Codice Civile art. 155 - Provvedimenti riguardo ai figli (1).Provvedimenti riguardo ai figli (1). [I]. In caso di separazione, riguardo ai figli, si applicano le disposizioni contenute nel Capo II del titolo IX (1)L'art. 5, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito l'articolo. Il testo recitava: «[I]. Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. [II]. Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'eduzione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole. [III]. La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. [IV]. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. [V]. L'assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. [VI]. Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. L'articolo era già stato sostituito dall'art. 1 1 l. 8 febbraio 2006, n. 54. Il testo come sostituito dall'art. 36 l. 19 maggio 1975 n. 151, era il seguente: «[I]. Il giudice che pronunzia la separazione dichiara a quale dei coniugi i figli sono affidati e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. [II]. In particolare il giudice stabilisce la misura e il modo con cui l'altro coniuge deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi. [III]. Il coniuge cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i coniugi. Il coniuge cui i figli non siano affidati ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse. [IV]. L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli. [V]. Il giudice dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e, nell'ipotesi che l'esercizio della potestà sia affidato ad entrambi i genitori, il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale. [VI]. In ogni caso il giudice può per gravi motivi ordinare che la prole sia collocata presso una terza persona o, nella impossibilità, in un istituto di educazione. [VII]. Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al contributo al loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell'accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice. [VIII]. I coniugi hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della potestà su di essi e le disposizioni relative alla misura e alle modalità del contributo». Precedentemente la Corte cost., con sentenza 27 luglio 1989, n. 454 aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del quarto comma «nella parte in cui non prevede la trascrizione del provvedimento giudiziale di assegnazione della abitazione nella casa familiare al coniuge affidatario della prole, ai fini della opponibilità ai terzi». InquadramentoL'art. 155, nella versione vigente prima delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 154/2013, recava una specifica disciplina tesa a regolare i rapporti genitoriali in caso di separazione, con elettivo riguardo, dunque, alla disgregazione della famiglia matrimoniale. Un ulteriore regime autonomo era enucleato nella disciplina divorzile e un altro ancora si ricavava per i figli cd. naturali (nati fuori da matrimonio) sulla scorta di una disciplina piena di scompostezze, lacune e disarmonie. La l. delega n. 219/2012 ha inaugurato una complessiva riforma del diritto di famiglia, incalzata dal d.lgs. 154/2013. Per effetto della decretazione delegata, il regime giuridico dei rapporti genitoriali è stato unificato, proclamando l'unicità dello stato di figlio. Le norme che prima componevano l'art. 155 sono state ora modificate e trasfuse nel capo II del titolo IX rubricato “esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio (Artt. 337-bis — 337-octies)”. In particolare, il regime che occupava l'art. 155 è oggi contenuto nell'art. 337-ter. Art. 155 ed art. 337- terLa trasposizione dei contenuti dell'art. 155 nell'art. 337-ter non è stata esente da alcuni ritocchi importanti che è il caso di evidenziare. In primo luogo, è stata espressamente introdotta la possibilità di limitare la responsabilità genitoriale mediante affidamento familiare. Il nuovo art. 337-ter, infatti, prevede che il giudice “adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l'affidamento familiare”: quanto mancava nel previgente testo (art. 155). Il d.lgs. n. 154/2013 ha introdotto una esplicita disposizione che regola l'attuazione dei provvedimenti di affidamento «All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare». Con ciò ha risolto il problema legato alla esecuzione dei provvedimenti in materia di figli, affidandola al giudice del merito che procede. È stato specificato che la residenza abituale va decisa necessariamente da entrambi i genitori: «le decisioni di maggiore interesse per i figli relative (..) alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo (...)». È stato specificato che la violazione delle regole genitoriali può comportare la modifica delle modalità di affidamento: «qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento» (Buffone, 2014). RinvioSi rinvia, per il commento, all'art. 337-ter. BibliografiaBruno, Le controversie familiari nell'Unione Europea. Regole, fattispecie, risposte, Milano, 2018; Buffone, Fondo a tutela del coniuge in stato di bisogno (DM 15 dicembre 2016) in Guida dir. 2017, 7, 13 e ss.; Buffone, Le novità del “decreto filiazione”, Milano, 2014; Sesta - a cura di -, Codice della famiglia, Milano, 2015. |