Codice Civile art. 158 - Separazione consensuale 1 .Separazione consensuale 1. [I]. La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l'omologazione del giudice [150 3; 711 c.p.c.]2.
[1] Articolo così sostituito dall'art. 40 l. 19 maggio 1975, n. 151. Successivamente la Corte cost., con sentenza 18 febbraio 1988, n. 186, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo «nella parte in cui non prevede che il decreto di omologazione della separazione consensuale costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 c.c.». [2] Il secondo comma è abrogato dall'art. 1, comma 2, lett. b), d.lgs 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149/2022, il citato decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". Si riporta il testo anteriore alla suddetta modificazione: «Quando l'accordo dei coniugi relativamente all'affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto con l'interesse di questi il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell'interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare allo stato l'omologazione». InquadramentoLa separazione consensuale si perfeziona per il solo accordo dei coniugi, purché intervenga l'omologa del Tribunale. L'omologazione consente all'Autorità di svolgere un controllo sulla conformità dell'accordo all'interesse dei soggetti minori coinvolti e sul rispetto delle norme inderogabili. Quando l'accordo dei coniugi relativamente all'affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto con l'interesse di questi il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell'interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare l'omologazione. La separazione consensuale può anche essere conclusa attraverso un accordo di negoziazione assistita o, in mancanza di figli minori o equiparati, a mezzo di una dichiarazione congiunta resa dinanzi all'ufficiale di Stato civile (in virtù delle misure di degiurisdizionalizzazione, introdotte dal decreto d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014). Clausole delle separazione e negozi familiariIl contenuto degli accordi di separazione è composto da un aspetto essenziale — costituito dalle cd. convenzioni di diritto di famiglia, relative prevalentemente alla cessazione del dovere di convivenza, alla regolamentazione degli altri obblighi previsti dall'art 143 nonché all'esercizio della responsabilità genitoriale — e da un aspetto eventuale ed occasionale, attinente alle intese che esulano dagli elementi essenziali della separazione consensuale e che si collocano nell'alveo dei contratti atipici. In merito a tali ultimi patti, è pacifico, nella giurisprudenza consolidata della Suprema Corte, che l'accordo di separazione costituisce un atto di natura essenzialmente negoziale — più precisamente, un negozio giuridico bilaterale a carattere non contrattuale (in quanto privo, almeno nel suo nucleo centrale del connotato della “patrimonialità”) — rispetto al quale il provvedimento di omologazione si atteggia a mera condizione sospensiva (legale) di efficacia; pertanto, le clausole dell'accordo di separazione che, nel quadro della complessiva regolamentazione dei rapporti tra i coniugi, prevedono il trasferimento di beni immobili ovvero la costituzione di diritti reali minori presentano una loro propria “individualità”, quali espressioni di libera autonomia contrattuale delle parti interessate dando vita, nella sostanza a veri e propri contratti atipici, con particolari presupposti e finalità, non riconducibili né al paradigma delle convenzioni matrimoniali né a quello della donazione, ma diretti comunque a realizzare interessi meritevoli di tutela ai sensi dell'art. 1322. Ecco perché, tra l'altro, l'accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali, concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale e produce effetti senza necessità di essere sottoposto al giudice per l'omologazione (Cass. n. 24621/2015). Gli accordi dispositivi di beni immobili sono, in astratto, suscettibili di revocatoria (Cass. n. 10443/2019; Cass. n. 9798/2019). Questi patti rispondono, infatti, di norma, ad uno specifico spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell'evento di separazione consensuale che svela una sua tipicità propria la quale, ai fini della più particolare e differenziata disciplina di cui all'art. 2901 c.c., può colorarsi dei tratti dell'obiettiva onerosità piuttosto che di quelli della gratuità, in ragione dell'eventuale ricorrenza, o meno, nel concreto, dei connotati di una sistemazione solutorio-compensativa più ampia e complessiva, di tutta quella serie di possibili rapporti aventi significati, anche solo riflessi, patrimoniali maturati nel corso della quotidiana convivenza matrimoniale (Cass. n. 27409/2019). Più nel dettaglio, per stabilire se il trasferimento immobiliare posto in essere da un coniuge in favore dell'altro in esecuzione degli accordi intervenuti in sede di separazione consensuale costituisca atto solutorio dell'obbligo di mantenimento, assume rilevanza la disparità economica tra i coniugi, la quale deve essere dedotta non solo dalla valutazione dei redditi, ma da ogni altro elemento di carattere economico, o suscettibile di apprezzamento economico, idoneo ad incidere sulle condizioni delle parti (Cass. n. 17908/2019). Trasferimenti immobiliariL'«acquis» della giurisprudenza italiana è nel senso che i coniugi, in sede di separazione consensuale, possono introdurre atti (immediatamente) traslativi in luogo della diversa soluzione a struttura “bifasica” (in cui l'accordo di separazione contiene il mero impegno al trasferimento che sarà seguito dal rogito notarile; sul tema, v. Oberto, I trasferimenti mobiliari e immobiliari in occasione di separazione e divorzio, in Fam. dir. 1995, 155 ss). Un indirizzo minoritario si discosta da questa impostazione interpretativa, sulla base di due argomenti principali: 1) Lo strumento della dichiarazione (n.d.r. di trasferimento del diritto reale) a verbale differisce profondamente dall'atto pubblico redatto da notaio ai sensi della legge notarile. Infatti, in quest'ultimo caso, le parti sono assistite da un professionista in grado di assicurare, ad esempio, la ottimale ricognizione della consistenza del bene e dei suoi confini; la sua libertà da trascrizioni pregiudizievoli al momento dell'atto; la capacità delle parti; la possibilità di evitare clausole nulle. La rinuncia a tali cautele comporta per le parti una garanzia per così dire minore, che mette gravemente in discussione il precetto costituzionale dell'effettività della tutela giurisdizionale (artt. 3, comma 2, e 24 Cost.) dal momento che le parti, pur ottenendo un effetto traslativo del diritto ed una possibile trascrizione, assumono dei rischi (inesatta identificazione del bene e della sua provenienza, sussistenza di pesi ecc.) che innanzi al notaio sarebbero invece cautelati. 2) Le parti, per effetto della loro autonomia contrattuale e della conseguente interpretazione dell'art. 711 c.p.c. e art 4, comma 16, l. n. 898/1970 (legge div.), possono sì integrare le clausole consuete di separazione e divorzio (figli, assegni, casa coniugale) con clausole che si prefiggono di trasferire tra i coniugi o in favore di figli diritti reali immobiliari o di costituire iura in re aliena su immobili: tuttavia, debbono ricorrere alla tecnica obbligatoria e non a quella reale, pena la possibile vanificazione dello strumento di tutela prescelto. Tale tecnica obbligatoria, peraltro, consente pacificamente l'applicazione dell'art. 2932 e, quindi, di porre rimedio ad eventuali inadempimenti successivi alla pattuizione. E' opportuno in questa sede specificare che gli articoli 711 c.p.c. e 4, l.n. 898/1970 sono stati abrogati dal d.lgs. n. 149/2022 e non si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 28 febbraio 2023 (ai quali diversamente di applicano le norme contenute nel titolo IVbis c.p.c.). Secondo i sostenitori della lettura di cui innanzi (Trib. Milano 21 maggio 2013), l'indirizzo avrebbe da ultimo ottenuto avallo dal Legislatore che ha rimesso in via esclusiva al notaio, con norme insuscettibili di interpretazione analogica i controlli preposti nell'interesse pubblico (da ultimo, l'art. 19 comma 4 l. n. 122/2010, che demanda al notaio il compito della individuazione e della verifica catastale). Il d.l. n. 132/2014 recante “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile”, convertito dalla l. n. 162/2014, all'art. 12 prevede la possibilità per i coniugi di perfezionare un accordo di separazione davanti all'ufficiale di Stato Civile. In questi casi, però, l'accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale. Come chiarito dalla prassi amministrativa (v. Circolare del Ministero dell'Interno n. 6/15 del 24 aprile 2015), non rientra nel divieto della norma la previsione, nell'accordo concluso davanti all'ufficiale dello stato civile, di un obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, sia nel caso di separazione consensuale (c.d. assegno di mantenimento), sia nel caso di richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio (c.d. assegno divorzile)” (la circolare è stata ritenuta legittima da Cons. St. n. 4478/2016). In argomento è intervenuta recentemente Cass. S.U. n. 21761/2021 la quale ha affermato che le clausole dell'accordo di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni - mobili o immobili - o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide. Tale validità discende dal fatto che il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., purché risulti l'attestazione del cancelliere che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all'art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985, come introdotto dall'art. 19, comma 14, del d.l. n. 78 del 2010, conv. con modif. dalla l. n. 122 del 2010, restando invece irrilevante l'ulteriore verifica circa gli intestatari catastali dei beni e la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari. BibliografiaBruno, Le controversie familiari nell'Unione Europea. Regole, fattispecie, risposte, Milano, 2018; Buffone, Fondo a tutela del coniuge in stato di bisogno (DM 15 dicembre 2016) in Guida dir. 2017, 7, 13 e ss.; Buffone, Le novità del “decreto filiazione”, Milano, 2014; Sesta - a cura di -, Codice della famiglia, Milano, 2015. |