Codice Penale art. 707 - Possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli.Possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli. [I]. Chiunque, essendo stato condannato [648 c.p.p.] per delitti determinati da motivi di lucro, o per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio [705-713] [, o per mendicità, o essendo ammonito o sottoposto a una misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta] (1), è colto in possesso di chiavi alterate o contraffatte, ovvero di chiavi genuine o di strumenti atti ad aprire o a sforzare serrature, dei quali non giustifichi l'attuale destinazione, è punito con l'arresto da sei mesi a due anni [713]. (1) La Corte cost., con sentenza 2 febbraio 1971, n. 14, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo «limitatamente alla parte in cui fa richiamo alle condizioni personali di condannato per mendicità, di ammonito, di sottoposto a misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta». InquadramentoLa contravvenzione prevista dall'art. 707 c.p. persegue la finalità di prevenire i delitti contro il patrimonio. In tale direzione la Cassazione ha affermato che l'art. 707, nel punire chiunque, essendo stato condannato per motivi di lucro o per contravvenzione concernente la prevenzione dei delitti contro il patrimonio, è colto in possesso di chiavi false o di strumenti atti ad aprire o sforzare serrature, costituisce un tipo reato di pericolo; difatti, secondo la Suprema Corte, la norma ha lo scopo di impedire che il reo, essendo in possesso di strumenti idonei ad aprire serrature, possa servirsi degli strumenti stessi per commettere reati determinati da motivi di lucro; ciò si desume dai motivi della lettera della legge e dalla collocazione della norma tra gli artt. 705 e 713 c.p. che hanno per oggetto le contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio (Cass. V, n. 7601/1975). Al riguardo si è affermato che l'art. 707 rappresenta un caso eccezionale di reato contravvenzionale, avente una precipua funzione finalistica di prevenzione, nel quale sono puniti semplici atti preparatori che, altrimenti, costituendo meri antefatti, non sarebbero autonomamente punibili (Cass. VI, n. 927/1969). Soggetto attivoTrattasi di un reato proprio che può essere commesso esclusivamente da chi si trovi nelle condizioni previste nella norma incriminatrice; certo potranno concorrere nel reato anche coloro che non versino nelle condizioni soggettive previste nell'art. 707 c.p., sempreché il concorrente conosca le qualità soggettive dell'agente o abbia la possibilità di conoscerle, laddove la mancata conoscenza sia dovuta a colpa (Cass. VI, n. 95/1970). I delitti determinati da motivi di lucro sono quelli per i quali l'agente si ripromette un qualsiasi vantaggio patrimoniale, essendo al riguardo irrilevante l'oggettività giuridica del reato o la sua classificazione legale. Invece le contravvenzioni concernenti la prevenzione dei delitti contro il patrimonio sono quelle previste dagli artt. 705 a 712 c.p. nonché tutte quelle altre, anche se previste in leggi speciali, che perseguano la medesima finalità preventiva (Manzini, X, 868). È sufficiente anche la condanna per un solo reato, ma deve trattarsi di condanna irrevocabile, essendo, altresì, irrilevante che la pena sia stata sospesa e che i reati si siano estinti per il disposto dell'art. 167, in quanto tale estinzione produce solo l'effetto della non esecuzione delle pene principali ed accessorie sicché, nonostante il suo verificarsi, continuano ad incidere gli altri effetti penali della condanna (Cass. IV., n. 1314/1995). Sussiste la condizione soggettiva di persona condannata per delitti determinati da motivi di lucro - ricorrendo la quale è configurabile il reato di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli - anche quando l'autore sia stato destinatario solo di una sentenza di "patteggiamento" poiché questa contiene l'accertamento e l'affermazione impliciti della responsabilità dell'imputato (Cass. II, n. 44190/2018). La qualifica soggettiva di condannato per delitti determinati da motivi di lucro o per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio, quale presupposto per la sussistenza del reato, non potrà essere ritenuta sussistente nell’ipotesi del soggetto nei cui confronti sia stata dichiarata l’estinzione del reato, ai sensi dell’art. 445 comma 2 c.p.p., posto che, con l’estinzione del reato e di ogni effetto penale, la condizione di pericolosità è venuta meno in forza di un’espressa previsione normativa (Cass. II, n. 19544/2024). Elemento materialeLa Cassazione ha precisato che l'elemento materiale del reato, che ha natura commissiva, in quanto costituito dal fatto positivo della detenzione di determinati oggetti, è caratterizzato dalla condizione soggettiva dell'agente, la quale si inserisce nella fattispecie legale descritta non come condizione di punibilità o elemento costitutivo del reato, sibbene come un presupposto dello stesso (Cass. VI, n. 927/1969; Cass. II, n. 281/1986). Per l'integrazione del reato il soggetto qualificato deve essere colto in possesso di chiavi alterate o contraffatte, ovvero di chiavi genuine o di strumenti atti ad aprire o sforzare serrature. Al riguardo la dottrina ha qualificato come chiavi contraffate quelle false confezionate ad imitazione di quelle vere; come chiavi alterate le chiavi vere che abbiano subito una qualche modificazione della loro funzione originaria; come chiavi genuine le chiavi che sono vere (Vigna-Bellagamba, 124). La giurisprudenza ha chiarito che deve intendersi per serratura, conformemente alla finalità di cui all'art. 707, che è quella di prevenire i delitti contro il patrimonio, qualsiasi congegno atto a chiudere, a salvaguardare cioè, mediante il meccanismo di cui è formato, il bene che con esso si intende tutelare (Cass. II, n. 2362/1986); in questa direzione si è ritenuto che rientra nella prescrizione dell'art. 707quale strumento atto ad aprire o a sforzare serrature, ogni mezzo che, come una spranga acuminata, possa servire a distruggere o a demolire, e non solo ad aprire, i congegni sopra indicati, così vanificandone la funzione. Così sono stati considerati tra i congegni muniti di serrature anche i deflettori degli autoveicoli, che, pur non essendo chiusi con chiavi, sono costruiti in modo da potere essere bloccati dall'interno e da impedire ogni abusiva apertura dall'esterno (Cass. II, n. 10093/1986). È stata, quindi, adottata, dalla giurisprudenza un'interpretazione ampia dell'espressione “strumenti atti ad aprire o a sforzare serrature”, nel senso che deve trattarsi di strumenti che hanno un'attitudine all'effrazione e tra questi non può essere annoverata una torcia elettrica, che è invece destinata all'illuminazione (Cass. II, n. 1335/2007). Si è, invece, ritenuto che rientra nella prescrizione della norma in esame, quale strumento atto ad aprire o a forzare serrature, ogni mezzo che possa servire a distruggere o a demolire, e non solo ad aprire, i congegni indicati, così vanificandone la funzione; non si tratta solo di quegli strumenti atti a scardinare serrature esterne, ma anche casseforti o forzieri che possono trovarsi all'interno di un'abitazione e che vengono attivati attraverso un allaccio abusivo alla rete elettrica presente nell'abitazione stessa (Cass. II, n. 29344/2022). Si ritiene che l'art. 707 configura una fattispecie di reato commissivo nel quale la condotta consiste nel fatto positivo di possedere determinati oggetti (Manzini, X, 877). Per l'integrazione del reato non è richiesto che le cose o gli oggetti indicati nell'art. 707 siano di proprietà dell'agente, essendo sufficiente che essi siano in suo possesso, inteso come qualsiasi detenzione che conferisca all'agente la semplice disponibilità materiale delle cose o degli oggetti (Cass. V, n. 8315/1984). Si è ancora detto che l'espressione “colto in possesso”, usata dall'art 707, sta a significare soltanto un rapporto di attualità e di immediatezza tra il soggetto e la cosa essa non postula, invero, una situazione di rigorosa flagranza, ma soltanto una situazione di disponibilità dalla quale derivi la possibilità di un sollecito uso della cosa da parte del soggetto che la legge considera pericoloso per la sua condotta precedente rispetto alla sicurezza dell'altrui patrimonio. Si è ritenuto, quindi, sussistere l'elemento materiale del reato di cui all'art 707 quando le cose vengano rinvenute non sulla persona del soggetto, ma nella sua abitazione, nel corso di una perquisizione autorizzata dall'autorità giudiziaria e svoltasi in sua presenza (Cass. VI, n. 659/1970). In dottrina, al riguardo, si parla della sorpresa in flagranza come una condizione obiettiva di punibilità del fatto (Antolisei, I, 437; Manzini, X, 873); essa deve avvenire ad opera di ufficiali o agenti della polizia giudiziaria o della forza pubblica, trattandosi di una funzione di polizia, il cui esercizio non è consentito ad estranei. Si è, però, al riguardo, precisato che non è necessaria una situazione di rigorosa flagranza, essendo sufficiente, ai fini dell'integrazione dell'elemento materiale del reato, una situazione di disponibilità dalla quale derivi la possibilità di un sollecito uso degli oggetti indicati dall'art. 707 da parte del soggetto che la legge considera, per la sua condotta precedente, pericoloso per la sicurezza del patrimonio altrui (Cass. II, n. 8217/1983). In tal senso è stata riconosciuta l'attualità del possesso, rilevante ai fini dell'integrazione della contravvenzione prevista dall'art. 703, nel caso di rinvenimento di strumenti atti allo scasso contenuti in un borsello abbandonato dal soggetto agente all'atto della sorpresa da parte della polizia. Viceversa il reato è stato escluso, per assoluta deficienza di pericolo, nel caso di un soggetto che venga sorpreso nel momento in cui sta sbarazzandosi in modo inequivocabile di strumenti atti allo scasso, essendo evidente che l'agente non intende più usarli per scopi delittuosi (Cass. V, n. 7601/1975). Più di recente si è affermato che l'elemento materiale della contravvenzione di cui all'art. 707, rappresentato dal fatto che l'agente sia colto in possesso di chiavi alterate o di grimaldelli, non va inteso nel significato restrittivo che l'agente venga colto «in flagranza» di possesso, bensì nel senso che egli abbia la disponibilità degli strumenti, e, con essa, la possibilità di un utilizzo immediato e attuale (Cass. II, n. 32521/2011). Ed ancora più specificamente si è affermato che il profilo oggettivo caratterizzante il reato è costituito dall'attualità del possesso degli strumenti atti allo scasso, che non presuppone, però, un rapporto di contiguità fisica costante con gli stessi, con la conseguenza che ricorre l'elemento materiale della contravvenzione anche quando gli oggetti vengano rinvenuti non sulla persona del soggetto, ma nella sua abitazione o in un luogo ove egli possa accedere e riporre le proprie cose, in modo da poterne disporre e fare uso in ogni momento (Cass. II, n. 28079/2015); nel caso si specie, appunto, si è ritenuto sussistente il reato di cui all'art. 707 per il possesso ingiustificato di un piede di porco e di due scalpelli in ferro rinvenuti a seguito di perquisizione presso l'abitazione dell'imputato. Analogamente è stato ritenuto sussistente l'elemento materiale del reato nell'ipotesi in cui gli strumenti atti allo scasso erano stati rinvenuti non sulla persona del soggetto, ma nel veicolo sul quale si trovava la persona stessa (Cass. II, n. 7791/1977). La Cassazione ha avuto modo di chiarire che in tema di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli, il profilo oggettivo caratterizzante il reato è costituito dall'attualità del possesso degli strumenti atti allo scasso, che non presuppone, però, un rapporto di contiguità fisica costante con gli stessi, con la conseguenza che ricorre l'elemento materiale della contravvenzione anche quando gli oggetti vengano rinvenuti non sulla persona del soggetto, ma nella sua abitazione o in un luogo ove egli possa accedere e riporre le proprie cose, in modo da poterne disporre e fare uso in ogni momento (Cass. II, n. 28079/2015). Nel caso di specie l'imputato era stato condannato per il possesso ingiustificato di un "piede di porco" e di due scalpelli in ferro, rinvenuti a seguito di perquisizione presso la sua abitazione. Alla persona trovata in possesso di chiavi o strumenti atti allo scasso incombe l'onere di fornire una giustificazione in ordine alla destinazione legittima degli oggetti stessi; cioè in sostanza si tratta di dimostrare, non che gli oggetti siano detenuti legittimamente dall'agente, ma che gli stessi siano effettivamente ed attualmente destinati ad uno scopo lecito; l'agente, quindi, deve essere in grado di dimostrare che aveva necessità o altro giusto motivo di portare le cose per servirsene o per essersene servito poco prima per un uso legittimo (Manzini, X, 876). Al riguardo la giurisprudenza ha precisato che la disposizione di cui all'art. 707 (possesso ingiustificato di chiavi false o grimaldelli) pone a carico del detentore — per le sue qualità personali — l'onere di dare la prova che gli oggetti rinvenuti in suo possesso destinati ad un uso legittimo, ma non fissa alcun limite temporale entro il quale tale giustificazione deve essere fornita né tantomeno richiede che ciò possa legittimamente avvenire solo al momento della sorpresa in flagranza, come se fosse preclusa qualsiasi possibilità di successiva utile deduzione difensiva; è sempre compito del giudice di merito, infatti, valutare se la prova della legittimità della detenzione degli oggetti predetti, comunque fornita, sia stata o meno raggiunta e, specialmente nelle ipotesi di tardiva discolpa, motivare adeguatamente le ragioni del suo convincimento (Cass. II, n. 6929/1996). Deve, a questo riguardo, ricordarsi che la Corte Costituzionale, nella stessa decisione con la quale ebbe a dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 707 limitatamente alla parte in cui fa richiamo alle condizioni personali di condannato per mendicità, di ammonito, di sottoposto a misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta, ha escluso che gli artt. 707 e 708 c.p., nel richiedere al prevenuto la giustificazione dell'attuale destinazione di chiavi alterate o di grimaldelli e, rispettivamente, della provenienza del denaro o degli oggetti non confacenti al suo stato, esigano anche la prova della legittimità della destinazione e della provenienza, limitandosi invece a pretenderne una attendibile e circostanziata spiegazione, da valutarsi in concreto nelle singole fattispecie, secondo i principi della libertà delle prove e del libero convincimento (Corte cost. n. 14/1971). È certo però che il giudice di merito per esimere il soggetto possessore di oggetti atti allo scasso o di denaro e altri valori non confacenti al suo stato, dalle relative sanzioni previste rispettivamente dagli artt. 707 e 708, non può limitarsi ad esprimere le ipotesi che gli arnesi fossero utilizzati a fini leciti e che i valori provenissero da attività lecita, ma deve fornire validi elementi di concreta valutazione delle circostanze atte ad avvalorare le ipotesi stesse (Cass. II, n. 3417/1986). La Cassazione ha ribadito che in tema di possesso ingiustificato di arnesi atti allo scasso, previsto dall'art. 707, è sufficiente ai fini della configurabilità del reato il suddetto possesso o la loro immediata disponibilità, incombendo all'imputato l'obbligo di dare una seria giustificazione della destinazione attuale e lecita degli strumenti rinvenuti presso di lui (Cass. II, n. 52523/2016). Si è posto il problema di stabilire se la giustificazione della destinazione attuale e lecita degli strumenti rinvenuti in possesso dell'imputato possa essere resa solo immediatamente, cioè al momento della sorpresa in flagranza da parte dei verbalizzanti, o possa essere fornita anche in un momento successivo; la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha, al riguardo, ritenuto che non sussista alcun limite temporale entro il quale la suddetta giustificazione debba essere fornita; in tal senso è compito del giudice di merito stabilire se la prova della legittima detenzione degli oggetti sia stata o meno raggiunta e ciò in particolare nelle ipotesi di tardiva discolpa, dovendo il giudice motivare adeguatamente le ragioni del suo convincimento (Cass. II, n. 4436/2021); ed in proposito la Cassazione ha recentemente precisato che una giustificazione tardiva, pur sempre possibile e legittima, deve essere resa nel momento in cui ne sia ancora possibile la verifica, nel senso della possibilità di verificare che l'arnese da scasso fosse effettivamente destinato ad un uso legittimo (Cass. II, n. 3742/2024). Elemento soggettivoPer la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato è sufficiente la semplice volontarietà del fatto, costituito dal possesso delle chiavi o degli attrezzi atti allo scasso, sia che sia stata determinata da dolo che da colpa. La giurisprudenza ha escluso la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 707 nell'ipotesi in cui il concorrente nel reato, senza colpa, non sia venuto a conoscenza delle condizioni soggettive dell'agente (Cass. VI, n. 96/1970). ConsumazioneLa giurisprudenza ha precisato che il reato di possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli si consuma nel momento in cui il reo viene sorpreso in possesso di detti oggetti (Cass. II, n. 10374/1982). Concorso di personeLa giurisprudenza ha costantemente affermato che nel reato di possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli, la particolare qualificazione del soggetto attivo per precedenti condanne per reati commessi per motivi di lucro, o per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio, non impedisce di ravvisare la responsabilità a titolo concorsuale di soggetti che non si trovino in tali condizioni personali o che non siano colti in possesso di oggetti atti allo scasso, purché abbiano consapevolezza della particolare qualità di condannato del concorrente e del fatto che questi detiene gli indicati oggetti, di cui possono servirsi direttamente o indirettamente, aiutando l'altro a farne uso (Cass. II, n. 47686/2018). Già in passato si era ritenuto che, nonostante l'art. 707 contempli un reato a soggetto attivo qualificato, non per questo e da escludersi la possibilità del concorso ad opera di chi non versi nelle condizioni soggettive e oggettive richieste dalla norma predetta. Di conseguenza concorre nel reato chi, pur immune da precedenti penali, si accompagna a persona che sa essere già stata condannata per uno dei reati previsti dall'art. 707 c.p. ed e consapevole degli oggetti o strumenti da essa detenuti per la possibilità che ha di servirsi di detti strumenti o (per precedenti intese) di aiutare il compagno a servirsene (Cass. I, n. 6429/1976). Rapporto con altri reatiLa giurisprudenza ha chiarito che il possesso ingiustificato di un coltellino a serramanico, se può rilevare sotto il profilo della contravvenzione ex art. 4 della l. n. 110/1975, non può, invece, essere fatto rientrare nella condotta sanzionata dall'art. 707 c.p., non essendo tale oggetto né una chiave alterata, né uno strumento atto ad aprire o a forzare serrature (Cass. II, n. 26289/2010). Si è, costantemente, affermato che l'assorbimento del reato di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli nel reato di furto si verifica qualora il possesso ingiustificato degli strumenti indicati dall'art. 707 risulti strettamente collegato all'uso degli stessi fatto dall'agente per la commissione del furto, e quindi per le sole ipotesi di impiego effettivo delle attrezzature da scasso nell'azione delittuosa e di detenzione attuatasi esclusivamente con l'uso necessario all'effrazione; a ciò consegue che tale nesso deve essere escluso qualora gli arnesi atti all'effrazione, trovati in possesso del soggetto attivo, siano tali da assumere autonoma rilevanza giuridica (Cass. II, n. 5731/2019). Viceversa la contravvenzione di cui all'art. 707 può ritenersi assorbita dall'aggravante della violenza sulle cose, prevista per il furto dall'art. 625 comma 2 qualora ricorra un nesso di strumentalità tra il possesso degli arnesi atti allo scasso e il loro uso, ma non dalla circostanza dell'esposizione alla pubblica fede ex art. 625 n. 7 , venendo ad incidere su un interesse del tutto diverso da quello tutelato da quest'ultima aggravante (Cass. IV, n. 2479/1995). CasisticaAttitudine all'effrazione. Martelletto frangivetro In tema di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli, vanno esclusi dalla nozione di «strumenti atti ad aprire o a forzare serrature», il martelletto frangivetro e qualunque altro oggetto idoneo ad infrangere un vetro, non potendo il concetto di «serratura» essere esteso fino ad includere i vetri che ostino all'ingresso in qualsiasi spazio separandolo dall'esterno (Cass. II, n. 18393/2014). In tema di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli, il martelletto frangivetro costituisce strumento atto ad aprire o a forzare serrature, essendo dotato di una punta in acciaio che presenta l'attitudine all'effrazione di chiusure in vetro di accessi, anche se questi non rientrano nelle serrature in senso proprio (Cass. II, n. 17428/2015). Qualità di condannato del reo. Valutazione anche ai fini della recidiva Si è ritenuto che la qualità di condannato può essere valutata contemporaneamente ai fini dell'affermazione di responsabilità per il reato di cui all'art. 707 e ai fini dell'applicazione della recidiva giacché la qualità anzidetta non è una condizione di punibilità né una circostanza aggravante né un elemento costitutivo, sibbene un mero presupposto della contravvenzione contemplata nell'art 707. Profili processualiIl reato è procedibile d'ufficio. BibliografiaAntolisei, Manuale di diritto penale parte speciale I, Milano, 1999; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1981; Vigna-Bellagamba, Le contravvenzioni nel codice penale, Milano, 1974. |