Codice Civile art. 81 - Risarcimento dei danni.

Giuseppe Buffone
aggiornato da Annachiara Massafra

Risarcimento dei danni.

[I]. La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico [2699] o per scrittura privata da una persona maggiore di età [2] o dal minore ammesso a contrarre matrimonio a norma dell'articolo 84, oppure risultante dalla richiesta della pubblicazione [96], obbliga il promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla a risarcire il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti (1).

[II]. Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria colpa ha dato giusto motivo al rifiuto dell'altro.

[III]. La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio [2964 ss.].

(1) Comma così sostituito dall'art. 3 l. 19 maggio 1975, n. 151.

Inquadramento

La promessa di matrimonio solenne — ossia fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata — obbliga il promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla a risarcire il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa (art. 81 comma 1).

La tesi prevalente nella dottrina contemporanea riconosce all'obbligo risarcitorio da ingiustificato recesso dagli sponsali la natura di responsabilità ex lege (Oberto, 347). Muovendosi in quest'ottica qualche autore ha anzi ravvisato nella promessa di matrimonio gli estremi dell'atto lecito dannoso. Il fenomeno descritto dall'art. 81 altro non costituisce se non una di quelle variae causarum figurae in presenza delle quali l'ordinamento determina, ex art. 1173, l'insorgere di un'obbligazione (dal contenuto, tra l'altro, non troppo dissimile da quello descritto dall'art. 2031) in capo ad un determinato soggetto (Oberto, La promessa di matrimonio tra passato e presente, Padova, 1996, 201). L'art. 81 è applicabile solo nell'ipotesi di promessa di tipo solenne, soggetta a determinati requisiti: vicendevolezza, capacità di agire dei promittenti, atto pubblico o scrittura privata o richiesta di pubblicazioni di matrimonio.

Il recesso ingiustificato

La rottura della promessa di matrimonio formale e solenne — cioè risultante da atto pubblico o scrittura privata, o dalla richiesta delle pubblicazioni matrimoniali (Cass. n. 9/2012) — non può considerarsi comportamento lecito allorché avvenga senza giustificato motivo. È indubbio che tale comportamento non genera l'obbligazione civile di contrarre il matrimonio, ma il recesso senza giustificato motivo configura pur sempre il venir meno alla parola data ed all'affidamento creato nel promissario, quindi la violazione di regole di correttezza e di autoresponsabilità, che non si possono considerare lecite o giuridicamente irrilevanti. Poiché, tuttavia, la legge vuoi salvaguardare fino all'ultimo la piena ed assoluta libertà di ognuno di contrarre o non contrarre le nozze, l'illecito consistente nel recesso senza giustificato motivo non è assoggettato ai principi generali in tema di responsabilità civile, contrattuale od extracontrattuale, né alla piena responsabilità risarcitoria che da tali principi consegue, poiché un tale regime potrebbe tradursi in una forma di indiretta pressione sul promittente nel senso dell'accettazione di un legame non voluto. Ma neppure si vuole che il danno subito dal promissorio incolpevole rimanga del tutto irrisarcito. Il componimento fra le due opposte esigenze ha comportato la previsione a carico del recedente ingiustificato non di una piena responsabilità per danni, ma di un'obbligazione ex lege a rimborsare alla controparte quanto meno l'importo delle spese affrontate e delle obbligazioni contratte in vista del matrimonio (Cass. n. 9 /2012). Si tratta, dunque, di una particolare forma di riparazione collegata direttamente dalla legge alla rottura del fidanzamento «senza giusto motivo», con la conseguenza che incombe al recedente, qualora voglia sottrarsi a siffatta obbligazione riparatoria, l'onere di provare la sussistenza del giustificato motivo, quale fatto costitutivo negativo della pretesa dell'altra parte (Cass. n. 9052/2010). Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria colpa ha dato giusto motivo al rifiuto dell'altro (art. 81 comma 2). La domanda di risarcimento del danno (cumulabile con l'azione ex art. 80) non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio.

Danni risarcibili

Per effetto dell'art. 81, è risarcibile il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Non sono risarcibili voci di danno patrimoniale diverse da queste e men che mai gli eventuali danni non patrimoniali.

È dunque escluso il risarcimento del cd. interesse positivo e il possibile lucro cessante (Cian, Trabucchi, 170). Un'ulteriore limitazione di tipo qualitativo consegue alla necessità che le spese e le obbligazioni siano state, rispettivamente, fatte e contratte “a causa” della promessa (Oberto, 354). Dottrina e giurisprudenza hanno in proposito affermato, riconoscendovi l'esistenza di un siffatto nesso eziologico, la risarcibilità delle spese di viaggio, di preparazione alla cerimonia nuziale, di redazione di eventuali convenzioni matrimoniali, di pubblicazione, di acquisto di oggetti destinati a servire solo in occasione del matrimonio, o per l'arredo della casa. Secondo la dottrina, a tale categoria possono ascriversi anche spese più importanti, quali lo stesso acquisto dell'alloggio destinato a costituire la futura casa familiare, ovvero la sottoscrizione a tal fine di un mutuo (Oberto, 354).

Azione risarcitoria

Legittimato attivo è il promittente che si è visto opporre il rifiuto (ingiustificato) dell'altro, ma anche quello che ha manifestato il proprio rifiuto in presenza di un giustificato motivo cui ha colposamente dato causa la controparte.

Si discute se l'azione sia anche esperibile da parte di quei soggetti che, pur diversi dai promittenti, abbiano effettivamente sostenuto spese o contratto obbligazioni in vista del matrimonio (si pensi ai genitori dei fidanzati). Al riguardo, mentre la giurisprudenza appare divisa, la dottrina prevalente sembra voler legare la soluzione della questione al problema della natura della responsabilità in esame (per una ricostruzione del tema, v. Oberto, 354). In realtà, trattandosi di un regime speciale che fa capo ad una responsabilità ex lege, l'art. 81 è norma di stretta interpretazione rispetto alla quale non è possibile riconoscere ulteriori legittimati attivi.

Seduzione con promessa di matrimonio

La giurisprudenza e la dottrina ritagliano, attorno alla promessa di matrimonio, anche uno spazio risarcitorio puro che collocano nell'ambito dell'art. 2043. Se è vero che la rottura del fidanzamento, come si è detto, non fa sorgere alcun diritto al risarcimento del danno in capo allo sponsale rimasto insoddisfatto è, però, vero che diversa ipotesi è quella in cui il fidanzamento sia stato lo strumento per raggiungere un determinato fine taciuto al partner (es. la seduzione del partner per ottenere la traditio corporis) e lo sponsale abbia promesso il matrimonio al solo fine di raggiungere il proprio fine (classico, l'esempio della fanciulla virtuosa seducta relictaque, figura un tempo contemplata dal codice penale ex art. 526 c.p.). Sussiste, cioè, una possibile applicazione dell'art. 2043 là dove il fidanzato abbia “abusato” della sua condizione che lo pone facilmente in grado di arrecare danno all'altra parte a causa dei particolari rapporti di influenza reciproca.

In queste ipotesi, l'approfittare del carattere non vincolante della propria promessa non rientra nella specifica immunità prevista dall'art. 79: le ragioni di tutela della libertà che spiegano le irresponsabilità per danni causati dal rifiuto del matrimonio non possono essere invocate per escludere il risarcimento di quanto ottenuto con la promessa usata come mezzo di illecita pressione (Oberto, 357).

In particolare, in questo ambito risarcitorio, al fine di ravvisare gli estremi dell'illecito civile nella seduzione con promessa di matrimonio è necessario che quest'ultima abbia avuto efficienza causale esclusiva in ordine alla traditio corporis; l'accertamento di tale requisito involge una valutazione di fatto, ai fini della quale il giudice, attese le difficoltà della prova, può avvalersi di elementi indiziari e prove presuntive, occorrendo però che l'indagine presuntiva sia basata su elementi particolarmente gravi e concordanti, da valutarsi anche in relazione alle condizioni ambientali e culturali dei soggetti; per quanto attiene all'elemento psicologico dell'illecito di seduzione con promessa di matrimonio, è sufficiente anche la colpa (Cass. n. 7493/1993). Per la giurisprudenza, colui che si avvale del fidanzamento ufficiale per ottenere dalla donna l'assenso all'amplesso, è tenuto al risarcimento dell'ingiusto danno sofferto dalla donna (Cass. n. 7493/1993); il termine prescrizionale inizia a decorrere dal momento in cui la sedotta acquista la certezza che il seduttore non manterrà la promessa (Cass. n. 6568/1980).

L'istituto della seduzione con promessa di matrimonio — quale fattispecie illecita — è fortemente criticata dalla più recente dottrina che intravede, in questa costruzione, una violazione del principio di parità dei sessi, oggi baluardo della parità tra uomo e donna: osserva, che la costruzione sopra illustrata risponde ad un modello sociale ormai superato, particolarmente arcaico, in cui l'onore della fanciulla veniva leso in conseguenza della traditio corporis e per la persa opportunità di “sistemazione” mediante il matrimonio. Segnala che l'abrogazione dell'art. 526 c.p. rafforza il convincimento che anche l'istituto civilistico della seduzione con promessa di matrimonio debba ormai ritenersi giunto al capolinea (Oberto, La seduzione con promessa di matrimonio al capolinea..., 1996, 416-425).

Aderendo alle ultime opinioni sin qui illustrate, effettivamente deve ritenersi che la consumazione del rapporto sessuale, dietro la promessa di matrimonio, non possa costituire in sé fonte di illecito e, soprattutto, di danno risarcibile ex artt. 2043, 2059: il pregiudizio deve ritenersi suscettibile di ristoro — alla luce della nuova costruzione interpretativa inaugurata a partire da Cass. S.U., n. 26972/2008 — solo dove il venir meno alle promesse (la mancanza di matrimonio dopo la seduzione) si accompagni a: 1) un comportamento intenzionale e doloso (da parte del seduttore) di mendacio finalizzato a ingenerare nel partner una situazione futura apparente su cui il sedotto fa affidamento; 2) l'insorgere (in capo al sedotto) di una situazione-evento di danno, in conseguenza dell'omessa realizzazione del matrimonio e della scoperta della mise en scène posta in essere dal seduttore come, ad esempio, una patologia suscettibile di riscontro medico-legale (es. disturbi unipolari; stress post-traumatico; etc.).

Solo in questa ipotesi può ritenersi che vi sia stata la lesione di una situazione giuridica soggettiva meritevole di tutela rimediale ex art. 2059 (la salute): la falsa rappresentazione delle realtà, da parte del seduttore, crea agli occhi della persona sedotta una costruzione creduta futura e certa su cui la stessa fa affidamento; il comportamento antidoveroso del seduttore frantuma sotto gli occhi increduli della vittima, la realtà su cui la stessa aveva fatto affidamento e questo iato è idoneo, in astratto, a strappare il tessuto connettivo del diritto alla salute. Ma fuori da questo caso, ammettere il risarcimento, è profilare come risarcibile il mero fatto della seduzione quasi a ritenere che il rapporto sessuale in sé, costituisca un evento illecito e non un paritario terreno di scambio di volontà e intenzioni, tra i partners (Buffone, XIII).

Bibliografia

Buffone, La seduzione con promessa di matrimonio, in Cendon, Rossi, Trattato di Famiglia e Responsabilità Civile, 2014, XIII; Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Giorgianni, La dichiarazione di morte presunta, Milano, 1943; Loi, voce Promessa di matrimonio, in Enc. dir., XXXVII, Milano, 1988; Oberto, La promessa di matrimonio in Trattato di diritto di famiglia, diretto da Paolo Zatti, Milano,2011; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Salito, Parentela e affinità, in Stanzione, Il diritto di famiglia nella dottrina e nella giurisprudenza, Torino, 2011; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015.

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