Codice Penale art. 649 - Non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti.

Roberto Carrelli Palombi di Montrone

Non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti.

[I]. Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti da questo titolo in danno:

1) del coniuge non legalmente separato [150, 151, 158 c.c.];

1-bis. della parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso 1;

2) di un ascendente o discendente [540; 75 c.c.] o di un affine in linea retta [78 c.c.], ovvero dell'adottante o dell'adottato [291-309 c.c.];

3) di un fratello o di una sorella che con lui convivano.

[II]. I fatti preveduti da questo titolo sono punibili a querela della persona offesa [120], se commessi a danno del coniuge legalmente separato [150 c.c.], o della parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, nel caso in cui sia stata manifestata la volontà di scioglimento dinanzi all'ufficiale dello stato civile e non sia intervenuto lo scioglimento della stessa, ovvero del fratello o della sorella che non convivano coll'autore del fatto, ovvero dello zio o del nipote o dell'affine in secondo grado con lui conviventi [78 c.c.] 2.

[III]. Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai delitti preveduti dagli articoli 628, 629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone [581 2].

[2] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera d), del d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 6, che ha inserito dopo le parole: «del coniuge legalmente separato» le seguenti: «o della parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, nel caso in cui sia stata manifestata la volontà di scioglimento dinanzi all'ufficiale dello stato civile e non sia intervenuto lo scioglimento della stessa».

Inquadramento

L'art. 649 c.p. prevede, al comma 1, una causa di non punibilità per i delitti contro il patrimonio, con esclusione degli artt. 628, 629 e 630 e di ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone, commessi in danno del coniuge non legalmente separato, di un ascendente o di un discendente in linea retta, ovvero dell'adottante o dell'adottato, o di un fratello o di una sorella conviventi con l'autore del reato.

Al comma 2 è poi prevista la procedibilità a querela per i delitti contro il patrimonio commessi ai danni, con le eccezioni di cui si è sopra detto, del coniuge legalmente separato, ovvero del fratello o della sorella non conviventi con l'autore del reato, ovvero dello zio o del nipote o dell'affine in secondo grado convivente con l'autore del reato.

Con il d.lgs. n. 6/2017, emanato in attuazione della legge sulle unioni civili, è stato inserito nel comma 1 dell’art. 649, il n. 1-bis; la suddetta disposizione prevede l’estensione della non punibilità stabilita per il coniuge non legalmente separato a favore della parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. Inoltre il medesimo testo normativo ha modificato anche il comma 2 dell’art. 649, estendendo la punibilità a querela della persona offesa già prevista in favore del coniuge legalmente separato anche in favore della parte dell’unione civile fra persone dello stesso sesso nel caso in cui sia stata manifestata la volontà di scioglimento dinanzi all’ufficiale dello stato civile e non sia intervenuto lo scioglimento della stessa. 

La norma, tradizionalmente, trova la sua ragion d'essere nelle implicazioni di ordine etico patrimoniali esistenti all'interno della famiglia; in tale direzione si ritiene che la ratio dell'art. 649 debba essere individuata nella comunanza degli interessi economici nell'ambito della famiglia e nel grave perturbamento alle relazioni familiari che potrebbe derivare dalla punibilità o perseguibilità d'ufficio dei reati contro il patrimonio commessi in danno dei più stretti congiunti (Antolisei, PS 1999, 375).

La Cassazione ha, in proposito, affermato che il fondamento della causa di non punibilità di cui all'art. 649 è costituito dalle ragioni di carattere morale e sociale che connotano i rapporti fra certe categorie di familiari riguardo ai beni materiali ed in vista delle quali si è esclusa o condizionata a querela la punibilità di alcuni reati (Cass. II, n. 8428/1988).

Le cause di non punibilità ed improcedibilità previste dall'art. 649 c.p.

La dottrina maggioritaria riconosce nella fattispecie prevista dall'art. 649 comma 1 una causa personale di esenzione dalla pena, che farebbe venir meno la rilevanza penale del fatto, ma si limiterebbe ad impedire nei confronti del reo che si trova in quel particolare rapporto con la vittima l'applicazione della pena; a cui consegue che rimangono fermi gli effetti civilistici del reato e la responsabilità penale di eventuali concorrenti (Fiandaca-Musco, PS II 1997,42).

Altra dottrina ritiene trattarsi di una causa di non punibilità; a tale diversa impostazione dommatica dovrebbe conseguire la non punibilità di chi commette il fatto supponendo erroneamente esistente un rapporto di parentela con la vittima, rapporto che, in realtà, non esiste. Viceversa se si ritiene trattarsi di una causa di esenzione dalla pena per l'autore del reato, l'errore circa il rapporto familiare che lega l'autore alla vittima del reato sarebbe irrilevante, in quanto la norma produrrebbe il solo effetto di paralizzare la pretesa punitiva dello Stato.

L'art. 649 comma 2 c.p. prevede, invece, pacificamente un'ipotesi di improcedibilità dell'azione penale, in mancanza della querela, nei confronti del soggetto che versi nel particolare rapporto con la persona offesa.

In relazione ad entrambe le ipotesi previste dall'art. 649, l'operatività della causa di non punibilità o di improcedibilità è subordinata al fatto che il reato sia commesso in danno esclusivo del congiunto. A ciò consegue che se il reato è commesso in danno di più persone, tra le quali un congiunto del soggetto agente, non potrà trovare applicazione l'art. 649 c.p. La giurisprudenza ha, al riguardo, affermato che la causa di non punibilità di cui all'art. 649  non è applicabile nell'ipotesi in cui la cosa sottratta appartenga a persona diversa dal congiunto, il quale ne abbia soltanto la custodia, anche temporanea ed a qualsiasi titolo (Cass. VI, n. 17261/2010).

I presupposti per la declaratoria della causa di non punibilità prevista per il coniuge dall'art. 649 comma 1 c.p. devono sussistere al momento della commissione del fatto e, pertanto, non assume rilevanza il matrimonio contratto tra l'imputato e la persona offesa dopo la consumazione del reato (Cass. II, n. 1381/2014).

La causa di non punibilità prevista dall'art. 649 c.p. ha natura personale, con la conseguenza che non si estende all'eventuale concorrente (Cass. IV, n. 26386/2009).

La giurisprudenza ha chiarito che, agli effetti dell'art. 649 c.p., per convivenza deve intendersi non già la semplice coabitazione temporanea ed occasionale, ma un rapporto di una certa durata, caratterizzato dall'unicità del domicilio e dalla costituzione di un nucleo familiare unico (Cass. II, n. 9668/1985).

La posizione del coniuge

Come sì è visto l'art. 649 prevede una diversa disciplina a seconda che il coniuge sia o meno legalmente separato, mentre non disciplina l'ipotesi del coniuge divorziato; ciò deriva dal fatto che l'istituto del divorzio non era previsto nel nostro ordinamento all'epoca in cui fu emanato il codice penale. Della problematica se ne è occupata la Corte Costituzionale, ritenendo che la situazione del coniuge non legalmente separato non possa essere assimilata a quella del coniuge divorziato con la conseguenza che non vi è alcuna violazione del principio di uguaglianza se il coniuge divorziato non goda delle stesse guarentigie previste per il coniuge separato (Corte cost. n. 299/1998).

La Cassazione è stata chiamata a valutare, ai fini dell'operatività della clausola di cui all'art. 649, le conseguenze dello scioglimento del matrimonio sulla posizione degli affini. Si è, in proposito, affermato che il divorzio non esplica alcuna efficacia, oltre che nei riguardi dei discendenti e degli ascendenti in linea retta, anche nei riguardi degli affini in linea retta; in tale direzione si è detto che la causa di non punibilità prevista dall'art. 649 per l'affine in linea retta permane anche nel caso in cui la persona offesa cui inerisce l'affinità sia divorziata dal coniuge di collegamento e vi sia prole (Cass. II, n. 39844/2012). A tale conclusione la Corte è pervenuta in forza della previsione contenuta nell'art. 307 comma 4, che, nel sanzionare il delitto assistenza ai partecipi di cospirazione e banda armata e nel prevedere come causa di non punibilità la condizione di prossimo congiunto del favorito rispetto all'autore del reato, definisce, in generale, agli effetti della legge penale, la nozione di prossimi congiunti: tali sono gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii ed i nipoti, prevedendo che nella suddetta nozione gli affini non sono compresi, allorché il coniuge sia morto e non vi sia prole. Del resto proprio a quest'ultimo riguardo, la Cassazione aveva affermato che il rapporto di affinità tra autore e vittima del reato che fonda la causa di non punibilità ovvero la procedibilità a querela di cui all'art. 649 non opera allorché sia morto il coniuge da cui l'affinità stessa deriva e non vi sia prole (Cass. II, n. 19668/2010).

Si è ritenuto poi che la causa soggettiva di esclusione della punibilità prevista per il coniuge dall'art. 649 non si estende al convivente more uxorio (Cass. II, n. 44047/2009). Al riguardo si è ritenuto che l'esclusione della punibilità prevista dall'art. 649 è collegata a rapporti di parentela, affinità, adozione e coniugio incontrovertibili ed agevolmente riscontrabili attraverso risultanze anagrafiche, anche riguardo all'epoca della loro instaurazione, il che non sempre avviene nella convivenza more uxorio, il cui accertamento in punto di fatto è rimesso normalmente alle dichiarazioni degli stessi interessati. In sostanza si ritiene che la mancata estensione della causa di non punibilità al convivente more uxorio sia fondata su esigenze di certezza del diritto, argomentazioni alle quali si era rifatta anche la Corte Costituzionale nella decisione sopra citata relativa alla mancata previsione della clausola di non punibilità e di improcedibilità per il coniuge divorziato. Il principio è stato ribadito in una fattispecie concreta di appropriazione indebita di oggetti personali e di valore di proprietà della convivente more uxorio dell'imputato (Cass. V, n. 28638/2015). 

Recentemente la Cassazione è pervenuta alla stessa soluzione riconoscendo alla causa di esclusione della punibilità prevista per il coniuge la natura giuridica di causa di non punibilità, in luogo di quella di causa di esclusione della colpevolezza, escludendo, in linea con le affermazioni delle Sezioni Unite (Cass.S.U., n. 10381/2020), la possibilità dell’applicazione analogica al convivente more uxorio (Cass. II, n. 28049/2024).

Quanto allo stato di separazione fra i coniugi che va venir meno l'operatività della clausola di cui all'art. 649 comma 1, si è precisato che quel che rileva non è l'ordinanza presidenziale che autorizza i coniugi a vivere separatamente, ma soltanto la pronuncia della sentenza che conclude il procedimento instaurato con l'azione di separazione legale fra i coniugi (Cass. II, n. 34866/2011). Nella stessa linea si è affermato che i presupposti per la declaratoria della causa di non punibilità prevista per il coniuge dall'art. 649 comma 1, devono sussistere al momento della commissione del fatto e, pertanto, non assume rilevanza il matrimonio contratto tra l'imputato e la persona offesa dopo la consumazione del reato (Cass. II, n. 1381/2014). Si è ancora precisato con giurisprudenza costante che l’esimente di cui all’art. 649 co. 1 n. 1 c.p. viene meno soltanto per effetto della pronuncia della sentenza che conclude il procedimento instaurato con l’azione di separazione legale fra i coniugi, essendo irrilevante l’eventuale situazione si separazione di fatto (Cass. II, n. 26533/2017; Cass. II, n. 12455/2022).

Con riguardo all'ipotesi della riconciliazione fra i coniugi si è precisato che la causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 649 comma 1 n. 1 è operativa anche nei confronti di coniugi "riconciliati" pur se al momento della commissione del fatto non sia ancora intervenuta la sentenza di riconciliazione, poichè essa determina la cessazione degli effetti della precedente separazione omologata, non già con effetto "ex nunc" ma a far data dal ripristino della convivenza spirituale e materiale della vita coniugale, considerato che, ai sensi dell'art. 157 c.c., i coniugi possono far cessare gli effetti della sentenza di separazione anche con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione (Cass. V, n. 26020/2018).

L'applicazione dell'art. 649 c.p. ai delitti tentati

Si discute se le cause di non punibilità e di improcedibilità previste dall'art. 649 c.p. debbano applicarsi anche alle fattispecie tentate di delitti contro il patrimonio, che costituiscono delle ipotesi di reato del tutto autonome rispetto alle corrispondenti fattispecie consumate. In tale direzione tempo addietro la Cassazione ebbe ad affermare che non è punibile il tentativo di estorsione commesso con minaccia in danno del coniuge, essendosi ritenuto che, nella specie dovesse trovare applicazione la causa di non punibilità prevista dall'art. 649 c.p., in quanto le ipotesi criminose che rimangono escluse dalla sua operatività concernono solamente, da un lato, i delitti consumati — dai quali necessariamente si distinguono, per la loro autonomia, le rispettive forme tentate — di cui agli artt. 628, 629 e 630 c.p.; e, dall'altro, tutti i delitti contro il patrimonio anche tentati ma commessi con violenza, con l'esclusione quindi di ogni rilevanza, al fine che interessa, di quelli commessi con minaccia (Cass. II, n. 8470/1995). L'affermazione è stata anche più recentemente ribadita nel senso che l'esclusione dell'esimente per i delitti contro il patrimonio in danno di congiunti si riferisce, nel fare menzione dei delitti di rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo di estorsione, alle sole forme consumate e non anche al tentativo (Cass. II, n. 12403/2009); nello stesso senso (Cass. II, n. 24643/2012).

All'ora riportato indirizzo giurisprudenziale se ne contrappone un altro in base al quale l'esclusione della causa di non punibilità di cui all'art. 649 c.p. in riferimento alle fattispecie criminose di rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo d'estorsione è normativamente estesa anche alle corrispondenti fattispecie di tentativo, che strutturalmente comportano l'uso della violenza alla persona, pur solo preordinata e non realizzata (Cass. VI, n. 19299/2007); nell'occasione la Cassazione ha precisato che nella nozione di «violenza alle persone», di cui all'ultima parte dell'art. 649, comma 3, rientra anche la violenza morale, e ciò perché tutte le fattispecie criminose a cui si riferisce la causa di non punibilità si connotano per l'equiparazione della violenza alla minaccia. In senso opposto si è però affermato che la minaccia o la mera violenza psichica non esclude la configurabilità della causa di non punibilità e della perseguibilità a querela per i reati contro il patrimonio commessi in danno dei prossimi congiunti, in quanto la clausola negativa prevista dall'art. 649 comma 3 c.p., opera solo quando il fatto sia commesso con violenza fisica (Cass. II, n. 32354/2013), ed il principio è stato affermato proprio con riferimento ad una fattispecie in tema di tentata estorsione commessa con minacce ai danni del coniuge convivente.

I delitti contro il patrimonio commessi con violenza alle persone

Come si è visto, l'art. 649 comma 3 esclude l'applicabilità delle cause di non punibilità e di improcedibilità previste nei primi due commi del medesimo art. 649 c.p., oltre che ai delitti di cui agli artt. 628,629 e 630 c.p, anche a tutti i delitti contro il patrimonio che siano commessi con violenza alle persone. In proposito la Cassazione ha ritenuto che l'espressa esclusione della rapina, dell'estorsione e del sequestro di persona è poi giustificata dalla necessità di reprimere l'impiego della violenza fisica o psichica contro le persone; l'esclusione deve comprendere anche il tentativo di questo delitto perché anche in esso ricorre l'impiego della violenza (Cass. II, n. 8428/1988).

Si è affermato che la violenza alle persone, che rende procedibili d'ufficio i delitti contro il patrimonio, se commessi in danno delle persone indicate nell'art. 649 comma 2 c.p., deve essere contestuale alla consumazione del reato (Cass. V, n. 13268/1986).

Quindi si è ritenuto che i reati consumati di rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo di estorsione restano esclusi dall'area di applicabilità della previsione dell'art. 649 c.p., pur se posti in essere senza violenza alle persone, bensì con la sola minaccia (Cass. II, n. 28141/2010).

Si è poi affermato che in tema di circonvenzione di incapace, anche la violenza morale esclude la configurabilità della causa di non punibilità e della perseguibilità a querela per i reati contro il patrimonio commessi in danno di prossimi congiunti (Cass. VI, n. 35528/2008).

Di recente la Cassazione ha ritenuto applicabile la causa di non punibilità prevista dall'art. 649 c.p. in una fattispecie concreta nella quale era stato ritenuto integrato il reato di circonvenzione di incapaci commesso con minacce in danno del fratello convivente (Cass. II, n. 6886/2022); già in precedente, infatti, si era ritenuto che la minaccia o la mera violenza psichica non esclude la configurabilità della causa di non punibilità e della perseguibilità a querela per i reati contro il patrimonio commessi in danno dei prossimi congiunti, in quanto la clausola negativa prevista dall'art. 649, comma 3, c.p. opera solo quando il fatto sia commesso con violenza fisica (Cass. II, n. 32354/2013; Cass. VI, 16469/2021).

Casistica

Indebito uso di carta di credito da parte di un familiare: applicabilità dell'esimente di cui all'art. 649 c.p

Si è ritenuto che non possa trovare applicazione l'esimente di cui all'art. 649 c.p. al reato di illecito uso di una carta di credito, nell'ipotesi in cui la condotta delittuosa sia stata posta in essere da un familiare (nel caso di specie, il figlio) del titolare della carta, stante la natura plurioffensiva del reato «de quo», la cui dimensione lesiva trascende il mero patrimonio individuale per estendersi, in modo più o meno diretto, a valori riconducibili all'ambito dell'ordine pubblico, economico e della fede pubblica, mentre la previsione di cui all'art. 649 c.p. concerne esclusivamente i delitti contro il patrimonio ed ha una natura eccezionale che ne preclude l'applicazione in via analogica (Cass. II, n. 15834/2011). In tale direzione non assume alcun rilievo, ai fini della configurabilità del reato, la circostanza dell'eventuale contitolarità del conto (Cass. VI, n. 29821/2012).

Causa di non punibilità ex art. 649 e favoreggiamento reale

La Cassazione ha ritenuto che non è configurabile il delitto di favoreggiamento quando risulta accertata l'obiettiva insussistenza del reato presupposto, essendo invece irrilevante l'applicazione di una causa di non punibilità. Nel caso di specie è stata ritenuta immune da censure la condanna per il reato di favoreggiamento reale, nonostante il responsabile del reato presupposto di furto fosse stato dichiarato non punibile ai sensi dell'art. 649 (Cass. II, n. 45313/2015).

Bibliografia

Beltrani, Ancora sulla (mutevole) rilevanza penale della famiglia di fatto: prime aperture giurisprudenziali, in Cass. pen. 2009, 2014; Cavallo, Sull'applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 649 c.p. al tentativo di rapina, estorsione e sequestro di persona, in Cass. pen. 2003, 2669M; Mantovani, Diritto penale parte speciale, (Delitti contro il patrimonio), Padova, 1989; Marini, Delitti contro il patrimonio, Torino, 1999; Merenda, Brevi note sui rapporti di famiglia come causa di non punibilità nei delitti contro il patrimonio, in Cass. pen. 2009, 2392.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario