Codice Civile art. 291 - Condizioni 1 2 .

Giusi Ianni

Condizioni1  2.

[I]. L'adozione è permessa alle persone che non hanno discendenti [legittimi o legittimati]3 , che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano almeno di diciotto anni l'età di coloro che essi intendono adottare4.

[II]. Quando eccezionali circostanze lo consigliano, il tribunale può autorizzare l'adozione se l'adottante ha raggiunto almeno l'età di trent'anni, ferma restando la differenza di età di cui al comma precedente [35 att.].

 

[1] Articolo così sostituito dall'art. 1 l. 5 giugno 1967, n. 431.

[2] La Corte cost., con sentenza 19 maggio 1988, n. 557 ha dapprima dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo «nella parte in cui non consente l'adozione a persone che abbiano discendenti legittimi o legittimati maggiorenni e consenzienti» e poi con sentenza 20 luglio 2004, n. 245 «nella parte in cui non prevede che l'adozione di maggiorenni non possa essere pronunciata in presenza di figli naturali, riconosciuti dall'adottante, minorenni o, se maggiorenni, non consenzienti».

[3] V. l'art. 1, comma 11, l. 10 dicembre 2012, n. 219, in materia di figli naturali, legittimi e legittimati e l'art. 105, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154.

[4] La Corte costituzionale, con sentenza n. 5 del 18 gennaio 2024 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 291, primo comma, del codice civile nella parte in cui, per l’adozione del maggiorenne, non consente al giudice di ridurre, nei casi di esigua differenza e sempre che sussistano motivi meritevoli, l’intervallo di età di diciotto anni fra adottante e adottando.

Inquadramento

L'adozione, in generale, è il rapporto di filiazione giuridica che si instaura tra persone non legate tra loro da vincoli di sangue. Allo stato della legislazione è possibile distinguere nel nostro ordinamento quattro diversi modelli di adozione, a cui corrispondono altrettanti regimi normativi: a) l'adozione di persone maggiori di età (artt. 291 e ss.); b) l'adozione dei minori c.d. legittimante (artt. da 6 a 28 l. n. 184/1983); c) l'adozione di minori c.d. internazionale (artt. da 29 a 43 l. n. 184/1983); d) l'adozione dei minori in casi particolari (artt. da 44 a 57 l. n. 184/1983). L'adozione di persone maggiori di età nacque come istituto volto a garantire la possibilità di tramandare il cognome di chi non avesse discendenti legittimi o legittimati. Per questo motivo il legislatore poneva quale condizione per accedere all'istituto l'assenza di discendenti legittimi o legittimati nel richiedente (il quale avrebbe dovuto avere più di diciotto anni dell'adottando e aver compiuto il trentacinquesimo anno di età). 

Nel corso del tempo, tuttavia, l'istituto ha perso la sua originaria connotazione diretta ad assicurare all'adottante la continuità della sua casata e del suo patrimonio, per assumere la funzione “di riconoscimento giuridico di una relazione sociale, affettiva ed identitaria, nonché di una storia personale, di adottante e adottando, con la finalità di strumento volto a consentire la formazione di famiglie tra soggetti che, seppur maggiorenni, sono tra loro legati da saldi vincoli personali, morali e civili” (Cass. n. 3577/2024) . L'istituto, in altri termini, ha perso la sua originaria natura di strumento di tutela dell'adottante per assumere una valenza solidaristica che, seppure distinta da quella inerente all'adozione di minori, non è immeritevole di tutela, volendo dare conto di una “sopravvenuta modifica della complessiva situazione di vita dell'adottato maggiorenne e ricreare in termini di diritto una più estesa rete di relazioni familiari tra loro reciprocamente intessute” (Cass. n. 7667/2020; Cass. n. 3462/2022).

Gli interventi della Corte Costituzionale (Corte cost. n. 557/1988 e Corte cost. n. 245/2004)

L'istituto ha mutato la sua fisionomia per effetto di due arresti della Corte Costituzionale.

In particolare, con una prima pronuncia, il giudice delle leggi dichiarava illegittimo l'art. 291 nella parte in cui non consentiva l'adozione alle persone che avessero avuto discendenti legittimi o legittimati maggiorenni e consenzienti (Corte cost. n. 557/1988); ciò in quanto veniva ritenuta irragionevole la difformità di disciplina con l'art. 297, che riteneva (e ritiene) non ostativa all'adozione l'esistenza del coniuge, sempre che questi presti il suo assenso. Con la successiva Corte cost. n. 245/2004, l'art. 291 veniva dichiarato illegittimo anche nella parte in cui non inibiva l'adozione in presenza di figli naturali, riconosciuti dall'adottante, minorenni o, se maggiorenni, non consenzienti: tale ultima pronuncia muoveva dal presupposto che a seguito della sentenza Corte cost. 557/1988, la giurisprudenza era apparsa concorde nell'interpretare l'art. 291 nel senso che il divieto di adozione di maggiorenni non potesse trovare applicazione, sulla base del tenore letterale della norma, nei confronti di coloro che avessero avuto figli naturali riconosciuti. In senso conforme la dottrina. Trattavasi, tuttavia, di interpretazione che implicava un'evidente disparità di trattamento fra figli legittimi e figli naturali riconosciuti ed in pregiudizio dei secondi. La questione, comunque, non ha più ragione di essere dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 154/2013, che ha introdotto il principio dell'unicità dello stato di figlio, anche adottivo, eliminando i riferimenti presenti nelle norme ai figli “legittimi” e ai figli “naturali” e la sostituzione degli stessi con quello di “figlio”.

Presupposti

Sulla base della disciplina dettata dall'art. 291, come riscritto dalla Corte Costituzionale, l'adozione di maggiorenni è consentita alle persone che non abbiano discendenti (non distinguendosi più tra legittimi, legittimati e naturali), ovvero abbiano discendenti maggiorenni e consenzienti e abbiano compiuto il trentacinquesimo anno di età, ove l'età dell'adottante superi di almeno diciotto anni quella della persona che si intenda adottare. Il secondo comma dell'art. 291 stabilisce, tuttavia, che quando “eccezionali circostanze lo consigliano” il Tribunale può autorizzare l'adozione anche qualora l'adottante abbia compiuto il trentesimo anno di età, ferma restando la differenza di età di almeno diciotto anni con l'adottando. Un più recente arresto della giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il giudice, nell'applicare la norma che contempla il divario minimo d'età di 18 anni tra l'adottante e l'adottato, deve procedere ad un'interpretazione costituzionalmente compatibile della norma stessa, al fine di evitare il contrasto con l'art. 30 Cost., alla luce della sua lettura da parte della giurisprudenza costituzionale e in relazione all'art. 8 della Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, adottando quindi una rivisitazione storico -sistematica dell'istituto, che, avuto riguardo alle circostanze del singolo caso in esame, consenta una ragionevole riduzione di tale divario di età, al fine di tutelare le situazioni familiari consolidatesi da lungo tempo e fondate su una comprovata affectio familiaris, purché si rientri sempre nel limite dell'imitatio naturae  (Cass. n. 7667/2020).

A tal riguardo, occorre segnalare che la con la sentenza n. 5 del 2024 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 291, primo comma, nella parte in cui, per l'adozione del maggiorenne, non consente al giudice di ridurre, nei casi di esigua differenza e sempre che sussistano motivi meritevoli, l'intervallo di età di diciotto anni fra adottante e adottando. In particolare, la Consulta ha rilevato che l'assoluta l'inderogabilità del suddetto limite di età si rivela incapace di tutelare legami affettivo-solidaristici, rappresentativi dell'identità dell'individuo, al cui riconoscimento giuridico è finalizzato l'istituto dell'adozione.

Si è chiarito, altresì, che in tema di adozione di maggiorenni, la presenza di figli minori dell'adottante, pur essendo di regola ostativa, non preclude in assoluto l'accesso all'istituto ove l'adozione riguardi il figlio del coniuge che già appartenga, insieme al proprio genitore naturale ed ai fratelli, al contesto affettivo della famiglia di accoglienza dell'adottante, fermo restando, in tal caso, il potere-dovere del giudice del merito di procedere alla audizione personale di costoro o dei rispettivi curatori speciali ai fini della formulazione del complessivo giudizio di convenienza nell'interesse dell'adottando richiesto dall'art. 312:Cass. n. 2426/2006

Anche la giurisprudenza di merito ha sostenuto che se di norma la presenza di figli minori degli adottanti, non ancora capaci di discernimento in ragione della tenera età, costituisce un impedimento all'adozione di maggiorenne, nondimeno può farsi luogo a quest'ultima qualora si accerti, da un lato, la presenza di significativi e stabili legami tra l'adottando e la famiglia degli adottanti, pur in mancanza di qualsiasi consanguineità, e, dall'altro, la conformità all'interesse dei figli minori stessi, rappresentati in giudizio a mezzo di curatore speciale (App. Napoli 1 febbraio 2012; Cass. 2426/2006).

Bibliografia

Astiggiano-Dogliotti, Le adozioni, Milano, 2014, 249 e ss.; Baviera, L'adozione speciale, Milano, 1982, 56); Bonilini, Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2014, 401 e ss.; Cendon, sub art. 293 c.c., in Commentario al codice civile, Milano, 2010; Collura-Zatti, Trattato di diritto di famiglia, 2, Milano, 2012; Jannuzzi, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 1984, 332.

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