Codice Civile art. 251 - Autorizzazione al riconoscimento (1) (2).

Giuseppe Buffone
aggiornato da Annachiara Massafra

Autorizzazione al riconoscimento (1) (2).

[I]. Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, può essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.

[II]. Il riconoscimento di una persona minore di età è autorizzato dal giudice (3).

(1) L’art. 7, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il Titolo, modificando la rubrica del Titolo (la precedente era «Della filiazione»), e sostituendo le parole «Capo II. "Della filiazione naturale e della legittimazione"»; «Sezione I. "Della filiazione naturale» e la rubrica del paragrafo 1 «Del riconoscimento dei figli naturali» con le parole: «Capo IV. "Del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio"».

(2) Articolo così sostituito dall'art. 1, l. 10 dicembre 2012, n. 219. Il testo precedente, risultante dalle modifiche adottate dall'art. 103 l. 19 maggio 1975, n. 151, recitava: «Riconoscimento di figli incestuosi - [I] I figli nati da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela anche soltanto naturale, in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, non possono essere riconosciuti dai loro genitori, salvo che questi al tempo del concepimento ignorassero il vincolo esistente tra di loro o che sia stato dichiarato nullo il matrimonio da cui deriva l'affinità. Quando uno solo dei genitori è stato in buona fede, il riconoscimento del figlio può essere fatto solo da lui. [II] Il riconoscimento è autorizzato dal giudice, avuto riguardo all'interesse del figlio ed alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.».

(3) L'art. 22, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito le parole: «tribunale per i minorenni», con la parola: «giudice». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014.

Inquadramento

La nuova disciplina normativa, ex art. 251, come riscritto dal d.lgs. n. 154/2013, abilita il riconoscimento anche dei figli cd. incestuosi (dimensione lessicale che la l. n. 219/2012 ha cancellato). I minori che siano nati da relazione parentali (nati, cioè, da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta), possono essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. La legge delegata espunge dal comma due il riferimento al tribunale per i minorenni, quale organo competente, adottando la soluzione diversa “il giudice”. Non si tratta, però, di una norma che riconduce al T.O. il provvedimento in parola. E, infatti, il nuovo periodo aggiunto all'art. 38 disp. att. prevede che «sono, altresì, di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile». Resta, dunque, ferma la competenza del Tribunale per i Minorenni. In virtù degli assetti assetti introdotti dalla l. n. 219/2012, è chiaro che il diniego di riconoscimento sarà da considerarsi eccezionale e dovrà essere motivato dalla concreta e dimostrata sussistenza di un serio pregiudizio per l'ipotesi in cui il riconoscimento stesso fosse ammesso. Altrimenti, non può essere negato.

Regime giuridico

Prima delle modifiche apportate dalla l. n. 219/2012, l'art. 251 prevedeva che i figli nati da persone, tra le quali esistesse un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, non potessero essere riconosciuti dai loro genitori, salvo che questi al tempo del concepimento ignorassero il vincolo esistente tra di loro o che fosse stato dichiarato nullo il matrimonio da cui derivava l'affinità. Quando uno solo dei genitori fosse stato in buona fede, il riconoscimento del figlio poteva essere fatto solo da lui. In ogni caso, il riconoscimento doveva essere autorizzato dal giudice, avuto riguardo all'interesse del figlio ed alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. La disciplina della condizione dei figli incestuosi, nati cioè da rapporti sessuali tra soggetti appartenenti alla stessa cerchia familiare, come definita dall'art. 251, comma 1, previgente versione, era ciò che residuava del tradizionale orientamento di radicale disfavore nei confronti dei figli nati fuori del matrimonio: da qui, il divieto di attribuire al loro legame biologico con i genitori naturali un valore giuridico formale, tramite riconoscimento o dichiarazione della pubblica autorità.

La Corte Costituzionale, tuttavia, aveva censurato l'art. 251 cit. osservando che dalla disciplina testé indicata derivava, in danno della prole nata da genitori legati dai rapporti familiari indicati dall'art. 251, una capitis deminutio perpetua e irrimediabile, come conseguenza oggettiva di comportamenti di terzi soggetti; una discriminazione compendiata, anche nel lessico del legislatore, nell'espressione «figli incestuosi». Secondo la Corte delle Leggi, la violazione del diritto a uno status filiationis, riconducibile all'art. 2 Cost., e del principio costituzionale di uguaglianza, come pari dignità sociale di tutti i cittadini e come divieto di differenziazioni legislative basate su condizioni personali e sociali, era evidente e non richiedeva parole di spiegazione: da qui la falcidia costituzionale.

Con la sentenza (Corte cost. n. 494/2002), la Consulta aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 278, comma 1, nella parte in cui escludeva la dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturali e le relative indagini, nei casi in cui, a norma dell'art. 251, comma 1, c.c., il riconoscimento dei figli incestuosi fosse vietato. L'intervento del Legislatore, con le riforme del 2012/2013, si colloca in questo solco e provvede ad armonizzare il regime giuridico ai nuovi principi costituzionali enunciati dalla Corte delle Leggi.

Bibliografia

Auletta, Diritto di famiglia, Torino, 2014; Bianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Buffone, Le novità del “decreto filiazione”, Milano, 2014; Cian-Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Finocchiaro F., in Comm. S. B., artt. 84-158, Bologna-Roma, 1993; Jemolo, in La famiglia e il diritto, in Ann. fac. giur. Univ. Catania, Napoli, 1949, 57; Oberto, La comunione legale tra i coniugi, in Tr. C.M., Milano, 2010; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario