Codice Penale art. 718 - Esercizio di giuochi d'azzardo.Esercizio di giuochi d'azzardo. [I]. Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, o in circoli privati di qualunque specie, tiene un giuoco d'azzardo [721] o lo agevola è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda non inferiore a 206 euro [719, 722]. [II]. Se il colpevole è un contravventore abituale [104] o professionale [105], alla libertà vigilata [228] può essere aggiunta la cauzione di buona condotta [237] (1). (1) Per particolari fattispecie, v. art. 4 l. 13 dicembre 1989, n. 401. V. anche art. 110 t.u.l.p.s. Si tenga inoltre presente che, ai sensi dell'art. 5 3 d.l. 30 dicembre 1997, n. 457, conv., con modif., in l. 27 febbraio 1998, n. 30, le disposizioni di cui agli articoli da 718 a 722, nonché quelle di cui all'art. 110 t.u.l.p.s., «non si applicano ai fatti commessi a bordo delle navi passeggeri iscritte nel Registro internazionale, durante il periodo di navigazione al di là del mare territoriale». InquadramentoLa dottrina ha ritenuto che l'interesse protetto dalle norme in tema di repressione del gioco d'azzardo debba essere individuato nella tutela dell'ordine pubblico, che potrebbe essere turbato da quei giochi che, accendendo gli animi, possono dar luogo ad incidenti e disordini, recando pregiudizio alla pubblica quiete (Pioletti, 71). Altra parte della dottrina ha, invece, affermato che il gioco d'azzardo sia un'attività penalmente sanzionata, in quanto contraria, oltre che all'ordine pubblico, anche al buon costume (Antolisei, I, 519). Al riguardo però si è precisato che i giochi d'azzardo, intanto sono vietati, in quanto si svolgono in determinati luoghi, in cui possono sorgere pericoli per l'ordine pubblico, mentre gli stessi, se organizzati dallo Stato o gestiti in luoghi o case autorizzate, sono legittimati dalla presenza di una precisa normativa atta ad evitare qualsiasi pericolo di turbativa dell'ordine pubblico (Pioletti, 70). Soggetto attivoSoggetto attivo del reato è colui che tiene o agevola un gioco d'azzardo. Elemento materialeL'elemento materiale del reato consiste nella condotta di tenere un gioco d'azzardo o di agevolarlo. La giurisprudenza ha, al riguardo, chiarito che tenere un gioco d'azzardo è un'espressione di significato molto ampio che comprende attività di istituzione, organizzazione, direzione, vigilanza, amministrazione del gioco, il provvedere cioè a quanto occorra perché il gioco sia posto a disposizione dei giocatori (Cass. III, n. 1983/1984). Al riguardo non è necessaria una relazione immediata con i giocatori, tenendo il “Banco”, in quanto basta l'organizzazione amministrativa e tecnica del gioco ed il “Banco” può essere tenuto anche dai giocatori medesimi (Cass. III, n. 9710/1974). Al riguardo si è ritenuto che tiene un gioco d'azzardo, ai sensi dell'art. 718, colui il quale installi in un pubblico locale una macchina «mangiasoldi», mettendola a disposizione dei clienti, indipendentemente dalla entità della posta che, anche se modesta, non esclude il fine di lucro (Cass. III, n. 688/1984). È appunto, sufficiente, ai fini dell'integrazione del reato l'installazione di un apparecchio automatico per l'uso da parte di eventuali partecipanti (Cass. III, n. 227/1986), ciò anche prescindendo dal fatto che in un particolare momento della giornata l'apparecchio non risulti utilizzato (Cass. III, n. 215/1986). Difatti si è ritenuto che la prova dell'uso non deve essere necessariamente desunta dalla sorpresa di una o più persone in flagranza di partecipazione al gioco stesso, potendo essere ricavata anche da altri elementi e in via congetturale, come dalla semplice tenuta, accompagnata dalla predisposizione dei mezzi necessari all'uso stesso da parte di un numero indeterminato di persone (Cass. III, n. 9001/1986). E con specifico riferimento alle macchinette videopoker, si è affermato che ai fini della tenuta del gioco d'azzardo con apparecchi elettronici videopoker, è sufficiente la loro installazione in locali aperti al pubblico o in circoli privati, a prescindere dall'accertamento della funzionalità dei medesimi e dalla sorpresa in flagranza di persone intente al gioco, essendo sufficiente che gli strumenti necessari siano predisposti e siano potenzialmente idonei (Cass. III, n. 2862/1996). Ed al riguardo, più recentemente, si è affermato che configura il reato di esercizio di giuoco d'azzardo l'installazione in un pubblico esercizio di un apparecchio automatico elettronico che, collegandosi in rete a sito internet dedicato, consenta di scegliere tra le diverse applicazioni possibili quella denominata «videopoker», caratterizzata dall'alea e dal fine di lucro, consistente nell'accumulo di crediti utilizzabili per ulteriori partite e trasferibili su «smart card» nel conto punti dell'avventore (Cass. III, n. 11877/2010); nel caso concreto si era trattato del sequestro preventivo di apparecchio del tipo «totem internet» denominato «NetShop». Recentemente pero si è affermato che integra la violazione amministrativa di cui all'art. 110, commi sesto lett. a) e nono lett. d), r.d. 18 giugno 1931, n. 773, e non il reato di gioco di azzardo previsto dall'art. 718 , l'installazione o l'utilizzo in luoghi pubblici o aperti al pubblico, in assenza del prescritto nulla osta, di apparecchi "totem" collegati a piattaforme telematiche che consentano l'esercizio di giochi nei quali ricorre il fine di lucro e l'aleatorietà della vincita (Cass. III, n. 30803/2017). La Cassazione ha precisato che il gioco d'azzardo, punito dall'art. 718, si configura allorché l'abilità del giocatore assume un ruolo minimo rispetto alla aleatorietà, dovuta alla fortuna ed al caso, e sussiste un fine di lucro, che può essere escluso solo allorquando la posta sia talmente tenue da avere un valore irrilevante (Cass. fer., n. 35529/2016). Nel caso di specie è stata considerata corretta la qualificazione della condotta dell'imputato ai sensi dell'art. 718 con riferimento all'istallazione e gestione in un pubblico esercizio di cinque slot-machines al cui interno erano istallati giochi di carattere aleatorio, desumendone la finalità di lucro dalla cospicua somma di denaro rinvenuta all'interno delle macchine. Ai fine della sussistenza del reato si prescinde dall'estremo dell'abitualità in quanto, come si evince chiaramente dal necessario collegamento fra gli artt. 718,719,720 e 721 e principalmente dal capoverso dell'art. 818, la qualità di contravventore abituale è considerata come circostanza che comporta l'aggiunta della cauzione di buona condotta alla misura di sicurezza della libertà vigilata (Cass. VI, n. 1465/1969). Passando alla condotta di agevolazione, si è detto che agevola chi rende possibile il gioco, lo rende possibile, lo facilita in qualsiasi modo, assistendo il tenitore o cooperando con esso, senza che occorra la sua presenza materiale (Pioletti, 79). Così agevola il gioco chi presta il locale, o somministra il denaro per l'esercizio, o fornisce gli attrezzi, o si adopera per prevenire soprese della polizia (Vigna-Bellagamba, 161). La giurisprudenza, in questa linea interpretativa, ha precisato che integra la contravvenzione di cui all'art. 718, nella ipotesi di agevolazione del giuoco d'azzardo, anche la condotta omissiva di chi, avendo l'Obbligo di impedire che si pratichi il giuoco d'azzardo, non eserciti la dovuta sorveglianza (Cass. III, n. 4375/1986). Le condotte fino descritte, di tenuta del gioco d'azzardo o di agevolazione dello stesso, devono essere tenute, ai fini dell'integrazione dell'elemento materiale del reato previsto dall'art. 7189, in un luogo pubblico, o aperto al pubblico, o in circoli privati di qualunque specie. Luogo pubblico è quello accessibile continuativamente a tutti o ad un numero indeterminato di persone; luogo aperto al pubblico è, invece, quello che, pur essendo per sua natura non pubblico, è accessibile al pubblico solo in certi momenti per una categoria di persone in possesso di determinati requisiti o adempiendo a speciali condizioni; i circoli privati di qualunque specie sono quei luoghi che costituiscono ritrovo di più persone e che sono disciplinati da norme interne di organizzazione, qualunque sia lo scopo per il quale siano stati istituiti (Vigna-Bellagamba, 147). Al riguardo la Cassazione ha affermato che ai fini della configurabilità del reato di cui agli artt. 718 e ss. nell'ampia nozione di circolo privato deve ritenersi compresa anche una casa di abitazione privata adibita, sia pure occasionalmente, all'esercizio del giuoco d'azzardo, a condizione che le persone ammesse nella casa stessa vi siano ricevute per la specifica causale del gioco (Cass. VI, n. 6213/1976). Si è ancora chiarito che ai fini dell'accertamento del reato di esercizio di giochi d'azzardo è necessaria la prova dell'effettiva esistenza di mezzi atti ad esercitarlo, dell'effettivo svolgimento di un gioco e, qualora si tratti di apparecchi automatici da gioco di natura aleatoria, dell'effettivo utilizzo dell'apparecchio per fini di lucro, non essendo sufficiente, in tale ultimo caso, accertare che lo stesso sia potenzialmente utilizzabile per l'esercizio del gioco d'azzardo (Cass. III, n. 25032/2016). Nel caso concreto la Cassazione ha ritenuto viziata la motivazione della sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 718 in relazione alla prova del fine di lucro, che era stato, invece, desunto dal ritardo con cui l'imputata aveva consentito l'ingresso della polizia all'interno del locale da lei gestito, dalla utilizzabilità delle postazioni che riproducevano il gioco del poker per effettuare delle scommesse collegate a vincite in denaro tramite un sito internet e dalla circostanza che durante l'istruttoria dibattimentale la difesa non avesse formulato domande sul tema. Elemento soggettivoPer l'integrazione del reato, da un punto di vista psicologico, è sufficiente la coscienza e volontà di tenere o agevolare il gioco d'azzardo, indipendentemente dal dolo o dalla colpa. Ed al riguardo l'erronea convinzione dell'imputato che si tratti di gioco lecito si risolve in un errore sul contenuto della legge penale, che, come tale, non scrimina (Cass. VI, n. 2545/1975). E nella stessa direzione, più specificamente, si è affermato che il ritenere lecita una condotta che la legge considera reato, anche se un provvedimento amministrativo abbia concorso a determinare tale opinione, non costituisce errore sul fatto, ma integra un'ipotesi di ignoranza della legge determinata da errore; a ciò consegue che ben e ritenuto responsabile della contravvenzione di cui all'art 718 chi abbia tenuto un giuoco d'azzardo pur dopo aver ottenuto la licenza del sindaco del luogo (Cass. IV, n. 376/1966). Ed ancora, sulla stessa linea, si ritiene che l'art. 61 della tariffa annessa al d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 641, sulla disciplina delle tasse sulle concessioni governative, non consente all'autorità amministrativa, in deroga al divieto di cui agli artt. 718 e seguenti del codice penale, di autorizzare l'esercizio del giuoco d'azzardo. Infatti, con la disposizione di legge, meramente fiscale, del citato art. 61 secondo cui «la tassa sull'autorizzazione all'Esercizio delle case da giuoco si riferisce ad autorizzazioni date tanto con legge quanto con atto amministrativo» il legislatore tributario non si è curato di come e da chi possa essere autorizzato il giuoco d'azzardo, ma ha voluto unicamente assicurare il pagamento delle imposte in relazione ai cospicui movimenti di ricchezza connessi all'Esercizio del giuoco d'azzardo (Cass. III, n. 12502/1985). ConsumazioneIl reato di tenuta di gioco d'azzardo si consuma con la mera predisposizione delle attrezzature del gioco, non occorrendo ne l'effettivo inizio del gioco attraverso le puntate dei partecipanti, ne la sorpresa in flagranza (Cass. III, n. 9710/1974). Il reato, quindi, ha carattere eventualmente permanente, nel senso che lo stato di consumazione perdura fino a che il gioco il gioco non sia cessato e non sia cessata anche quell'attività che pone il gioco a disposizione dei giocatori (Pioletti, 81). Ed anche con riguardo alla disciplina introdotta per disciplinare il settore del gioco del lotto e delle scommesse clandestine, la Cassazione ha precisato che l'art. 4, comma 4, l. 13 dicembre 1989 n.401, nel prevedere l'applicabilità delle disposizioni penali di cui ai precedenti commi 1 e 2 anche «ai giochi d'azzardo esercitati a mezzo degli apparecchi vietati dall'art. 110 r.d.18 giugno 1931 n. 773, come modificato dalla l. 20 maggio 1965 n.507 e come da ultimo modificato dall'art. 1 l. 17 dicembre 1986 n. 904», intende riferirsi — come si desume, oltre che dalla lettera del testo normativo, anche dai relativi lavori parlamentari — alla sola ipotesi dell'organizzazione di scommesse (o, con minore probabilità, di pronostici) sui giochi d'azzardo esercitati a mezzo dei suddetti apparecchi. Si è affermato, quindi, che la condotta consistente nel semplice esercizio di detti giochi, pur se svolta in forma organizzata, o dalla partecipazione ad essi, continua ad essere sanzionata non dalla summenzionata disposizione speciale ma dagli artt. 718 e ss. (Cass. III, n. 10642/1999). Rapporto con altri reatiLa giurisprudenza ha, costantemente, ritenuto che tra le ipotesi di reato di cui agli artt. 718 e 110 r.d. n. 773/1931 non sussiste rapporto di specialità — giacché diversa è l'obiettività giuridica delle due norme, sanzionando, la prima, l'attività di tenuta o di agevolazione del gioco d'azzardo, la seconda l'uso di apparecchi da gioco di genere vietato in locali pubblici o aperti al pubblico; si ritiene, pertanto, configurabile il concorso tra le condotte descritte dalle predette norme (Cass. I, n. 3248/1991). Con riguardo all'esercizio della tombola, che costituisce una sottospecie della lotteria, si è affermato che essa integra la violazione dell'art. 114 r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933, conv. nella l. 5 giugno 1939, n. 973 (ora depenalizzata per effetto dell'art. 1, lett. b), l. 20 dicembre 1993, n. 561), e non già la contravvenzione di cui all'art. 718 (esercizio di giochi d'azzardo); al riguardo, la Corte ha precisato che con la norma suddetta il legislatore, nel perseguire sia l'interesse finanziario dello Stato che la tutela dell'ordine pubblico, ha inteso sanzionare in maniera più attenuata una condotta che, pur caratterizzata dall'alea e dal fine di lucro, si differenzia dal giuoco d'azzardo per le sue modalità, consistenti in una semplice estrazione a sorte (Cass. S.U., n. 16/1995). Invece, nei giochi nei quali l'attribuzione del premio non derivi da una semplice estrazione a sorte ma da operazioni di sorte complesse, non sono configurabili le ipotesi speciali, di cui al r.d.l. n. 1933/1938, della lotteria, della tombola, della pesca di beneficenza ecc., essendo invece tale fatto regolato dalla generale figura del gioco d'azzardo di cui all'art. 718 (Cass. III, n. 44807/2007). Casistica
Uso di apparecchio automatico da gioco La Cassazione ha, costantemente, fatto rientrare fra i giochi d'azzardo il gioco del poker praticato con macchina elettronica, indipendentemente dal numero di partite di cui è consentita la ripetizione, in quanto, si è affermato, che l'alea è assoluta, dato che le combinazioni sono interamente rimesse al caso attraverso il codice di funzionamento del congegno, ignoto al giocatore (Cass. III, n. 2705/1996). Slot-machine Si è ritenuto che anche le slot-machine e gli analoghi congegni rientrano fra i giochi d'azzardo, trattandosi di congegni che non possono essere annoverati fra i giochi di intrattenimento o di abilità di cui all'art. 110 comma 5 r.d. n. 773/1931, essendo in essi preponderante l'elemento aleatorio (Cass. III, n. 1049/1999). Tornei di poker. Variante del “Texas Hold Em” L'organizzazione di tornei di poker nella variante del Texas Hold'Em, con posta in gioco costituita esclusivamente dalla sola quota d'iscrizione, l'assegnazione di un numero uguale di gettoni, di valore solo nominale, per ciascun giocatore, senza possibilità di rientrare in gioco acquistando altri gettoni, con preventiva individuazione del premio finale non costituisce esercizio di gioco d'azzardo quando, considerate le concrete modalità di svolgimento del gioco, risulti preponderante l'abilità del giocatore sull'alea ed irrilevante il fine di lucro rispetto a quello prettamente ludico (Cass. III, n. 58308/2018). Profili processualiIl reato è procedibile d'ufficio. È punito con l'arresto da tre mesi ed un anno e con l'ammenda non inferiore ad euro 206,00.
Trattamento sanzionatorioIl reato è punito con l’arresto da tre mesi ed un anno e con l’ammenda non inferiore ad euro 206,00. L'art. 718 comma 2 prevede l'applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata, cui può essere aggiunta la cauzione di buona condotta, nell'ipotesi in cui il colpevole sia un contravventore abituale o professionale. BibliografiaAntolisei, Manuale di diritto penale parte speciale, I, Milano, 1999; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1981; Pioletti, Giochi vietati, in Enc. dir., XIX, 71; Vigna - Bellagamba, Le contravvenzioni nel codice penale, Milano, 1974. |