Codice Penale art. 697 - Detenzione abusiva di armi.

Roberto Carrelli Palombi di Montrone

Detenzione abusiva di armi.

[I]. Chiunque detiene armi [704] o caricatori soggetti a denuncia ai sensi dell'articolo 38 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (2), e successive modificazioni, o munizioni senza averne fatto denuncia all'Autorità, quando la denuncia è richiesta, è punito con l'arresto da tre a dodici mesi o con l'ammenda fino a 371 euro (1).

[II]. Chiunque, avendo notizia che in un luogo da lui abitato si trovano armi o munizioni, omette di farne denuncia all'autorità, è punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda fino a 258 euro [700, 701] (2).

(1) Le pene previste dal testo originario del codice erano l'arresto fino a quattro mesi o l'ammenda fino a lire tremila. A parte i successivi aggiornamenti di tale pena pecuniaria, tanto la pena detentiva quanto la pena pecuniaria erano state in un primo momento raddoppiate dall'art. 7 l. 2 ottobre 1967, n. 895, e poi triplicate dall'art. 14 l. 14 ottobre 1974, n. 497. L'ammenda risulta ora ulteriormente raddoppiata ad opera dell'art. 113 4 l. 24 novembre 1981, n. 689. Per un'ulteriore ipotesi di aumento delle pene, qualora il fatto sia commesso da persona sottoposta a misura di prevenzione, v. art. 71, d.lg. 6 settembre 2011, n. 159, che ha sostituito l'art. 7 1 l. 31 maggio 1965, n. 575.

(2) L'art. 3, d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, conv., con modif. in l. 17 aprile 2015, n. 43, ha inserito, in sede di conversione, le parole: «caricatori soggetti a denuncia ai sensi dell'articolo 38 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, o».

(3) Comma così sostituito dall'art. 47 l. 24 novembre 1981, n. 689. Per il successivo raddoppio e la successiva triplicazione, nonché per i minimi apposti all'arresto e per un'ulteriore ipotesi di aumento della pena, v. sub art. 695. L'ulteriore, più recente aggiornamento è stato direttamente operato in sede di sostituzione del comma.

Inquadramento

Come per le altre norme penali in materia di armi l'interesse tutelato dalla contravvenzione prevista dall'art. 697 va individuato nell'ordine pubblico inteso come interesse alla prevenzione dei reati in genere ed in particolare di quelli contro la vita e l'incolumità individuale. Con specifico riferimento all'art. 697 c.p. si ritiene che la finalità della norma stia nel rendere agevole all'autorità di polizia la tempestiva conoscenza delle persone che detengono armi o munizioni, al fine di potere esercitare i dovuti controlli (Antolisei, I, 118).

Ed anche la Corte di Cassazione ha affermato che l'obbligo di denuncia previsto dall'art. 38 r.d. n. 773/1931 mira ad assicurare la possibilità di controllo di tutte le armi esistenti sul territorio nazionale, da parte dell'autorità di p.s., attraverso la conoscenza di tutti coloro che le posseggono ed i luoghi ove vengono tenute (Cass. I, n. 9817/1990).

Soggetto attivo

Il soggetto attivo del reato di cui all'art. 697 è il titolare dell'obbligo di denuncia dell'arma. La Cassazione ha, al riguardo, affermato che tale obbligo incombe personalmente a chiunque abbia conseguito una relazione stabile con l'arma e la denuncia deve essere, in base a quanto previsto dall'art. 38 r.d. n. 773/1931, immediata (Cass. I, n. 2055/1982).

Il reato di detenzione abusiva di armi può essere commesso da chiunque e quindi anche dal latitante, in questo caso con l'aggravante di cui all'art. 61 n. 6 c.p., in quanto lo stato di latitanza, dipendendo dalla scelta dell'agente, non può essere invocato come esonero dall'obbligo di immediata denuncia dell'arma (Cass. I, n. 5186/1986).

Elemento materiale

La fattispecie prevista dall'art. 697 comma 1 c.p

La Cassazione ha precisato che, in tema di detenzione illegale di armi, la materia è stata regolata dall'art. 14 l. 14 ottobre 1974 n. 497 relativamente alle armi comuni da sparo, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 15, la legge speciale deroga all'art. 697, che continua a trovare applicazione soltanto per le armi non contemplate dalla legge del 1974, ossia quelle che non siano classificabili come armi comuni da sparo o come armi da guerra o tipo guerra, ed anche per le munizioni per armi comuni da sparo, delle quali non è fatto cenno nell'art. 14 legge citata (Cass. I, n. 4505/1983). Quindi la fattispecie prevista dall'art. 697 comma 1 presenta un ambito di applicabilità limitato alla detenzione delle armi proprie da punta e da taglio e delle munizioni per armi comuni da sparo (Cass. I, n. 3589/1982).

Deve, al riguardo, precisarsi che per armi proprie si intendono quelle la cui destinazione naturale sia l'offesa alla persona e che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 30 r.d. n. 731/1931 e 45 comma 1 r.d. n. 635/1940, comprendono sia le armi da sparo che quelle bianche. Sono improprie, invece, le gli oggetti che, pur avendo una diversa destinazione specifica, possono essere utilizzate per l'offesa alla persona sulla base dei criteri stabiliti dall'art. 4 l. 18 aprile 1975 n. 110. E la Cassazione recentemente ha affermato che la distinzione fra armi proprie ed improprie risiede, non tanto nelle caratteristiche costruttive e strutturali dei singoli strumenti e nell'idoneità all'offesa alla persona, comune ad entrambe, quanto nell'individuazione, tra tutte le possibili destinazioni, di quella principale corrispondente all'uso normale da accertare con specifico riferimento a quello che rappresenta l'impiego naturale dei singoli strumenti in un determinato ambiente sociale alla stregua dei costumi, delle usanze e delle esperienze affermatesi in un dato momento storico (Cass. I, n. 37208/2013). Delle armi proprie in genere è vietata la detenzione non previamente denunciata all'autorità di pubblica sicurezza; delle armi improprie, invece, è vietato solo il porto e non anche la detenzione (Cass. I, n. 3377/1995).

Quanto alle munizioni per arma comune da sparo, la detenzione abusiva delle stesse non integra il delitto di cui agli artt. 2 e 7 l. 10 febbraio 1967 n. 895, ma la contravvenzione prevista dall'art. 697 (Cass. I, n. 51450/2014). E con specifico riferimento alle munizioni calibro 9 x 19, la Cassazione ha affermato che la detenzione delle stesse integra la contravvenzione prevista dall'art. 697, in quanto le stesse costituiscono la naturale dotazione della pistola Beretta cal. 9 parabellum, classificabile come arma comune da sparo e, quindi, vanno classificate come munizioni per armi comuni da sparo (Cass. I, n. 11172/2014).  Nella stessa direzione si è affermato che la detenzione illegale da parte di un militare dell'Arma dei Carabinieri di un numero di munizioni calibro 9x10 parabellum superiore a quello di quindici unità, paria quello di cui è permessa la detenzione, integra il reato di cui all'art. 697 c.p. (Cass. VI, n. 21019/2021).

Nella categoria delle munizioni per armi comuni da sparo, per le quali sussiste l'obbligo di denuncia, la cui violazione è sanzionata dall'art. 697, non rientrano i semplici proiettili costituiti da corpi inerti in piombo, gomma o plastica o altro materiale, quando siano privi di carica esplodente propulsiva; a ciò consegue che la detenzione del semplice proiettile non è assoggettata ad obbligo di denuncia ai sensi dell'art. 38 r.d. n. 773/1931, trattandosi di oggetto in se privo di intrinseca pericolosità (Cass. I, n. 5955/2000). In tale direzione recentemente ed in modo più tecnico si è affermato che la detenzione di bossoli di cartucce per armi comuni da sparo non costituisce reato ai sensi dell'art. 697 c.p., riferendosi questo alle sole munizioni e non a parti di esse, né ai sensi dell'art. 2 l. 2 ottobre 1967 n. 895, il quale si riferisce alle sole munizioni da guerra, quali definite dall'art. 1 comma 3 l. 18 aprile 1975 n. 110 (Cass. I, n. 29668/2014).

L'obbligo di denunciare l'arma scaturisce dal fatto della detenzione della stessa e prescinde dal diritto di proprietà o comproprietà su di essa, cosicché al proprietario di un arma che non la detenga non incombe alcun obbligo di denuncia (Cass. I, n. 248/1987); analogamente il solo acquisto di un'arma, cui non segua la materiale disponibilità della stessa, non vale ad integrare il reato di detenzione abusiva.

Circa i requisiti minimi che deve possedere l'arma per essere soggetta a denuncia, si ritiene che valgono quei criteri enucleati dalla giurisprudenza in relazione alla detenzione di armi comuni da sparo. E così segnatamente deve trattarsi di un'arma idonea all'impiego, nel senso che l'inservibilità della stessa può escludere il reato, se sia tale da fare perdere all'arma stessa le sue caratteristiche e la sua comune qualifica di arma (Cass. VI, n. 3517/1976). Il reato, invece, non viene meno ove si tratti che sia solo momentaneamente inefficiente o che possa essere agevolmente ripristinata nella sua funzione originaria.

La Cassazione ha definito il concetto giuridico di detenzione di armi come una generica disponibilità dell'arma che prescinde da qualsiasi considerazione temporale e dalla possibilità di un utilizzo immediato (Cass. III, n. 46622/2011). Più specificamente la detenzione di un'arma non implica necessariamente un rapporto materiale continuo e diretto fra il detentore e la cosa oggetto di detenzione, si che questa deve escludersi qualora tale rapporto manchi; al contrario si è ritenuto che sussiste la detenzione anche quando il detentore sia temporaneamente privo della cosa, ma possa tuttavia di questa disporre, ove lo voglia, essendo, in concreto, titolare di un ampio ed insindacabile potere di disposizione sulla cosa stessa (Cass. I, n. 8667/1980). Nel caso di specie si era ritenuto sussistente il reato di cui all'art. 697 c.p. nel caso di detenzione di armi in un'abitazione non stabilmente occupata dall'imputato, ma pur sempre a lui appartenente. Si è anche affermato che non è necessario che l'agente abbia sempre con sé o presso di sé l'arma abusivamente detenuta, in quanto è sufficiente, ai fini dell'integrazione del reato, che la custodisca e la possegga in un luogo dal quale possa prelevarla sia direttamente che indirettamente secondo le libere determinazioni della propria volontà (Cass. I, n. 5154/1981; Cass. III, n. 46622/2011). Ogni detenzione di armi, a qualsiasi titolo, anche se temporanea, purché di durata apprezzabile, comporta l'obbligo della denuncia, anche se la detenzione deriva da affidamento, cessione, o da qualsivoglia altro motivo (Cass. I, n. 3490/1986). Solo un momentaneo e transitorio rapporto con l'arma, come nel caso di chi, trovata un'arma, la raccolta e la trasporti subito ad un ufficio di P.S., vale ad escludere il reato di cui all'art. 697 (Cass. I, n. 10981/1985). Si è poi affermato che in caso di coodetenzione di un'arma, che si ha quando la disponibilità autonoma e quindi la possibilità dell'uso dell'arma sia riferibile a due o più soggetti, l'obbligo di farne denuncia, penalmente sanzionato dall'art. 697 c.p., sussiste a carico di ciascuno dei codetentori (Cass. I, n. 11183/1984). Pertanto, in caso di omissione della presentazione della denuncia da parte di uno dei detentori, il reato sussiste anche se l'arma sia stata denunciata da un altro dei detentori (Cass.  I, n. 11666/1987). Certo una mera coabitazione con l'illegittimo detentore di un'arma non potrà fare presumere una codetenzione dell'arma medesima (Cass. II, n. 7101/1988).

La giurisprudenza ha, costantemente, affermato che l'imposizione dell'obbligo di denunciare le armi detenute nella propria abitazione è finalizzata a rendere possibile quel controllo che l'autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di eseguire a norma dell'art. 38 r.d. n. 773/1931. A ciò consegue che detta denuncia deve essere necessariamente ripetuta ogni qualvolta il detentore si trasferisce in una diversa abitazione ivi trasportando le sue armi (Cass. I, n. 4483/1995), a nulla rilevando se il trasferimento sia avvenuto nell'ambito della stessa circoscrizione di pubblica sicurezza (Cass. I, n. 7855/2015). Perché insorga l'obbligo della nuova denuncia deve trattarsi di un effettivo trasferimento della detenzione dell'arma da una località ad un'altra, non essendo invece necessaria nel caso di porto autorizzato, in relazione al quale ben può prospettarsi la necessita di una temporanea detenzione dell'arma in un luogo diverso (Cass. I, n. 8234/1982). L'omessa ripetizione della denuncia da parte di chi trasferisca da un luogo ad un altro l'arma già denunciata all'autorità di p.s. di una diversa circoscrizione territoriale integra il reato di cui all'art. 58 r.d. n. 635/1940, contenente una norma speciale rispetto a quella di cui all'art. 38 r.d. n. 773/1931, che disciplina l'omessa iniziale denuncia dell'arma (Cass. S.U. , n. 6176/1984).

Si è ancora precisato che l'omessa denuncia della detenzione di cartucce costituenti, per calibro e numero, il possibile munizionamento di un'arma comune da sparo clandestina integra l'autonomo reato di cui all'art. 697 c.p., in quanto la clandestinità dell'arma, in assoluto non detenibile, impedisce di ritenere penalmente irrilevante la mancata denuncia delle relative munizioni (Cass. II, n. 7856/2024).

La fattispecie prevista dall'art. 697 comma 2 c.p

In via preliminare deve osservarsi che la limitazione dell'ambito di operatività dell'art. 697 riguarda solo l'ipotesi contemplata nel comma 1 della suddetta norma, in quanto la fattispecie di omessa denuncia di armi, di cui all'art. 697 comma 2, deve ritenersi applicabile a tutti i tipi di armi, comprese quelle da guerra e quelle comuni da sparo (Cass. I, n. 6152/1982).

L'elemento materiale del reato, in questa seconda ipotesi, consiste nel fatto di chi, avendo notizia che in un luogo da lui abitato si trovano armi, omette di farne denuncia all'autorità; è necessario, quindi, che il soggetto non detenga le armi, ma che queste siano state da altri collocate in un luogo da lui abitato e di ciò sia il soggetto sia venuto a conoscenza (Cass. I, n. 6152/1982).

L'obbligo di denunciare la presenza di munizioni, ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 697 comma 2, incombe anche su chi dimori temporaneamente nel luogo in cui si ha notizia della presenza delle stesse (Cass. I, n. 38435/2008).

La Cassazione ha ritenuto che la mera tolleranza dell'altrui detenzione di un'arma comune da sparo, anche se nell'ambito di un rapporto di coabitazione con l'illegittimo detentore, integra la contravvenzione di omessa denuncia di cui all'art. 697 comma 2 e non il reato di detenzione abusiva, poiché la nozione di detenzione implica un minimo apprezzabile di autonoma disponibilità del bene (Cass. I, n. 16992/2014).

Elemento soggettivo

Per la sussistenza del reato non è richiesto il dolo, essendo sufficiente anche la colpa.

Si discute in dottrina e giurisprudenza se, in ipotesi di detenzione colposa di arma comune da sparo sia configurabile la contravvenzione prevista dall'art. 697, dato che il delitto di detenzione è solamente doloso. La Cassazione, dopo affermazioni di segno contrario (Cass. I n. 10130/1981), ha ritenuto che, anche in seguito all'entrata in vigore della l. n. 497/1974, è tuttora applicabile la contravvenzione di cui all'art. 697 alle armi comuni da sparo, quando il fatto è colposo; al riguardo si è affermato che in tale ipotesi non opera il principio di specialità stabilito dall'art. 15 c.p., non esistendo fra le due norme un completo rapporto di continenza, poiché la norma speciale dell'art. 14 l. n. 497/1974 non comprende l'ipotesi meno grave della detenzione colposa, punita, invece, dall'art. 697 (Cass. I, n. 6064/1983). Si è affermato poi che l'errore di fatto sull'inefficienza dell'arma ha efficacia scriminante, ai sensi dell'art. 47 c.p., solo quando attiene alla completezza ed interessa l'arma stessa in ogni sua parte essenziale, non quando riguarda un difetto di funzionamento (Cass. I, n. 16221/2020).

Circostanze

L'attenuante di cui all'art. 5 l. n. 895/1967 si riferisce ai delitti di fabbricazione senza licenza, di detenzione illegale, di trasgressione all'ordine di consegna e di porto illegale di armi da guerra nonché ai delitti in materia di armi comuni da sparo e, in quanto circostanza speciale, non è applicabile a reati diversi anche se concernenti la stessa materia (Cass. I, n. 647/1983).

Rapporto con altri reati

La Cassazione ha affermato che, in materia di armi da punta e da taglio, per quanto riguarda in particolare i coltelli, va operata una distinzione fra quelli muniti di lama non fissa, semplicemente azionabili a mano e privi di congegni meccanici che permettano l'irrigidimento della lama aperta sino a contrario comando manuale, e quelli, invece, che dispongono di congegni di quest'ultimo tipo, in grado di consentirne la fruibilità quali pugnali, stiletti e simili; nella prima categoria rientrano gli arnesi da punta e da taglio, il cui porto senza giustificato motivo è punito ai sensi dell'art. 4 l. 18 aprile 1975 n. 110; nella seconda le armi proprie non da sparo, il cui possesso è sanzionato dagli artt. 697 e 699 c.p. a seconda che si tratti di detenzione illegale o di porto abusivo (Cass. I, n. 5213/1996).

Nell'ipotesi in cui siano detenute, contestualmente ad un'arma comune da sparo, anche munizioni del medesimo calibro ed in numero non eccedente la capacita del caricatore della stessa, si è ritenuto configurarsi l'unica fattispecie criminosa della detenzione di arma comune da sparo (Cass. I, n. 6139/2013). Viceversa integra il reato previsto dall'art. 697 c.p. l'omissione della denuncia delle cartucce detenute in numero eccedente il normale munizionamento di un'arma già regolarmente denunciata, ossia il limite della capienza del relativo caricatore (Cass. I, n. 24506/2010).

È invece ipotizzabile il concorso tra il delitto di porto o di detenzione di armi comuni da sparo e la contravvenzione di detenzione abusiva di munizioni quando le stesse, per il calibro o per la specie, non siano utilizzabili per l'arma comune da sparo illegalmente portata o detenuta (Cass. II, n. 2229/1984).

Casistica

Detenzione abusiva di coltello a scatto

La Corte di Cassazione ha precisato che il coltello a scatto, detto anche molletta, costituisce arma propria che deve essere denunciata all'autorità di pubblica sicurezza e che l'omissione della denuncia integra gli estremi del reato di cui all'art. 696 (Cass. II, n. 9691/1981).

Detenzione di pistola scacciacani

Non è inquadrabile nell'ambito delle previsioni di cui all'art. 697 la detenzione di una pistola scacciacani giacché o tale oggetto è da considerare arma in senso tecnico giuridico, ai sensi, in particolare, dell'art. 2 comma 3 l. 18 aprile 1975 n. 110, e allora il fatto rientra nella previsione della l. 895/1967 e successive modificazioni, ovvero non è da considerare arma nel senso anzidetto, trattandosi di strumento destinato a produrre soltanto effetti sonori, sparando a salve, e allora, esclusa l'applicabilità della citata legge, non può trovare applicazione neppure l'art. 697, riguardando questo soltanto la detenzione delle armi proprie non da sparo e delle munizioni per armi comuni da sparo (Cass. I, n. 1279/1994).

Detenzione di arma artigianale

La detenzione di un'arma costruita artigianalmente non è punibile ai sensi dell'art. 697, perché, se essa è idonea allo sparo, rientra nell'ambito di applicabilità della l. n. 895/1967; in caso contrario, il suo possesso è libero e non richiede neppure la denuncia all'autorità di pubblica sicurezza (Cass. I, n. 29956/2013).

Detenzione di cartucce di fucile

In tema di detenzione di munizioni per armi comuni da sparo, configura la contravvenzione di cui all'art. 697 l'omessa denuncia anche di una sola cartuccia a palla unica (Cass. I, n. 50233/2015).

Detenzione di armi antiche

In tema di armi antiche, non è qualificabile come arma comune da sparo, ai sensi dell'art. 2 l. n. 110/1975, quella ad avancarica o comunque fabbricata anteriormente al 1890, atteso il disposto di cui all'art. 10, settimo comma, della medesima legge, sicché la sua detenzione, senza farne denuncia all'autorità ai sensi degli artt. 38 e 39 T.U.L.P.S., integra la contravvenzione prevista dall'art. 697 e non la fattispecie delittuosa (Cass. I, n. 39787/2015). Nel caso di specie la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per il delitto di cui all'art. 2 l. n. 110/1975 in relazione alla detenzione di fucili ad avancarica.

Detenzione di baionetta

L'omessa denuncia della detenzione della baionetta, costituendo, questa, un'arma in senso proprio e non una parte di arma, integra la contravvenzione di detenzione abusiva di armi (Cass. I, n. 21303/2016).

Detenzione di cartucce cal. 9x19 “ parabellum ”

Le cartucce cal. 9 x 19 "parabellum" devono essere considerate munizioni di arma comune da sparo, la cui detenzione integra la contravvenzione prevista dall'art. 697 (Cass. V, n. 18509/2017).

Omessa denuncia di cartucce costituenti la normale dotazione del caricatore di un’arma regolarmente denunciata

L'omessa denuncia della detenzione delle cartucce costituenti la normale dotazione del caricatore di un'arma regolarmente denunciata non integra gli estremi del reato di cui all'art. 697,  poiché la detenzione dell'arma deve intendersi comprensiva anche del suo caricatore (Cass. I, n. 17498/2016).

Profili processuali

 

Il reato è procedibile d'ufficio.

Trattamento sanzionatorio

L'ipotesi prevista dall'art. 697 comma 1 è punita con la sanzione dell'arresto fino a dodici mesi o dell'ammenda fino ad euro 258,00.

L'ipotesi prevista dall'art. 697 comma 2 è punita con la sanzione dell'arresto fino a due mesi o dell'ammenda fino ad euro 258,00.

Per tutti i reati concernenti le armi si applica la confisca prevista dall'art. 6 l. 22 maggio 1975 n. 152 anche in caso di declaratoria di estinzione del reato (Cass. I, n. 1806/2012).  

Bibliografia

Antolisei, Manuale di diritto penale parte speciale I, Milano, 1999; Chiarotti, Detenzione abusiva di armi, in Enc. dir. XII, Milano 1964; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1981; Mosca, Armi e munizioni, in Enc. giur. Treccani, 1989; Vigna-Bellagamba, Armi, munizioni, esplosivi. Disciplina penale e amministrativa, Milano, 1991.

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