Codice Penale art. 660 - Molestia o disturbo alle persone.Molestia o disturbo alle persone. [I]. Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito, a querela della persona offesa, con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a 516 euro [659, 688]1. [II]. Si procede tuttavia d'ufficio quando il fatto è commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità2. [1] Comma modificato dall'art. 3, comma 1, lett. b), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha inserito le «, a querela della persona offesa,» dopo «è punito». Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Ai sensi, inoltre, dell’art. 85 d.ls. n. 150, cit., come da ultimo modificato dall’art. 5-bis, d.l. n. 162, cit., in sede di conversione « 1. Per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato.- 2. Fermo restando il termine di cui al comma 1, le misure cautelari personali in corso di esecuzione perdono efficacia se, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela. A questi fini, l'autorità giudiziaria effettua ogni utile ricerca della persona offesa, anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Durante la pendenza del termine indicato al primo periodo i termini previsti dall'articolo 303 del codice di procedura penale sono sospesi». [2] Comma aggiunto dall'art. 3, comma 1, lett. b), n. 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. InquadramentoLa contravvenzione prevista dall'art. 660 c.p. mira a tutelare la tranquillità pubblica che può essere turbata in conseguenza di fatti di disturbo o molestia posti in essere ai danni di un singolo individuo, che possono determinare reazioni tali da causare disordini per l'ordine pubblico. In tal senso si è espressa la giurisprudenza della Cassazione, ritenendo che con il reato in esame viene in considerazione l'ordine pubblico, pur trattandosi di offesa alla quiete privata (Cass. I, n. 11208/1994). Soggetto passivoLa Cassazione ha affermato che la persona offesa, cui deve essere comunicata la richiesta di archiviazione della "notitia criminis", è, nel reato plurioffensivo anche la persona fisica sulla quale cade l'azione del colpevole, pur se l'incriminazione sia prevista a tutela di un interesse pubblico generale (Cass. I, n. 26801/2016). Nel caso di specie, in applicazione di tale principio, la Cassazione ha accolto il ricorso del privato al quale era stato omesso l'avviso di cui all'art. 408 cpv. c.p.p., rilevando che il suddetto reato, oltre a tutelare la tranquillità pubblica per i potenziali riflessi sull'ordine pubblico, realizza anche un'offesa alla quiete privata. Elemento materialeL'elemento materiale del reato consiste nella molestia o nel disturbo che devono essere posti in essere in luogo pubblico, o aperto al pubblico, oppure con il mezzo del telefono. La molestia viene definita come ciò che altera dolosamente, fastidiosamente o inopportunamente la condizione psichica di una persona, essendo irrilevante se tale alterazione sia durevole o momentanea. Per disturbo, invece, ci si riferisce a ciò che altera le normali condizioni in cui si svolge l'occupazione delle persone. La giurisprudenza ha precisato che i suddetti concetti di molestia e disturbo devono essere valutati con riferimento alla psicologia normale media, cioè in relazione al modo di sentire e vivere comune (Cass. V, n. 7355/1984); a ciò consegue che, in presenza di un fatto oggettivamente molesto o che arreca disturbo, è irrilevante che la persona offesa non abbia percepito o subito alcun fastidio. La molestia o il disturbo devono essere posti in essere in luogo pubblico o aperto al pubblico o con il mezzo del telefono; il luogo aperto al pubblico è un luogo al quale può accedere il pubblico, anche se solo in determinati momenti o adempiendo a determinate condizioni, come, ad esempio, le parti condominiali di un edificio. Si tratta di elementi che fanno parte delle modalità essenziali dell'azione, essendo la loro presenza, in via alternativa, essenziale per la sussistenza del reato. La Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che il requisito della pubblicità, così come ora definito, sussiste sia nel caso in cui l'agente si trovi in un luogo pubblico o aperto al pubblico ed il soggetto passivo in un luogo privato, sia in quello in cui la molestia venga arrecata da un soggetto che si trovi in un luogo privato ai danni di altro individuo che si trovi in luogo pubblico o aperto al pubblico (Cass. I, n. 11524/1986). Per petulanza si intende un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà, con la conseguenza che la pluralità di azioni di disturbo integra l'elemento materiale costitutivo del reato e non è, quindi, riconducibile all'ipotesi del reato continuato (Cass. I, n. 6064/2017). Con riferimento poi alla molestia effettuata con il mezzo telefonico, si è precisato che nella generica dizione con il mezzo del telefono devono intendersi ricompresi anche altri analoghi mezzi di comunicazione a distanza come ad esempio il citofono (Cass. VI, n. 8759/1978). Recentemente la Corte di Cassazione è stata chiamata a confrontarsi con le nuove tecnologie di comunicazione, nel senso che è stata chiamata a stabilire se l'invio di numerosi messaggi di posta elettronica tramite computer potesse integrare il reato di molestia o disturbo alla persona. La risposta è stata negativa nel senso che, pur dovendosi equiparare al mezzo del telefono qualsiasi mezzo di trasmissione tramite rete telefonica e rete cellulare, di voci e suoni imposti dal destinatario senza alcuna possibilità di sottrarsi all'immediata interazione con il mittente, se non dismettendo l'uso del telefono, si è stabilito che in caso di invio di numerosi messaggi di posta elettronica tramite computer il reato di cui all'art. 660 c.p. non è configurabile; ciò in quanto è stato ritenuto escluso il carattere invasivo del mezzo impiegato, evidenziandosi come i destinatari, che non venivano avvisati dell'arrivo dei messaggi, potevano leggerli solo in quanto avessero deciso di aprire i relativi files che li contenevano (Cass. I, n. 36779/2011). La Cassazione era successivamente pervenuta anche con riferimento all'invio, tramite la messaggistica elettronica, di una pluralità di messaggi e immagini a contenuto osceno, evidenziandosi che il destinatario poteva agevolmente evitarne la ricezione senza compromettere in alcun modo la sua libertà di comunicazione (Cass. I, n. 24670/2012). In linea più generale si è detto che è necessaria una effettiva e significativa intrusione nell'altrui sfera personale che assurga al rango di "molestia o disturbo" ingenerato dall'attività di comunicazione in sé considerata e a prescindere dal suo contenuto (Cass. fer., n. 45315/2019). Non è configurabile il reato di molestia o disturbo alle persone previsto dall'art. 660 allorché vi sia reciprocità o ritorsione delle molestie, in quanto in tal caso non ricorre la condotta tipica descritta dalla norma, e cioè la sua connotazione "per petulanza o altro biasimevole motivo", cui è subordinata l'illiceità penale del fatto (Cass. I, n. 23262/2016). Elemento psicologicoPur trattandosi di una contravvenzione, per l'integrazione del reato in esame occorre il dolo; difatti, sulla base della formulazione della fattispecie incriminatrice, il fatto che reca disturbo o molestia deve essere commesso per lo specifico motivo della petulanza o per altro biasimevole motivo. Questa era l'impostazione accolta dalla dottrina tradizionale (Antolisei). Rispetto alla suddetta dottrina, la giurisprudenza ha ritenuto di precisare che sotto il profilo soggettivo il reato richiede la volontà della condotta e la direzione della volontà verso il fine specifico di interferire inopportunamente nell'altrui sfera di libertà (Cass. I, n. 11755/1991). Nello stesso senso si è precisato che l'elemento soggettivo del reato consiste nella coscienza e volontà della condotta, tenuta nella consapevolezza della sua idoneità a molestare o disturbare il soggetto passivo, senza che possa rilevare l'eventuale convinzione dell'agente di operare per un fine non biasimevole o addirittura per il ritenuto conseguimento, con modalità non legali, della soddisfazione di un proprio diritto (Cass. I, n. 33267/2013). La Cassazione ha chiarito che l'esimente dell'esercizio di un diritto non può trovare applicazione in relazione al reato di molestia o disturbo alle persone nell'ipotesi in cui la condotta sia stata posta in essere al fine di soddisfare una pretesa di natura contrattuale, posizione giuridica che può essere tutelata solo con i mezzi previsti dall'ordinamento; nel caso si specie, appunto, i giudici di merito avevano escluso la configurabilità dell'esimente prevista dall'art. 51 c.p. nella condotta posta in essere da un soggetto che, per riscuotere i canoni di locazione che gli erano dovuti, si era recato ripetutamente presso il locale locato, adibito ad esercizio pubblico, interferendo nella sua conduzione e pretendendo dal conduttore canoni di locazione oltre in dovuto (Cass. I, n. 4699/2013). Ed anche in precedenza la Corte di Cassazione aveva avuto modo di precisare che l'esercizio del diritto di libera manifestazione del pensiero, per spiegare la propria funzione scriminante in relazione al reato di molestia o disturbo alle persone, deve essere esercitato entro limiti ben definiti e non esclude la contravvenzione se esso avviene con modalità petulanti (Cass. fer., n. 32321/2007). ConsumazioneLa giurisprudenza ha costantemente ritenuto che il reato previsto dall'art. 660 c.p. non necessariamente assume carattere abituale, potendo essere realizzato anche con una sola azione di disturbo o molestia, sempre che sia ispirata da biasimevole motivo o che sia posta in essere per petulanza e venga ad interferire nella sfera di libertà della persona offesa, creandole turbamento (Cass. I, n. 3758/2013). Ove però il reato assuma la forma abituale, esso sarà necessariamente incompatibile con la continuazione, in quanto è proprio la reiterazione delle condotte a creare disturbo (Cass. I, n. 11514/2010). Rapporti con altri reatiTra il reato di molestia alla o disturbo alle persone ed il delitto di ingiurie non sussiste alcun rapporto di specialità, in quanto trattasi di fattispecie che tutelano beni giuridici diversi; a ciò consegue che è ammissibile il concorso fra i due reati; in tal senso si è ritenuto che anche un'unica condotta può essere in grado di integrare entrambi i reati (Cass. I, n. 21158/2007). Con riferimento alle differenze con il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni si è precisato che una condotta apportatrice di fastidio, difficoltà o impedimento a terzi, che non arrechi al soggetto che la pone in essere alcun vantaggio, ne gli tuteli alcun diritto, ma sia palesemente rivolta, non alla difesa dei propri interessi contro un'altra persona, ma a disturbare e molestare altri integra la contravvenzione prevista dall'art. 660 c.p. e non il delitto di cui all'art. 392 c.p. (Cass. I, n. 10235/1986). Quanto alla differenza con il delitto di atti persecutori di cui all'art. 612-bisc.p., si è precisato che quest'ultimo è un reato abituale che differisce dai reati di molestie e di minacce, che pure ne possono rappresentare un elemento costitutivo, per la produzione di un evento di danno consistente nell'alterazione delle proprie abitudini di vita o in un perdurante e grave stato d'ansia o di paura, o, in alternativa, di un evento di pericolo consistente nel fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva (Cass. III, n. 9222/2015). Si è recentemente affermato che, ai fini della configurazione del delitto di atti persecutori, le reiterate molestie non devono essere commesse necessariamente in luogo pubblico, aperto al pubblico, ovvero con il mezzo del telefono, come invece previsto per la contravvenzione di cui all'art. 660 (Cass. I, n. 12528/2016). Nel caso concreto la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, con la quale l'imputato era stato assolto dal reato di cui all'art. 612-bis, per avere molestato la moglie con condotte commesse in luoghi e con modalità diverse da quelle previste dal citato art. 660. CasisticaBattute a sfondo sessuale Integra il reato di molestie o disturbo alle persone di cui all'art. 660 c.p. la condotta consistente nel rivolgere alla persona offesa battute a sfondo sessuale ed insistenti domande attinenti alla sua sfera intima (Cass. III, n. 1999/2019). Pedinamento Il reato di molestia o disturbo alle persone può essere integrato anche dalla condotta consistente nel seguire insistentemente la persona offesa, o il suo veicolo, in modo da interferire nella sfera di libertà di questa e da arrecarle turbamento (Cass. I, n. 11198/2020). Provocazione Non vi è compatibilità tra l'attenuante della provocazione ed un reato che, in concreto, si manifesta come abituale, attraverso una serie di reiterati comportamenti antigiuridici di analoga natura, in quanto quella che si vorrebbe prospettare come una reazione emotiva ad un fatto ingiusto costituisce, in realtà, espressione di un proposito di rivalsa e di vendetta cui l'ordinamento non può dare riconoscimento alcuno (Cass. I, n. 29830/2017). Profili processuali
Il reato era in origine perseguibile d'ufficio e tale rimaneva nell'ipotesi in cui il fatto fosse perseguibile pure come minaccia o danneggiamento ed in relazione a tali reati fosse intervenuta la remissione della querela o, comunque, manchasse la condizione di procedibilità (Cass. I, n. 31265/2014). La c.d. “Riforma cartabia” (decreto legislativo n. 150/2022 di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134 recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari) ha previsto la procedibilità a querela della persona offesa; permane la procedibilità d'ufficio nell'ipotesi in cui il fatto sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o infermità. il suddetto decreto, ai sensi dell'art. 6 del d.l. n. 162/2022 convertito nella legge n. 199/2022, è entrato in vigore il 30 dicembre 2022. Nella parte in cui comporta la procedibilità a querela di parte per fattispecie in precedenza procedibili di ufficio, secondo quanto stabilito dalle disposizioni transitorie ad hoc di cui all'art. 85, comma 1, D. Lgs. n. 150 del 2022, e di quelle introdotte dalla l. n.199 del 2022 (sostituendo nel corpo del predetto art. 85 il comma 2, ed introducendovi, inoltre, i nuovi commi 2-bis e 2-ter), la predetta modifica, immediatamente operante per i reati commessi a partire dal 30/12/2022, data di vigenza della novella, opererà, per i reati commessi fino al 29/12/2022, divenuti procedibili a querela di parte in forza delle nuove disposizioni, nei termini di seguito indicati: A) nei casi in cui non pende il procedimento penale: - se il soggetto legittimato a proporre querela ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato” (ovvero sempre, tenuto conto della struttura del reato in esame), il termine per proporre querela (di mesi tre, ex art. 124 c.p., non toccato dall'intervento novellatore) decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella, e scade, pertanto, il 30/03/2023. B) nei casi in cui pende il procedimento penale: - avendo il soggetto legittimato a proporre querela necessariamente avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine trimestrale per proporre querela decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella, e scade il 30/03/2023: diversamente rispetto a quanto previsto dall'originario comma 2 della disposizione, nessun onere di informare la p.o. di tale facoltà incombe sul giudice procedente, presumendosi, pertanto, che la p.o. debba avere conoscenza della novella. Durante la pendenza del termine per proporre querela, si applica quanto disposto dall'art. 346 c.p.p. in tema di atti compiuti in mancanza di condizioni di procedibilità. È ammessa l'oblazione ai sensi dell'art. 162-bis c.p. Misure cautelari È stato considerato legittimo il sequestro preventivo di un'utenza telefonica, della quale risulti l'utilizzazione continuativa ed esclusiva al fine di commettere il reato di molestie (Cass. I, n. 5148/1997). BibliografiaDe Amicis, Molestie a mezzo di posta elettronica, in Cass. pen. 2012, 914; Flick, Molestia o disturbo alle persone, in Enc. dir., vol. XXVI, Milano, 1976, 700; Lo Monte, Una riflessione su spamming e molestie: la problematica configurabilità della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 660 c.p., in Cass. pen. 2012, 2113; Pavesi, Sulla molestia arrecata mediante messaggistica elettronica, in Giur. it. 2013, 651. |