Codice Civile art. 262 - Cognome del figlio nato fuori del matrimonio 1 2 3[I]. Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre456. [II]. Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre. 7 [III]. Se la filiazione nei confronti del genitore è stata accertata o riconosciuta successivamente all'attribuzione del cognome da parte dell'ufficiale dello stato civile, si applica il primo e il secondo comma del presente articolo; il figlio può mantenere il cognome precedentemente attribuitogli, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno della sua identità personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo al cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto o al cognome dei genitori in caso di riconoscimento da parte di entrambi 8. [IV]. Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento [38, 51 att.] 910. [1] L’art. 7, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il Titolo, modificando la rubrica del Titolo (la precedente era «Della filiazione»), e sostituendo le parole «Capo II. "Della filiazione naturale e della legittimazione"»; «Sezione I. "Della filiazione naturale» e la rubrica del paragrafo 1 «Del riconoscimento dei figli naturali» con le parole: «Capo IV. "Del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio"». [2] Articolo così sostituito dall'art. 111, l. 19 maggio 1975, n. 151. La Corte cost., con sentenza 23 luglio 1996, n. 297 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo «nella parte in cui non prevede che il figlio naturale, nell'assumere il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, possa ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere, anteponendolo o, a sua scelta, aggiungendolo a questo, il cognome precedentemente attribuitogli con atto formalmente legittimo, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale». [3] L'art. 27, comma 1, lettera a) del d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha modificato la rubrica aggiungendo, dopo la parola: «figlio» le parole: «nato fuori del matrimonio». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. [4] L'art. 27, comma 1, lettera b) del d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154 ha soppresso, ovunque presente, la parola: «naturale». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. [5] La Corte costituzionale, con sentenza 21 dicembre 2016, n. 286, ha dichiarato, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, anche il cognome materno. [6] La Corte costituzionale, con sentenza 31 maggio 2022, n. 131 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto; la medesima sentenza ha dichiarato, in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale della norma desumibile dagli artt. 262, primo comma, e 299, terzo comma, cod. civ., 27, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia) e 34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), nella parte in cui prevede che il figlio nato nel matrimonio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, alla nascita, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto. [7] L'art. 27, comma 1, lettera c) d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il presente comma. Il testo precedente recitava: «Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. [8] L'art. 27, comma 1, lettera d) d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha aggiunto il presente comma. Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. [9] L'art. 27, comma 1, lettera e) d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito alle parole «l'assunzione del cognome del padre» le parole: «l'assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. [10] La Corte costituzionale, con sentenza 21 dicembre 2016, n. 286, pubblicata in G.U. n. 52 del 28 dicembre 2016, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma desumibile dal presente articolo nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno. InquadramentoLa lite intorno al cognome del fanciullo non è di secondaria importanza in quanto si versa nell'ambito di diritti fondamentali. La struttura dell'identità personale, infatti, nel suo esprimersi nelle relazioni personali e sociali, si compone di due elementi fondamentali: il prenome (l'onomastico maschile o femminile che individua, anche, la sessualità della persona) e il cognome (che contraddistingue l'appartenenza ad una specifica famiglia). Il nome (che comprende prenome e cognome: v. art. 6) trova soggiorno nell'ambito dei diritti della personalità, costituzionalmente tutelati (infatti: v. art. 22 Cost.). Tenuto conto dell'importanza che riveste il nome, la legge si preoccupa di offrirne una compiuta disciplina per il minore, rimettendo ai genitori di scegliere il prenome da attribuire al fanciullo e prescrivendo, secondo un ordine graduale, le modalità attraverso le quali si attribuisce anche il cognome. E, infatti, qualora si tratti di figlio non matrimoniale, è ben possibile che uno dei genitori (in genere la madre) riconosca per primo il fanciullo così attribuendo al minore il proprio cognome. Il riconoscimento successivo dell'altro genitore (in genere il padre) comporta, dunque, profili problematici relativi alla modifica del nome per l'inclusione del cognome patronimico. L'art. 262, nella sua attuale formulazione, prevede, al comma 1, conservando la disciplina previgente, che «il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto». Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio, invece, assume il cognome del padre. Scelta, però, che, come noto, oggi può trovare deroga per effetto delle modifiche apportate all'art. 89 d.P.R. n. 396/2000 dal d.P.R. n. 54/2012 che consentono ai genitori di scegliere il cognome da attribuire al figlio e, dunque, il superamento del cognome patronimico quale scelta ex lege imposta. La legge delegata, nel tema dell'attribuzione del cognome, introduce un ultimo comma che costituisce una regola procedurale imposta: nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Regime giuridicoL'art. 262, nella sua vigente formulazione, tiene conto delle direttive ermeneutiche rese dalla Corte Costituzionale. La Consulta, infatti, aveva, con la sentenza Corte cost. n. 297/1996, dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 2 Cost., l'art. 262, nella parte in cui non prevedeva che il figlio non matrimoniale, nell'assumere il cognome del genitore che lo avesse riconosciuto, potesse ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere, anteponendolo o, a sua scelta, aggiungendolo a questo, il cognome precedentemente attribuitogli con atto formalmente legittimo, ove tale cognome fosse divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale. Oggi, il secondo riconoscimento, non provoca la caducazione del primo cognome attribuito: il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre. Ma la scelta è rimessa ai genitori. I lavori di revisione dell'art. 262 hanno, infine, condotto anche alla introduzione di una ulteriore previsione, inedita rispetto al passato: quella relativa al minore originariamente non riconosciuto da alcuno dei genitori o ritrovato in stato di abbandono (v. art. 38 d.P.R. n. 396/2000). In questi casi, è l'ufficiale dello Stato Civile ad attribuire nome e cognome. Ebbene, si prevede che: se la filiazione nei confronti del genitore è stata accertata o riconosciuta successivamente all'attribuzione del cognome da parte dell'ufficiale dello stato civile, si applica il primo o il secondo comma dell'art. 262; il figlio può mantenere il cognome precedentemente attribuitogli, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno della sua identità personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo al cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto o al cognome dei genitori in caso di riconoscimento contemporaneo da parte di entrambi. Controversia sul cognomeCosa accade nell'ipotesi in cui i genitori non siano d'accordo sull'attribuzione del cognome al minore? Il caso tipico è quello del minore che porta il cognome della madre; successivamente il fanciullo viene riconosciuto dal padre e questi vuole attribuire il suo cognome patronimico. La Cassazione, in tema di attribuzione giudiziale del cognome al figlio riconosciuto non contestualmente dai genitori, ha affermato che poiché i criteri di individuazione del cognome del minore si pongono in funzione del suo interesse, che è quello di evitare un danno alla sua identità personale, intesa anche come proiezione della sua personalità sociale, la scelta del giudice non può essere condizionata dal «favor» per il patronimico» e deve tenere esclusivamente conto dell'interesse preminente del fanciullo (Cass. n. 16271/2013; Cass. n. 2644/2011; Cass. n. 12670/2009). In particolare, per la Suprema Corte, la scelta (anche officiosa) del giudice è ampiamente discrezionale e deve avere riguardo al modo più conveniente di individuare il minore in relazione all'ambiente in cui è cresciuto fino al momento del successivo riconoscimento, non potendo essere condizionata né dal «favor» per il patronimico, né dall'esigenza di equiparare il risultato a quello derivante dalle diverse regole, non richiamate dall'art. 262, che presiedono all'attribuzione del cognome al figlio matrimoniale (Cass. n. 12640/2015). Per la Cassazione (Cass. n. 18161/2019), va anche esclusa qualsiasi automaticità, che non riguarda né la prima attribuzione (essendo inconfigurabile una regola di prevalenza del criterio del "prior in tempore"), né il patronimico (per il quale parimenti non sussiste alcun "favor" in sé). Nel caso di conflitto genitoriale, le ipotesi di attribuzione giudiziale del cognome sono essenzialmente tre: il minore assume il cognome del padre anteponendolo a quello materno; il minore assume il cognome del padre aggiungendolo (dopo) a quello materno; il minore assume il cognome del padre sostituendolo a quello materno; il minore non assume il cognome del padre ma mantiene quello materno. Orbene, dove la richiesta pervenga dai genitori, di comune accordo, lo spazio di intervento del Tribunale deve ritenersi particolarmente ridotto, soprattutto dove il minore sia ancora in tenera età. E, infatti, la scelta condivisa dai genitori, nel senso di attribuire al proprio figlio un dato cognome, deve presumersi che non contrasti con l'interesse dello stesso e che sia insuscettibile di arrecare pregiudizio alla sua identità personale (Trib. Milano 27 marzo 2013). Dove, invece, non sussista accordo dei genitori, in linea di principio il cognome di colui il quale riconosce per ultimo merita di essere aggiunto, per consolidare nel minore tanto la maternità quanto la paternità, ma in successione al cognome già acquisito, in difetto di elementi probatori che sconsiglino la scelta. (come in caso di possibile pregiudizio per il figlio in ragione della cattiva reputazione paterna, e purchè non sia lesivo della sua identità personale; Cass. n. 772/2020).Quanto alla competenza, trattandosi di procedimento dove il minore è parte sostanziale, deve ritenersi che operi il foro della sua residenza abituale. Sempre in tema di cognome, la legislazione ritocca anche l'art. 299 unificando il regime di attribuzione del cognome, in caso di adozione nell'ipotesi in cui la filiazione sia stata accertata o riconosciuta successivamente al procedimento adottivo. Nel giudizio avente ad oggetto il diritto del minore ad assumere il cognome del padre che lo ha riconosciuto, il P.M. interviene a pena di nullità, ai sensi dell'art. 70, comma 1, n. 3, c.p.c., trattandosi di controversia in materia di stato, ma non può esercitare l'azione né proporre impugnazione, avendo il relativo potere carattere eccezionale, ed essendo esso esercitabile solo nei casi espressamente previsti dalla legge (Cass. n. 13281/2006). Cognome del figlio matrimoniale e cognome del figlio nato fuori da matrimonioÈ opportuno segnalare che, per i figli nati da matrimonio la Corte Europea dei Diritto dell'Uomo (sent. 7 gennaio 2014, Cusan/Fazzo c/ Italia) ha condannato l'Italia per violazione della Cedu, in ragione delle norme che precludono ai coniugi/genitori di assegnare, alla nascita del figlio/della figlia, il solo cognome materno (violazione degli artt. 8 e 14 CEDU.). In particolare, secondo la Corte, costituisce una discriminazione fondata sul sesso, la norma (formatasi anche per via pretoria) che impedisce ai genitori di assegnare al figlio/alla figlia, già al momento della nascita, il cognome materno da registrare negli atti dello Stato Civile. In tempi recenti, la Corte Cost. n. 286/2016, ha dichiarato la illegittimità costituzionale della norma desumibile da un'interpretazione sistematica delle disposizioni del codice civile (artt. 237, 262 e 299) e di quelle, anche di natura regolamentare, relative all'Ordinamento dello Stato civile, nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno. In via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 l. 11 marzo 1953, n. 87, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 262, comma 1 (cognome del figlio nato fuori dal matrimonio) nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, anche il cognome materno e dell'art. 299, comma 3, (cognome dell'adottato) nella parte in cui non consente ai coniugi in caso di adozione compiuta da entrambi, di attribuire, di comune accordo, anche il cognome materno al momento dell'adozione. Con la richiamata pronuncia e dal giorno successivo alla sua pubblicazione, viene definitivamente rimossa dall'ordinamento la preclusione, implicita nel sistema di norme delibate dalla Corte Costituzionale, della possibilità di attribuire, al momento della nascita, di comune accordo, anche il cognome materno. L'applicazione della sentenza della Corte Costituzionale è immediata per cui, in attuazione della pronuncia, sostanzialmente innovativa della disciplina della materia di che trattasi, l'ufficiale dello stato civile dovrà accogliere la richiesta dei genitori che, di comune accordo, intendano attribuire il doppio cognome, paterno e materno, al momento della nascita o al momento dell'adozione. Come ha chiarito il Ministero dell'Interno (Circolare 19 gennaio 2017, n. 1), l'applicazione della sentenza della Corte Cost. n. 286/2016 è immediata per cui, in attuazione della pronuncia, sostanzialmente innovativa della disciplina della materia di che trattasi, l'ufficiale dello stato civile dovrà accogliere la richiesta dei genitori che, di comune accordo, intendano attribuire il doppio cognome, paterno e materno, al momento della nascita o al momento dell'adozione. Persistenti profili di incostituzionalitàNel caso affrontato dalla Corte Costituzionale, i genitori volevano attribuire al figlio “anche” il cognome materno, in aggiunta a quello paterno. La Corte delle Leggi non ha, dunque, esaminato il caso dei genitori che vogliano attribuire ai figli il solo cognome materno; quanto è possibile per la prole non matrimoniale, nel caso di riconoscimento successivo. Per come integrata dalla Consulta, la disciplina resta incostituzionale per violazione dell'art. 117 Cost., anche se già travolta dalla falcidia costituzionale in riferimento agli artt. 2, 3 e 29 Cost. In particolare, l'art. 117 Cost. è offeso per la violazione delle norme (interposte) di cui agli artt. 8 e 14 CEDU. Al riguardo deve evidenziarsi che la recentissima Corte cost. n. 131 del 2022 è nuovamente intervenuta sulla disposizione in commento, dichiarandone l'illegittimità costituzionale dell'art. 262, primo comma, del codice civile, in riferimento agli artt. 2, 3 e 117, primo comma, Cost. quest'ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, poiché essa “impedisce ai genitori di avvalersi, in un contesto divenuto paritario, di uno strumento attuativo del principio di eguaglianza, qual è l'accordo, per compendiare in un unico cognome il segno identificativo della loro unione, capace di permanere anche nella generazione successiva e di farsi interprete di interessi del figlio”. Sicché l'art. 262, primo comma, c.c.. è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui prevede, con riguardo all'ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto. In via consequenziale è stata, quindi, dichiarata incostituzionale anche la norma desumibile dagli artt. 262, primo comma, e 299, terzo comma, c. c., 27, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184 e 34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), nella parte in cui prevede che il figlio nato nel matrimonio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, alla nascita, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto; altresì è stato in conseguenza dichiarato incostituzionale l'art. 299, terzo comma, c. c., nella parte in cui prevede che «l'adottato assume il cognome del marito», anziché prevedere che l'adottato assume i cognomi degli adottanti, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, raggiunto nel procedimento di adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto; infine è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 27, comma 1, della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui prevede che l'adottato assume il cognome degli adottanti, anziché prevedere che l'adottato assume i cognomi degli adottanti, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, raggiunto nel procedimento di adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto. La sentenza, dal giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, troverà applicazione alle ipotesi in cui l'attribuzione del cognome non sia ancora avvenuta, comprese quelle in cui sia pendente un procedimento giurisdizionale finalizzato a tale scopo. BibliografiaAuletta, Diritto di famiglia, Torino, 2014; Bianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Buffone, Le novità del “decreto filiazione”, Milano, 2014; Cian-Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Finocchiaro F., in Comm. S. B., artt. 84-158, Bologna-Roma, 1993; Jemolo, in La famiglia e il diritto, in Ann. fac. giur. Univ. Catania, Napoli, 1949, 57; Oberto, La comunione legale tra i coniugi, in Tr. C.M., Milano, 2010; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015. |