilità e consistenza economica (c.d. fase statica), ovvero mediante il loro uso per conseguire le erogazioni UE (c.d. fase dinamica), possono costituire modalità di impiego in attività economiche o finanziarie di tali beni, idonee a raggiungere l'effetto considerato dalla norma incriminatrice, ossia l'occultamento della loro provenienza delittuosa (Cass. II, n. 49524/2019). Profili processualiLa procedibilità è d'ufficio. È punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da € 5.000,00 ad € 25.000,00. Se il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo ad un anno o nel minimo a sei mesi si applica la pena della reclusione da due a sei anni e della multa da € 2.500,00 ad € 12.500,00. È prevista una circostanza aggravante ordinaria se il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale. L'art. 648-ter comma 3 c.p. prevede che la pena sia diminuita se ricorra l'ipotesi di cui all'art. 648 comma 2 c.p. BibliografiaAntolisei, Manuale di diritto penale. Leggi complementari, Milano, 1993; Flick, La repressione del riciclaggio ed il controllo dell'intermediazione finanziaria. Problemi attuali e prospettive, in Riv. it. dir. e proc. pen. 1990, 1261; Insolera, Prevenzione e repressione dell'accumulo di patrimoni illeciti, in Leg. pen. 1998, 153; Mantovani, Diritto penale parte speciale, (Delitti contro il patrimonio), Padova, 1989; Marini, Delitti contro il patrimonio, 1999. - Moccia, Impiego di capitali illeciti e riciclaggio. La risposta del sistema italiano, in Riv. it. dir. e proc. pen. 1995, 728; Parodi, Riciclaggio e nuove monete elettroniche: le nuove indicazioni del d. lgs. 125/2019, in IlPenalista.it, 2019; Santoriello, Delitto di autoriciclaggio inapplicabile alle condotte anteriori al 1 gennaio 2015, Fisco 2015, 14, 1376; Zanchetti, Il riciclaggio di denaro proveniente da reato, Milano, 1997. |