Codice Penale art. 650 - Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità.Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità. [I]. Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato [337, 338, 389, 4502, 509], con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a 206 euro 12.
[1] V. anche art. 15 t.u.l.p.s., ora depenalizzato dall'art. 1 d.lgs. 13 luglio 1994, n. 480. Vedi inoltre l'art. 17-ter5 t.u.l.p.s., introdotto dall'art. 3 d.lgs. n. 480, cit. [2] In tema di sanzioni per il mancato rispetto delle misure di contenimento per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, v. art. 4, comma 1, d.l. 25 marzo 2020, n. 19, conv., con modif. in l. 22 maggio 2020, n. 35, e art. 2, comma 1, d.l. 16 maggio 2020, n. 33, conv., con modif., in l. 14 luglio 2020, n. 74. . InquadramentoLa contravvenzione prevista dall'art. 650 costituisce una norma sussidiaria con la quale viene sanzionata l'inosservanza dei provvedimenti legalmente impartiti dall'autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene, sempre che il fatto non costituisce un altro più grave reato (Cass. III, n. 25322/2019). La prevalente dottrina parla al riguardo di norma penale in bianco, cioè una norma in cui è enunciata solo la sanzione, mentre il precetto viene fissato di volta in volta nel provvedimento emanato dall'Autorità (Romano, 37). Il bene giuridico protetto dalla norma viene individuato nell'ordine pubblico, inteso come buon assetto e regolare andamento del vivere civile (Siniscalco, 665). La contravvenzione riguardante l'inosservanza dei provvedimenti dell'autorità dati per ragioni di giustizia a norma dell'art. 650 c.p. può avere a presupposto solo provvedimenti oggettivamente amministrativi i quali, pur se emanati per ragioni inerenti a finalità di giustizia, hanno come contenuto un esercizio della potestà amministrativa destinata ad operare nei rapporti esterni all'attività propria del giudice, con la conseguenza che, fra tali atti, non rientrano quelli tipici della funzione giurisdizionale. (Cass. I, n. 2968/2020). Secondo costante giurisprudenza la norma è destinata a trovare applicazione solo quando l'inosservanza del provvedimento dell'autorità non sia sanzionata da alcuna norma penale, processuale o amministrativa (Cass. I, n. 3579/1998; Cass. I, n. 43398/2005). Essa inoltre è volta a sanzionare esclusivamente l'inosservanza di provvedimenti contengibili ed individuali che siano stati determinati da necessità od opportunità attuali e transeunti, non potendo, invece, trovare applicazione nelle ipotesi di inosservanza di leggi o regolamenti (Cass. VI, n. 9534/1980). SoggettiSoggetto attivo La contravvenzione prevista dall'art. 650 è un reato comune, che può essere commesso da « chiunque » come recita la fattispecie incriminatrice. Si tratta, in particolare, del destinatario del provvedimento legalmente dato dall'autorità, che può essere non soltanto una persona fisica, ma anche il legale rappresentante di una persona giuridica (Cass. I, n. 4581/1994). Soggetto passivo La Cassazione ha affermato che persona offesa dal reato di cui all'art. 650, è la collettività nel cui interesse l'ordine deve essere adempiuto, mentre il privato, che sostenga di aver subito un pregiudizio dalla inosservanza del provvedimento, può assumere esclusivamente la qualità di soggetto danneggiato e, come tale, non è legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione né, successivamente, ricorso per cassazione avverso la declaratoria di inammissibilità dell'opposizione (Cass. III, n. 35287/2016). MaterialitàCondotta L'elemento materiale consiste nell'inosservanza di un provvedimento dell'Autorità legalmente dato per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene, dovendosi intendere per provvedimento qualsiasi atto con cui l'Autorità impone ad una o più persone determinate una particolare condotta, omissiva o commissiva, giustificata da una norma giuridica per l'attuazione del diritto oggettivo. La condotta deve concretizzarsi in una violazione che attiene al contenuto essenziale del provvedimento emesso per le ragion ora indicate, non potendo ritenersi integrato il reato in ipotesi di violazioni che attengono alle modalità di esecuzione del provvedimento in presenza di un'espressa manifestazione di volontà di adempiere all'ordine legalmente dato dall'autorità. Si è recentemente precisato che L'inosservanza di provvedimenti dell'autorità integra la contravvenzione prevista dall'art. 650 solo ove si tratti di provvedimenti contingibili ed urgenti, adottati in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica ipotesi normativa, restando estranea alla sfera di applicazione di tale norma l'inottemperanza ad ordinanze volte a dare applicazione a leggi o regolamenti, posto che l'omissione, in tal caso, viene sanzionata in via amministrativa da specifiche norme del settore (Cass. III, n. 20417/2018); in tale direzione si è ritenuto che la violazione del Regolamento interno della Casa Circondariale di Napoli in tema di introduzione in istituto di strumenti pericolosi o altri strumenti non ammessi non integra gli estremi del provvedimento dell'Autorità dato per ragioni di giustizia o sicurezza pubblica, ovvero d'ordine pubblico o di igiene, dovendosi al riguardo tener conto della circostanza che il legislatore ha introdotto, con il d.l. 21 ottobre 2020, n. 130, conv. in l. n. 173/2020, l'art. 391-ter c.p. riguardante l'accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti (Cass. I, n. 40185/2022). Il provvedimento legalmente dato dall'Autorità Il giudice dovrà valutare la legittimità del provvedimento, essendogli imposto, in forza della previsione contenuta nell'art. 5 della l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, sul contenzioso amministrativo, la disapplicazione degli atti non conformi alla legge. Il giudice sarà, quindi, chiamato ad esaminare ed a decidere sulla legalità sostanziale e formale del provvedimento di cui si tratta, dovendo stabilire, quindi, se l'atto sia viziato da incompetenza, violazione di legge o eccesso di potere; è invece, inibito al giudice di entrare nel merito della discrezionalità amministrativa, sindacando la necessita, l'opportunità o la convenienza dell'atto. Ed a questo riguardo la Corte Costituzionale, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 650, ha precisato che spetta di volta in volta al giudice penale verificare se il provvedimento sia stato legittimamente emesso nell'esercizio di un potere dovere previsto dalla legge che ne determini con sufficiente previsione l'ambito e le condizioni di applicazione, dovendo intendersi il sindacato del giudice penale esteso anche al vizio di eccesso di potere (C. cost. n. 168/1971). La giurisprudenza ha, inoltre, chiarito che per la configurabilità del reato è necessario che il provvedimento violato sia stato emesso nell'interesse della collettività, rimanendo fuori dalla tutela penale prevista dall'art. 650 l'inosservanza di provvedimenti adottati nell'interesse di privati cittadini (Cass. I, n. 237/2007; Cass. I, n. 46004/2014). In questa direzione è stata esclusa la configurabilità della contravvenzione prevista dall'art. 650 nell'ipotesi dell'inosservanza di un'ordinanza sindacale con la quale si ingiungeva ai proprietari di un appartamento di eliminare le cause d'infiltrazione d'acqua nell'appartamento sottostante ed in quella dell'ordinanza di demolizione di un muro pericolante, allorché la situazione di pericolo riguardava esclusivamente un'area privata. Nell'ipotesi in cui l'interesse della P.A. ad ottenere dal cittadino un determinato comportamento sia venuto, per qualsiasi causa, meno, come avviene nel caso di annullamento d'ufficio di un'ordinanza sindacale, dovrà necessariamente escludersi la configurabilità della contravvenzione prevista dall'art. 650 (Cass. I, n. 8529/1996). Il provvedimento legalmente dato dall'Autorità, implicando l'imposizione di una determinata condotta al soggetto cui è diretto, deve essere congruamente motivato, in quanto il destinatario deve essere messo in condizione di verificare la legittimità dello stesso, non potendo fare genericamente riferimento a ragioni di pubblica sicurezza o di giustizia (Cass. I, n. 4959/1993; Cass. I, n. 555/2010). Il provvedimento ancora deve essere stato previamente reso noto al soggetto inottemperante. Ed in proposito la giurisprudenza ha ritenuto che detta comunicazione possa avvenire anche a mezzo di affissione dell'ordinanza con la quale veniva ordinata la bonifica di un fondo da erbe incolte all'albo pretorio, inserimento della stessa nel sito web del comune e pubblicazione con manifesti, trattandosi di strumenti sufficienti per portare a conoscenza degli interessati il provvedimento (Cass. I, n. 39897/2012). Il provvedimento legalmente dato dall'autorità potrà contenere un termine per l'adempimento dell'ordine che potrà essere o meno perentorio, incidendo ciò sulla natura istantanea o permanente del reato; ma il termine potrà anche mancare, non avendo tale mancanza alcuna incidenza sulla legalità del provvedimento (Cass. I, n. 5363/1997). La norma incriminatrice non precisa il contenuto del provvedimento che intende tutelare; stabilisce solo che essa deve essere stato emanato per ragioni di giustizia, o di sicurezza, o di ordine pubblico, o di igiene. In tale direzione la giurisprudenza ha precisato che non integra il reato di cui all'art. 650, ma l'illecito amministrativo previsto dall'art. 15 r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (t.u.l.p.s.) l'inottemperanza all'invito a presentarsi all'autorità di pubica sicurezza, quando detto invito non contenga la specifica indicazione del motivo che ne autorizza l'emanazione, motivo che, ai fini dell'integrazione del reato deve rientrare, appunto, nelle ragioni di giustizia, o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene (Cass. I, n. 25098/2003). Il potere del sindaco di emettere ordinanze contingibili e urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minaccino l'incolumità dei cittadini, previsto dall'art. 54 d.lgs. 18 agosto 2002 n. 267, non è delegabile; ne consegue che l'inottemperanza ad un'ordinanza emessa da soggetto delegato dal sindaco non integra il reato previsto dall'art. 650 perché emesso da soggetto incompetente (Cass. I, n. 7405/2018). Le ragioni di giustizia Con riferimento alle ragioni di giustizia, la giurisprudenza ha precisato che esse devono essere identificate in tutti i motivi riferibili non solo all'attività giurisdizionale svolta dai giudici, ma anche a tutte quelle attività rivolte all'attuazione del diritto obiettivo ad opera del P.m. o della Polizia giudiziaria (Cass. I, n. 1252/1992). Deve però trattarsi di provvedimenti oggettivamente amministrativi che, pur se emanati per ragioni inerenti a finalità di giustizia, costituiscono un esercizio della potestà amministrativa destinata ad operare nei rapporti esterni all'attività propria del giudice, provvedimenti nei quali, appunto, non rientrano gli atti tipici di esercizio della funzione giurisdizionale (Cass. VI, n. 39217/2013). In tale ottica rientrano, invece, chiaramente, nelle ragioni di giustizia tutti quei provvedimenti emessi in forza di esigenze di accertamenti connesse alle attività di polizia dirette alla scoperta di reati (Cass. I, n. 4526/1991; Cass. I, n. 682/1995), con la precisazione che pero non integra il reato l'inottemperanza all'invito a presentarsi presso un ufficio di Polizia per rendere l'interrogatorio dinanzi alla Polizia giudiziaria, in quanto a tale inottemperanza è possibile porre rimedio attraverso l'accompagnamento coattivo (Cass. I, n. 51766/2013). Del resto già in precedenza la Cassazione aveva avuto modo di precisare che la facoltà dell'autorità di polizia di impartire, per motivi di giustizia, ordini la cui inosservanza è sanzionata penalmente dall'art. 650, trova un limite nei diritti dei cittadini, che non possono essere conculcati anche quando l'imposizione abbia come unico fine quello di rendere più agevole per gli organi di polizia l'adempimento dei loro compiti istituzionali; ed appunto, in applicazione di tale principio, era stata esclusa la violazione dell'art. 650 in un caso di inottemperanza ad una convocazione di polizia avente come unico fine la notifica di un invito a comparire ed a nominare un difensore, in quanto tali atti preliminari all'interrogatorio possono essere compiuti con consegna personale all'interessato o a persona con lui convivente, senza che sia assolutamente necessario imporre allo stesso di recarsi presso gli uffici di polizia (Cass. I, n. 8859/2000; Cass. I, n. 11457/2012). A tali ultime conclusioni era pervenuta anche autorevole dottrina, ritenendo di dovere distinguere, nell'ambito degli atti dell'Autorità Giudiziaria, quelli che abbiano come finalità la tutela dell'ordine pubblico da quelli che abbiano contenuto giurisdizionale o che siano rivolti alla tutela di un interesse privato; ed appunto la tutela penale apprestata dall'art. 650 è limitata soltanto alla prima categoria di atti, restando escluse le altre categorie (Antolisei, 844). La violazione degli obblighi imposti ad un soggetto con l'applicazione di una misura cautelare personale non può mai dare luogo all'integrazione del reato di cui all'art. 650, stante la sua natura sussidiaria e la possibilità, ai sensi dell'art. 276 c.p.p., di disporre un aggravamento della misura applicata. Le ragioni di sicurezza pubblica Nelle ragioni di sicurezza pubblica rientrano tutti quei provvedimenti adottati dall'autorità per la tutela della sicurezza e dell'incolumità dei cittadini in forza della previsione contenuta nell'art. 1 r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (t.u.l.p.s.). In tal senso si è espressa la giurisprudenza ritenendo che, ad esempio, un ordine di sgombero di un edificio pericolante, emesso in situazioni di contingibilità ed urgenza, rientra tra quelli la cui inosservanza è sanzionata dall'art. 650 (Cass. I, n. 2595/1993). Si è ritenuto, invece, che non rientra nella tutela penale prevista dall'art. 650 la condotta dello straniero che non ottemperi all'invito di presentarsi presso un ufficio di P.S. ai fini dell'espulsione dal territorio nazionale; ciò in quanto l'ordine di allontanamento del Questore e la relativa sequenza procedimentale, stabilita dall'art. 14 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, non possono essere surrogati da altri atti (Cass. I, n. 11049/2013; Cass. I, n. 48270/2014). Le ragioni di ordine pubblico Rientrano nelle ragioni di ordine pubblico tutti quei provvedimenti emanati dall'Autorità in vista della tutela della tranquillità pubblica e della pace sociale. In questa direzione si è affermato che sussiste il reato di inosservanza dei provvedimenti dell'autorità, qualora non venga ottemperato all'ordine, impartito dalla Polizia, di sgomberare un'aula universitaria, che era stata occupata arbitrariamente per un'assemblea non autorizzata dalle competenti autorità. Nel caso di specie l'ordine è stato considerato legalmente dato, non in riferimento al mancato rispetto della disciplina delle riunioni in luogo pubblico, ma sulla base dell'art. 20 r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (t.u.l.p.s.), che prevede la possibilità di scioglimento delle riunioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, quando in esse siano commessi delitti; e nel caso di specie si trattava appunto del delitto di invasione arbitraria di un edificio pubblico (Cass. VI, n. 10870/1982). L'ordinanza adottata dal Prefetto ai sensi dell'art. 2 r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (t.u.l.p.s.) che, al fine di evitare intralci alla circolazione ed alle normali occupazioni delle persone, disciplini nel territorio di sua competenza la circolazione dei veicoli a targhe alterne, qualora presenti i caratteri della provvisorietà, della pubblicazione, dell'indispensabilità, e dell'urgenza in presenza di un'effettiva turbativa dell'ordine pubblico, è stata considerata dalla giurisprudenza legittima, ritenendosi che la sua violazione possa integrare il reato di cui all'art. 650 (Cass. I, n. 1590/1985). Segnatamente si è ritenuto che un suddetto provvedimento solo mediatamente consegue l'effetto di regolamentare il traffico, in quanto è volto ad evitare pericoli per l'ordine e la sicurezza pubblica ed a tutelare l'interesse pubblico alla difesa della salute, dell'integrità fisica e della pacifica convivenza. Le ragioni di igiene Le ragioni d'igiene si riferiscono alla materia della sanità pubblica intesa in senso ampio, dovendosi ricomprendere in essa anche la difesa del territorio e la tutela dall'inquinamento. Così, ad esempio, si è affermato che costituisce un provvedimento adottato per ragioni d'igiene l'ordine impartito dal Sindaco di rimuovere i rifiuti esistenti su un'area di proprietà privata e si è ritenuto che la violazione dello stesso integri la contravvenzione prevista dall'art. 650. Nello specifico si trattava di rifiuti speciali, costituiti materiali provenienti da demolizioni, costruzioni e scavi e si è affermato che anche la disciplina relativa allo smaltimento di detti rifiuti, e non solo di quelli tossici e nocivi, attiene alla tutela dell'igiene, in quanto volta alla protezione e conservazione dell'ambiente ed alla salvaguardia delle sue qualità naturali ed originarie da ogni forma d'inquinamento; difatti in tale direzione si muovono le specifiche indicazioni contenute nell'art. 1 d.P.R. n. 10 settembre 1982, n. 915 [oggi art. 177 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152], in cui sono enunciati i principi generali in materia di smaltimento dei rifiuti (Cass. I, n. 9781/1996). Elemento psicologicoL'elemento soggettivo del reato di inosservanza di provvedimenti dell'autorità può essere costituito dal dolo o anche dalla colpa. Il dolo consiste nella cosciente e volontaria inosservanza del provvedimento legalmente dato per le ragioni indicate nella norma incriminatrice; ciò presuppone che il soggetto agente abbia potuto avere coscienza piena e legale del provvedimento e delle connesse ragioni di giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico o igiene in forza delle quali il provvedimento stesso è stato emanato. Al riguardo la giurisprudenza ha affermato, con riferimento all'elemento psicologico del reato, che, ai fini dell'integrazione della contravvenzione prevista dall'art. 650, è sufficiente, come per tutte le contravvenzioni, anche la colpa; ma ha anche, al riguardo, chiarito che l'avverbio “indebitamente” contenuto nella fattispecie incriminatrice porta a ritenere che, per l'integrazione del reato, sia necessaria una certa intenzionalità che deve presiedere all'omissione, nel senso che l'agente deve essersi reso conto di inosservare, senza alcuna valida giustificazione, l'ordine largamente impartitogli. A ciò consegue, ad avviso della Cassazione, la necessità che i provvedimenti siano congruamente motivati, al fine di consentire al cittadino, al quale è imposta una certa condotta, di rendersi conto della legittimità dell'ordine e del suo valore vincolante ed obbligatorio (Cass. I, n. 2398/1995). Generalmente, per escludere la colpevolezza di un imputato di un reato contravvenzionale non basta constatare e ritenere che egli abbia versato in errore circa il presupposto di fatto o di diritto costitutivo dell'incriminazione, occorrendo, invece, accertare in modo sicuro che l'errore sia del tutto incolpevole. Così ad esempio l'imputato non potrà addurre a propria colpa di non essere consapevole dell'esecutorietà di un'ordinanza avverso la quale aveva proposto ricorso, in quanto avrebbe dovuto informarsi adeguatamente ed il non averlo fatto vale ad integrare gli estremi della colpa. ConsumazioneNell'ipotesi in cui sia fissato un termine perentorio per l'adempimento dell'ordine legalmente dato dall'Autorità per le ragioni indicate, in caso di inadempimento, il reato di cui all'art. 650 assume la natura di reato istantaneo, in quanto alla scadenza del termine perentorio la situazione antigiuridica si è verificata ed un eventuale adempimento tardivo non servirebbe ad escludere la consumazione del reato. Ove invece il termine fissato non fosse perentorio, l'inosservanza dell'ordine varrà ad integrare un reato permanente nel quale la situazione antigiuridica potrà cessare solo con l'adempimento (Cass. I, n. 8607/1997; Cass. I, n. 49646/2014); a quanto detto consegue la classificazione del reato di cui all'art. 650 come un reato solo eventualmente permanente. Rapporti con altri reatiIn tema di inosservanza di provvedimento dell'autorità, la disposizione di cui all'art. 650 è norma di natura sussidiaria, che trova applicazione solo quando l'inosservanza del provvedimento dell'autorità non sia sanzionata da alcuna norma, penale o processuale o amministrativa (Cass. I, n. 44126/2016). Si è ritenuto ammissibile il concorso fra la contravvenzione prevista dall'art. 21 l. 10 maggio 1976, n. 319 (oggi art. 133 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) in tema di tutela delle acque dall'inquinamento, in caso di scarichi effettuati senza autorizzazione e la contravvenzione prevista dall'art. 650 per inosservanza dell'ordine di sospensione legalmente dato dall'autorità per ragioni di sanità e di igiene, evidenziandosi che tra le due norme non sussiste un rapporto di specialità, in quanto l'inosservanza di un provvedimento dell'autorità non rappresenta un elemento costitutivo del reato previsto dall'art. 21 l. cit. (Cass. I, n. 2523/1986). In materia di circolazione stradale l'inottemperanza all'invito impartito dalla competente autorità di presentarsi, entro il termine stabilito nell'invito medesimo, agli uffici di polizia per fornire informazioni o esibire documentazione ai fini dell'accertamento di violazioni amministrative previste dal codice della strada è previsto come illecito amministrativo dall'art. 180 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e pertanto non potrà integrare il reato di cui all'art. 650 (Cass. I, n. 4796/1998). Analoga soluzione vale per la mancata esibizione della patente di guida, prevista come illecito amministrativo dall'art. 192, comma 2, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Cass. I, n. 1721/1995). E così anche L'inottemperanza del conducente di un veicolo all'invito a fermarsi da parte di un ufficiale di polizia giudiziaria integra l'illecito amministrativo previsto dall'art. 192, comma 1, C.d.s., e non il reato di inosservanza dei provvedimenti dell'autorità previsto dall'art. 650, stante l'operatività del principio di specialità di cui all'art. 9 l. 24 novembre 1981 n. 689(Cass. VI, n. 42951/2016). Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno recentemente risolto il contrasto insorto fra le sezioni semplici della medesima Corte in ordine alla qualificazione giuridica della violazione dell'obbligo gravante sul sorvegliato speciale di portare con se la carta di permanenza ed in ordine alla sanzione da applicare; segnatamente alcune decisioni avevano ravvisato in tale fattispecie la violazione dell'art. 9, comma 2, l. 27 dicembre 1956, n. 1423 oggi riprodotto testualmente nell'art. 75, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Cass. I, n. 8771/2008; Cass. I, n. 45508/2009); altre decisioni, invece, hanno ritenuto sussistente la fattispecie di cui all'art. 650 (Cass. I, n. 10714/2010; Cass. I, n. 2648/2012). Le Sezioni Unite, all'esito di una approfondita analisi degli obblighi e delle prescrizioni in base a quanto previsto nell'art. 9 della l. n. 1423/1956 (ora art. 75 d.lgs. n. 159/2011), sono giunte alla conclusione che il sorvegliato speciale, sottoposto all'obbligo o al divieto di soggiorno, il quale non porti con se o non esibisca a richiesta di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria la carta di permanenza dovrà rispondere della violazione dell'art. 650, trattandosi dell'inosservanza di un provvedimento della competente autorità per ragioni di sicurezza e di ordine pubblico, preordinato soltanto a rendere più agevole l'operato delle forze di polizia (Cass. S.U., n. 32923/2014). Si è affermato che l'inosservanza dell'ordinanza sindacale che ingiunge l'esecuzione di lavori urgenti su un immobile, stante il suo pericolo di crollo, integra esclusivamente la contravvenzione di cui all'art. 677 c.p. e non anche quella prevista dall'art. 650 c.p.. in ragione del carattere sussidiario di tale ultima ipotesi di reato che è configurabile solo quando non sussista una norma incriminatrice specifica (Cass. I, n. 29595/2021). CasisticaOrdine di presentarsi presso un ufficio di Polizia per «motivi che la riguardano» Deve considerarsi illegittimo e quindi soggetto a disapplicazione, per mancanza di motivazione, imposta dall'art. 3, comma 1, l. 7 agosto 1990, n. 241, con eccezione dei casi espressamente nel comma 2 della citata norma, un invito a presentarsi presso un ufficio di Polizia nel quale la ragione della convocazione viene indicata con la formula «motivi che la riguardano». Una violazione di un simile ordine, quindi, non potrà integrare la contravvenzione in esame (Cass. I, n. 4536/1995). Viceversa si è ritenuto integrato il reato nell'ipotesi in cui un soggetto non abbia ottemperato all'invito di presentarsi dai Carabinieri motivato “per urgenti comunicazioni che la riguardano” con l'ulteriore precisazione di comparire con un avvocato; nel caso di specie, appunto, si è ritenuto che l'atto contenesse indicazioni idonee a rendere il destinatario consapevole della natura e del contenuto del provvedimento, in quanto l'indicazione a presentarsi con un avvocato lasciava chiaramente intendere che l'invito era diretto ad accertamenti di polizia giudiziaria. Non integra inosservanza dei provvedimenti dell'autorità dati per ragioni di giustizia la condotta di inottemperanza alla convocazione presso la stazione dei Carabinieri per la restituzione del bene in sequestro, trattandosi di atto di materiale esecuzione del provvedimento giudiziario di dissequestro e restituzione disposto dall'Autorità giudiziaria (Cass. I, n. 45543/2015). Si è, in proposito, precisato che la contravvenzione di cui all'art. 650, riguardante l'inosservanza dei provvedimenti dati per ragioni di giustizia, può avere a presupposto solo provvedimenti oggettivamente amministrativi i quali, pur se emanati per ragioni inerenti a finalità di giustizia, hanno come contenuto un esercizio della potestà amministrativa destinata ad operare nei rapporti esterni all'attività propria del giudice. Integra la contravvenzione di cui all'art. 650 l'inottemperanza, senza giustificato motivo, della persona informata sui fatti all'invito a presentarsi alla polizia giudiziaria, delegata dal pubblico ministero all'assunzione di sommarie informazioni, non potendo in questi casi la polizia giudiziaria procedere all'accompagnamento coattivo dell'interessato (Cass. I, n. 6595/2016). Elusione di un provvedimento del giudice civile concernente l'affidamento di figli minori Poiché la norma di cui all'art. 650 ha carattere residuale, integra il reato previsto dall'art. 388, comma 2- mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice — la condotta di chi si avvicini al centro abitato nel quale hanno dimora il coniuge ed i figli, eludendo il provvedimento che aveva vietato tale avvicinamento (Cass. I, n. 9397/2013). Ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto dal comune In ragione della natura sussidiaria della contravvenzione prevista dall'art. 650, si è ritenuto che essa non è integrata da una condotta di ingiustificata inosservanza all'ordine di demolizione di una costruzione abusiva imposto dal sindaco, in quale a tale omissione consegue, alla scadenza del termine previsto, l'automatica acquisizione gratuita al patrimonio disponibile del comune, mentre l'art. 650 trova applicazione solo quando la violazione dell'obbligo o del divieto imposto non è altrimenti sanzionata (Cass. I, n. 4445/2015). Ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti. Responsabilità del destinatario del provvedimento In tema di smaltimento dei rifiuti, la Cassazione ha chiarito che la sanzione per violazione dell'ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti e di ripristino dello stato dei luoghi, prevista dall'art. 14 d.lgs. n. 22/1997, debba essere applicata a chiunque non ottemperi a tale provvedimento; a ciò consegue che spetta al proprietario del terreno, per evitare di incorrere nella responsabilità penale per violazione dell'art. 650, l'onere di provare l'assenza di una propria responsabilità nell'abbandono dei rifiuti, al fine di consentire al giudice penale di disapplicare l'atto (Cass. I, n. 37254/2014). La repressione della violazione delle misure di contenimento disposte al fine di evitare la diffusione del coronavirus L’art. 3, comma 4, del d.l. n. 6/2020 aveva previsto che “salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale”. Questa norma è stata successivamente abrogata; segnatamente con l’art. 4 del d.l. n. 19/2020 il fatto in precedenza descritto è stato depenalizzato, divenendo un illecito amministrativo punito con sanzione amministrativa pecuniaria da € 400,00 ad € 3.000,00. Rimane reato invece la violazione degli obblighi al soggetto che si trova in stato di quarantena; la suddetta condotta viene a configurare il reato di cui all’art. 260 r.d. n. 1265/1934 (Testo Unico delle leggi sanitarie), così come modificato dal suddetto d.l. n. 19/2020. Esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore Si è ritenuto che non integra il reato di cui all'art. 650 c.p., ma l'illecito amministrativo previsto dall'art. 7 co. 15-bis codice della strada, l'esercizio abusivo dell'attività di parcheggiatore, in ragione del principio di specialità di cui all'art. 9 legge n. 689/1981 (Cass. I, n. 17476/2022). Profili processualiIl reato di inosservanza di provvedimenti dell'autorità, come tutte le contravvenzioni, è procedibile d'ufficio. È ammessa l'oblazione ai sensi dell'art. 162-bis. BibliografiaAntolisei, Manuale di diritto penale - parte speciale, Milano, 1997; Romano, Commentario sistematico del codice penale, Milano, 1995; Siniscalco, Inosservanza dei provvedimento dell'Autorità, in Enc. dir., XXI, Milano, 1971. |