Codice Penale art. 733 - Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale.Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale. [I]. Chiunque distrugge, deteriora o comunque danneggia un monumento o una altra cosa propria di cui gli sia noto il rilevante pregio, è punito, se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale, con l'arresto fino a un anno o con l'ammenda non inferiore a 2.065 euro (1). [II]. Può essere ordinata la confisca della cosa deteriorata o comunque danneggiata [240]. (1) L'ammenda originaria era stata dapprima raddoppiata in forza del d.lg.lt. 5 ottobre 1945, n. 679, poi aumentata di otto volte in forza del d.lg. C.p.S. 21 ottobre 1947, n. 1250, ed in seguito aumentata, rispetto a quest'ultima misura, di altre cento volte dall'art. 1 2 l. 22 giugno 1956, n. 586, con conseguente preclusione dell'aumento previsto dalla l. 12 luglio 1961 n. 603. L'ammenda è ora, secondo la tesi prevalente, da ritenere non immutata, ma moltiplicata per cinque in forza dell'art. 113 2 l. 24 novembre 1981, n. 689. InquadramentoLa Corte di Cassazione ha individuato l'oggetto giuridico della contravvenzione prevista dall'art. 733 nella tutela del bene interesse della collettività a godere e fruire di tutto ciò che materialmente attesta la civiltà nazionale nelle varie espressioni culturali di tutte le epoche (Cass. III, n. 6199/1993). Soggetto attivoTrattasi di un reato proprio che può essere commesso esclusivamente dal proprietario della cosa (Cass. II, n. 1990/1986). In tal senso si è affermato che Soggetto attivo del reato di cui all'art. 733 c.p., come si desume dal tenore letterale della norma, è solo il proprietario della cosa, non il possessore in quanto tale e tanto meno il semplice detentore. A ciò consegue, secondo la Cassazione, che terzi estranei alla proprietà possono solo concorrere col proprietario alla commissione della contravvenzione. Si è, al riguardo affermato che questa interpretazione letterale risponde anche alla ratio implicita della norma che, nell'interesse pubblico alla salvaguardia del patrimonio artistico, storico e archeologico della nazione, ha voluto costituire un vincolo giuridico a carico dei proprietari privati di cose aventi pregio artistico, storico o archeologico, impedendo loro di danneggiarle o deteriorate (Cass. II, n. 7129/1998). Più recentemente la Cassazione ha, però, ritenuto che in tema di tutela penale delle cose di antichità e d'arte, la qualifica di soggetto attivo del reato di danneggiamento compete anche a chi riveste la carica pubblica di sindaco nel caso in cui i beni danneggiati costituiscano «monumento» e rivestano un rilevante interesse culturale, tale da rendere incontrovertibile la loro appartenenza al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale (Cass. III, n. 42893/2008). Nella fattispecie concreta oggetto della citata decisione si trattava del danneggiamento causato da un'ordinanza sindacale con cui si disponeva il taglio di alcuni alberi facenti parte di un giardino pubblico, tutelato quale complesso di particolare interesse storico ed artistico con provvedimento del Ministero dei Beni culturali ed ambientali. E nella giurisprudenza della Cassazione si sono anche registrate decisioni che hanno ritenuto che soggetto attivo del reato di cui all'art. 733 può essere il proprietario, il possessore o il detentore, propendendosi per un'interpretazione non troppo restrittiva del termine “proprio” contenuto nella norma incriminatrice (Cass. III, n. 6199/1993). Elemento materialeIn primo luogo la cosa danneggiata deve essere dotata di un rilevante pregio artistico, pur se non dichiarato formalmente (Cass. III, n. 12215/1995). Con riferimento alla cosa non sottoposta a vincolo si è affermato che il reato è configurabile a due condizioni: da un lato l'oggettiva e generale notorietà del rilevante pregio del bene e da un altro lato un effettivo nocumento al patrimonio archeologico o artistico nazionale (Cass. III, n. 3967/1995), elemento che si pone come una condizione obiettiva di punibilità (Cass. III, n. 4001/2000). La condotta punita consiste nel fatto di chi distrugge, deteriora o comunque danneggia il bene. La giurisprudenza ha chiarito che si tratta di un reato di danno a forma libera e permanente; specificamente si è detto che l'evento lesivo dell'oggetto materiale può verificarsi sia attraverso un solo atto, istantaneamente, sia attraverso un comportamento continuo e prolungato, attivo o inerte, come per esempio il persistente stato di abbandono, tale da lasciare il bene materiale privo di ogni cautela da aggressioni umane, dai fattori naturali o da elementi chimico fisici (Cass. III, n. 6199/1993). Elemento soggettivoSul piano soggettivo il reato potrà essere integrato sia da una condotta dolosa che da una condotta colposa, ma è necessario che il soggetto agente sia consapevole del rilevante pregio della cosa (Cass. III, n. 13034/1980). Occorre però tenere presente che il danneggiamento doloso di cose di interesse storico o artistico è previsto come ipotesi di danneggiamento aggravato ai sensi dell'art. 635 comma 2 n. 3; ne deriva che l'ambito di applicazione della contravvenzione prevista dall'art. 733 è limitato alle ipotesi colpose. Al riguardo la Cassazione ha precisato che integra la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 733 e non il delitto di danneggiamento aggravato la condotta di danneggiamento di beni di valore archeologico che siano di proprietà del soggetto agente (Cass. II, n. 16893/2007). ConsumazioneTrattasi di un reato di danno che si perfeziona solo quando la condotta dell'agente provochi la distruzione, il deterioramento o il danneggiamento di monumenti o di altre cose di pregio rilevante, se dal fatto derivi un nocumento al patrimonio artistico nazionale (Cass. III, n. 7129/1998). ConfiscaL'art. 733 comma 2 prevede che il giudice possa ordinare la confisca della cosa deteriorata o comunque danneggiata. Trattasi di un'ipotesi di confisca facoltativa che risponde ad una duplice finalità: in primo luogo una finalità repressiva come esproprio senza indennizzo e quindi una finalità conservativa volta a garantire una migliore tutela della cosa, una volta acquisita al patrimonio pubblico. Essa può essere disposta solo per le cose di proprietà privata e non per quelle che già appartengono allo Stato (Cass. II, n. 3093/1978). Profili processualiIl reato è procedibile d'ufficio. È ammessa l'oblazione ai sensi dell'art. 162-bis c.p. BibliografiaManzini, Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1981; Ramacci, Il reato di danneggiamento del patrimonio storico ed artistico nazionale, in Nuovo dir. 1995, 730; Vigna-Bellagamba, Le contravvenzioni nel codice penale, Milano, 1974; Zannotti, L'art. 733 c.p. e la tutela del patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale, in Cass. pen. 1997, 1345. |