Codice Civile art. 2 - Maggiore età. Capacità di agire (1).Maggiore età. Capacità di agire (1). [I]. La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno [48 Cost.]. Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una età diversa [84 2, 90, 165, 250 5, 264 2, 291, 390, 774]. [II]. Sono salve le leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro [324, 375, 901 c. nav.]. In tal caso il minore è abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro. (1) Articolo così sostituito dall'art. 1 l. 8 marzo 1975, n. 39. InquadramentoIl concetto di capacità di agire ha origine romanistica anche se, in epoca romana, essa era riconosciuta alle persone fisiche indipendentemente dal fatto che avessero la capacità giuridica. Nell’ordinamento vigente, la capacità di agire presuppone la capacità giuridica. Per capacità di agire si intende la generale idoneità del soggetto a compiere e ricevere gli atti giuridici incidenti sulla propria sfera personale e patrimoniale (Bianca C.M. 2014, 71). Si distingue, dunque, dalla capacità giuridica che è invece l'idoneità del soggetto ad essere titolare di diritti e doveri (Falzea, 1960, 8). La capacità giuridica designa il momento statico e il soggetto si presenta come immobile portatore di interessi; la capacità d'agire indica l'aspetto dinamico e il soggetto diventa operatore giuridico attivo (Perlingieri, 119). La capacità giuridica è una fotografia del soggetto; la capacità d’agire ne rappresenta una videoripresa. La dottrina afferma alternativamente il carattere di generalità oppure di relatività del concetto di capacità di agire. Secondo quanti ritengono che la capacità di agire sia possibilità generale essa investe ogni settore dell'attività umana giuridicamente rilevante; per coloro i quali la capacità d'agire è relativa, si discorre di specifiche ripartizioni e, in genere, diversificazioni speciali (Bilò, Facci, Martino, in Sesta, 228). Vicende della capacità di agireA seguito della riscrittura dell'art. 2, ad opera dell'art. 1 l. n. 39/1975, la persona fisica acquista la capacità di agire con il compimento del diciottesimo anno di età che segna la maggiore età.
Intendere la maggiore età come raggiungimento dei 18 anni è ormai una nozione comune e pacifica di diritto europeo: infatti, a livello eurounitario, «minore» è una persona di età inferiore agli anni 18 (art. 2, par. 2, n. 6 del Regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del 25 giugno 2019, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori). Giova, però, ricordare come, in alcuni casi, la Legislazione internazionale opti per altre soluzioni: ad es., la Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, in materia di sottrazione internazionale di minori, si applica solo finché il bambino non ha compiuto 16 anni.
L'Ordinamento presume, dunque, che con il compimento dei diciotto anni di età, la persona sia in grado di curare i propri interessi e di compiere gli atti ordinari e specialmente straordinari della vita sociale, in quanto ritenuta essere in possesso delle facoltà intellettive e volitive adeguate per autogovernarsi (J.M.Birkhoff, 52). Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una età diversa: la legge può, dunque, prevedere casi in cui la capacità di agire è anticipata e casi in cui la capacità di agire è posticipata, enucleando ipotesi di capacità di agire speciale (poiché limitata a specifiche ipotesi tassative). Un esempio è il matrimonio del sedicenne: l'art. 84 esclude che il minorenne possa contrarre una unione matrimoniale ma ammette, eccezionalmente, il sedicenne alla conclusione del vincolo coniugale, su autorizzazione giudiziale. Sempre a sedici anni, è previsto il conseguimento della capacità d'agire speciale per il riconoscimento dei figli (v. art. 250, comma 5). Il profilo dinamico del soggetto può essere limitato sino a divenire, di fatto, scollato da quello statico: la persona fisica conserva la capacità giuridica ma l'esercizio delle situazioni giuridiche soggettive di cui è titolare è rimesso (integralmente o parzialmente) ad altri (rappresentante). È quanto si registra per le misure di protezione giuridica (interdizione, inabilitazione, amministrazione di sostegno). In particolare, in caso di interdizione giudiziale e legale, la dottrina rintraccia una ipotesi di incapacità legale. Il beneficiario dell'amministrazione di sostegno, invece, conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno (art. 409, comma 1), come anche la giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di riconoscere (v. ad es., Corte cost. n. 114/2019, in materia di donazione). LavoroL'art. 2, comma 2, fa salva l'applicazione delle leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro. In tal caso il minore è abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro (v. ad es., le norme ad hoc nel codice della navigazione, r.d. n. 327/1942: art. 324 in materia di contratto di arruolamento, art. 901 in materia di contratto di lavoro del personale di volo). Si è discusso, in dottrina, se la norma abiliti il minore anche alla stipula del contratto di lavoro: secondo taluni, questa facoltà negoziale sarebbe inclusa nella capacità di esercitare i diritti inerenti il rapporto; secondo altri, questa facoltà non spetterebbe al minore ma agli esercenti la responsabilità genitoriale (in argomento, v. Buffa, Caracuta, Anelli, 2005). Per l'età minima da lavoro, v., infra, art. 3. Art. 3 del codice civile L'art. 3, nella versione introdotta con la codificazione del 1942, regolava la capacità in materia di lavoro. La disposizione prevedeva che «il minore che ha compiuto gli anni diciotto può prestare il proprio lavoro, stipulare i relativi contratti ed esercitare i diritti e le azioni che ne dipendono, salve le leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore». L'intero articolato è stato abrogato dalla l. n. 39/1975 che, tra l'altro, ha attribuito la maggiore età ai cittadini che hanno compiuto il diciottesimo anno. Riscrivendo l'art. 2, la novella ha espunto dal sistema normativo l'art. 3, vuotato di ogni rilevanza per effetto della anticipazione della maggiore età. Questo guscio normativo, infatti, attribuiva al diciottenne la capacità (anticipata) di stipulare validi contratti di lavoro e, dunque, di prestare attività lavorativa, nel rispetto delle leggi speciali di riferimento. Capacità di discernimentoLa persona minore di età non è, in linea di principio, capace di agire; tuttavia, anche per effetto della riforma del diritto di famiglia (l. n. 219/2012 e d.lgs. n. 154/2013), gode di una propria capacità di autodeterminazione che gli riserva specifici spazi di «azione» in cui acquista una limitata capacità di “scelta”. Si discorre, in particolare, di «capacità di discernimento», intesa come capacità del bambino di capire ciò che è più utile per lui e come capacità di prendere decisioni autonome (Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera (a cura di), 27. Il Legislatore italiano ha optato per una presunzione semplice: si presume capace di discernimento la persona minore di età che abbia compiuto i dodici anni. L'età del bambino rileva anche ai fini dell'esercizio della responsabilità genitoriale, soprattutto nei casi in cui si verifichi la disgregazione del nucleo familiare (v. artt. 337-bis e ss. c.c.). La letteratura di settore esperta in materia, distingue – a questi fini - i minori in cd. petits enfants e cd. grands enfants (con una terminologia adottata nel diritto francese): per i primi, prevale l'esigenza di protezione; per i secondi, l'esigenza di esercitare i diritti di libertà. Nella seconda categoria, si annoverano i minori dai sedici anni in su. Per quanto qui di interesse, la giurisprudenza ritiene che il grand enfant – salvo necessità particolari (es. in caso di patologie o incapacità di discernimento) – possa egli stesso organizzare con i genitori i tempi e i modi della frequentazione, così divenendo «soggetto» dei rapporti genitoriali e non più oggetto. Capacità in materia di autodeterminazione terapeuticaIl diritto ad accettare o rifiutare le cure ha copertura costituzionale (v. art. 32 Cost.): in linea di principio, pertanto, ogni «persona capace di agire» ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso” (art. 1, comma 5, l. n. 219/2017). Le scelte di vita sanitaria presuppongono la capacità di comprenderne appieno gli effetti e le conseguenze, nonché i contenuti, ed ecco perché postulano la sussistenza di capacità di agire. Ciò nondimeno, il loro impatto sulla vita della persona, idoneo ad avere effetti irreversibili, ha indotto il Legislatore ad adottare disposizioni speciali in favore delle persone minori di età delle persone incapaci: si tratta di norme contenute nell'art. 3 l. n. 219/2017. In virtù di questo regime giuridico speciale, la persona minore di età o incapace «ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione (…); deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà». Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità; il consenso informato della persona interdetta ai sensi dell'art. 414 è espresso o rifiutato dal tutore, sentito l'interdetto ove possibile, avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita della persona nel pieno rispetto della sua dignità; il consenso informato della persona inabilitata è espresso dalla medesima persona inabilitata. Nel caso in cui sia stato nominato un amministratore di sostegno la cui nomina preveda l'assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, il consenso informato è espresso o rifiutato anche dall'amministratore di sostegno ovvero solo da quest'ultimo, tenendo conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere. Nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata oppure l'amministratore di sostegno o il rappresentante legale della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti di cui agli artt. 406 e ss. o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria. La nuova disciplina, nel complesso, istituisce meccanismi di sostituzione/rappresentanza (substituted judgment) evitando così che la minore età o lo stato di incapacità possano tradursi in un “esproprio” di diritti fondamentali come quello alla salute; al contempo, però, funzionalizza la sostituzione fiduciaria in queste ipotesi, imprimendole uno “scopo” (la volontà e l'interesse della persona rappresentata) realizzabile solo con il coinvolgimento del rappresentato. E' una forma di rappresentanza del tutto peculiare perché il rappresentante non sceglie al posto del rappresentato ma con e per il rappresentato. La maggiore età, quale espressione della capacità di agire, e la capacità di intendere e volere, sono anche alla base dell'esercizio del diritto a pianificare le cure per il futuro, attraverso le cd. DAT, disposizioni anticipate di trattamento terapeutico (v. infra, art. 5). Cd. maggiore età digitaleIn data 25 maggio 2018 è entrato in vigore il Regolamento europeo n. 679/2016, in materia di protezione dei dati personali. Per quanto qui di interesse, il cennato Regolamento, all'articolo 8, prevede che “il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un'età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Gli Stati membri possono stabilire per legge un'età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni”. Questo nuovo strumento eurounitario prevede, quindi, che le persone minori di età, in questo specifico ambito, possano validamente prestare il loro consenso al trattamento dei dati personali solo a partire dai 16 anni. In caso di minore infrasedicenne il consenso sarà valido solo se prestato o autorizzato dai genitori o comunque dal titolare della responsabilità genitoriale. Si tratta di un limite che può scendere fino alla soglia dei 13 anni qualora gli Stati membri decidano di derogarvi con una specifica disposizione di legge. Si discorre di "maggiore età digitale" qualora il consenso al trattamento dei dati, e quindi anche alla pubblicazione di foto, sia espresso da un "grande minore" di 16 anni. Il Regolamento è stato attuato in Italia – per le necessarie modifiche di adeguamento – con il d.lgs. n. 101/2018, in G.U. 4 settembre 2018. Per quanto qui di interesse, la novella introduce nel d.lgs. n. 196/2003 il nuovo art. 2-quinquies (Consenso del minore in relazione ai servizi della società dell'informazione) ove si prevede che «1. In attuazione dell'articolo 8, paragrafo 1, del Regolamento, il minore che ha compiuto i quattordici anni può esprimere il consenso al trattamento dei propri dati personali in relazione all'offerta diretta di servizi della società dell'informazione. Con riguardo a tali servizi, il trattamento dei dati personali del minore di età inferiore a quattordici anni, fondato sull'articolo 6, paragrafo 1, lettera a), del Regolamento, è lecito a condizione che sia prestato da chi esercita la responsabilità genitoriale». Diritto internazionale privatoLa l. n. 218/1995 (legge di riforma del diritto internazionale privato) ha introdotto due norme di conflitto dirette a regolare l'una la capacità giuridica (art. 20), l'altra la capacità di agire (art. 23). Sulla scorta della normativa richiamata, la capacità di agire delle persone fisiche è regolata dalla loro legge nazionale. Tuttavia, quando la legge regolatrice di un atto prescrive condizioni speciali di capacità di agire, queste sono regolate dalla stessa legge. Come per la capacità giuridica, si adotta, dunque, il criterio di collegamento della lex patriae (Baratta, 27). In tempi recenti, ulteriori novità sono state introdotte dall'art. 16 del Regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del 25 giugno 2019, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori. Questa nuova norma unionale, al § 2, prevede che “Qualora la validità di un atto giuridico compiuto o da compiere per conto di un minore nel quadro di un procedimento successorio dinanzi a un'autorità giurisdizionale di uno Stato membro richieda l'autorizzazione o l'approvazione di un'autorità giurisdizionale, un'autorità giurisdizionale di quello Stato membro può decidere di autorizzare o approvare tale atto giuridico anche se non è competente ai sensi del presente regolamento”. Si applica dall'1 agosto 2022. BibliografiaBaratta R., Diritto internazionale privato, Milano, 2010; Bartolini, La commorienza del beneficiario e del contraente-assicurato, in Dir. prat. ass. 1959, 122; Bianca C. M., Diritto civile, I. La norma giuridica. I soggetti, Milano, 2002; Birkhoff J. M., Nozioni di medicina legale. 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