Codice Civile art. 255 - Riconoscimento di un figlio premorto (1).Riconoscimento di un figlio premorto (1). [I]. Può anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto, in favore dei suoi discendenti (2). (1) L’art. 7, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il Titolo, modificando la rubrica del Titolo (la precedente era «Della filiazione»), e sostituendo le parole «Capo II. "Della filiazione naturale e della legittimazione"»; «Sezione I. "Della filiazione naturale» e la rubrica del paragrafo 1 «Del riconoscimento dei figli naturali» con le parole: «Capo IV. "Del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio"». (2) Ai sensi dell'art. 26, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, le parole: «legittimi e dei suoi figli naturali riconosciuti». sono soppresse. Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. Precedentemente, l'art. 1, comma 11, l. 10 dicembre 2012, n. 219 aveva disposto che « Nel codice civile, le parole: “figli legittimi” e “figli naturali”, ovunque ricorrono, sono sostituite dalla seguente: “figli” ». InquadramentoIl d.lgs. n. 154/2013 ha modificato l'art. 255 uniformandolo al principio di unicità dello stato di figlio e sopprimendo, così, ogni riferimento alla filiazione “legittima”. L'articolo in rassegna consente di riconoscere anche il figlio premorto, in favore dei discendenti. Regime giuridicoIl riconoscimento del figlio premorto è consentito solo nell'ipotesi in cui il figlio abbia lasciato discendenti, anche se concepiti. La ratio della disposizione è ravvisata nella negativa valutazione normativa di un riconoscimento effettuato dal genitore nel proprio e solo esclusivo interesse. Alla luce di questa considerazione, la dottrina reputa che la normi spieghi i suoi effetti più che altro sul piano successorio ed afferma che dal riconoscimento post mortem non può trarre vantaggio chi lo effettua. Si discute circa gli effetti di un riconoscimento in violazione dell'art. 255: la dottrina predica l'inefficacia del riconoscimento de quo. InammissibilitàLa domanda di dichiarazione giudiziale della paternità, proposta nei confronti di chi abbia già provveduto al riconoscimento dell'istante come proprio figlio, in base ad atto valido, originariamente, o per norma sopravvenuta (art. 230 l. n. 151/1975), è inammissibile, per difetto d'interesse, posto che tale riconoscimento è attributivo dello «status» reclamato con la domanda stessa, in via irrevocabile e vincolante, fino a quando non venga rimosso con le specifiche impugnative all'uopo previste. Tale principio opera anche in caso di riconoscimento contenuto in testamento olografo, e non soffre deroga per il fatto che sia in contestazione la validità del testamento stesso, per incapacità naturale o per captazione, non essendo queste contestazioni riconducibili nell'ambito di dette specifiche impugnative (né, in particolare, in quella per difetto di veridicità, di cui all'art. 263; v. Cass. n. 8751/1991). BibliografiaAuletta, Diritto di famiglia, Torino, 2014; Bianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Buffone, Le novità del “decreto filiazione”, Milano, 2014; Cian-Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Finocchiaro F., in Comm. S. B., artt. 84-158, Bologna-Roma, 1993; Jemolo, in La famiglia e il diritto, in Ann. fac. giur. Univ. Catania, Napoli, 1949, 57; Oberto, La comunione legale tra i coniugi, in Tr. C.M., Milano, 2010; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015. |